Secondo l'antica tradizione ebraica il sonno è un sessantesimo della morte e, come dopo io il trapasso, nell'inattività del torpore l'anima abbandona questo mondo e sale nell'aldilà per fermarsi al cospetto di Dio. È allora che allo spirito, privo finalmente di materia, sono trasmessi a volte i segreti della vita, il senso dell'esistenza e anche il futuro, che l'uomo può tuttavia modificare. Al momento del risveglio, però, non resta in noi altro che il ricordo di una visione spesso insignificante che lentamente dimentichiamo e cancelliamo dalla nostra mente. I segreti dei sogni sono celati nei grandi libri della mistica ebraica, scritti in lingua aramaica e destinati volutamente solo a pochi eletti. Cinquecento anni fa il grande rabbino cabalista di Costantinopoli, Salomone Almufì, dopo pressanti richieste, decise a malincuore di scrivere in libro in ebraico antico per rivelare il senso dei simboli scorti durante il sonno e il modo di cambiare l'eventuale cattiva sorte in essi nascosta. Questo testo in lingua italiana prende spunto proprio dall'opera originale di Salomone Almufì per analizzare e interpretare i sogni secondo il punto di vista dei maestri del Talmud, del Midrash e della mistica ebraica tradizionale.
Quella che l'autore affronta è una dimensione presente sia nelle fonti rabbiniche che nella riflessione ebraica successiva, ma che tuttavia non ha ancora trovato una modalità significativa per esprimersi adeguatamente sia all'interno dell'ebraismo stesso che nei suoi rapporti con l'esterno. La miscellanea che viene proposta in queste pagine è il risultato di una ricerca volta a riorientare l'attenzione da una prospettiva decisamente nuova pur rimanendo profondamente radicata nella tradizione: da una parte quindi vengono ripresi elementi fondamentali del noachismo e delle articolate discussioni relative alla sua natura e al suo legame con la tradizione ebraica, mentre dall'altra si tenta di individuare un punto di vista nuovo, proprio dell'autore, che considera il fenomeno a partire da un orizzonte comune precedente le possibili configurazioni storiche e conseguenti declinazioni religiose. La sua intenzione è quella di rivolgere l'attenzione "non alle varie forme del l'umanità ma bensì alla materia che le è comune, e che soltanto Iddio, creandola, è in condizione di contemplare" (dalla Presentazione di Elena Lea Bartolini De Angeli).
Quando Israele era bambino, opera che Daniel Lifschitz meditò tutta la vita, è una piccola enciclopedia della sapienza chassidica. Un lascito prezioso della più inveterata tradizione narrativa dell'ebraismo, l'arte del racconto, ma anche un viaggio di discernimento nel mondo della sofferenza dei chassidim, per ritrovare nell'oggi un centro, una radice. E quale migliore radice di quella santa d'Israele?
Le crisi ci sono sempre state nel corso della storia. Nulla, o quasi, di nuovo, dunque. Tuttavia, ciò che distingue la crisi attuale dalle precedenti è la tensione che caratterizza la società odierna, che si muove verso due opposte direzioni: da un lato, la globalizzazione e l'interdipendenza che essa implica; dall'altro il crescente narcisismo individuale, sociale e politico. Un conflitto pericoloso e difficilmente sanabile, che apre le porte verso disastrosi scenari. Per correggere la rotta, "La Kabbalah in tempi di crisi" propone una nuova prospettiva di fronte alle sfide del mondo, considerandole conseguenze necessarie del crescente egotismo dell'umanità, anziché una serie di errori. In questo spirito, il libro suggerisce i modi per utilizzare i nostri egoismi a beneficio della società, piuttosto di cercare di sopprimerli. Illuminati dalla saggezza della Kabbalah, i capitoli iniziali propongono una nuova comprensione della Creazione in generale e dell'esistenza umana su questo pianeta, in particolare. A essi fa seguito una panoramica storica di come si sia evoluto l'egoismo degli uomini e le sue conseguenze. I capitoli finali poi affrontano i problemi sociali, politici, culturali che oggi ci minacciano, spiegando come ciascuno di noi possa far coincidere il proprio interesse con quello della collettività e dimostrando come possa essere ridotta la distanza tra soggettivismo e altruismo. A vantaggio di tutti.
Se le Scritture ebraiche confluiscono, col nome di Antico Testamento, a formare, assieme al Nuovo, la Bibbia dei cristiani, è indubbio che esse conservano una propria irriducibile interpretazione, autonoma e distinta rispetto al cristianesimo. Su questa confluenza e irriducibilità intervengono una voce ebraica e una cristiana.
Il volume costituisce la terza uscita della collana «Cristiani ed ebrei», volta a promuovere la conoscenza dell'ebraismo vivente e a rendere possibile un processo di riconciliazione delle Chiese cristiane nei confronti del popolo di Israele.
Sommario
Prefazione(C.M. Martini). IN ASCOLTO DELLE SCRITTURE DI ISRAELE. UNA PROSPETTIVA EBRAICA: I SETTANTA SENSI DELLA SCRITTURA (A. Luzzatto). 1. Breve premessa. 2. I tre tempi della Scrittura. 3. Dai profeti a ritroso. 4. La normativa ebraica. 5. Dai profeti «in avanti». 6. Scrivere la Bibbia, leggere la Bibbia. OLTRE LA DEI VERBUM: I CRISTIANI E LA LETTURA EBRAICA DELLA SCRITTURA (L. Nason). 1. Oltre la Dei Verbum. 2. Il ruolo dell'interpretazione nello sviluppo della tradizione biblica. 3. Il giudaismo rabbinico e la Tôrāh. 4. Il midrash e le regole ermeneutiche. 5. Il Pardes: i quattro significati della Scrittura. Bibliografia.
Note sugli autori
AMOS LUZZATTO, medico, già presidente dell'Unione delle comunità ebraiche italiane e attualmente Presidente della Comunità ebraica di Venezia, è studioso di cultura ebraica e da molti anni interlocutore nel dialogo ebraico-cristiano.
LUIGI NASON, presbitero e biblista, è responsabile per l'Apostolato Biblico nell'Arcidiocesi di Milano e collaboratore del Servizio per l'ecumenismo e il dialogo per i rapporti con l'ebraismo. Fa parte del gruppo interconfessionale Teshuvà.
"Reinventando una zoologia del folclore ebraico, il tratto straordinariamente brillante di Mark Podwal unisce un ingegno strabiliante a una gioiosa originalità. Il suo disegno dell'ombra dell'impero romano è il condensato di un'intera storia di tirannia politica. Questo solo disegno - un piccolo capolavoro - è la prova della grande capacità di concettualizzazione di Podwal. Il suo è il genio della metafora attraverso il tratto, un tratto così potente che deve essere caduto da una delle penne del fantastico."
Antiche parole ebraiche sono chiamate a parlare di questioni attuali. Mentre fa emergere il nesso tra economia, etica e politica, l'autrice segue il cammino dell'ebraismo odierno che sa dar voce alla propria saggezza millenaria per accogliere le nuove sfide del tempo globale. Le questioni della cittadinanza e dell'esilio, del rifiuto dell'altro e dei diritti, si alternano ai temi di ecologia e di bioetica. Ogni aforisma, ogni paragrafo, si offre separatamente alla lettura. Sta qui il fascino di queste pagine, scandite con ritmo quasi poetico, dove la passione si accompagna al rigore. Sullo sfondo di una lontananza quasi desertica, dove tutto assume contorni più precisi, risuonano le parole dei filosofi, di Spinoza e Wittgenstein, Arendt e Benjamin, Maimonide e Lévinas, che si coniugano con quelle di rabbini, poeti e kabbalisti, in una polifonia che restituisce il grande dialogo della tradizione ebraica.
Come nessun altro libro, ci dice George Steiner, uno degli ultimi grandi spiriti europei, le Scritture ebraico-cristiane hanno plasmato la nostra concezione del mondo, di Dio, dell’uomo, della creazione. Capace di un singolare effetto generativo anche a livello linguistico generale, la Bibbia è il ‘grande codice’ che sta al cuore della cultura occidentale. In questa sua ‘introduzione’, Steiner ci invita a riflettere sul senso della Scrittura, ma anche sul senso della sua lettura, su cosa ci dice e come ci cambia l’incontro con il ‘libro dei libri’. Come scrive Gianfranco Ravasi nella sua Prefazione, la Bibbia è «una realtà vivente trasmessa nei secoli dalla selce al silicio e simile al “mormorio di una fonte lontana” echeggiante in un oceano di altre pagine. Un testo che è talmente oltre se stesso da essere causa degli effetti più disparati, dalla mistica alla guerra, generati dalla sua straordinaria energia performativa».
George Steiner, nato in Francia nel 1929 da genitori viennesi ed esiliato negli Stati Uniti durante l’occupazione nazista, è uno dei più grandi critici letterari, non assimilabile a scuole definite, attento alle connessioni tra testo, storia delle idee e coinvolgimento, anche etico, del critico e del lettore. Tra i suoi molti scritti, tradotti in italiano, ricordiamo soprattutto: Tolstoj o Dostoevskij, La morte della tragedia, Nel castello di Barbablù, Dopo Babele, Vere presenze, Nessuna passione spenta, Linguaggio e silenzio, l’autobiografia Errata e le opere di narrativa Anno Domini, Il processo di San Cristobal, Il correttore.
L'alfabeto è il tramite tra i pensieri e le cose, è la strada di sassi in un fiume che collega due sponde. Un alfabeto è l'insieme dei mattoni con cui costruire gli edifici della mente, dai più piccoli ai più maestosi. E soprattutto l'alfabeto è il distillato della storia e della cultura di chi lo ha fatto. In questo libro, le ventidue lettere dell'alfabeto ebraico sono raccolte, studiate e spiegate attraverso ventidue racconti illustrati da una maestra dell'illustrazione italiana: una lettura insieme fiabesca e profonda, poetica e semplice, per avvicinare i bambini alle meraviglie dell'alfabeto per eccellenza e per scoprire un universo di significati in cui ciascuno di noi può riconoscere il proprio. Età di lettura: da 8 anni.
"A quei tempi, non esisteva alcun canone della scrittura sulla Shoah, e neanche la parola. Non si sa come raccontare l'inenarrabile. Marek Edelman è uno dei primi a tentare. Il risultato: questo testo è oggi più attuale che mai. Lo è perché non è un racconto epico delle gesta belliche, ma una storia su come un gruppo di ragazzi e ragazze abbia tentato di riscattare la dignità e salvare la vita di un'intera città che si voleva condannata a morte e all'ignominia." (dall'Introduzione di W. Goldkorn)
L'antisemitismo è sopravvissuto nella cultura cattolica italiana dopo il 1945? Attraverso quali canali comunicativi e culturali è riemerso? L'antisemitismo mantiene, dopo la Shoah, un suo specifico ruolo all'interno del cattolicesimo o si è trasformato in una cultura marginale ad esso? Il volume risponde a questi interrogativi documentando, grazie a materiali inediti e sinora scarsamente analizzati dalla storiografia, gli sviluppi intervenuti nel canone antiebraico all'indomani dell'Olocausto. L'esame condotto su alcune specifiche produzioni culturali del cattolicesimo italiano è il perno attorno a cui il libro si sviluppa con l'intento di individuare i luoghi e i linguaggi in cui sono intervenute le trasformazioni, sostanziali e formali, della tradizione antiebraica cristiana. Lo scavo dettagliato che è stato condotto su un capitolo di storia così limitatamente esplorato è stato sostenuto col proposito di offrire una lettura alternativa ad alcuni paradigmi interpretativi che in maniera troppo schematica circoscrivono le proprie riflessioni sulla questione antiebraica entro limiti temporali che non travalicano il termine del secondo conflitto mondiale.
Il dolce sussurro trae spunto dal fanatismo religioso per impartire una lezione su fede e tolleranza muovendo proprio dalle vicende narrate nella Sacra Scrittura, in particolare dalla figura del profeta Elia. Un saggio profondo e argomentato che ispira il lettore a prendere in mano le fonti bibliche e talmudiche citate.