In questo numero contributi di: Enrico Alleva, Andrea Bajani, Philip Ball, Paolo Barelli, Tania Cagnotto, Giovanni Malagò, Federica Pellegrini, Kevin Roberts, Michela Santochirico, Francesco Starace, Jules Verne.
Il libro presenta il testo per celebrare l'Inno Akathistos aalla Madre di Dio e spiega l'Icona delle Lodi della Madre di Dio con scene dell'Akathistos Questo fascicolo vuole essere come un benefico e profondo respiro fatto a due polmoni, attingendo l'aria sana e pura che da secoli circola nella preghiera liturgica e nelle sacre icone della Chiesa d'Oriente, per offrirla a noi, cristiani della Chiesa d'Occidente, che condividiamo la stessa fede cristiana ma che talvolta veniamo sopraffatti da una cultura e da una mentalita senz'anima e dimenticata da Dio. In queste pagine, facendo nostra la voce della preghiera e scoprendo il significato delle icone, potremo conoscere e gustare la bellezza e la santita dell'unica fede e del medesimo culto che da duemila anni accomuna tutti i fratelli in Cristo, figli dello stesso Padre, discepoli del medesimo Maestro, custodi dello Spirito Santo e per questo devoti alla Madre di tutti, la Beata Vergine Maria.
Quale significato ha il lavoro alla luce della parola di Dio e del Magistero sociale della Chiesa?Il volume contiene riflessioni sul tema proposte durante uno dei moduli formativi curati dal settore adulti di Azione Cattolica e alcune schede di approfondimento. L'esperienza adulta è segnata da due tra le dimensioni più importanti della vita delle persone, il lavoro e il volontariato. La riflessione incontra l'impegno degli adulti di Ac a ricercare e riscoprire i fondamenti e a verificare i criteri che costituiscono oggi l'identità dell'adulto in un ambiente caratterizzato fondamentalmente dal cambiamento. Come è possibile allora difendersi dalla precarietà? Cosa comporta la flessibilità in termini di costi? L'alienante perdita del senso del lavoro, tipica della società industriale, fa riflettere il mondo cattolico. Siamo di fronte a nuovi rischi, si richiede una grande convocazione di responsabilità ed una profonda ricerca di sperimentazione. Il testo si arricchisce di un'appendice `Lavorare perché` contenente le schede di approfondimento elaborate sulla base di contributi personali e alcuni articoli del Magistero sociale.
Questo manuale di pietà vuole essere un sussidio ai devoti di santa Rosalia, un aiuto per intensificare i rapporti personali con Dio.
Secondo alcuni studi di agiografi locali, Rosalia, figlia del duca Sinibaldo di Quisquina delle Rose, nipote per parte di madre di re Ruggero d’Altavilla, crebbe nel XII secolo alla corte dello zio, a Palermo. Era molto bella e suscitava interessi terreni, fra i tanti quello del principe Baldovino, all’epoca ospite di riguardo alla corte di Ruggero. La leggenda narra che, durante una battuta di caccia grossa, sul monte Pellegrino, la montagna sopra Palermo, un leone stava per uccidere re Ruggero; Baldovino, coraggiosamente, lo salvò uccidendo il leone. Re Ruggero chiese a Baldovino di indicare egli stesso un premio per la sua eroica azione, e quest’ultimo chiese la mano di Rosalia, che, in seguito alla proposta di matrimonio, fuggirà gettando nello sconforto la madre, lo zio e l’intera guarnigione di stanza a Palazzo Reale (o dei Normanni).
Vissuta per poco tempo alla corte di Ruggero II, in seguito alla morte del re, chiese ed ottenne il permesso di vivere da eremita in una grotta sul monte Quisquina, dove trascorse dodici anni della sua vita. Successivamente, si trasferì in una grotta sul monte Pellegrino, dove visse “a vita di contemplazione” fino alla morte.
Il suo culto si collega ad un evento particolare accaduto a Palermo in occasione di un’epidemia di peste. Il 7 maggio del 1624, infatti, attraccò nel porto della città un vascello proveniente da Tunisi, che in precedenza era approdato a Trapani e lì era stato sequestrato perché l’equipaggio era stato sospettato di essere stato contagiato dal morbo. Ben presto era stato dato l’allarme ma il viceré, mal consigliato, si lasciò convincere e fece scaricare dal vascello il carico, mentre il comandante, Maometto Cavalà, insieme con il guardiano del porto, si recò a Palazzo Reale per portare i doni a Sua Altezza Serenissima: cammelli, leoni, gioielli e pelli conciate, inviate dal re di Tunisi. “E si vedeva per tutta la città per tutto il mese di maggio e quasi il 15 giugno morire un gran numero di persone”. Palermo si trasformò in un lazzaretto sotto il cielo. Il resto è leggenda, mito e prodigio.
Nonostante le infinite preghiere della cittadinanza e le processioni, le quattro co-patrone della città - Santa Cristina, Santa Ninfa, Sant’Oliva e Sant’Agata - non erano riuscite a fermare la peste. Il miracolo, invece, fu attribuito alle reliquie di Santa Rosalia, le quali, portate in processione, impedirono l’ulteriore diffondersi dell’epidemia.