
Mai come oggi, in momenti di crisi drammatica per l'Europa comunitaria, ci si è interrogati sull'esistenza e il carattere di un'identità europea. Questo libro affronta il tema in una prospettiva di lungo periodo, delineando il mutevole rapporto tra le sue diverse componenti, nonché l'alterno gioco tra richiamo al passato e distacco dal passato. Lo fa senza indulgere all'abusato mito delle "radici" o di un'"essenza" europea. Al contrario l'autore mostra come l'Europa sia sempre stata il prodotto di processi molteplici, e come nel tempo la sua identità sia venuta configurandosi diversamente: lungi dall'essere qualcosa di stabile, è destinata a mutare anche in futuro, cosi come è mutata, e profondamente, nel corso dei secoli.
Il volume intende rispondere a tre domande: cosa è stato, cosa è, cosa potrebbe essere l'umanesimo come movimento ispirato all'idea di humanitas. Si tratta evidentemente di un lavoro preliminare che viene incontro alla crescente esigenza di fare il bilancio di un movimento che ha contribuito alla formazione della civiltà contemporanea attraverso il plesso semantico uomo-umanità. Originariamente circoscritto agli studi letterari della prima età moderna, l'umanesimo ha poi acquisito una valenza più ampia per indicare la centralità epistemologica, etica e politica della condizione umana, che oggi trova enfatica espressione nei diritti universali dell'uomo. Anche per le sue conseguenze pratiche, la forza polarizzante del termine trova conferma nelle accese discussioni che ha suscitato sino a oggi con varie forme di anti o post-umanesimo. Riunendo competenze diverse, i contributi del volume provano a orientarci in questa intricata vicenda storica e concettuale.
La filosofia «politica» è da sempre sospesa in un limbo fra il campo della filosofia e quello della scienza politica: qual è il suo statuto? quale il suo canone? come si differenzia da una storia delle politiche o da una teoria politica? esiste una specificità italiana nel praticarla?
Per dare risposta a tali questioni, è necessario operare un radicale spostamento di prospettiva: passare dalla «filosofia politica» a una «politica della filosofia». Perché la filosofia, checché se ne dica, è anzitutto una pratica: una pratica del sapere che produce significati, discorsi, forme di verità e falsità, istituzioni e da qui effetti sull’ambito sociale e della vita politica.
Per questo occorre anzitutto interrogare l’istituzione all’interno della quale avviene l’insegnamento di questa disciplina e che è la sede di validazione dei saperi filosofici: l’Università. Si scopre allora che l’Università non è affatto un luogo neutro di trasmissione del sapere filosofico, né è sempre stata la sede nella quale veniva praticata la filosofia. Si tratta tutto sommato di un’invenzione recente, la quale ha effetti di potere sui filosofi stessi e sulla pratica del pensiero. Effetti non positivi quando l’Università diventa un’istituzione del neoliberismo. Per questo alla filosofia oggi spetta il compito di fare politica.
I Quaderni neri presentano una forma che, secondo le sue caratteristiche, risulta oltremodo singolare non solo per Heidegger, bensì in generale per la filosofia del XX secolo. Tra i generi testuali di cui solitamente si fa uso i Quaderni sarebbero anzitutto da paragonare a quello del "diario filosofico". In essi gli eventi del tempo vengono sottoposti a considerazioni critiche e messi continuamente in relazione con la "storia dell'Essere". Il presente testo è il secondo dei tre volumi in cui saranno pubblicate le Riflessioni. Il primo quaderno di questo volume incomincia nel 1938, l'ultimo, con le Riflessioni XI, si conclude poco prima dell'inizio della seconda guerra mondiale, nell'estate 1939. Le Riflessioni non corrispondono ad "aforismi" da intendersi come "massime di saggezza". Ciò che è "decisivo non è", "che cosa si rappresenti e che cosa venga riunito a formare una costruzione rappresentativa", "bensì solo come si ponga la domanda e assolutamente il fatto che si domandi dell'essere". Dal "tentativo" di Heidegger di riconoscere la "storia dell'Essere" nei suoi segni quotidiani nasce un manoscritto che, dall'inizio degli anni trenta fino all'inizio degli anni settanta, interpreta anche i due decenni più oscuri della storia tedesca e l'eco che ne seguì.
Il presente volume, il primo della collana Ricerche di storia della filosofia e teologia medioevali, in onore del professor Marco Arosio, offre agli esperti e ai cultori degli studi medievali i contributi che, secondo il giudizio della giuria e in accordo con quanto stabilito dal bando del Premio Marco Arosio, sono stati considerati meritevoli di essere pubblicati. Il libro, curato da Marco Martorana, Rafael Pascual e Veronica Regoli, presenta i saggi di otto autori, dei trentuno partecipanti alle edizioni del 2011 e del 2012 del Premio: Andrea Colli, Alfredo Gatto, Andrea Lami, Corrado Maria Malavolta, Lucia Pappalardo, Davide Riserbato, Giulia Sossi, Luca Vettorello.
Il presente volume, il secondo della collana Ricerche di Storia della Filosofia e Teologia Medioevali in onore del Professor Marco Arosio, offre agli esperti e ai cultori degli studi medievali i contributi che - secondo il giudizio della giuria e in accordo con quanto stabilito dal bando del Premio Marco Arosio - sono stati considerati meritevoli di essere pubblicati. Il libro, curato da Marco Martorana, Rafael Pascual e Veronica Regoli, presenta i saggi di otto autori dei diciassette partecipanti all’edizione 2013 del Premio: Gioacchino Curiello, Ernesto Dezza, Francesco Luigi Gallo, Antonio Gerace, Elisa Giordano, Emmanuel Montiel, Andrea Nannini, Giovanni Patriarca.
Quest'antologia dai "Saggi" raccoglie i pensieri di Michel de Montaigne sull'Altro da sé, la malattia, il corpo, i cannibali e lo straniero e ripercorre i temi di un'impresa intellettuale che non ha eguali nel pensiero occidentale. Che cosa so? Che cosa sono? Accompagnato da queste domande radicali sul valore delle proprie affermazioni e sulla sua stessa persona e con una volontà di scarnificazione che avrebbe fatto dei "Saggi" il prototipo della letteratura dello scavo interiore, Montaigne iniziò un viaggio mentale senza termine ultimo. Questo viaggio mentale arrivò anche a lambire il mondo "barbaro" dei "cannibali" americani scoperti da Colombo. Avrà l'effetto di una detonazione. Nel descrivere i loro costumi e ideali di vita, Montaigne impiegò un linguaggio profondamente nuovo. Chi sono i veri barbari? Sono tali i cannibali, perché accusati di essere dediti alla poligamia e al consumo rituale di carne umana, oppure sono barbari i conquistadores che in nome del Dio cattolico scelgono di correggere i nativi americani con ogni mezzo, opprimendoli e uccidendoli? Un'antologia dai "Saggi" che valorizza a pieno titolo la loro attualità laica: vere e proprie macchine di pensiero nelle quali si radica la nostra modernità.
L'idea di un nuovo inizio per la filosofia è al centro del percorso di questo libro, contrassegnato da tre grandi aree tematiche. Anzitutto il confronto con la scienza a partire da quello che Husserl, al termine della vita, chiamò "un piccolo inizio". Poi l'analisi del potere invisibile delle cose e delle azioni, con il suo intreccio imprevedibile e gli effetti di ritorno sulle metamorfosi dei viventi, sui loro contesti di senso e sui nostri pensieri. Infine il grande tema dei discorsi come luogo primario del processo di ominizzazione e del cammino plurimillenario della cultura, caratterizzata oggi dall'esigenza di una "nuova alleanza" tra sapere filosofico, impresa scientifica e figure culturali operanti in varie forme sul pianeta. Questo chiarimento delle figure del sapere e dello stesso procedere della filosofia in base alla dinamica dei discorsi mira a cancellare quel dualismo cartesiano mente-corpo che ancora domina sottilmente l'organizzazione ideologica della grande impresa della conoscenza. La costruzione della oggettività scientifica in cammino trova qui il suo definitivo chiarimento di senso, grazie all'originale interpretazione del carattere strumentale del lavoro umano e della sua natura originariamente tecnica.
In questa riflessione sulla logica di Hegel. Giuseppe Rensi dimostra come l'esito dei complessi e ardui ragionamenti concettuali del grande pensatore tedesco non sia una somma di astruse e talvolta incomprensibili formule teoretiche, ma la dimostrazione chiara e rigorosa dell'esistenza di un Essere Supremo. Ripercorrendo i luoghi principali delle opere hegeliane dedicate allo sviluppo dialettico della coscienza. Rensi individua nel rapporto tra pensiero e materia il luogo di incontro tra umano e divino, dalla cui feconda e ininterrotta relazione prende forma tutto ciò che chiamiamo con il nome di mondo e realtà. Hegel, così, rivela Dio nella vita interiore dell'uomo.
Dove si trova, se si trova, la linea di demarcazione tra il buono e il cattivo, tra il lecito e l’illecito?
Biologia, morale, religione, sesso, ambiente: esistono ancora limiti invalicabili nelle nostre vite? Gli sviluppi inarrestabili della scienza vedranno affermarsi un uomo geneticamente modificato, capace di manipolare la vita e la morte, e di svelare gli enigmi della materia e del cosmo. Con quali rischi? Riflettere sui limiti, provare a distinguerli e ribadire la validità di alcuni, come pure interrogare i nostri desideri, obiettivi e spazi di libertà sono tra le sfide più urgenti.
Remo Bodei è professore emerito di Filosofia all’Università di Pisa e insegna alla University of California a Los Angeles. Con il Mulino ha pubblicato anche «Le forme del bello» (1995), «Piramidi di tempo» (2006), «Ira» (2010), «La civetta e la talpa» (2014), «Ordoamoris» (2015).
La serie di questi studi è attraversata da tre prospettive filosofiche. Nella prima, viene ricercato per il sé uno statuto che sfugga alle alternanze della esaltazione e della decadenza, che affettano le filosofie del soggetto alla prima persona: dire sé non è dire io. Ritenuto il riflessivo di tutte le persone grammaticali, il sé postula la deviazione attraverso analisi che portino ad articolare in modo diverso la questione chi? Chi è il parlante del discorso? Chi è l'agente o il paziente dell'azione? Chi è il personaggio del racconto? A chi viene imputata l'azione posta sotto l'egida dei predicati "buono" od "obbligatorio"? Indagini essenzialmente improntate alla cosiddetta filosofia analitica, con la quale l'ermeneutica del sé entra in un dibattito molto serrato. Seconda prospettiva: l'identità suggerita dal termine "même" va scomposta in due principali significazioni: l'identità-idem di cose che permangono immutate nel tempo, e i'identità-ipse di colui che mantiene se stesso soltanto sul modo di una promessa mantenuta. Infine l'antica dialettica del Medesimo e dell'Altro deve essere rinnovata se l'altro da sé si dice in molti modi: il "come" dell'espressione "sé come un altro" può significare, allora, un legame più stretto rispetto a qualsiasi comparazione: sé in quanto altro.
Perché Martin Heidegger ascrive agli ebrei l'oblio dell'Essere? Qual è allora il rapporto tra l'Essere e l'Ebreo? In che senso viene imputata agli ebrei la colpa più grave, da cui dipende il destino dell'Occidente? E perché questa accusa viene mossa negli anni trenta, dopo le leggi di Norimberga (1935), mentre inizia la guerra planetaria che dovrebbe condurre la Germania nazionalsocialista al dominio del mondo? "I Quaderni neri" di Heidegger oltre a dischiudere un'inedita prospettiva sul pensiero del filosofo, hanno suscitato un nuovo, intenso dibattito. L'antisemitismo metafisico solleva inquietanti interrogativi e rinvia alla responsabilità della filosofia nello sterminio. A un anno dalla prima edizione di questo libro, già più volte ristampato, Donatella Di Cesare prende in considerazione gli ultimi "Quaderni neri", che giungono fino al 1948, interpretando i passi e gli aforismi sulla Shoah e sull'immediato dopoguerra.

