Emilia del Valle Walsh nasce a San Francisco nel 1866. Sua madre, Molly Walsh, è una suora irlandese sedotta da un aristocratico cileno. Emilia cresce nel cuore di un umile quartiere messicano, diventando una giovane donna brillante e indipendente che sfida le norme sociali per perseguire la sua passione per la scrittura. Da giovanissima, inizia a scrivere romanzi d'avventura sotto lo pseudonimo di Brandon J. Price, ma la sua carriera decolla quando diventa editorialista al San Francisco Examiner. Emilia convince il suo editore a mandarla in Cile per coprire una guerra civile con interessi economici e politici statunitensi. Così, nel 1891, si ritrova a Santiago, una città sull'orlo del baratro. Ospite della (già nota ai lettori) mitica Paulina del Valle, vive gli scontri in prima linea, s'innamora e riprende contatto con il padre biologico in punto di morte. Emilia dovrebbe tornare a San Francisco, anche per coronare il suo amore, ma decide prima di voler vedere una piccola proprietà terriera, l'unica eredità lasciatale dal padre, nei pressi del lago Pirihueico, in una zona disabitata di inviolata bellezza naturalistica. Una storia di amore e guerra, di scoperta e redenzione, raccontata da una giovane donna coraggiosa che affronta sfide monumentali, sopravvive e si reinventa.
"Black correva, e se aveva dei pensieri dovevano essere allegri. Guardandolo, mi prese una smodata voglia di correre anch'io: la volevo a tutti i costi quella leggerezza che vedevo in lui». A volerla racchiudere in un'immagine, la vita di Mark è una grande pianura assolata. Un lavoro da broker ben pagato, una bella casa a Londra, una lunga relazione, anche quella piatta, con Susan e una prospettiva di carriera tutta in discesa. Una vita al riparo da qualsiasi imprevisto. Non ricorda un passo in salita, Mark, nemmeno per passeggiare. Ma un giorno, un velo nero lo avvolge e tutta la sua sicurezza si infrange come un vetro. Anche il suo rapporto con Susan si incrina e, in preda a una crisi che non ha visto arrivare, Mark decide di prendersi una pausa. Trascinato dal suo amico Nic, si trasferisce in Italia, nelle Langhe piemontesi, terra di tutto ciò che non ricorda più: piccoli borghi, ritmi lenti, buon vino, un paesaggio che invita a guardarsi dentro. E salite, tante salite, che tolgono letteralmente il fiato. Mentre Mark, sempre più spaesato, dispera ormai di ritrovare se stesso, un nuovo ciclone si abbatte su di lui: Black, un giovane labrador nero che Nic gli affibbia in custodia. Pieno di energia e di voglia di esplorare, Black trascina un riluttante Mark in corse tra i vigneti e in affannosi saliscendi. Poco alla volta Mark comincia a rientrare in contatto con il proprio corpo e con la natura. E scopre con sorpresa che alla fatica di correre in salita corrisponde una gioia mai provata prima. E anche che Black, da impegno dovuto, è diventato la luce delle sue giornate. Così, un giorno, decide di partire con lui per una nuova avventura
Le domande di una figlia al padre, al suo passato e ai suoi silenzi riflessi nel volto della madre. E le risposte inafferrabili, tese sul filo del ricordo familiare, nascoste nelle pieghe di un amore segreto. Il giorno in cui scopre che suo padre è stato un prete Agnese ha tredici anni. Lo viene a sapere per caso, quando trova in fondo a un cassetto un piccolo album rosso: sulla copertina si legge il nome «don Pini» e le foto raccolte all'interno ritraggono un giovane sacerdote dall'espressione assorta. È in quel giorno che l'infanzia di Agnese finisce e comincia per lei una nuova vita: una vita in cui è costretta a misurarsi con un segreto bruciante e una verità impossibile da accettare. Ventisei anni dopo, "La verità è un fuoco" dà voce alle incomprensioni e alla tenerezza indicibile che legano un padre e una figlia, e al passato di quello stesso padre prima di sua figlia. Oggi per Agnese è arrivato il momento di rispondere ad alcuni interrogativi ineludibili: cosa ha spinto don Pini a lasciare tutto per amore di una ragazza dagli occhi verdi di nome Mira? Dove ha trovato il coraggio di ignorare ogni condanna per sposarla, e poi per diventare padre di Agnese e dei suoi due fratelli? Soprattutto, cos'ha significato per lui e per Mira portare dentro di sé per anni, insieme all'amore che li unisce, una verità tanto scomoda da condividere? In questo memoir Agnese Pini intraprende un'indagine faticosa ma implacabile, scrivendo pagine emozionanti in cui rivivono gli oggetti e i ricordi di famiglia, si animano i volti di chi ha conosciuto don Pini prima della svolta avvenuta a fine anni Settanta, il passato restituisce i luoghi di un'Italia recentissima eppure già lontana. E si compie la riconciliazione di una donna con il passato suo e delle persone amate che le hanno dato la vita.
Il mondo di Tue, un ragazzino di dodici anni, sta dentro una fattoria in fondo a una strada sterrata. Vive con i genitori e due fratelli, nel campo attorno alla casa ci sono otto cani, mucche e carcasse di animali. Sul soffitto sopra il suo letto c'è una stella fosforescente appiccicata con la gomma da masticare. Il padre sembra più affezionato ai suoi cani che al resto della famiglia. La madre gioca d'azzardo e parla poco, anche se ha una voce bellissima. I soldi scarseggiano, eppure con l'allevamento, la vendita di denti d'oro e il furto di cavi di rame riescono a sopravvivere. Basta spostarsi di poco da Copenaghen, dal cuore dell'Europa più ricca e confortevole, e tutto cambia. Nel panorama perfetto e opulento si insinua la malinconia e l'incuria, i bambini sono abbandonati a loro stessi, i loro parenti distratti e spossati, i lavori umili e faticosi. Eppure negli occhi di Tue, nel timbro del suo racconto, fiorisce l'innocenza, lo stupore, si fa strada una stralunata speranza, una tenacia che sfocia nella comicità. Anche quando niente va per il verso giusto, tra incomprensioni e incidenti, i continui richiami nell'ufficio della preside, nessun amico che sia davvero come lui. E l'esplosione di un sentimento che non si riesce a trattenere, la cui bellezza ha bisogno di parole e di un coraggio nuovi. Nessun altro posto dove andare è un esordio che ha avuto un inatteso e grandissimo successo. Forse perché è un romanzo duro e spietato ma di strampalato umorismo, o perché la sua oscurità è continuamente squarciata dalle emozioni inaspettate del protagonista, un adolescente nel pieno della ricerca di sé e del proprio posto nel mondo. Alla periferia del benessere le differenze sociali sono profonde ed è facile rimanere ingabbiati. Può farcela solo un ragazzo come Tue, ingegnoso e creativo, che cerca sempre di cavarsela e di trovare un equilibrio che sia tutto suo.
Luna, Brando, Fausto. Tre amici che vivono in periferia e che passano le sere insieme, annoiandosi sotto i portici della città. Per vincere la monotonia, decidono di spingersi fino al ponte che fa da confine tra la zona illuminata del lungofiume e la terra di nessuno che sta oltre, frequentata solo da ombre. Brando ha dei vecchi petardi in tasca e farli scoppiare pare un gioco divertente e innocuo. Ma all’improvviso, sotto l’arco del ponte, fra cespugli e cartacce, divampa un incendio. I tre fuggono spaventati. Il giorno dopo si diffonde la notizia che un senzatetto ha preso fuoco ed è in gravi condizioni all’ospedale. La loro piccola bravata si è trasformata in una tragedia. Che fare? Assumersi le proprie responsabilità o tacere? E qual è il prezzo del silenzio? Un racconto incalzante dove l’amicizia, l’amore e ogni altra certezza vengono messi alla prova. Età di lettura: da 9 anni.
Un pomeriggio d'inverno, freddo da spezzare le ossa, Bina si ritrova sola. Ha ottantatré anni e aspetta suo nipote al parco del Cinghio, un quartiere da cui è meglio tenersi alla larga ai margini di una cittadina perbene. Marta, che di anni ne ha venticinque, e che al Cinghio è cresciuta imparando che il mondo è storto e non lo si può aggiustare, la osserva dalla finestra: la vede farsi rigida su una panchina sfondata, il naso gocciolante, un berretto rosa calato sugli occhi spauriti. Decide di offrirle un tetto per la notte. Poi per la notte dopo e per quella dopo ancora. Marta finisce così per prendersi cura di Bina, e intorno a lei, a proteggere quaranta chili di ossa e grinze, si stringono gli abitanti dell'intera palazzina. Poche strade più in là, Fabio viene preso a pugni: ha sgarrato con la persona sbagliata ed è nei guai, grossi guai. Fabio è il nipote di Bina e, mentre Marta prepara il letto per la nonna, lui bussa alla porta di Genny, un'ex prostituta in grado di raccogliere i cocci altrui senza fare domande. Bina e Fabio vivono giorni sospesi, in un luogo duro e sconosciuto, nell'attesa che qualcosa accada. Qualcosa accadrà. E il destino rimescolerà il mazzo, distribuendo ai giocatori nuove carte. Quei giorni freddi si faranno via via più caldi dentro le palazzine di appartamenti rattoppati: tra coperte rimboccate, il rumore del caffè che sale nella moka, il profumo del sugo e una carezza sulla fronte, Marta, Bina, Fabio e Genny scopriranno che dietro ogni abbandono, nascosti sotto ogni solitudine, sopravvivono sempre la forza di amare e il bisogno di prendersi cura l'uno dell'altro.
Pietro Valvassori fa l'avvocato e gira su una bici nera con i freni a bacchetta e le borse di pelle. I capelli gli si sono ingrigiti a trent'anni, l'orecchino se l'è messo quando ha detto addio a una onesta ma anonima carriera da rugbista. Ora ha superato i cinquanta e porta cravatte bizzarre. Non è un principe del foro ma ha fama da difensore dei deboli. È diventato anche l'avvocato di riferimento per donne vittime di violenza. Qualche volta, anzi troppe, lavora pro bono. Poi, un giorno, l'avvocato delle giuste cause fa una specie di inversione a U, per la prima volta accetta di difendere un indagato per omicidio, per un femminicidio: Lorena, agente immobiliare di un certo successo, è stata strangolata in un immobile che trattava in esclusiva. Solo poche ore dopo aver salutato il compagno Leandro. Le indagini della polizia virano proprio su Leandro che invece, con determinazione, si dichiara innocente e affida a Valvassori la difesa. La notte prima dell'interrogatorio l'avvocato incontra il suo assistito. Chi è veramente Leandro, chi era Lorena? Qual era il loro rapporto, quali crepe nascondeva, cosa ha in mano la polizia per sospettare del compagno della vittima? L'avvocato fa di tutto per minare la sicurezza dell'indagato, trascinandolo su un ring in cui non si risparmiano colpi proibiti e la realtà dei fatti si rivela un gioco di specchi infranti. Da cui emergerà non solo la verità sulla morte di Lorena ma soprattutto l'enigma delle relazioni sentimentali, della dinamica dell'amore, dal fervore appassionato al disagio dell'assuefazione. In cui una sottile, incorporea crudeltà accomuna chi si insegue e si desira e chi ha smesso di desiderarsi. Giampaolo Simi ci consegna forse il suo romanzo più teso. Una lunga notte, un palcoscenico in cui serpeggia una doppia tensione: credere a un uomo accusato di aver ucciso la compagna o al suo avvocato che pretende dall'assistito una sincerità che sembra coincidere solo con una piena confessione? Alla fine, dopo il buio, sarà l'alba a portare finalmente la luce.
I Wilkins, Ryan e Ray, sono l'uno l'opposto dell'altro. Ray, ispettore in carriera della polizia di Oxford, è bello, elegante, soave nei modi, figlio della borghesia nera in ascesa sociale, e i dirigenti puntano molto sul suo avvenire; l'ex detective Ryan è un bianco cresciuto in un campo caravan, è di aspetto trasandato e con difficoltà a governare la rabbia, tanto che è stato allontanato dalla polizia per motivi disciplinari, e adesso lavora come guardia giurata in un parcheggio notturno per furgoni. Capita al bel Ray un caso spinoso, che fra l'altro stride fastidiosamente con la sua situazione matrimoniale. È sparita Poppy, una deliziosa bambina sfuggita al controllo della madre all'uscita dall'esclusivo asilo che frequentava. Non se ne cava un ragno dal buco, ma la fortuna di Ray è che Ryan, in privato, s'è intestardito dietro la morte di un suo vecchio compagno di scuola che, appena prima di essere travolto da un pirata della strada, gli ha lanciato uno strano messaggio. Mentre Ray annaspa, Ryan imbocca una linea d'indagine tortuosa e irregolare che conduce per vie traverse a connettere le due brutte verità. C'è un destino che unisce i due poliziotti, simboleggiato anche dalle vicissitudini della loro vita familiare e sentimentale. Queste scorrono sullo sfondo del romanzo (Ray è un ragazzo padre di un bambino per il quale va pazzo; Ryan aspetta due gemelli ma il suo matrimonio vive un momento difficile) e danno un quadro un po' malinconico della vita quotidiana della città inglese, che ricorda le atmosfere e l'intelligenza dell'ispettore Morse di Colin Dexter.
Immane Atlantide sommersa, le quasi duemila pagine dei Textos recobrados - recuperati e radunati dopo la scomparsa di Borges - rivelano le molteplici linee di forza di una riflessione critica di sconcertante novità. Rispetto ai fervori iconoclasti degli anni Venti (documentati in Il prisma e lo specchio, 2009), si colgono qui, già a partire dai primi anni Trenta, una tonalità e nuclei di pensiero e di interesse del tutto inediti: l'inconsistenza dell'io, giacché una persona «non è altro che ... la serie incoerente e discontinua dei suoi stati di coscienza» e «la sostanza di cui siamo fatti è il tempo o la fugacità»; la letteratura poliziesca, che riesce a conciliare «lo strano appetito d'avventura e lo strano appetito di legalità»; le immagini dell'incubo, «la tigre e l'angelo nero del nostro sonno», disseminate nella letteratura da Wordsworth a Kafka; il gaucho, «amato territorio del ricordo» e «materia di nostalgia»; il tramonto del concetto di testo definitivo, che «appartiene alla superstizione e alla stanchezza»; la rivelazione che Buenos Aires, un tempo oggetto di caparbie trasfigurazioni poetiche, può essere descritta solo «per allusioni e simboli». Ma quel che più affascina è la perfetta architettura di questi scritti, capaci, quale che sia l'argomento prescelto, di espandere il nostro orizzonte (talora con un semplice inciso: «Nel mondo immaginato da Walpole, come in quello degli gnostici siriani e in quello di Hollywood, c'è una guerra continua tra le forze del male e quelle del bene») e di ravvivare il dialogo fra due interlocutori che «lo scorrere del tempo avvicina e allontana, ma non separa»: il testo e il lettore.
A Marì capitano sempre avventure assurde, grottesche, mirabolanti, e ha un vero e proprio talento nel raccontarle. I compagni la ascoltano incantati, salvo poi scoprire ogni volta che si tratta di una balla, che non è vero niente, e allora si sentono presi in giro, si arrabbiano, la guardano con sospetto. Del resto, come ci si può fidare di una bugiarda? Anche Marì non sa spiegarselo: perché esagera sempre? Perché finisce per inventarsi tutte quelle storie? Però alcune cose le sa: le piace osservare, le piace leggere, le piace scrivere e, soprattutto, sa che c'è un grande vuoto nella sua vita, una pena di cui fatica a parlare anche con le persone che ama. Marì la bugiarda non è solo la storia di una ragazzina che deve imparare a gestire il suo dono, ma anche un romanzo sull'elaborazione del dolore, sull'importanza di ascoltare e sul valore delle emozioni autentiche, raccontate e vissute. Età di lettura: da 10 anni.
Libro vincitore del Premio Viareggio Opera Prima 2025
Al suo esordio, Sofia Assante mette a punto una voce narrante ironica e irresistibilmente romantica, che omaggia esplicitamente alcuni grandi narratori americani, da Salinger a Fitzgerald a Dylan, ed è capace di far sorridere e al tempo stesso commuovere. E racconta una storia piena di segreti e sorprese narrative, attraversata da una domanda che tutti ci siamo fatti almeno una volta nella vita: possiamo davvero dire di conoscere le persone che abbiamo accanto?
Andrea sta camminando per le strade di New York, in piena notte, quando riceve una telefonata. Riconosce subito la voce di Elettra, anche se non la sente da dieci anni. È lei la ragione per cui è scappato da Roma, la sua città, ed è proprio lei, ora, a chiedergli di tornare... Andrea ed Elettra si sono conosciuti a dodici anni, il giorno in cui lei si è trasferita nel palazzo del centro di Roma in cui Andrea è cresciuto. A parte l'indirizzo di casa, non hanno nulla in comune. Lui è il figlio di un ristoratore schivo e taciturno e d'estate lavora nella trattoria di famiglia, Da Amilcare. Lei fa parte dell'aristocrazia romana e i suoi genitori, gli Alfieri della Scala, sono colti, eleganti e amorevoli. Entrambi appartengono a una Roma che sta tramontando: Elettra a quella della nobiltà che ancora si incontra nelle stanze di Palazzo Borghese; Andrea alla Roma delle taverne del centro, come quella fondata dal nonno, sui cui tavoli giocavano a scopone Fellini, Scola e Monicelli. Sono ancora bambini quando, convinti che nulla potrà dividerli, sognano di morire insieme come Filemone e Bauci, trasformati da Zeus in una quercia e in un tiglio, uniti per il tronco. Ma l'idillio si rompe all'improvviso durante una vacanza nella villa sul lago degli Alfieri: la madre di Elettra viene coinvolta in un incidente d'auto e i due ragazzi trovano per sbaglio una lettera che instilla in loro un dubbio insostenibile. Quel dubbio e il segreto a cui li costringerà li terranno lontani per anni. Fino a questa telefonata, che è destinata a riaprire tutto ciò che era stato bruscamente interrotto e, forse, a regalare una seconda possibilità a quel primo amore mancato.