
La casa di famiglia. Le sorelle. La fede. Gli amori. La beneficenza. Castiglioncello. L'antiquario mancato (per fortuna). Avaro chi? A un passo dall'altare. La sacra pennichella. Silvana Mangano. La radio e il compagnuccio della parrocchietta. I film realizzati e quelli mancati. La voce di Ollio. Federico Fellini. Katia Ricciarelli e Andreina Pagnani. Dentone e la commedia all'italiana. La tv che zozzeria. L'ossessione di esibirsi. Il successo. Il romanesco nei dialoghi. Apprendista portiere a Milano. C'è tutto questo e molto altro ancora nelle chiacchierate fra Alberto Sordi e Maria Antonietta Schiavina, che le ha registrate e trascritte. L'impareggiabile Albertone nostro, patrimonio dell'arte mondiale e fenomeno del cinema italiano, scelse una brava e affidabile giornalista milanese per lasciarsi andare a una serie di confidenze, che lette oggi hanno il sapore di un testamento intimo e artistico. Sordi racconta tutto "senza pudore ma con l'obbligo della discrezione". Racconta della sua meravigliosa famiglia, che solo il tempo riesce a sbriciolare e da cui non vorrà mai separarsi. Racconta di una Roma incantata e di un'Italia piena di speranza in cui lui già bambino si fa notare per le incredibili doti canore. E poi gli amori: tanti, romantici ed elegantemente sottratti alla becera fame di scoop dei rotocalchi dell'epoca. I rapporti belli e artisticamente fruttuosi con gli altri grandi della sua epoca, da Fellini alla Mangano, a De Sica. I successi dei suoi film che sono pietre miliari della cultura popolare italiana. E ancora tante riflessioni private sui temi dell'esistenza, la fede, la morte, l'amore per gli italiani, tutti argomenti che lui stesso ha descritto al cinema come nessun altro mai. "Alberto racconta Sordi" è l'autobiografia che non c'era e che ora c'è proprio per volontà del grande artista italiano. Alberto Sordi (Roma, 1920 - 2003) è stato uno dei più grandi artisti italiani di sempre, con oltre 200 film in carriera in cui ha primeggiato nelle vesti di attore, regista, sceneggiatore, cantante e doppiatore.
Che cosa si nasconde dietro la vicenda di un oscuro liutaio del Settecento emigrato in cerca di fortuna dalla Baviera alle terre dell'odierno Nord Italia? Quali imprevedibili sviluppi può generare per uno storico il tentativo di risolvere l'enigma di un violino? Come si intreccia uno sguardo su una realtà tanto lontana con le osservazioni sul nostro presente di cittadini europei? Punto di partenza di Philipp Blom è la cittadina di Füssen, in Algovia, ai piedi delle Alpi. Apparentemente è un anonimo borgo, ma qui si sono formati per secoli centinaia di liutai attivi da Parigi a Praga, da Londra a Napoli, che hanno segnato la fabbricazione e il commercio dei violini. Mescolando conoscenza e intuito, grandi eventi e microstoria, seguendo i flussi degli uomini e le rotte delle merci, la ricerca di Blom si snoda lungo varie direttrici: una più ampia e prettamente storica, dalla Guerra dei Trent'anni ai giorni nostri, e una connessa all'evoluzione del gusto musicale, tra Mozart, Beethoven, Vivaldi e le raffinate tecniche delle migliori botteghe artigiane; una più personale, ispirata dal viaggio in Italia di Goethe e in grado di restituire il fermento che all'epoca animava il Vecchio Continente, da Vienna e Venezia. Nel descrivere la parabola di un centro fiorente nell'Europa di più di tre secoli fa, Blom suggerisce che anche fama e prestigio possono nascere dalla necessità, come per i liutai di Füssen diventati tali per far fronte all'infertilità dei terreni nelle aree alpine. Allo stesso modo, la spinta a spostarsi può essere determinata da un cambiamento climatico, da una catastrofe ambientale o da una curiosità vitale, elementi che in ogni tempo influenzano l'esistenza degli individui.
Cinquecento anni fa, in Italia, ci fu una esplosione di creatività che cambiò il mondo nel nome della bellezza. Il suo profeta fu Raffaello, ritenuto dai suoi contemporanei un nuovo Cristo. In questo romanzo, attraverso la voce di Margherita Luti, la celebre "Fornarina", gli ultimi cinque anni di vita e la storia d'amore del grande pittore urbinate vengono raccontati come non era mai stato fatto prima, e ci vengono restituiti il suo ideale di bellezza e la sua figura artistica. Bellezza e amore nel Rinascimento sono assai più vicini all'idea che se ne ha oggi. Sesso e potere sono il motore della Roma di papa Leone X nella quale Raffaello è il principe dei pittori, amato da tutti e amante di tutte. Nella dolce vita della Roma del 1515-1520 ritroviamo molte storie di oggi, come quelle della divisione tra popolo ed élite, del rapporto tra sesso e potere, del #metoo, delle feste galanti, delle morti misteriose e delle nuove cortigiane. Ma la leggenda dell'amoroso Raffaello e della Fornarina testimonia la forza e il potere dell'amore e rivela chi è nascosto dietro ai volti delle Madonne dipinte dal pittore. La popolana Fornarina racconta la vita quotidiana del Rinascimento a fianco del grande pittore.
Nell'habitat rurale dell'Europa occidentale c'è una costanza di materiali e di forme che, pur con diverse caratteristiche locali, attraversa i secoli. In particolare, intorno all'anno Mille, con il deciso passaggio dal legno e dalla paglia alla pietra, sia per le abitazioni domestiche sia per gli interi villaggi, inizia una fioritura del modo di concepire gli spazi della vita familiare e del lavoro agricolo che durerà sino alla rivoluzione industriale. Le costruzioni lavorative e abitative e la stessa realtà paesaggistica sono ricche di riferimenti simbolici che mostrano la presenza in Europa di una diffusa "cultura della pietra".
Nel 1519, all’apice della sua carriera artistica, Raffaello scrive con Baldassar Castiglione una lettera a papa Leone X accusando i pontefici precedenti e la curia cardinalizia di aver distrutto tanta parte di Roma antica allo scopo di «cuocerne i marmi e farne vile calce pozzolana». L’autore delle Stanze della Segnatura e dello Sposalizio della Vergine descrive la Città Eterna come il «cadavere di una nobile patria», raccontando già allora l’urgenza di conservarne tutta la «grandezza italiana» insita nel suo immenso patrimonio. Roma invece subirà nei secoli successivi la violenza della speculazione politica ed edilizia – salvo sotto la tutela di sindaci laici e progressisti come Pianciani e Nathan – che ne mutilerà il volto e persino l’anima.
Ricostruendo in questo pamphlet la parabola umana e artistica di Raffaello, Vittorio Emiliani prosegue il suo percorso
di divulgazione e difesa dei beni artistici del nostro paese contro l’incessante minaccia dell’antipolitica e del malcostume culturale.
Voltaire è stato il primo intellettuale impegnato del nostro mondo, il più letto, criticato, discusso ed emulato del suo secolo. Grande ammiratore degli Inglesi, della loro libertà di pensiero e delle loro istituzioni, giovane esule, tra il 1724 e 1728, nei teatri di Londra scoprì Shakespeare, allora in Francia del tutto sconosciuto, e lo utilizzò per rinnovare la tragedia francese. Solo pochi decenni dopo però, intorno al 1760, la fama del poeta inglese in Europa crebbe a dismisura, mettendo in crisi la tragedia, il ruolo della Francia nel mondo e quindi lo stesso Voltaire, la cui cultura significava regole, norme, principi e, soprattutto, buon gusto. Shakespeare, invece, che trascendeva i limiti aristocratici, metteva in scena non eroi ma uomini moderni, con un linguaggio ora ricercato ora triviale, unendo tragico e comico, alto e basso. Pur contro l’oscurantismo, Voltaire vide vacillare il suo mondo e attaccò il poeta inglese, il cui sorprendente successo gli parve, a un secolo e mezzo dalla morte, uno scandalo intollerabile. Ma sapeva, dal punto di vista letterario e teatrale, di essere ormai uno sconfitto. Il libro ricostruisce il modo in cui la scoperta quasi improvvisa dell’eredità di William Shakespeare aprì in Europa uno scontro culturale senza precedenti e sconvolse irreversibilmente l’assetto della civiltà classica. È la storia della riscoperta del poeta che, con il suo genio, pose fine alla tradizione del mondo neolatino e all’egemonia culturale francese, annunciò il Romanticismo e aprì alla modernità
«"Un crocifisso romanico non era in origine una scultura né la Madonna di Duccio un dipinto...", osservava André Malraux. Ci proponiamo di capire cosa fossero, prima di divenire "dipinti", i pannelli assemblati nei polittici dell'Europa meridionale, e più precisamente italiani, del Quattrocento e degli inizi del Cinquecento, cui può convenire il termine generico di "pala". Quel che ci attrae è la qualità essenziale della pittura, quel che ci affascina sono l'autorevolezza dei grandi stili, il prestigio dei grandi nomi. Un'interpretazione puramente formale non basta tuttavia a soddisfare le nostre attese. Ci si trova dinanzi a continui interrogativi: a cosa corrisponde la distribuzione dei pannelli? Cosa si cela dietro la rappresentazione? Cambiamenti spettacolari scandiscono la storia del Quattrocento, ma chi ne è l'artefice? A quali esigenze rispondono dunque tali e tante peculiarità? È a questi quesiti che cercheremo di rispondere. Sono la filigrana del nostro lavoro».
DALLA GRECIA ALL’ARTE ISLAMICA, ATTRAVERSO LA PRIMA ARTE CRISTIANA E IL ROMANICO, INSIGNI STUDIOSI INTRODUCONO ALLA GRANDE PARABOLA DELL’ARTE OCCIDENTALE
Quindici importanti autori, tutti autorità internazionali nel proprio ambito di competenza, tracciano il filo rosso dell’arte occidentale con saggi che si concatenano diacronicamente. Questo fa di un’opera enciclopedica un’opera storica: a differenza di altri mondi, l’Occidente, e in esso l’Europa, ha un continuum di leggibilità a partire dall’arte greca, dove per la prima volta si è realizzata l’integrazione tra la produzione artistica e un discorso storico. A questo quadro partecipa anche il Mediterraneo islamico.
NON UNA STORIA CONSEQUENZIALE, MA VERE E PROPRIE INTRODUZIONI AI TANTI MONDI ARTISTICI CHE HANNO COSTRUITO LA GRANDE VICENDA DELL’ARTE OCCIDENTALE
Quando Verdi conseguì il primo importante successo col "Nabucco", il genere di melodramma che s'era imposto era di origine francese, pur se fondato in prevalenza da italiani: il Grand-Opéra. La creazione di tale modello si deve ai sommi Cherubini, Spontini, Rossini; esso viene raccolto da Auber, Meyerbeer, Halévy, Donizetti. Ma Verdi ha una personalità di ferro. Pur influenzato dai predecessori, adotta il modello quale cornice esterna e lo riempie di contenuti stilistici, drammatici e psicologici soltanto suoi. Poi addirittura lo rovescia. Al tipico, al «caratteristico» e al diversivo sostituisce la sintesi, il nesso e la velocità drammatici. Al carattere stereotipo dei personaggi contrappone la irreproducibilità e la ricerca del Vero drammatico: non imitato bensì trasceso per mezzo dell'arte: la sua formula è «inventare il Vero». In ciò la sua creazione è coerente per decennî. Il suo successo lo fece quasi subito desiderare dall'Opéra di Parigi. Il maestro si concesse di rado a partire dal 1847, ma in francese sono alcuni dei suoi capolavori. Questo libro parte dai rapporti di Verdi con l'Opera francese, la cultura, l'ambiente e la società francesi, per tentare di fare del compositore un ritratto generale, estetico e anche politico: e di molti capolavori in qualche modo connessi con la Francia, a partire dalla "Traviata", fa una distesa narrazione e interpretazione.
La bottega di Raffaello fu la più notevole e complessa impresa artistica di tutto il Cinquecento. Le Logge rappresentano uno degli esiti più alti del genio artistico e organizzativo di Raffaello, certamente il più fortunato per l'immensa eco, a Roma e nel mondo, dal Rinascimento sino al XX secolo, che questo luogo seppe creare. Ciò avvenne in due modi molto differenti che infatti ebbero diversissimi ma egualmente importanti sviluppi. Le cosiddette grottesche, anzitutto, divennero il paradigma imitatissimo dell'omaggio all'Antico: Raffaello era infatti partito dalle decorazioni trovate nelle "grotte" della Domus Aurea, allora di recente scoperta, reinventandole e creando un nuovo modello estetico che si sarebbe diffuso in tutte le ville signorili italiane e poi europee, sino alla replica esatta dell'Hermitage di San Pietroburgo e alla citazione del Campidoglio a Washington. Le Logge si trovano sul lato del Palazzo Apostolico di fronte al cortile di San Damaso e la Piazza di San Pietro: il richiamo all'Antico e alla sua grandezza non poteva trovare una collocazione più significativa. In secondo luogo, il soffitto delle Logge è composto da 15 vorticelle in cui gli artisti di Raffaello hanno magistralmente illustrato scene della Bibbia destinate a divenire modello, diffuso attraverso le incisioni, delle rappresentazioni bibliche offerte ai semplici, ai "poveri", cioè agli illetterati.
Beethoven è stato una figura smisurata, supremo genio musicale e cumulo di contraddizioni, di comportamenti eccessivi, descritto dalla critica come l'emblema stesso dell'artista romantico o come un illuminista. Ma Beethoven è stato soprattutto un tedesco: e in questa biografia Buscaroli ne sovverte l'immagine abituale alla luce delle fonti e dei documenti. Ne esce un ritratto completamente nuovo che racconta la famiglia, il rapporto con i musicisti del suo tempo, il carattere, le malattie, gli amori, il sentimento e gli scopi dell'arte. La biografia diventa così chiave di revisione di un'immagine stereotipata, illuminista per non dire giacobina, dell'artista, dell'uomo e di tutta l'età seguita alla "révolution".
Il linguaggio delle icone mariane, per natura, trascende la dimensione episodica dell’evento per afferrare quell’ “oltre” che lo abita e ne costituisce il senso profondo. Le icone, tutte inedite tranne una, ripercorrono il cammino Mariano tracciato dai testi biblici cogliendolo nel suo essenziale riferimento a Cristo e all’uomo.