Questo strumento vuole essere un tentativo di risposta al desiderio di preghiera e di interiorità espresso da molti in un mondo frammentato e caotico. Nasce dall’esperienza fatta in questi anni in cui assistiamo ad un crescente desiderio di riscoperta di una fede che non sia una vaga appartenenza culturale.
Che cosa ci strappa dal nulla?
01.04.2020
L’editoriale di questo numero è la lettera che don Julián Carrón, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha mandato a tutto il movimento.
Milano, 12 marzo 2020
Carissimi amici,
pur non essendoci ancora disposizioni delle autorità circa il prossimo mese di aprile, l’attuale emergenza sanitaria e le problematiche legate all’organizzazione dei nostri gesti ci impongono di disdire tutti i consueti appuntamenti di questo momento dell’anno: gli Esercizi della Fraternità, gli Esercizi dei lavoratori, il Triduo di GS, i momenti della Settimana Santa del CLU, le Via Crucis, la Scuola di comunità in collegamento del 1° aprile.
Questa decisione, imposta dall’emergenza, non fa sparire la presenza insidiosa del Coronavirus tra di noi né attenua la provocazione che essa rappresenta, non ci consente di voltare la faccia dall’altra parte, come se non ci toccasse. Volenti o nolenti, ci riguarda tutti. E, con tutti, noi condividiamo la stessa domanda: come stare da uomini davanti a questa circostanza?
In queste occasioni – che il Mistero non ci risparmia – possiamo cogliere con ancora più chiarezza la grazia del carisma che ci ha investito, verificando la sua capacità di farci stare davanti a quello che accade. «L’unica condizione per essere sempre e veramente religiosi è vivere sempre intensamente il reale» (Il senso religioso, Rizzoli, Milano 2010, p. 150), ci ha detto don Giussani. È questa concezione della religiosità che ci fa riconoscere qualsiasi circostanza come vocazione. «Vivere la vita come vocazione significa tendere al Mistero attraverso le circostanze in cui il Signore ci fa passare, rispondendo ad esse. […] La vocazione è andare al destino abbracciando tutte le circostanze attraverso cui il destino ci fa passare» (Realtà e giovinezza. La sfida, Rizzoli, Milano 2018, p. 65). Don Giussani era ben consapevole di quale vertigine questo introduca nella vita: «L’uomo, la vita razionale dell’uomo dovrebbe essere sospesa all’istante, sospesa in ogni istante a questo segno apparentemente così volubile, così casuale che sono le circostanze attraverso le quali l’ignoto “signore” mi trascina, mi provoca al suo disegno. E dir “sì” a ogni istante senza vedere niente, semplicemente aderendo alla pressione delle occasioni. È una posizione vertiginosa» (Il senso religioso, op. cit., p. 189).
È difficile trovare una espressione più adeguata di questa per descrivere la situazione in cui ci troviamo quando stiamo realmente davanti a quello che accade: un vertiginoso essere sospesi «in ogni istante a questo segno apparentemente così volubile, così casuale che sono le circostanze». Eppure è questo l’unico atteggiamento razionale, perché è attraverso quelle circostanze che la presenza del Mistero, di quell’«ignoto “signore”», ci interpella, ci provoca al Suo disegno, al compimento del vivere.
Ma «la ragione non tollera, impaziente, di aderire all’unico segno attraverso cui seguire l’Ignoto, segno così ottuso, così cupo, così non trasparente, così apparentemente casuale, come è il susseguirsi delle circostanze: è come sentirsi in balia di un fiume che ti trascina in qua e in là» (Il senso religioso, op. cit., p. 189). In queste settimane ciascuno potrà vedere quale posizione prevale in sé: se una disponibilità ad aderire al segno del Mistero, a seguire la provocazione della realtà, oppure il lasciarsi trascinare da qualunque “soluzione”, proposta, spiegazione, pur di distrarsi da quella provocazione, evitare quella vertigine. Ciascuno di noi potrà poi verificare la reale consistenza delle “soluzioni” in cui ha cercato rifugio.
Come farci compagnia in questo frangente? Di quale compagnia abbiamo veramente bisogno? Quante volte cerchiamo una risposta svuotando l’avvenimento che ci ha raggiunto, riducendolo a un ambito di rapporti che ci protegga dall’urto delle cose, che ci risparmi la sfida delle circostanze, invece che sospingerci a viverla! Ma una simile compagnia non può rispondere: in momenti come quelli che stiamo attraversando, in cui l’urgenza del vivere si fa ineludibile e potente, diventa più evidente che mai.
Un mio giovane amico si è laureato e ha iniziato una nuova vita. Di conseguenza, non ci possiamo vedere più così spesso come quando frequentava l’università. Di recente si lamentava di questo con me. Gli ho ricordato un brano del Vangelo. Un giorno i discepoli si trovarono in barca con Gesù e si accorsero di essersi dimenticati di prendere dei pani. Nonostante fossero stati testimoni di due miracoli grandi come castelli – due moltiplicazioni di pani come mai erano successe nella storia –, cominciarono a litigare tra di loro perché si erano dimenticati i pani. Facevo dunque notare al mio amico che Gesù era lì, accanto a loro, sulla barca! E loro continuavano a lamentarsi! Il problema non era che fossero soli, perché Gesù era con loro, ma per loro era come se non ci fosse. E infatti discutevano tra loro che non avevano pane! Per mostrare dove fosse il problema, Gesù non fa un altro miracolo. A cosa sarebbe servito farne un altro, dopo tutti quelli che avevano già visto? Che contributo dà allora Gesù? Rivolge loro tre domande. La prima: «Quanti pani sono avanzati dopo la prima moltiplicazione?». E poi: «Quanti ne sono avanzati dopo la seconda?». E infine: «Ancora non capite?» (cfr. Mc 8,19-21). Come è prezioso il contributo che Gesù offre ai suoi amici non risparmiando loro le domande! Non aggiunge spiegazioni, non compie altri miracoli, ma li sollecita, dal di dentro della loro esperienza, a usare fino in fondo la ragione, in modo che essi possano rendersi conto di chi hanno incontrato (avevano con sé il signore del “panificio”!). Se non avevano capito, attenzione, non era perché fossero da soli o non disponessero di elementi sufficienti, ma perché non avevano ancora usato bene la ragione. Gesù infatti si era svelato loro attraverso i molti segni che avevano visto, di una risposta eccezionale, finalmente corrispondente al cuore, al loro e all’altrui bisogno di uomini, in tante occasioni, anche drammatiche, ma essi non avevano ancora riconosciuto chi era, con quel riconoscimento che si chiama fede e che «fiorisce sull’estremo limite della dinamica razionale come un fiore di grazia, cui l’uomo aderisce con la sua libertà» (Generare tracce nella storia del mondo, Bur, Milano 2019, pp. 45-46).
Gesù approfitta di ogni circostanza per far vedere ai suoi discepoli il Suo modo di stare davanti a tutto quello che accade, a qualsiasi imprevisto, anche doloroso, affinché essi sperimentino la pertinenza della Sua presenza, del rapporto con Lui – della fede –, alle esigenze della vita. «Il contenuto della fede – Dio fatto uomo, Gesù Cristo morto e risorto – che emerge in un incontro, perciò in un punto della storia, ne abbraccia tutti i momenti e aspetti, che come da un vortice sono portati dentro quell’incontro e devono essere affrontati dal suo punto di vista, secondo l’amore che da esso scaturisce, secondo la possibilità di utilità al proprio destino e al destino dell’uomo che esso suggerisce» (Generare tracce nella storia del mondo, op. cit, p. 40). Se l’incontro fatto non diventa per noi come un vortice dentro il quale sono portati tutti i momenti e aspetti del vivere, ci troveremo smarriti davanti a ogni nuovo imprevisto, a ogni nuova strettoia.
È così, circostanza dopo circostanza, nell’esperienza continua di una “convenienza” inaspettata, che «l’incontro fatto, per sua natura totalizzante, diventa nel tempo [sottolineiamolo: nel tempo] la forma vera di ogni rapporto, la forma vera con cui guardo la natura, me stesso, gli altri, le cose. Un incontro, se è totalizzante, diventa forma e non semplicemente ambito di rapporti: esso non stabilisce soltanto una compagnia come luogo di rapporti, ma è la forma con cui essi vengono concepiti e vissuti» (Generare tracce nella storia del mondo, op. cit, p. 40).
È a questo livello della questione – il riconoscimento della natura totalizzante dell’incontro, che diviene forma vera di ogni rapporto – che vengono in nostro aiuto presenze veramente «amiche», che ci testimoniano la strada che ci consente di vivere una situazione come quella attuale. Presenze che non programmiamo noi, così eccezionali – pur dentro le circostanze di tutti – che ci lasciano senza parole, in silenzio. «D’improvviso sono stata catapultata in trincea. Sembra di essere in guerra. Il mio quotidiano lavorativo e familiare in un giorno è cambiato. Da medico, da mamma, da moglie mi ritrovo a dormire in isolamento da mio marito, a non vedere i miei figli da due settimane, a non poter avere un contatto diretto con il paziente. Tra me e i miei malati c’è una maschera, una visiera e il loro scafandro. Spesso sono anziani che vivono da soli questo momento. Hanno paura. Muoiono da soli. E i parenti, isolati a casa, non possono assistere il loro caro, la loro cara, e ricevono telefonate nella notte in cui comunico loro la morte del loro familiare: tra me e loro c’è il telefono. Io cosa posso fare per loro umanamente, da cristiana? Entro in reparto, cerco un sorriso e l’abbraccio di un’infermiera amica: in questo momento di isolamento ho bisogno anche di sentirmi fisicamente insieme. E posso abbracciare solo loro. Davanti a tutto ciò mi sostiene rileggere tutti i giorni la lettera di Carrón al Corriere della Sera («Ecco come nelle difficoltà impariamo a battere la paura», 1 marzo 2020, p. 32), che mi aiuta a rimettermi in una posizione di apertura, a chiedermi che cosa in fondo regge. Sono chiamata a riconoscere l’essenziale, il vero. Poi c’è tutto il percorso fatto sul testo di Scuola di comunità: la prova è il modo in cui la fede può crescere se la libertà è giocata di fronte alla Preferenza che ci chiede tutto. E questo è vertiginoso. Noi dobbiamo affidarci e assumerci questo rischio. La certezza che sostiene la nostra vita è un legame, e c’è un cammino da fare per arrivare a questa certezza affettiva. Le circostanze ci sono date per attaccarci più a Lui, ci sta chiamando in un modo misterioso. La fede è fidarsi che Lui ci sta chiamando. “Solo quando domina una speranza fondata siamo in grado di affrontare le circostanze senza fuggire”. Siamo chiamati più che mai a rispondere a Lui che ci chiama in modo misterioso. È questa certezza che posso dare ai miei malati, ai parenti, oltre che fornire le cure mediche».
Questa è la sfida davanti alla quale è ciascuno di noi. In questo momento, in cui il nulla dilaga, il riconoscimento di Cristo e il nostro «sì» a Lui, anche nell’isolamento in cui ognuno di noi potrebbe essere costretto a stare, è già il contributo alla salvezza di ogni uomo oggi, prima di ogni legittimo tentativo di farsi compagnia, che pure va perseguito nei limiti del consentito. Niente è più urgente di questa autocoscienza.
Anche se non potremo fare gli Esercizi della Fraternità, niente ci impedisce di proseguire il nostro cammino per continuare a incrementare la certezza, quella «speranza fondata» di cui abbiamo assoluto bisogno per vivere in queste circostanze. Perciò vi invio la domanda che avevo pensato per la preparazione degli Esercizi, mai così pertinente alla situazione: «Che cosa ci strappa dal nulla?».
Tutti abbiamo visto quanto è stato utile il quesito inviato lo scorso anno per essere attenti all’esperienza che facevamo. Quest’anno può essere ancora più decisivo. Invito perciò chi lo desidera a inviare il proprio contributo a comunicazionifrat@comunioneliberazione.org.
Vedremo poi come fare tesoro tutti insieme del percorso delle settimane che ci aspettano e come rispondere nella maniera più adeguata alle domande che emergeranno. Aperti all’imprevisto.
È un tempo inedito e drammatico. Che portata possono acquistare i gesti a noi così cari come l’Angelus al mattino, a mezzogiorno e alla sera, il Memorare prima di andare a dormire, il lavoro quotidiano, personale e in famiglia, sulla Scuola di Comunità, la giaculatoria Veni Sancte Spiritus al primo risveglio e in ogni istante in cui la circostanza diventa così sfidante da aver bisogno di gridare per poter stare davanti ad essa!
Vi raccomando la carità fraterna, con una attenzione ai bisogni che emergono fra di noi, rimanendo in contatto come si può, sfruttando al meglio tutti gli strumenti che oggi la tecnologia ci offre.
Infine, secondo l’invito di papa Francesco, «continuiamo a pregare per gli ammalati, gli operatori sanitari, tanta gente che soffre questa epidemia».
Vi abbraccio uno ad uno in questa Quaresima così decisiva per la nostra conversione a Cristo vittorioso sulla morte.
Accompagniamoci, lasciandoci sfidare dai tempi che viviamo, per non perdere l’occasione che il Mistero ha preparato per noi!
Vostro,
don Julián Carrón
Un sussidio semplice e sobrio, che aiuti la preghiera, la lode alla scuola della Parola, giorno dopo giorno, con indicazioni, riflessioni, spunti. "Non multa, sed multum!" Indica Ignazio di Loyola nei suoi esercizi spirituali: non è la quantità che conta, bensì la qualità. Basta una Parola, un frammento, che possono aprire vie e profondità inaspettate. Tutto questo nello spirito della "Rete mondiale di preghiera del papa", moderna evoluzione del tradizionale "Apostolato della Preghiera"
Quaderno
4074
VIVERE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
IL CUORE DI «QUERIDA AMAZONIA»
SARÀ POSSIBILE UNO SVILUPPO VERDE PER TUTTI?
L’AFRICA: UN CONTINENTE IN MOVIMENTO
POLEMICHE SULLA CHIESA IN CINA: LA TENTAZIONE DONATISTA
RAFFAELLO: LUCI E OMBRE NELLA VITA DI UN GENIO
DANIEL PENNAC E FEDERICO FELLINI: LA VITA È SOGNO
«MESSIAH»
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 4074
194 Aprile 2020
Sommario
3 Editoriale Lorenzo Bertocchi
6 In Bacheca
7 I Timonieri
8 Chiesa Matteo Matzuzzi
9 Mondo Benedetta Frigerio
10 Sono fuori e dentro di noi AA. VV. Abstract
18 Da onnipotenti a fragili, basta un virus AA. VV. Abstract
20 Non si può spegnere l'amore Francesco Cavina
24 Torna alla carica la legge sulla omotransfobia Gianfranco Amato
26 Il Kattolico Rino Cammilleri
28 Pillole di Apologetica Gianpaolo Barra
41 L’anima di Francia nel pranzo domenicale Raffaella Frullone Abstract
44 Dimmi come scegli e ti dirò chi sei Ettore Gotti Tedeschi
46 Raffaello e la Chiesa chiamata a combattere Valentina Sessa
49 La profezia dell’agnello crocifisso Luigi Piras Abstract
52 Matita Blu - Tiziano Terzani, l'Oriente fai da te Roberto Manfredini
55 Filosofando - L'esame di coscienza non è una tortura Giacomo Samek Lodovici
58 Miracoli - Il risveglio di Vivian Saverio Gaeta
60 La riscoperta del Sacro Andrea Porfiri
61 Schermi Laura Cotta Ramosino
62 La rosa del Timone Tommaso Scandroglio
63 Catt-woman - Una primavera claustrale Raffaella Frullone
64 Biblioteca Vincenzo Sansonetti
65 Don Camillo sul crinale - Cartello antivirus Lorenzo Bertocchi
Dossier
I soldi che hanno “fatto” l’Italia
Periodico religioso mensile: anno 13, n. 5/2020. Tempo di Pasqua - In edizione tascabile, propone due pagine quotidiane - una pillola di liturgia delle Ore - per chi vuole dedicarsi alla preghiera in un momento della giornata, oltre al rito della Messa, alla liturgia della Parola e alle parti proprie delle celebrazioni eucaristiche feriali e festive, affiancate dal commento. Le riflessioni sono curate da fr. MichaelDavide, fr. Adalberto Piovano, fr. Luca Fallica e fr. Roberto Pasolini. Arricchiscono la rivista il calendario interreligioso, la segnalazione, le giornate particolari - ecclesiali e civili - e alcune pagine di riflessione. Abbonandosi all'edizione web sarà possibile scaricare i contenuti in formato PDF. Iscrivendosi alla newsletter, si riceverà quotidianamente via e-mail il link al PDF della messa del giorno.
SETTE ANNI DI PONTIFICATO I GESUITI E GLI OCCHI DI FRANCESCO
UOMO E ROBOT: LA RELAZIONE IDEALE?
LEADERSHIP E POETICA DELLA RICONCILIAZIONE
COP25: PREOCCUPATE LEZIONI SULLA CRISI DEL CLIMA
QUERIDA AMAZONIA
L’IMMAGINE DI DIO NEGLI SCRITTI DI STEPHEN HAWKING
TUTTO QUELLO CHE È UN UOMO RACCONTI DI DAVID SZALAY
LA VITA DEL MONDO CHE VERRÀ
LES VÊPRES SICILIENNES DI GIUSEPPE VERDI
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 4073
Dal 1968 è il più qualificato e apprezzato strumento di lavoro per la comunicazione di fede nelle assemblee liturgiche. Il suo intento non è quello di sostituirsi ai responsabili delle comunità cristiane, ma di offrire loro un qualificato contributo per animare in modo sempre più adeguato e incisivo le assemblee celebranti, domenicali e festive.
Per ciascuna domenica e festa vengono proposti quattro contributi per preparare l'omelia:
– un'analisi delle tre letture bibliche, con elementi per indagare il senso originale dei testi;
– una riflessione su un tema particolare che sta al centro della Parola di Dio;
– uno schema completo di omelia, con indicazioni per la celebrazione e la regia liturgica;
– due schede (una per il presidente, una per i collaboratori) che suggeriscono gli interventi di parola adatti alle diverse figure ministeriali e alle diverse sequenze celebrative.
Ogni fascicolo è inoltre arricchito da:
– un Dossier monografico che passa in rassegna una nutrita sequenza dei nostri modi di dire: Annunciare a tutti la buona novella, il Signore ha voluto così, a posto con Dio, essere testimoni del Vangelo, Dio vede e provvede, Gesù accoglie tutti, Dio ti vede;
– un Sussidio pratico per celebrazioni particolari durante l’anno liturgico e per interpretare cristianamente le vicende della vita civile ed ecclesiale (Celebrazioni della Parola, Via Crucis, Novene…)
– una Rubrica «Per comunicare meglio»
Punto di riferimento insostituibile per la teologia cattolica contemporanea, la rivista Concilium delinea la mappa delle domande più pressanti che l’attualità pone alla riflessione teologica. E costringe la fede cristiana non solo a confrontarsi con il discorso pubblico, ma anche a impegnarsi nel dialogo con le prospettive specifiche delle diverse confessioni cristiane. Per la profondità dei contenuti, oltre che per l’ampiezza di respiro e la capacità di penetrazione intellettuale, Concilium riesce così a fornire risposte innovative e di convincente solidità alle questioni più importanti che si pongono alla teologia.