
Nel 2013 la vita politica italiana ha vissuto una vera e propria rivoluzione: nelle aule parlamentari è entrata una quota di eletti privi di esperienze politiche pregresse mai vista in passato. Le ripercussioni sul piano linguistico sono state enormi: se il tradizionale, astruso "politichese" della prima Repubblica era già stato soppiantato, a partire dal 1994, da un linguaggio più colloquiale e comprensibile, la xvii legislatura (2013-2018) ha visto l'affermazione di quello che si può definire "socialese", cioè un lessico adatto alla diffusione attraverso i social network, che accarezza, e spesso fomenta, le consuetudini più deteriori della comunicazione. Dal 2018, sul sito Treccani viene analizzato ogni quindici giorni un termine emergente di questa neopolitica. Basandosi sui risultati di tale osservatorio, Michele Cortelazzo ha individuato le tendenze linguistiche degli attuali politici, a iniziare dai leader - veri protagonisti di questa fase politica incentrata sulla personalizzazione -, ricostruendo la storia di tecnicismi, di modi di dire (chi ci mette la faccia, chi non vuol mettere le mani nelle tasche dei contribuenti, chi ci ragiona sopra...), di nuove parole politiche - vaghe come cambiamento; tipiche di una parte (patriota) o dell'altra (campo largo); nate per mascherare le idee proprie o manipolare quelle altrui, per denigrare gli avversari, per mostrare competenza, per creare un consenso emotivo (quante ruspe e mangiatoie...) - e di non pochi anglicismi (come 'recovery' o 'underdog').
Negli anni Novanta la semplificazione del linguaggio amministrativo è stata molto dibattuta da politici, amministratori, giornalisti, ricercatori. Poi l’interesse per il tema si è affievolito, come se il problema, soprattutto nel suo versante concreto della comprensibilità delle comunicazioni delle istituzioni pubbliche, fosse stato risolto. In realtà non è così. Il volume analizza la questione da diverse prospettive: quella descrittiva, con la definizione delle caratteristiche del linguaggio amministrativo; quella storica, soprattutto per quel che riguarda i tentativi di riforma; quella teorica, con il richiamo alle riflessioni su cosa si debba intendere per semplificazione linguistica; quella sociolinguistica, incentrata sul valore del linguaggio amministrativo come modello di prestigio o come "antilingua". Una parte considerevole della trattazione è di carattere operativo: il libro commenta esempi sia positivi sia negativi di testi amministrativi reali, ne propone riscritture, fornisce suggerimenti per una scrittura efficace e discute proposte organizzative per raggiungere l’obiettivo della modernizzazione del linguaggio amministrativo italiano.
Il dizionario comprende: 20.000 vocaboli dell'uso moderno, sillabazione e pronuncia, informazioni grammaticali, definizioni ed esempi, sinonimi e contrari, storie di parole. Ad alcuni lemmi viene aggiunta la storia della parola, nella quale si spiega da quale parola derivi quella italiana, quali modifiche si siano prodotte nel corso dei secoli, quali misteri nascondano alcune parole.

