<<Opera di capitale importanza, essa e' da considerarsi con certezza uno dei volumi più' importanti della canonistica contemporanea ed è destinata a rimanere pietra fondamentale nella letteratura giuridoco-teologica>>.
Vedi Recensione in: RTLu (3/2005) pag. 518.
<<Senza dubbio l'autore e' giustamente e unanimemente riconosciuto come uno dei più' grandi esperti, se non probabilmente il maggiore specialista, del diritto costituzionale canonico in genere e soprattutto del diritto della vita consacrata>>.
Ibidem, pag. 515.
Una riflessione teologico-spirituale sul futuro della vita consacrata, che - secondo l'Autore - sta nella capacità di non lasciarsi trascinare dalla logica del "mondo" e nella volontà di essere fratelli e sorelle di coloro che vivono il travaglio di questo mondo sofferente e inquieto, afflitto dalla povertà e dalla fragilità. Per riuscire in questa missione, è però necessario "ritrovare" quel chiostro che forse era stato "perduto", ovvero riscoprire e dare forma al «bisogno, comunque ritornante nella persona umana, in forma segreta o manifesta, esplicita o implicita, a volte perfino mascherata, di ritrovare la dimensione verticale che tutti ci costituisce» (dalla prefazione del card. Marcello Semeraro).
Nel 1688 vede la luce a Venezia una rara edizione delle Estasi maddaleniane dal titolo "La Vita e Ratti di S. Maria Maddalena de' Pazzi", oggetto della presente ricerca. Edito da un curatore anonimo, che ha accesso ai manoscritti custoditi nel monastero fiorentino di Santa Maria degli Angeli, luogo di vita della Santa, l'importante volume offre, dopo la biografia di Vincenzo Puccini del 1609, una nuovo e più ampio canone dell'esperienza mistica maddaleniana.
Questo testo si può definire una guida indispensabile e preziosa per ogni carmelitano secolare scalzo.
Il dono della fedeltà e la gioia della perseveranza. Manete in dilectione mea.
L' intento di questo nuovo documento è di «elaborare e proporre alcune indicazioni o linee di intervento preventivo e di accompagnamento» (n. 3). Contestualmente, di fornire agli interessati le normative codiciali e della prassi dicasteriale in ordine alle regole da rispettare in tali frangenti.
Su un tema così delicato come la decisione di uscire dalla vita consacrata sono necessari sia uno sguardo attento come un ascolto sincero. Il discernimento dell’interessato, dell’accompagnatore e delle comunità diventa l’invito più insistito. «Prospettare il momento dell’uscita come percorso di accompagnamento vocazionale vuol dire lavorare assieme per un discernimento che continua ad avere senso anche e soprattutto nei momenti più delicati e importanti della vita, in una prospettiva di inclusione, nel rispetto delle diversità delle scelte del fratello e della sorella» (n. 46).
Liberamente si è entrati e liberamente si può uscire, ma la serietà e coerenza vale nell’un senso come nell’altro, vale per il singolo e per la famiglia religiosa. E le regole, come la giusta pretesa del popolo di Dio, ce lo ricordano. Non si può accettare acriticamente l’assenso «del tutto empatico e comprensivo (del nostro contesto sociale) nei confronti di persone che rompono legami di vita assunti in forma irrevocabile» (n. 57).
«Oggi di fronte al venir meno della perseveranza di tanti fratelli e sorelle che con generosità avevano intrapreso la via della sequela, possiamo diventare giudici severi, mettendo in rilievo difetti e fragilità che non sono stati affrontati nella maniera giusta, per cause personali, istituzionali o di responsabilità collettive. Chi abbandona deve porsi serie domande sul perché sia venuta meno la propria scelta vocazionale, e chi resta, sulla coerenza del suo rimanere e su eventuali implicazioni nelle cause di allontanamento e raffreddamento della perseveranza di chi se n’è andato. Siamo tutti reciprocamente responsabili e custodi dei nostri fratelli e sorelle, specie di quelli più deboli, perché siano “radunati in Cristo come una sola peculiare famiglia” e i legami di fraternità devono essere coltivati con lealtà in modo da creare per tutti un aiuto reciproco nel realizzare la vocazione propria di ciascuno» (n. 99).
L'intero volume è diviso in una introduzione e una conclusione generali e in venti capitoli, nella luce della divisione proposta dal CIC circa gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica. La vita consacrata è delineata alla luce del Concilio Vaticano II, in questo studio sono inseriti tutti i documenti della Chiesa sul tema della Vita Consacrata. In particolare è rivolto uno sguardo di speranza verso il futuro, con alcune sfide e priorità da seguire in fedeltà all'ispirazione originaria, e nella necessaria inculturazione di ogni carisma, aperti al futuro di Dio.
Dopo le due lettere Rallegratevi e Scrutate continua - con la terza Lettera il percorso di riflessione sulla Vita consacrata, che si snoda sul fil rouge del libro del Cantico dei Cantici: "Portare lo sguardo nel profondo del nostro vivere, - si legge nell'introduzione - chiedere ragione del nostro pellegrinare alla ricerca di Dio, interrogare la dimensione contemplativa dei nostri giorni, per riconoscere il mistero di grazia che ci sostanzia, ci appassiona, ci trasfigura". All'inizio dell'Anno giubilare, il testo richiama ciascuno alla ricerca di Gesù, Volto della misericordia del Padre, e traccia un cammino da percorrere: "Ogni consacrata e ogni consacrato è chiamato a contemplare e testimoniare il volto di Dio come Colui che capisce e comprende le nostre debolezze (cf. Sal 102), per versare il balsamo della prossimità sulle ferite umane, contrastando il cinismo dell'indifferenza" (Contemplate, 59).
Si deve guardare in faccia la realtà: il sacerdozio sembra vacillare. Certi preti sembrano come marinai la cui nave è stata sconquassata dalla violenza di un uragano. Annaspano e vacillano. Quando si viene a conoscenza di qualche episodio di abuso sui minori, non possiamo evitare di porci delle domande. Non si può fare a meno di avanzare dei dubbi. Il sacerdozio, il suo statuto, la sua missione, la sua autorità, sono messi al servizio di quanto c'è di peggio al mondo. Il sacerdozio è stato strumentalizzato per nascondere, insabbiare, e persino giustificare la profanazione dell'innocenza dei bambini. Talvolta, la stessa autorità episcopale è stata piegata allo scopo di pervertire e distruggere la generosità di coloro che desideravano consacrarsi a Dio. La ricerca della gloria mondana, del potere, degli onori, dei piaceri terreni e del denaro, è penetrata nel cuore di sacerdoti, vescovi e cardinali. Com'è possibile tollerare tali episodi senza tremare, senza piangere e senza metterci in discussione? Non possiamo fare finta che tutto ciò non esista, come se si trattasse soltanto di un incidente di percorso. Dobbiamo guardare il male in faccia. Perché tanta corruzione, sviamento e perversione? È giusto che ce ne venga chiesto conto. È giusto che il mondo ci dica: "Siete come i farisei: dite e non fate" (cfr. Mt 23,3). Il popolo di Dio guarda con sospetto i suoi sacerdoti. Chi non crede li disprezza e diffida di loro.
La profonde e attualissime meditazioni di uno dei più famosi predicatori del Novecento, per essere nel mondo sacerdoti e fedeli innamorati di Cristo.
Le fragilità del sacerdote vanno tenute in considerazione non per giustificare i suoi errori, ma per prevenirli, così che possano anche essere d'aiuto nella sua formazione personale. Partendo dal tema della vanità, intesa come il rischio di perdere l'essenza del proprio servizio, l'autore arriva a esplorare la sfida dell'affettività, considerando che una formazione eccessivamente rigida può generare distacco e freddezza nei rapporti con la propria comunità. Lungo il cammino, si affronta anche il pericolo dell'ipocrisia, una maschera che può celare la vera identità del presbitero, minando la sua autenticità e indebolendo l'efficacia di ogni azione evangelica. Attraverso le pagine si illuminano aspetti nascosti del ministero ordinato, delineando un itinerario di crescita interiore che invita all'umiltà, alla trasparenza e a una rinnovata autenticità.
Un percorso suggestivo in cui si raccontano la vita, le storie e le fatiche di tanti sacerdoti.
Storie di preti anonimi, che vivono nelle periferie delle grandi città e nelle parrocchie di montagna. Uomini generosi, alcuni di grande esempio, altri in crisi d’identità, di vocazione, di solitudine. Preti che talvolta fanno audience e talvolta suscitano scandalo. Preti di cui Vittorino Andreoli si è occupato anche in veste professionale.
Pur ammirando il coraggio di una “scelta estrema”, lo psichiatra constata le difficoltà a vivere questa scelta in rapporto alla modernità.
Sono profili tracciati con grande delicatezza e rispetto, che tuttavia non tralasciano domande scomode: perché seminari sempre più vuoti? Perché tanti preti stanchi e infelici, che non riescono ad avvicinare la gente e in particolare i non credenti?
Pagina dopo pagina, l’analisi si apre a una riflessione pensosa sulla nostra società: sulla grande “domanda di sacro” del nostro tempo e sulla fatica della Chiesa a rispondere, sulla necessità di ritrovare frammenti di senso al non-senso dilagante, sul bisogno di recuperare luoghi e tempi per coltivare valori preziosi.