Che cosa accade quando due economisti del calibro di Thomas J. Sargent e Robert M. Townsend di passaggio a Berkeley decidono d'intervistare un fuoriclasse come Carlo M. Cipolla? Nasce un libro di straordinaria arguzia e intelligenza sulla moneta, la sua storia nel passaggio di mano in mano nel corso dei secoli, dall'età antica a quella moderna. La monetazione, il sistema dei prezzi, credito, banche e banchieri, sono i temi trattati in un dialogo in cui la curiosità si mescola all'ironia e all'attenzione ai particolari meno noti della storia economica. Come venivano pagati i mercenari durante l'impero romano, e quali meccanismi innescava dar loro più monete ma dal minor contenuto di metallo? Come mai nel medioevo mantenere stabile la moneta nazionale portava all'invasione di monete straniere di minor valore? Quali strategie adottarono alcuni paesi per bilanciare la pressione tra sistemi monetari diversi? La storia raccontata con la grazia di rendere piacevoli, leggeri e coinvolgenti i temi più complessi. Con l'introduzione di Ignazio Visco
Che cosa accomuna i romanzi che narrano di spie e agenti doppi e vicende realmente accadute come la cinquecentesca storia di Martin Guerre o quella novecentesca dello smemorato di Collegno? Gli impostori esistono da sempre, uomini e donne che assumono false identità c'erano nel passato come ci sono oggi, quello che muta è il contesto in cui agiscono. Gabriella Turnaturi cerca di individuare alcune costanti nelle relazioni fra chi inganna e chi gli crede, a livello sia individuale sia collettivo, indaga le emozioni, i desideri, le aspettative, le ambizioni, i pregiudizi e le false credenze che entrano in gioco in questi casi. Si chiede, rifiutando di liquidare le imposture come relazioni fra persone malvagie e persone credulone, quali contesti, quali culture emozionali ne rendano più fertile il terreno, perché intere comunità, in certi casi, cadono nell'inganno. Non può infatti esistere un impostore, un pifferaio magico, senza una comunità disposta a dargli fiducia, come non può esserci un attore senza un pubblico disposto a credere alla sua rappresentazione. La fiducia, d'altra parte, è necessaria all'esistenza stessa della società, per cui non possiamo smettere di fidarci gli uni degli altri.
Da oltre centocinquant'anni, cioè almeno dalla guerra civile americana, gli scudi umani sono al centro di accesi dibattiti legali, politici e morali. La nascita del diritto internazionale e lo sviluppo tecnologico non sono stati capaci di arginare il fenomeno. Anzi: bombe intelligenti, droni e algoritmi sembrano averlo reso ancor più pervasivo. Dai conflitti mondiali al Vietnam, dai Balcani alla guerra al terrorismo, fino ad arrivare a Mariupol e Gaza, gli scudi umani si sono via via moltiplicati, rendendo sempre più precaria la posizione dei civili nei teatri di battaglia, più sacrificabili le loro vite. Venuta meno ogni finzione umanitaria, le leggi che regolano i conflitti armati si sono dimostrate uno strumento letale nelle mani dei più forti. Ma oltre a chi si è visto d'un tratto trasformato in un'arma di guerra, c'è anche chi ha scelto liberamente di fare del proprio corpo un'arma di pace. Attivisti pronti a sacrificarsi per difendere i più deboli, ambientalisti e manifestanti si sono schierati sulla linea del fuoco per opporsi alla violenza e denunciare le forme di disumanizzazione. Ricostruendo questa duplice natura degli scudi umani, Gordon e Perugini mettono in crisi le nostre idee su guerra, etica e giustizia, spronandoci a immaginare una politica nuova, che possa definirsi davvero umana.
A scrivere la Storia e le cronache, di norma, fra Medioevo e prima età Moderna, sono le persone acculturate: grandi ecclesiastici, notai, borghesi istruiti, uomini di lettere. Ma che succede - 'che Storia è' - quando a farlo sono un ex guardiano di porci senese del Trecento o uno speziale lunigiano del Quattrocento (entrambi, peraltro, per lungo tempo analfabeti)? O quando a raccontare la Bologna medievale è un muratore o a parlare della Firenze del Quattrocento un vinaio? Come si inserisce il racconto della monaca del Seicento nel coro dei testimoni della Storia della sua epoca, fatto di figure maschili, le sole legittimate a usare la scrittura? Per non dire di quei popolani che la Storia la raccontano cantandola in terzine o, più spesso, in ottava rima per un pubblico e un uditorio che non siedono in solitudine in pensosi studioli, ma ascoltano in una vociante piazza e che, la Storia, vogliono sentirsela cantare come si racconterebbero le imprese di Lancillotto o di Orlando. Una pattuglia di scrittori 'non autorizzati' che si muove nel territorio della storiografia, usando la scrittura alla meglio, esprimendosi in un volgare approssimativo, ma senza condizionamenti. Una Storia tutta da leggere.
Potremmo disgiungere la nostra identità (personale e geografica) dal cibo che mangiamo? No di certo. E non è forse vero che nel nostro immaginario, quando pensiamo a una civiltà lontana nel tempo o nello spazio, parte dello scenario è costituito da ciò che c'è nel piatto? Una chiave di lettura straordinaria per comprendere un popolo o un'epoca si cela proprio nel modo in cui l'essere umano processa ciò che la natura fornisce, preparandolo, mescolandolo, cuocendolo, conservandolo. E offrendolo ai propri ospiti, mentre sullo sfondo la grande Storia accade. Questo volume approccia con metodo scientifico l'arte culinaria medievale: scopriamo tutto ciò che è possibile saperne, e ci viene esposto con rigore da dove sono attinte le informazioni di cui disponiamo. Si parla del legame fra dieta e religione (a cominciare dai giorni di magro, su cui scopriamo curiosità sorprendenti), del diverso apporto della civiltà romana rispetto a quelle identificate come barbariche. Si racconta delle convinzioni mediche del tempo, in fatto di nutrizione. Sono descritte le esigenze delle dispense delle abbazie e di quelle dei signori, considerando anche la disponibilità locale degli ingredienti: vicino al Trasimeno, per esempio, l'anguilla era un ingrediente assai apprezzato. D'altro canto, se la cucina popolare rimase relativamente simile nel corso degli anni, quella nobiliare fu sorprendentemente aperta alle novità e alle contaminazioni, includendo - oltre agli elementi autoctoni - spezie di Paesi lontani acquistate a caro prezzo. Ecco dunque qualcosa che sembra attraversare tutte le epoche: l'idea che la propria tavola debba riflettere lo status, l'appartenenza a un ceto o a una categoria di persone. "La storia dell'alimentazione è storia culturale: storia di come l'uomo abbia definito sé stesso e il mondo che lo circonda in base al cibo, alla sua preparazione, ai complessi rituali con forte valenza sociale e culturale, nonché religiosa, che definiscono il sistema alimentare alla base di numerose culture".
Il libro è stato paragonato da Umberto Eco a un cucchiaio: un oggetto perfetto e non ulteriormente migliorabile. Ma come si è arrivati a questo risultato? Federica Formiga spiega quali siano gli elementi che identificano il prodotto librario e propone, in un percorso sistematico attraverso i secoli, le tappe del suo sviluppo e i suoi maggiori protagonisti. È tra Quattrocento e Cinquecento che si stabilizza un'accezione di libro come oggetto in grado di contenere testo in quantità considerevoli, prodotto a costi relativamente bassi e capace di resistere nel tempo. Il Settecento e l'Ottocento sono invece i secoli di svolta per gli autori, che iniziano a vivere del lavoro della propria penna, mentre gli editori si aprono alle nuove tecniche di stampa, che hanno lanciato il libro verso la modernità, passando dalla censura e dai diritti editoriali. Infine, agli e-book è riservata l'ultima parte, in cui si cerca di capire quali, forse, nuovi scenari aspettano il libro.
Saggio e generoso, sovrano capace di riunire alla sua Tavola Rotonda i cavalieri più valorosi; guerriero (quasi) invincibile con la sua spada Excalibur; uccisore di mostri; una vita dedicata alla ricerca del Santo Graal. Tutti quanti conosciamo a grandi linee la leggenda di re Artù e le sue avventure, ma cosa succede se la prendiamo sul serio e proviamo a raccontarla come la biografia di un uomo realmente esistito? Cosa ci racconta del Medioevo questo grande mito? A partire dal XII secolo le imprese del glorioso re dei Britanni hanno continuamente ispirato le letterature di tutta Europa, facendo diventare Artù, nell'immaginario collettivo, il sovrano medievale per eccellenza. Dal concepimento in Cornovaglia, favorito dalla magia di Merlino, fino alla sua scomparsa sull'isola di Avalon, lo seguiremo nelle stanze del suo palazzo reale e sui campi di battaglia per meglio comprenderne la statura epica e tragica e cercare così di accostarci al vero mistero che lo avvolge: quello, cioè, dell'immutato fascino della sua leggenda, che ancora oggi non cessa di essere fonte di ispirazione per scrittori e registi. Una fortuna costante, che ha effettivamente consacrato Artù 're in eterno'.
La Sicilia e la sua storia sono condizionate da un lungo elenco di stereotipi. Quello della Sicilia-isola, ovvero la terra chiusa dal mare e quasi 'sequestrata' alla civiltà europea, capace soltanto di conservare nei secoli il nocciolo duro di un'antropologia caratterizzata dal codice d'onore. O quello della Sicilia-nazione, rivendicata dai separatisti di ieri e di oggi. Per arrivare a quello più forte della Sicilia terra di mafia, suo tratto fondativo, che spiegherebbe il primato mondiale della criminalità organizzata, dalla presunta setta segreta dei Beati Paoli a oggi. Questa storia della Sicilia è invece un invito a riscoprire i suoi molti e altri volti, spesso dimenticati o trascurati: quello della Sicilia-mondo, luogo aperto di civiltà e di scambi culturali e mercantili; quello della Sicilia urbana, terra antica e moderna di città popolose e socialmente complesse, dalle poleis greche alle 'metropoli imperfette' del presente; quello della Sicilia ricca di sapere scientifico coltivato nelle Accademie e nelle Università; quello della Sicilia culla di bellezza, scrigno di ineguagliabile patrimonio di beni artistici, monumentali e paesaggistici. Un libro, dunque, che si propone di riscoprire le profonde radici multiculturali dell'isola e le continue trasformazioni economiche, sociali e ambientali che ne hanno plasmato un'identità 'plurale'.
Il principe, il condottiero, il cardinale, il cortigiano, il filosofo e il mago, il mercante e il banchiere, l'artista, la donna, i viaggiatori e gli indigeni: una grande sintesi del Rinascimento, attraverso le sue figure più significative. Come scrive Eugenio Garin, curatore di questa grande opera: «Il risveglio culturale, che caratterizza fino dalle origini il Rinascimento, è innanzitutto una rinnovata affermazione dell'uomo, dei valori umani, nei vari campi: dalle arti alla vita civile».
Pirro è un bellicoso monarca greco che confidando nelle sue eccezionali doti militari concepisce progetti rischiosi, ma non privi di prospettive realizzabili: la creazione di un dominio personale e dinastico in Sicilia, il protettorato sulla Magna Grecia, la conquista del regno macedone, l'egemonia sulla Grecia. Nella sua storia sogno e miraggio del potere, visione e illusione di regalità si coniugano con la dimensione del possibile, e quando fallisce in Sicilia e in Grecia, fallisce per poco.
I fatti, le donne e gli uomini che hanno plasmato il Medio Oriente, come lo conosciamo oggi Fino alla Prima guerra mondiale, l'Impero ottomano aveva dominato il Medio Oriente per quattro secoli. La sua caduta, unita al successivo scontro delle politiche imperiali europee, ha scatenato un'ondata di disordini e conflitti. Perché? In questo libro T.G. Fraser mette insieme le tessere della complicata storia del Medio Oriente non turco nell'ultimo secolo. L'obiettivo è offrire a chi legge una visione d'insieme, una sintesi di linee di frattura, eredità dell'imperialismo, competizione tra governi secolari e autocratici, nonché l'ascesa e il declino del nazionalismo arabo. In questo contesto si inserisce il XXI secolo, segnato prima dall'11 settembre, poi dalla Primavera araba, dalla guerra civile in Siria e dal conflitto a Gaza.
Nella ricchissima produzione culturale palestinese la storiografia svolge un ruolo fondamentale, come ben mostra questo libro, che ha il merito di ripercorrere con chiarezza le fasi salienti della questione palestinese dal periodo ottomano sino a oggi, riproponendo episodi e idee di una vicenda in parte nota ma che è degna di essere conosciuta da chi la ignora e mantenuta viva nella memoria di chi l'ha dimenticata o continua a dimenticarla. Occuparsi dei palestinesi non è infatti faccenda per pochi specialisti, ma nodo centrale della storia contemporanea e punto di confluenza delle sfide globali. I due autori ci offrono un'importante "narrazione dall'interno", nella quale sono accolte, attraverso il ricco apparato bibliografico, anche molte altre voci palestinesi e arabe, oltre che occidentali.