
La chiesa di San Salvatore in Chora a Istanbul è considerata l'esempio migliore di architettura bizantina della città e conserva mosaici e affreschi di inestimabile valore. Nelle cupole, nelle volte, sulle pareti e nei pennacchi, sfilano molteplici racconti ispirati ai Vangeli apocrifi, canonici e alla Bibbia dei Settanta per proclamare, in immagini, il racconto salvifico cristiano. In questo volume, i programmi iconografici sono i protagonisti - onorati da splendide riproduzioni fotografiche e da numerosi dettagli - di un intreccio appassionante tra arte, liturgia, storia e teologia. I commenti permettono di approfondire la ricchezza racchiusa nelle immagini, per poter assaporare pienamente l'unicità dell'ultimo capolavoro di Bisanzio.
L'arte cristiana è l'espressione in forme e colori della straordinarietà del mistero salvifico, è sinfonia tra bellezza e lode, è una riflessione che si nutre di esperienza e di creatività. L'iconografia religiosa è allo stesso tempo spiegazione e contemplazione, il luogo per riconoscere e accogliere l'opera di Dio nella storia umana. Schiere di artisti lungo i secoli hanno interpretato il mistero cristiano con diversi linguaggi che meritano di essere scoperti, compresi, valorizzati. Ogni generazione ha bisogno di compiere un percorso educativo per conoscere il senso del''arte religiosa e poter spiegare la fede cristiana attraverso il linguaggio della bellezza artistica. Questo libro propone alcuni percorsi di testimoni qualificati - tra liturgia, teologia e storia dell'arte - per operare tale felice riscoperta nel nostro tempo.
A cento anni dalla nascita del grande regista della "Dolce vita", "Amarcord" e altri capolavori, una lunga intervista con Goffredo Fofi del 1992 su come raccontare l'Italia e i saggi di Piergiorgio Giacchè, Emiliano Morreale e Gianni Volpi su Federico Fellini come grande antropologo, geniale interprete dei nostri caratteri nazionali.
L'elaborazione della fotografia digitale in bianco e nero è il tema di questo libro. Quello che prima era relegato alla camera oscura, viene illustrato attraverso l'uso di computer e dei software Photoshop (versioni CS2, CS3, e CS4) e Camera Raw. Che si parta da uno scatto trasferito su PC o dal recupero di un negativo effettuato tramite scanner, in queste pagine si impara a correggere, elaborare e a esaltare la creatività attraverso il bianconero. Ma perché un libro solo sulla fotografia in bianco e nero? A parte le motivazioni artistiche, per il suo valore didattico: la sua teoria rappresenta la base di qualunque genere fotografico. In più, il bianconero non perdona la banalità mentre gli errori di ripresa e di trattamento vengono impietosamente amplificati. Insomma, imparare l'arte della fotografia digitale in bianconero significa capire a fondo i principi stessi della fotografia, ovvero le basi per esprimere la creatività del fotografo. In queste pagine l'autore porta la sua esperienza quarantennale, nata da studi di chimica e dalla pratica nella camera oscura e proseguita su computer e software, arricchendo concetti e spiegazioni con numerosi esempi pratici.
"Non ci fu cosa o soggetto che non ebbe posto nell'immensità dell'arte di Hokusai, pari all'immensità dell'universo. Si può dire che l'artista fu inebriato dallo spettacolo della vita e dalla molteplicità delle forme e che, neppure nei periodi di intenso naturalismo, l'arte giapponese aveva conosciuto qualcosa di simile. [...] Gli uomini e gli animali, gli umili testimoni dell'esistenza quotidiana, la leggenda e la storia, le solennità mondane e i mestieri, tutti i paesaggi, il mare, la montagna, la foresta, il temporale, le tiepide piogge delle primavere solitarie, l'alacre vento agli angoli delle strade, la tramontana sull'aperta campagna, tutto questo più il mondo dei sogni e il mondo dei mostri costituisce il regno di Hokusai, se alla parola è dato di segnarne i limiti. [...] Vita e movimento, studiati nella fatica o nella gioia degli uomini, come nel brulichio del mondo animale, nel brusco scatto che fa saltare l'insetto, in un nervoso colpo di pinna, ecco il grande principio che governa la curiosità dell'artista e la tiene desta ovunque una forma organica si muove, si agita, si dimena e si contorce. La cultura di una sensibilità delicata, la meditazione dei grandi esempi ereditati dal passato, la ricerca di uno stile che risiede nella ponderazione o nell'immobilità non potevano soddisfare l'artista. Hokusai ha voluto che la sua arte fosse pari, non alla creazione di uno splendido sogno solitario, ma pari al fremito e all'energia delle forme viventi."
Dalle Oranti alla Maddalena, dall'ascesi di Maria Vergine alle parabole dei Vangeli Apocrifi, Dario Fo accompagna il lettore attraverso la rappresentazione e il "progressivo occultamento" della donna nei testi sacri, nel tentativo di risalire alle origini della presunta misoginia della Chiesa. Attraverso lo studio delle opere d'arte e dell'iconografia cristiana e la rielaborazione di molte immagini pittoriche, egli trae alcune delle riflessioni che lo porteranno a identificare una sorta di involuzione nello sviluppo della figura femminile nella storia.
La tradizione popolare è ancora una volta il perno del lavoro di elaborazione di Dario Fo: attraverso storie, miti e leggende popolari, Francesco appare nella sua debolezza umana, nella sua indisponibilità al compromesso, ma allo stesso tempo nella sua profonda comprensione dell'animo umano e dell'idea di un Dio aperto al dialogo con l'uomo peccatore. Grazie a lu santo jullaré Francesco, lo spettatore-lettore potrà quindi conoscere in un'ottica nuova, non agiografica, San Francesco e gli episodi celebri della sua vita, tutti affabulati da uno dei grandissimi del teatro italiano.
"Juan Padan è un personaggio che ritroviamo anche nella Commedia dell'arte, chiamato in maniere diverse: Giovan, Giani, Zanni. Questo Juan è una specie di Ruzante, più propriamente uno Zanni, maschera prototipo di Arlecchino, che, come vedremo, nato a sua volta nelle valli di Brescia e Bergamo, si ritrova letteralmente proiettato nelle Indie, ingaggiato su una nave della quarta spedizione di Colombo". (Dario Fo).
"Mistero buffo" è certamente il più noto, in Italia e all'estero, tra gli spettacoli di Dario Fo e anche quello che ha destato più polemiche. Prima del gesto, la parola: la forza di quest'opera, che segna un momento di profondo rinnovamento del teatro italiano, sta soprattutto nel linguaggio, qui reinventato attingendo ai dialetti padani (e non solo) dei secoli XIII-XV con effetti esilaranti. Il testo è proposto in una nuova edizione integrale, cioè proponendo anche i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni e degli oltre cinquemila allestimenti in Italia e all'estero, tra il 1969 e il 2003.
Rinnovamento o restaurazione? L'Italia è un Paese di funamboli in bilico tra queste due scelte. Vogliamo novità: ed ecco lo tsunami grillino. Ma vogliamo anche stabilità: voilà il governissimo. Intanto succede di tutto: presidenti uscenti che rientrano, elezioni "non perse" ma neanche vinte, ex premier dati per spacciati che risorgono, candidati che cadono crivellati dai colpi dei franchi tiratori. Scene dal declino di un impero? O fotogrammi di un nuovo Sessantotto? Dario Fo veste i panni del saggio giullare per raccontare la corte senza più miracoli della politica allo sbando. Spiega, dall'ottica privilegiata del collega clown, chi è e dove va Beppe Grillo, il castigamatti sbucato dalla Rete per travolgere un intero sistema di potere. Indaga le radici dell'autolesionismo in fase terminale che ha annientato in poche settimane gli eredi dell'onorato Pci. E ricordando altre rivoluzioni e altre piazze, ricostruisce in pochi tratti scanzonati e veri il filo di una narrazione del nostro passato e del nostro presente. Restituendoci, con rabbia e speranza, il senso del futuro.
Era il 1969 quando Dario Fo e Franca Rame portarono in scena per la prima volta quel Mistero Buffo nato per irridere i santi e i fanti secondo lo stile delle rappresentazioni medievali, secondo lo sguardo dei diseredati e dei dimenticati. Negli anni il Mistero è cresciuto e si è moltiplicato, si sono aggiunte molte storie, attinte dalle cronache "di giornata". Così Giuseppina Manin ha proposto a Dario Fo di ripensare ai tanti altri "misteri", pochissimo buffi ma terribili e grotteschi, che in questo mezzo secolo hanno scosso, minato, devastato il nostro paese. E insieme sono partiti per un viaggio nella memoria attraverso una serie di "giullarate" per narrare un'Italia di nuovo "in gran tempesta". Punto di partenza, l'improvvisa e inspiegabile scomparsa del cavaliere Silvio Berlusconi, che avviene qualche tempo dopo la giubilazione del suo governo. Sconcerto, sollievo, cordoglio, confusione, finché l'ex premier riappare e racconta di essere stato, novello Dante, niente meno che all'Inferno, tra i protagonisti dei grandi misteri d'Italia, dalla strage alla Banca dell'Agricoltura al DC9, dal rapimento Moro allo scandalo delle escort. Un percorso lietamente sgangherato, grottesco e paradossale, che improvvisa gli andamenti a seconda dello spasso che ogni storia riesce a procurare. Per scovare, alla maniera di Fo, fra tante menzogne, uno squarcio di verità.