«Che bello non essere di professione critico d'arte, ma andar vagabondando ad adocchiare tele e disegni, e dir sciocchezze» proclama Manganelli nell'affrontare la pittura del Pitocchetto. In effetti, sarebbe arduo ravvisare in lui la serietà benpensante dello specialista: diffida dei musei, frutto di «una macchinazione, una prepotenza, una frode»; dichiara che allestire una pinacoteca «non è più sensato che fare abitare tutti i Giuseppe in un solo quartiere di una città»; e lascia trapelare che ai quadri, riflesso della «mentita consistenza» del mondo, preferisce talora i disegni, appartenenti «al luogo discontinuo dei fantasmi». Ma non ci si deve ingannare: l'«incompetenza» autorizza a essere imprecisi, emotivi, irresponsabili - esattamente ciò che permette alla critica di condividere la natura misteriosa, elusiva, notturna della letteratura. Non a caso nel 1977 Manganelli ha precisato che «lo scrittore è colui che è sommamente, eroicamente incompetente di letteratura». I saggi qui riuniti saranno allora letteratura generata dall'arte - o meglio dalle arti, visto che le sue predilezioni si estendono dalle statue stele lunigianesi, «feti di dèi», all'amata pittura del Seicento e agli amici come Toti Scialoja, fino agli ex voto e alle libellule-mascotte di Lalique, numi tutelari del viaggio. E proprio in quanto letteratura, svincolata da gravami disciplinari, questi scritti riescono a sovvertire ogni idea sull'arte e a insegnarci una nuova grammatica della visione. Come quando, a proposito dei Mangiatori di patate di Van Gogh, leggiamo: «Le patate sono notte, profondità, cimitero, tomba, nero, nerità; e hanno la forma sgraziata e concentrica del mondo».
«Quando si ragiona sui temi dell'origine della conoscenza è difficile liberarsi dell'argomento, in apparenza decisivo, a favore dell'empirismo, secondo cui sarebbe impossibile, anche nelle condizioni meglio controllate, essere certi che un organismo sia stato privato di ogni genere di esperienza. Verissimo. Ma il punto non è dimostrare che un qualche barlume di conoscenza è presente in assenza di qualsivoglia esperienza, bensì dimostrare che una certa specifica esperienza è necessaria perché quel barlume di conoscenza si riveli». Le ricerche di Giorgio Vallortigara, uno degli scienziati italiani più noti a livello internazionale per le sue indagini sui meccanismi neurali della cognizione animale, stanno ridisegnando il confine tra la biologia e il mondo astratto delle speculazioni metafisiche. Ne è un esempio questo saggio affascinante sull'imprinting e l'origine della conoscenza che vede protagonisti i pulcini, oggetto di studi sperimentali condotti per quasi trent'anni in parallelo con quelli sui neonati umani. Tali studi ci mostrano come, prima di qualsiasi esperienza specifica di apprendimento, un pulcino conosca le proprietà meccaniche degli oggetti e sappia che essi non solo occupano un determinato spazio con specifiche proprietà euclidee ma possono essere dotati di certe numerosità, che è in grado di stimare eseguendo in maniera non verbale e non simbolica le quattro operazioni dell'aritmetica. Così, fin dalla schiusa, il pulcino sa ravvisare gli indizi della presenza nel mondo di creature animate, quali un volto o la semovenza, presupposto per la costruzione di un cervello sociale. Alla luce di queste scoperte, la contrapposizione tra eredità e ambiente, natura e cultura appare irrimediabilmente datata. La mente, argomenta Vallortigara, non è una tabula rasa. L'apprendimento dall'esperienza è possibile solo se il sistema nervoso possiede in partenza una struttura atta a favorirlo. Le ricerche sui pulcini corroborano dunque la tesi delle conoscenze innate sintetizzata da Lorenz nell'espressione «l'a priori kantiano è un a posteriori filogenetico». Una sapienza di cui non siamo depositari esclusivi: condividiamo schemi di comportamento, predisposizioni, emozioni, organizzazioni neurali con creature da cui ci dividono trecento milioni di anni di evoluzione. Come i piccoli dell'uomo, anche i «pulcini di Kant» cercano la mamma. Divertono, commuovono e fanno pensare.
Provate a immaginare: l'estate è alle porte e si respira aria di libertà, quando il don della vostra parrocchia vi chiede di fare gli animatori per i bimbi dell'oratorio estivo. Probabilmente pensereste: "Ma chi me lo fa fare?". Ed è ciò che pensano anche Sara e Gabriele quando il parroco avanza loro questa esatta richiesta. I due, per di più, non si stanno neanche tanto simpatici. Sara non sopporta i modi da precisino di Gabriele, e lui non riesce a capire perché quella ragazza dai grandi occhi blu debba essere così scontrosa. Ma il tempo, la buona volontà e la guida saggia e discreta del loro parroco fanno sì che l'ostilità iniziale si trasformi in un sentimento tanto potente quanto inaspettato. In pochi mesi, i due giovani si riscoprono e imparano a conoscersi negli occhi l'una dell'altro. Non possono immaginare che ad attenderli c'è una prova difficilissima, che sconvolgerà le loro vite. Alla fine dell'estate, nulla sarà più come prima. Il primo romanzo di Ambrogio Mazzai non è una storia inventata: è una storia nata mettendo insieme i pezzi della sua vita da giovane prete; un racconto che, riflettendo un'esperienza comune, tocca il cuore di tutti, ragazzi e adulti. In presenza e sui social, don Ambrogio si confronta ogni giorno con le persone più diverse, con i loro problemi, le paure, le emozioni che spesso si fa fatica a confessare. Lui, come il don del suo libro, è sempre pronto a tendere una mano e mostrare come ogni tempesta possa essere superata, soprattutto se c'è qualcuno che ci ascolta e, senza giudicare, fa un pezzo di strada insieme a noi.
Dopo cinquant'anni di studi e restauri riapre al pubblico la Domus Tiberiana, il palazzo dinastico eretto in età giulioclaudia sul versante nord-occidentale del colle Palatino, sopra la piazza del Foro Romano, che, dopo essere stato ampliato da Domiziano e Adriano, continuò a costituire il fulcro del potere imperiale fino in età tardoantica, per poi ospitare una nuova corte in età farnesiana. La nuova esposizione permanente "Imago Imperii" racconta la vita nel palazzo attraverso i rinvenimenti e con il supporto delle moderne tecnologie.
Francesco in conversazione con i gesuiti in Portogallo
Globalizzazione e transizione ecologica
Tobia: il libro dei fratelli e della solidarietà
La violenza trasformata dall'arte: cinque donne artiste
Francesco alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona
Colloquio con il card. Aveline
Cent'anni con Italo Calvino
Nel centenario della fine della Prima Guerra mondiale (1918-2018), il Pontificio Comitato di Scienze Storiche è tornato a riflettere sulla «Grande Guerra» che scombussolò il mondo, seminando milioni di morti tra soldati e civili inermi. Il presente volume trae origine da temi antichi e nuovi. Quale missione hanno avuto le Chiese cristiane nel mantenimento della pace lungo tutto il ventesimo secolo? Quali insegnamenti trarne per il secolo attuale? Perché parlare di pace anche di fronte a venti avversi? Portare la pace è una missione ardua che ovviamente non coinvolge soltanto le Chiese; riguarda donne e uomini di buona volontà. Ma è una missione spesso contraddetta dagli eventi, sempre ostacolata da circostanze, pulsioni e rivoluzioni; e da tutte quelle turbolenze che la vita internazionale ha conosciuto fin dal suo nascere. Pur tuttavia, la storia ha anche registrato e impresso nella memoria collettiva nomi e figure coraggiose che hanno segnato la vita di Oriente e Occidente: "semi di resistenza" al male, ed esempi di lotta per la pace. Sono pagine di storia religiosa, ecclesiastica e diplomatica, in cui i valori della pace si annidano e diventano alla fine le "forze profonde" della storia umana. Introduzione di Matteo L. Napolitano. Presentazione di Bernard Ardura.
La vita e il pensiero di due grandi filosofi raccontati da un altro grande filosofo. Il presente saggio di Rensi è un'opera divulgativa, di pregevole chiarezza espositiva, che rende accessibile a tutti le linee fondamentali della filosofia di Platone, considerato il più influente pensatore greco, e di Cicerone, uno dei maggiori protagonisti della storia romana.
La rivista è uno strumento di ricerca per la filosofia proposta nei contesti dove la filosofia non è ancora arrivata, dalla Scuola Primaria agli Istituti tecnici. Svolge la sua ricerca nella scuola stessa e nell'Università. Si propone sempre di essere la voce di molti maestri che ragionano con i bambini in maniera complessa, sperimentando la strada della filosofia attraverso la domanda, senza per questo stabilirne dei canoni specialistici. La rivista pubblica esperienze di maestri che già attuano la filosofia nelle loro classi e raccolgono i pensieri e le domande dei bambini. Inoltre cerca di essere uno strumento critico in questo settore, dando consigli bibliografici nelle sezioni "Recensioni e Ferri del Mestiere". Un'ampia sezione è dedicata alla filosofia civile, che indaga il pensiero nei luoghi più difficili dell'esistenza: carceri, ospedali... Amica Sofia, lungo la strada delle pratiche filosofiche, mantiene sempre il confronto con la ricerca che in questo settore viene svolta all'estero in una sezione ad essa dedicata.
Un'opera fondamentale del servo di Dio Guglielmo Giaquinta. L'apice dell'itinerario teologico-spirituale dell'autore.
I classici antichi sono diventati soggetti di cui aver paura. Non era facile prevedere che un giorno qualcuno avrebbe messo in guardia i giovani dalla lettura delle opere greche e romane, cospargendole di avvisi di pericolo o addirittura escludendone direttamente alcune dal canone; gli stessi che avrebbero accusato i classici di aver contaminato la nostra cultura con il razzismo, il sessismo, il suprematismo bianco, arrivando al punto di auspicare addirittura l'abolizione del loro insegnamento. Invece è accaduto. Si tratta di un fenomeno recente, ma soprattutto nuovo, inatteso, le cui motivazioni non possono essere ignorate: e come tutte le cose nuove e inattese, ha fatto sì che fosse necessario tornare a riflettere sullo stesso problema - che cosa sono i classici per noi? - da un nuovo punto di vista. Maurizio Bettini ci esorta dunque a tenere vivo il dialogo e a fuggire i pericoli insiti nella sua interruzione. Perché è proprio questo che avviene, quando si manifesta la paura dei Greci e dei Romani: un'interruzione di dialogo fra noi e i classici; non solo, fra noi e la storia, fra noi e il passato.
L'ecologia politica è un campo interdisciplinare che attinge a più metodi d'indagine e indirizzi di pensiero, tra i quali assumono rilevanza le prospettive ecomarxiste, decoloniali ed eco-femministe, accanto a elementi della tradizione critica e pragmatista. Tratto comune è l'idea che tra società e mondo biofisico sussista un rapporto di influenza reciproca, che richiede un approccio congiunto alle rispettive dinamiche e al modo in cui si manifestano. Distinguendosi tanto dalle concezioni apolitiche dell'ecologia quanto dalla tradizione degli studi politici, l'ecologia politica si pone all'avanguardia nell'analisi e nella ricerca di soluzioni alla crisi ecologica. Il volume affronta i principali temi oggi alla ribalta - cambiamento climatico, sostenibilità, urbanizzazione, migrazioni, fonti energetiche e altri ancora - affidandoli ad autrici e autori di punta nei rispettivi ambiti di ricerca.