
Il volume anticipa il cinquecentenario della morte di Sandro Botticelli (Firenze, 1445-1510), che verrà celebrato nel 2010 con diversi eventi espositivi.
L'autrice - sovrintendente dei musei di Firenze e in particolare della galleria degli Uffizi, la più importante raccolta di opere di Botticelli al mondo - racconta nel saggio introduttivo il contesto storico, culturale e artistico della Firenze di Lorenzo il Magnifico.
Nell'opera, circa 75 opere del maestro fiorentino, provenienti dai musei italiani e del mondo. Ogni dipinto è corredato da una scheda esplicativa.
Ad impreziosire il volume sono i numerosi e spettacolari dettagli fotografici, che evidenziano le qualità pittoriche - in particolare i volti, i gesti, le vesti - di uno dei pittori più amati del mondo.
"La mostra che inauguriamo ai Musei capitolini porta all'attenzione del pubblico quello stupefacente periodo, uno dei più fecondi della cultura romana, che vide alla fine del quattrocento il tessuto dell'élite culturale e politica attraversato da un grande fermento umanistico, propugnato dagli intellettuali, ma fortemente controllato da una curia romana che interpreta sé stessa come nuova Atene. Il filo conduttore dell'esposizione è il tentativo di riconoscere nelle lettere e nelle arti dell'epoca quella memoria della Roma antica, repubblicana e imperiale, sulla base della quale la Chiesa andava delineando il proprio "rinascimento" politico e religioso. I protagonisti della mostra, già indicati nell'intrigante titolo "Pintoricchio pittore dei Borgia. Il mistero svelato di Giulia Farnese", sono Bernardino di Betto, detto il Pintoricchio (Perugia c. 1454 - Siena 1513), uno degli artisti più estrosi del nostro Rinascimento, "occhio di gazza" come lo definì magistralmente Lionello Venturi già nel 1913, e il neoeletto papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia, 1492-1503), notissima e controversa figura di pontefice che ebbe, tuttavia, tra i suoi meriti quello di richiamare a Roma l'artista umbro a decorare il suo nuovo appartamento in Vaticano. Il Pintoricchio fu un artista protagonista del suo tempo capace di affrontare tutti i nodi centrali della pittura italiana del quattrocento. Si cimentò, infatti, proponendo nuove soluzioni precorritrici di promettenti sviluppi, nella prospettiva lineare, nella pittura di paesaggio, nella pittura di storia, nella pittura di volte e soffitti, nello studio dell'antico. In tutti questi campi il Pintoricchio si dimostra spigliato, originale e anticonvenzionale; usando la felice espressione di Claudio Strinati, Bernardino di Betto fu il pittore del "tenue gigantismo", capace, nelle sue opere più riuscite, di dilatare in registri quasi monumentali il calligrafico miniaturismo, spesso considerato un suo limite, e di avvicinarsi con sguardo consapevole e moderno alla lezione dell'antichità classica." (Dall'Introduzione di Cristina Acidini e Francesco Buranelli). Prefazione di Claudio Parisi Presicce e Claudio Folena.
Salvatore Accardo è uno dei più famosi violinisti al mondo, nonché direttore d'orchestra. Vero talento musicale (anche se non si considera tale), prende in mano il violino per la prima volta nel 1944, a tre anni, quando il padre, un miniaturista di Torre del Greco, gliene regala uno mignon, e d'istinto suona "Lili Marleen". Dopo aver imparato a leggere la musica, grazie a un amico di famiglia che suonava la fisarmonica ai matrimoni, viene affidato agli insegnamenti (privati) di Luigi D'Ambrosio e nel 1952 finalmente ammesso, a soli undici anni, al conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, dove si diploma suonando tutti e ventiquattro i "Capricci" di Paganini. Inizia così la sua folgorante carriera, che lo porterà in giro per il mondo, offrendogli l'opportunità di incontrare i maggiori musicisti di ogni Paese. I suoi amici si chiamano Riccardo Muti, Claudio Abbado, Zubin Mehta, David Oistrakh e Astor Piazzolla. Ma anche Renzo Piano, Roberto Benigni, Gianpiero Boniperti, Dino Zoff, Alex Del Piero e Fabrizio De André. Il suo repertorio è davvero vastissimo, anche se Paganini ha segnato - e, in qualche modo, persino condizionato - la sua intera vita professionale. Accardo si racconta per la prima volta in queste pagine, svelando episodi inediti, per esempio che da giovane è stato un promettente portiere di calcio e che giocava di nascosto dal padre che lo voleva, appunto, violinista. O passioni segrete, come quella per i film di un altro napoletano d'eccezione: Totò.
Il duomo di Monreale è un patrimonio artistico di eccezionale bellezza mai documentato prima d'ora con tale ampiezza di immagini, realizzate mediante una apposita campagna fotografica e strumenti tecnici all'avanguardia. Il duomo di Monreale è una delle testimonianze più impressionanti di quella stagione artistica straordinaria che la Sicilia visse nel XII secolo. Sulle pareti del duomo si snoda un ciclo musivo, conservatosi pressoché intatto, che racconta la storia della salvezza, dalla creazione del mondo alla resurrezione di Cristo, in un percorso che ha alle sue estremità le due figure imponenti del Cristo pantocratore dell'abside, le cui braccia si aprono in un abbraccio commovente che accoglie il fedele lasciandolo senza parole, e della Vergine nella controfacciata, la cui maternità è segno perenne del rinnovarsi della presenza di Cristo che accompagna la vita degli uomini, posto genialmente sopra la porta attraverso la quale i fedeli lasciano la basilica per portare nel mondo la loro speranza. Oltre alla sequenza narrativa vetero e neotestamentaria, le pareti della basilica ospitano una impressionante serie di ritratti di santi, testimonianze perenni della vita della Chiesa. Anche in questo caso, la loro collocazione rivela un progetto geniale: se infatti le absidi laterali ospitano i due capisaldi della fede cristiana, Pietro e Paolo, lungo le pareti del presbiterio e nei sottarchi delle navate si susseguono figure intere, busti e volti di monaci, vescovi, laici, eremiti, uomini e donne che hanno testimoniato la loro fede, chiesa trionfante sempre più vicina alla chiesa militante che affolla ogni giorno la chiesa, per concludersi nella controfacciata, accanto alla figura di Maria, con gli esempi più vicini alla gente di Monreale, Cassio, Casto e Castrense, i "loro" santi. Il ciclo musivo di Monreale dispiega così un inno alla Chiesa di eccezionale bellezza.
Una riflessione sulle forme estetiche della società di massa a partire dall’esperienza personale dell’autore: un percorso di lunga frequentazione dei media dello spettacolo, e una più recente attenzione verso i media della vita quotidiana e gli scenari tecnologici della condizione – sempre più postuma e oggettivamente marginale – dell’essere umano a fronte del mondo. Scritti a cavallo tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, i saggi raccolti in questo libro – La bellezza per te e per me, La Casa della Bellezza, Le lacrime di Bambi, Sensi, sensazioni, sentimenti – presentano connessioni tematiche che risulteranno sicuramente evidenti al lettore. Nuovi sono la loro collocazione e il loro assemblaggio, attualissimo è il nodo cruciale che li lega insieme: il rapporto tra sapere estetico e vocazione imperialista del soggetto moderno.
Che la bellezza sia fonte di dolore e di felicità lo sappiamo: abbiamo imparato sulla nostra pelle cosa significhi essere belli o brutti, quanto sia dolorosa l’esperienza di essere esclusi dalla sfera della bellezza in un mondo che ne è dominato e quanto esaltante l’avventura di apparire belli o di conquistare l’attenzione di chi ci sembra bello, avvenente, vincente. La bellezza è un premio o una punizione comune.
La scena che ci inquieta è quella duplice e parimenti dolorosa in cui sentiamo che il nostro corpo, il suo apparire alla presenza dell’altro, non viene giudicato bello, oppure il corpo, che a noi appare bello, si ritrae e ci nega. Avvenuta l’alchimia del desiderio, belli o brutti che si sia, la recita segue il copione sociale di una continua approssimazione alla bellezza. Su questa dinamica hanno prosperato le fabbriche ed i mercati dell’abbigliamento, della cosmetica, della ginnastica, della chirurgia estetica.
L’interpretazione freudiana del piacere non ha potuto fare molto a questo proposito. Ne ha preso atto. Così come le teorie critiche sulla civiltà dei consumi: negazioni di ciò che è innegabile.
L’esperienza ci insegna che la bellezza domina i nostri comportamenti e governa la felicità o l’infelicità delle nostre sensazioni. Quanto più la bellezza è prossima al nostro desiderio, compatibile con le nostre esigenze, tanto più siamo felici. Siamo stati educati sin dall’infanzia a questo meccanismo. A esso sono stati connessi i valori del benessere, della ricchezza, del successo, della sopravvivenza.
Qualunque politica, qualunque regime, qualunque apparato ha dovuto accettare il meccanismo della qualità formale dei processi e dei prodotti. Ci si è preoccupati di metabolizzare le dissonanze soltanto dentro questo grandioso scenario: tra Hollywood, la Corazzata Potëmkin e le grandi parate naziste esiste uno stesso cerimoniale.
La figura di Wolfgang Amadeus Mozart ci appare come una sorta di miracolo all'interno della storia della musica: un genio precoce e giovanissimo capace di rivoluzionare la tradizione, in grado di operare in un solo trentennio una sintesi perfetta della musica del tempo. La biografia in due volumi di Hermann Abert fornisce un quadro affascinante e accurato sia della vita privata di Mozart, attraverso la fitta corrispondenza con parenti e amici, sia dell'evoluzione del suo genio musicale. In questo primo volume l'autore prende in esame gli anni dell'infanzia e della giovinezza: dalle prime composizioni ai tre viaggi in Italia, dai contrasti con i committenti di Salisburgo ai soggiorni a Monaco e Parigi.
Il volume, arricchito da numerosi contributi iconografici, è curato dall'Abbazia di San Paolo fuori le Mura di Roma, ed è rivolto a tutti coloro che desiderano eseguire in canto le narrazioni della Passione per i riti della Settimana Santa attenendosi al testo prescritto dalle attuali norme liturgiche (testo biblico tratto dal Lezionario domenicale e festivo C.E.I.). Il testo proposto adotta come lingua liturgica, al posto di quella latina, la lingua italiana ed è stato messo a punto nel 2012 da alcuni monaci benedettini che, raccogliendo l'eredità di chi li aveva preceduti, hanno deciso di affrontare questa nuova impresa avvalendosi delle più moderne tecnologie di videoscrittura digitale. La storia del canto della Passione trae le sue origini già nella riforma liturgica del Concilio Vaticano II quando - come supporto al ministero dei cantori - furono rese disponibili numerose opere che accostavano al testo ufficiale della Vulgata la notazione quadrata su tetragramma. In seguito alle nuove direttive emanate attraverso la Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia "Sacrosanctum Concilium", la Congregazione per il Culto Divino pubblicò nel 1989 l'edizione ufficiale per il canto della Passione con la melodia romana adattata ai testi della Nova Vulgata. La prima edizione italiana pro manuscripto che adatta le melodie gregoriane della tradizione romana alla lingua italiana si deve a Dom Anselmo Serafin osb della Badia di Cava de' Tirreni (1973-1975).
Il libro è una lunga riflessione di Claudio Abbado a colloquio con Lidia Bramani, assistente del Maestro da molti anni. Abbado tocca numerosi argomenti di carattere generale: dal ruolo della cultura nel mondo di oggi al problema della formazione musicale. Particolare attenzione è rivolta all'attività musicale giovanile (il Maestro dirige l'orchestra Gustav Mahler, costituita da elementi che provengono sia dall'Europa occidentale che da quella orientale). Ripercorrendo le proprie esperienze personali, gli incontri, le scelte, le aspirazioni, Abbado difende le ragioni della musica pura e del talento e chiarisce come non debbano essere subordinate a impedimenti di tipo organizzativo e a clientelismi che offendono l'arte.