
Il volume è il catalogo della mostra di Roma (Musei Capitolini, 29 giugno - 27 agosto 2006) e di Vicenza (Gallerie di Palazzo Leone Montanari, 9 settembre 5 novembre 2006). L'esposizione, che raccoglie 60 opere provenienti dai più importanti musei russi, si articola in un percorso che, spaziando dall'antichità al XIX secolo, è in grado non solo di documentare le trasformazioni e i passaggi filologici, ma anche l'evoluzione di un linguaggio artistico che ha costituito la base dell'espressione popolare russa.
I totalitarismi del Novecento sono stati quasi integralmente liquidati. Sopravvivono fragili fasce di resistenza sui fronti politici, atteggiamenti emotivi non facili da qualificare che si sviluppano tra mitologia e folclore. Restano, soprattutto, tracce architettoniche vistose e magniloquenti, portatrici non solo di storia ma anche di cultura, spettacolo, mentalità. In questa chiave, i saggi qui presentati affrontano il problema della monumentalità totalitaria e delle sue svariate applicazioni in regimi diversi. I Paesi coinvolti non coprono, per ovvi motivi, tutte le possibilità che la situazione universale offre a chi si voglia occupare di rovine o macerie architettoniche, estetiche della politica, ideologie manifeste o criptate. I contributi raccolti nel volume riguardano Italia, Germanie (DDR e Terzo Reich), Cecoslovacchia, Jugoslavia, Unione Sovietica, Albania, Corea del Nord, Cuba. Letture, interpretazioni, indagini illustrate da immagini che coinvolgono architettura, cinema, antropologia, filosofia, storia culturale, cultura visuale, scienze umane.
La presente pubblicazione è dedicata a Paul Klee (1879-1940), uno dei protagonisti dell'arte del XX secolo. La formazione accademica a Monaco, l'adesione al gruppo "Der blaue Reiter", l'illuminante viaggio in Tunisia, l'esperienza didattica al Bauhaus, il drammatico periodo seguito alla condanna della sua arte da parte del regime nazista, l'isolamento in Svizzera: il dossier ripercorre in un'agile sintesi la storia artistica di Paul Klee, caratterizzata da un fecondo rapporto tra elaborazione teorica e prassi pittorica.
L'esposizione ai Musei Capitolini di Roma (21 ottobre 2004-23 gennaio 2005) è un'occasione per scoprire dal vivo le incisioni e i disegni dell'artista olandese Escher, più di altri maestri popolare ed enigmatico al contempo. Insieme alle opere più conosciute dell'artista, come le celebri Metamorfosi o le Architetture impossibili, la mostra - di cui questo volume è il catalogo presenta un gruppo di vedute, realizzate durante il lungo soggiorno italiano tra il 1922 e il 1934, nate dalla profonda suggestione dei paesaggi del Sud Italia, delle antichità e della natura mediterranea che, anche dopo la "svolta astratta", continueranno ad alimentare la successiva creazione artistica di Escher.
Giornalista, scrittore, poeta, drammaturgo, Stefano Pirandello (noto con lo pseudonimo di Stefano Landi) realizza un esempio di teatro sociale, teso alla conciliazione dei conflitti che originano in primo luogo dalla famiglia. Le sue opere, che per spessore autobiografico consentono anche di penetrare meglio nell'aggrovigliato universo del padre Luigi, indugiano inoltre su aspetti arditi e inquietanti della sessualità e su temi attuali come la sua protesta contro la guerra, la violenza, il razzismo, a cui contrappone una visione fondata sulla fratellanza universale.
Luigi Pirandello, uno dei massimi geni del Novecento, seppe, forse meglio di chiunque altro, illuminare ed esplorare le angosce, le dissociazioni e i contrasti interiori che lacerano la coscienza e lo spirito della modernità. In "Sei personaggi in cerca d'autore", questa visione tormentata si traduce in un vero e proprio "teatro della mente" nel cui allucinato e straniato spazio scenico la coscienza osserva e tortura ossessivamente se stessa. In altri termini, si traduce nella geniale innovazione del "metateatro", del teatro "su" e "nel" teatro, della rappresentazione che rappresenta se stessa proprio nel momento e all'atto del proprio farsi, del proprio divenire, del proprio prender forma nel tumultuoso groviglio che avvolge e intreccia la vita e la forma, la realtà e la sua ombra, l'esistenza e la maschera, la "vita nuda" e il suo illusorio fantasma.
Nel più celebre dramma di Luigi Pirandello, rappresentato per la prima volta nel 1921, sei personaggi si presentano a un Capocomico e raccontano di essere stati inventati da un autore che li ha abbandonati senza risolvere la loro storia nelle forme dell'arte. Creature vive e autonome quali ormai sono, essi soffrono il fatto di dover imprigionare negli schemi generici e convenzionali del linguaggio scenico le proprie vicende, pur avendo nella finzione teatrale l'unica fonte di salvezza. Lo stesso motivo, ricco di pathos, del contrasto tra arte e vita, anima l'"Enrico IV", scritto nel 1921 e rappresentato l'anno seguente: la tragedia del giovane improvvisamente impazzito che crede di essere l'imperatore di Germania ed è costretto a fingersi tale anche dopo aver riacquistato la ragione. Due classici del teatro universale, dall'altissima significazione poetica, caratterizzati da un'ardita tecnica scenica e da un desolato scavo dell'animo umano.

