Se ti dicono che il mondo è sbagliato e non puoi fare nulla per aggiustarlo, hai due possibilità: ti rassegni a vivere una vita che non è la tua, con il dubbio dì sprecare tempo prezioso, o ti rimbocchi le maniche e provi a migliorare le cose, un bambino alla volta. È quello che sceglie Nicolò, vent'anni carichi di domande, di energia e di un'inestinguibile ricerca di senso. A casa, in Italia, mancano le risposte, le prospettive di un futuro che lo riempia, così sceglie di partire. Lo zaino che si porta è leggero: è convinto di trattenersi in India, nell'orfanotrofio di Dayavu Home, per qualche mese. Ma non sa che in quell'angolo remoto di mondo la sua vita è destinata a cambiare. Perché presto scoprirà che una vacanza da "volonturista" non è quello che sta cercando. I venti bambini che incontra sono stati abbandonati dalla società ma nonostante questo, ogni giorno gli insegnano che si può sempre rinascere. E anche se Nicolò sa bene che la battaglia contro il male è persa in partenza, capisce che vale la pena di rischiare tutto per regalare un solo sorriso ai suoi ragazzini. Così decide di restare: Dayavu Home diventa la sua Casa, Joshua, direttore dell'orfanotrofio e suo mentore, un secondo Padre e i bambini la sua Famiglia. "Bianco come Dio" è la loro storia, il racconto che Nicolò ha scritto - prima su un blog e poi su Facebook - per raccogliere fondi destinati alla struttura e agli studi dei ragazzi. È la testimonianza semplice e sincera di una passione contagiosa che vuole cambiare il mondo, sorriso dopo sorriso.
Prima di essere decifrati da Champollion, i geroglifici egiziani vennero interpretati – in una lunga e grandiosa linea di pensiero che va dalla tarda antichità al diciassettesimo secolo, da Plotino ad Athanasius Kircher – come una lingua non discorsiva, segreta e rivelatrice, fatta solo di immagini. Sir Thomas Browne (1605-1682) pose in atto questa concezione in tutta la sua opera di erudito e sommo prosatore – opera discreta, elusiva, difficilmente classificabile; fondata su di una cultura composita, stratificata e ormai remota; scritta in una lingua coperta dalla patina del tempo, in cadenza naturalmente religiosa e cerimoniale. Un'opera che si presenta come una complessa figura sul punto di disfarsi, come un mosaico le cui tessere stiano per essere separate e disperse. Alcuni degli elementi che sono delicatamente congiunti in quelle pagine, in un equilibrio ricco e precario, non si sono mai più ritrovati in così stretto contatto. In Browne la medicina e la teologia, l'erudizione antiquaria, la scienza naturale e il simbolismo ermetico si compongono in un solo discorso dalle molteplici e divergenti articolazioni. Il tempo, che ha rivelato sempre più lo splendore della sua prosa, ha anche confuso i tratti di quel discorso, ne ha offuscato i diversi significati. In quegli scritti alcune parole sono creste di continenti sommersi, sicché la perlustrazione delle topografie nascoste dovrebbe precedere ogni giudizio sull'opera. Una traccia può esser data dalla parola «geroglifico».
Questa incredibile storia inizia sul molo di un porto americano, con un giovane immigrato ebreo tedesco che respira a pieni polmoni l'entusiasmo dello sbarco. È il seme da cui nascerà il grande albero di una saga familiare ed economica capace di cambiare il mondo. Acuto e razionale, Henry Lehman si trasferisce nel Sud degli Stati Uniti, dove apre un negozio di stoffe. Ma il cotone degli schiavi è solo il primo banco di prova per l'astuzia commerciale targata Lehman Brothers (perché nel frattempo Henry si è fatto raggiungere dai fratelli Emanuel e Mayer). Con il tempo, al cotone si sostituiscono il caffè, lo zucchero, il carbone, e soprattutto la nuova frontiera di un'industria ferroviaria tutta da finanziare; ai padri subentrano i figli e i nipoti, in un mosaico di umanità diverse, assortite, contraddittorie. Spiazzante e pirotecnico, "Qualcosa sui Lehman" è un libro in cui non c'è più spazio per le tradizionali differenze fra generi: il romanzo si amalgama al saggio, l'epica al teatro, con continue incursioni nel cinema, nelle canzoni, e perfino nelle formule matematiche e nei fumetti. Una forma letteraria che, sfidando in un corpo a corpo artistico XIX e XX secolo, apre di fatto uno squarcio sul futuro.
Mosca, 1927. Che le proprie storie si mescolino alla realtà fino al punto di prendere vita: non è questo il sogno segreto di ogni narratore? È ciò che accade ad Aleksandr Bogdanov, scrittore di fantascienza, ma anche rivoluzionario, scienziato e filosofo. Mentre fervono i preparativi per celebrare il decennale della Rivoluzione d'Ottobre e si avvicina la resa dei conti tra Stalin e i suoi oppositori, l'autore del celebre Stella Rossa riceve la visita di un personaggio che sembra uscito direttamente dalle pagine del suo romanzo. È l'occasione per ripercorrere le tappe di un'esistenza vissuta sull'orlo del baratro, tra insurrezioni, esilio e guerre, inseguendo lo spettro di un vecchio compagno perduto lungo la strada. Una ricerca che scuoterà a fondo le convinzioni di una vita.
Pietro è un ragazzino di città, solitario e un po' scontroso. La madre lavora in un consultorio di periferia, e farsi carico degli altri è il suo talento. Il padre è un chimico, un uomo ombroso e affascinante, che torna a casa ogni sera dal lavoro carico di rabbia. I genitori di Pietro sono uniti da una passione comune, fondativa: in montagna si sono conosciuti, innamorati, si sono addirittura sposati ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. La montagna li ha uniti da sempre, anche nella tragedia, e l'orizzonte lineare di Milano li riempie ora di rimpianto e nostalgia. Quando scoprono il paesino di Grana, ai piedi del Monte Rosa, sentono di aver trovato il posto giusto: Pietro trascorrerà tutte le estati in quel luogo "chiuso a monte da creste grigio ferro e a valle da una rupe che ne ostacola l'accesso" ma attraversato da un torrente che lo incanta dal primo momento. E li, ad aspettarlo, c'è Bruno, capelli biondo canapa e collo bruciato dal sole: ha la sua stessa età ma invece di essere in vacanza si occupa del pascolo delle vacche. Iniziano così estati di esplorazioni e scoperte, tra le case abbandonate, il mulino e i sentieri più aspri. Sono anche gli anni in cui Pietro inizia a camminare con suo padre, "la cosa più simile a un'educazione che abbia ricevuto da lui". Perché la montagna è un sapere, un vero e proprio modo di respirare, e sarà il suo lascito più vero: "Eccola li, la mia eredità: una parete di roccia, neve, un mucchio di sassi squadrati, un pino". Un'eredità che dopo tanti anni lo riavvicinerà a Bruno.
Il 1924 non è scandito dalle lancette dell'orologio ma dagli sbuffi della locomotiva, che significano progresso. Lo sanno bene nella placida Borgodivalle, scossa dal clangore dei colpi sulle traverse d'acciaio e dal ritrovamento, proprio sotto al moderno ponte in ferro, del corpo senza vita dell'ingegnere Alessi. I lavori si fermano e la cittadina piomba nel caos. Per ripristinare l'ordine e assicurare i colpevoli alla giustizia, è inviato sul posto il brigadiere Maisano, disilluso gregario alle prese con il ruolo dell'indagatore. Lo affiancano nella ricerca della verità il suo tic all'occhio sinistro e l'indolente appuntato Varcone. Mentre antiche ruggini e velenose dicerie serpeggiano ovunque, Maisano sarà costretto al viavai "lungo linea", e a spingersi nella fitta boscaglia, sulle colline rifugio di latitanti e donne coriacee, inseguendo la sanguinosa pista dell'onore. Anche Gennaro Loiacono, il venerando caposquadra degli operai del cantiere ferroviario, prenderà parte alle indagini, nella speranza che i suoi uomini si tengano lontani dai guai.
«Sei fuoco e amore, sei l'amore che incendierà il mio corpo, ma sei anche l'amore che lo renderà puro». Follia, fede, poesia: c'è un filo sottile che lega indissolubilmente le opere di Alda Merini ai momenti più dolorosi e significativi della sua esistenza, scandita in modo sempre autentico e intenso dalla malattia psichica e insieme da un anelito instancabile verso l'infinito, verso Dio. Tra le tante persone che hanno attraversato la vita di Alda Merini, una in particolare ha saputo cogliere questa commistione di carnalità e spiritualità: Enzo Gabrici, lo psichiatra che la poetessa chiamava il «Dottor G» e che, prima e meglio di ogni altro, capì che «la creazione attraverso l'arte poetica è stata il suo balsamo perché questa l'avvicinava al grande spirito creatore». In questo libro Arnoldo Mosca Mondadori, che per più di dieci anni le è stato vicino come amico e collaboratore, trascrivendo centinaia di versi e proponendole temi su cui riflettere, ha raccolto alcune delle poesie che meglio esprimono la fame di assoluto di Alda Merini, la tensione religiosa presente nei suoi versi. In un'ampia introduzione racconta inoltre alcuni episodi della sua vita, per far sì che anche i lettori possano «sentire un po' il profumo di casa sua, conoscerla da vicino, e soprattutto avvertire le armonie della sua anima fatta di musica, quella musica che lei emanava come manna e donava intorno a sé». Un nuovo filo da seguire per giungere al segreto di una delle voci poetiche più belle, profonde e profetiche dell'ultimo secolo.
Milano, 1496. Leonardo da Vinci ha atteso con ansia quel primo incontro con frate Luca Pacioli, allievo di Piero della Francesca e illustre matematico. Entrato nella cella del frate nel monastero che lo ospita, nell'attesa che questi arrivi, Leonardo si sofferma su un dipinto che ritrae lo studioso. Un insieme di allegorie e di richiami alla geometria euclidea che lo colpisce infinitamente: di certo è stato il frate a scegliere ogni dettaglio. Per Leonardo, da sempre interessato a ogni branca del sapere, la matematica, il cui studio gli era stato precluso, rimane la regina di ogni scienza. Proprio per questo aveva chiesto all'ambasciatore milanese a Venezia di invitare il francescano a Milano. Da lui, potrà finalmente apprendere quel sapere. L'incontro tra i due uomini, però, viene funestato dalla morte del vicino di cella di Pacioli, un sedicente frate, in realtà un ladro, reo di aver trafugato degli antichi testi bizantini giunti in Italia in seguito alla rovinosa crociata in Morea condotta da Sigismondo Pandolfo Malatesta. Quei volumi, scomparsi insieme all'assassino, sono di grandissimo interesse anche per Leonardo e per Pacioli. Insieme, da Milano a Venezia, da Firenze a Urbino, attraversando un'Italia ormai al tramonto della felice epoca pacifica e indipendente di Lorenzo dei Medici, degli Sforza e dei Montefeltro, i due si metteranno sulle tracce dell'assassino e dei testi rubati, e Leonardo scoprirà l'enigma nascosto nel quadro che raffigura Pacioli.
In questi racconti Luigi Santucci fa riaffiorare dallo sguardo curioso dell'infanzia episodi buffi e fantasie, per esempio l'impresa di stipare in un'auto tutte le persone care per sfuggire a un cataclisma. Attraverso un filtro che sa tenere viva la prospettiva dell'infanzia si possono raccontare persino le imprese del primo veterinario della storia o, in una vivace messa in scena, ideata per la radio, il mondo dal punto di vista degli animali... Introduzione di Tabanelli Giorgio.
L'autrice, ragazza lei stessa, riesce a dare volto e cuore ai suoi coetanei schizzandone, velocemente, tratti e fisionomie in un racconto che si muove a metà strada tra fantasia e realtà. Il ladro di ombre è una spy story calata in un'atmosfera decisamente surreale, nella quale l'incrocio tra immaginazione e realtà è oggetto di continue sorprese. L'idea di fondo - il furto delle "ombre" da parte di Roby Pérez, il campione sportivo che deve in qualche modo mantenere la famiglia - rivela il "mondo" di Veronica: la scuola, gli amici, il modo di comunicare dei ragazzi d'oggi, la passione per il calcio, vitale in Argentina. Età di lettura: da 11 anni.
Il primo amore è un mito, l'inizio dell'avventura, la prima della più lunga serie di incertezze che ci accompagneranno lungo il cammino, dando a ogni tratto il loro nome. L'ultimo amore è una possibile salvezza: riaccende la gioia, riscatta la sofferenza, dà un senso perfino agli errori precedenti. Come è possibile individuare questo approdo, la fine del viaggio, la certezza di essere "in un luogo da cui non vorrò andarmene al risveglio"? Gabriele Romagnoli, che ci aveva raccontato la necessità di viaggiare leggeri, di non portare zavorre - e di non essere zavorre -, ora si cimenta con quel che apparentemente è il suo opposto: il desiderio di fermarsi, la sicurezza di non volere altro e di non voler essere altro. C'è tutto questo nell'ultimo amore: che sia una persona incontrata fuori tempo massimo o la riscoperta di quella che si è sempre avuta accanto, o ancora proprio chi c'era stato all'inizio, quando non si era pronti. Che sia l'ultimo Capodanno di Zygmunt Bauman e sua moglie Aleksandra, titanici nella loro accettazione della perdita, o un silenzioso viaggio notturno in ospedale a spiare la donna amata senza svegliarla, gli ultimi amori hanno questo in comune: la consapevolezza di aver trovato nell'altro la certezza di quel che si è. E il raggiungimento di questo traguardo è il più avventuroso di tutti, perché "smetti di aspettare non quando perdi la speranza, ma quando l'hai trovata. Quando non ti giri più a guardare chi scende nell'altra direzione sulla scala mobile. Quando non invochi più il domani perché domani è adesso".
Bellagio è il luogo dove Camilla si è rifugiata per iniziare una nuova vita. Solo qui è libera di realizzare i suoi abiti capaci di infondere coraggio, creazioni che sono ben più di qualcosa da indossare e mostrare. Ma ora è costretta ad abbandonare tutto perché Marianne, la donna che l'ha cresciuta come una madre, ha bisogno del suo sostegno. È lei a mostrarle il contenuto di un antico baule, un abito che nasconde un segreto: vicino alle cuciture interne c'è un sacchetto che custodisce una frase di augurio per una vita felice. È l'unico indizio per ritrovare la sorella che Marianne non ha mai conosciuto. Camilla non ha mai visto nulla di simile, ma conosce la leggenda di Maribelle, una stilista che, all'epoca della seconda guerra mondiale, era famosa come «Tessitrice di sogni». Nei suoi capi erano nascosti i desideri e le speranze delle donne che li portavano. Maribelle è una figura che la affascina da sempre: si dice che sia morta nell'incendio del suo atelier parigino, circondata dalle sue creazioni. Camilla non sa quale sia il legame tra Maribelle e la sorella che Marianne vuole ritrovare. Ma sa che è disposta a fare di tutto per scoprirlo. Sente che la sua intuizione è giusta: Parigi è il luogo da dove iniziare le ricerche; stoffe, tessuti e bozzetti la strada da seguire. Una strada tortuosa, come complesso è ogni filo di una trama che viene da lontano. Perché i misteri da svelare sono a ogni angolo. Perché Maribelle ha lottato per affermare le proprie idee. Perché seguirne le orme significa per Camilla scavare dentro sé stessa, dove batte un cuore che anche l'ago più acuminato non può scalfire.