Come racconta la Bibbia, la storia dell'uomo inizia con un delitto, con un fratricidio; lo stesso dicasi per la storia di Roma; l'omicidio di un singolo così come l'assassinio di massa rappresentano la più evidente manifestazione del male nel mondo, della sua dura, ma non evitabile realtà. Nei secoli teologia, filosofia, storiografia hanno cercato di comprenderne l'origine e il senso, ma così facendo, hanno cercato di giustificarlo, divenendo in tal modo complici del male stesso. Di fronte al più noto genocidio che l'umanità ha perpetrato, la Shoah, l'autrice cerca di chiarire le radici del male, riconducendole a tre principii: scissione, comprensione, contagio; ma indica anche gli antidoti possibili nella politica, nella giustizia e nell'arte.
Questo libro racconta le avventure di un giovane matematico "molto" tedesco in Italia, durante un soggiorno di ricerca presso l'università dell'Aquila: avventure che possono capitare a chi si trova a vivere in un paese straniero con persone che non riconosce e con usanze a cui non è abituato, ma anche le avventure sorprendenti che riserva la matematica. Dal suo incontro con due colleghi italiani scaturiscono vivaci dialoghi sui concetti matematici, sulla loro origine, sulla loro relazione con la vita di tutti i giorni, finché arriveranno a formulare una contro-legge di Murphy: "nell'infinito si realizzano tutti i desideri che non erano destinati ad andare male".
Un libro, il primo di Giorgio Bocca, scritto nel 1945, che a distanza di più di cinquant'anni ha il fascino della testimonianza diretta e di una vicenda storica esemplare. La Resistenza ha un significato storico e politico spesso sottoposto a revisioni e rivisitazioni, ma l'importanza di quel significato è da sottolineare non solo per il suo valore politico, ma anche per quello morale. I giovani delle formazioni partigiane protagonisti di questo libro non avevano idea di comunismo, erano cresciuti nell'autarchia fascista, senza aver mai vissuto esperienze politiche. Eppure ebbero il coraggio di schierarsi, di praticare una loro spontanea tensione morale, di formarsi nella lotta, riscattando agli occhi del mondo la dignità del popolo italiano.
La spettacolarizzazione della realtà e l'avanzata di nuove forme di comunicazione stanno cambiando il mestiere del reporter. Il mezzo ha vinto sul contenuto: la televisione, l'arma più adatta per creare il consenso e condizionare l'opinione pubblica, confeziona e manipola la notizia secondo le proprie esigenze. L'inviato si trasforma in un semplice comprimario di un sistema dell'informazione sempre più pilotato e approssimativo. Nel libro, il circo mediatico di reporters e grandi firme che gira intorno all'evento è descritto dall'interno, attraverso storie e aneddoti sui pregi e i tanti difetti di una professione costretta spesso a dare spettacolo.
Gandhi era un non violento, ma non un pacifista. Nutriva ben poca stima per la passività, e ancora meno per la debolezza morale. Per Gandhi la lotta ha i suoi vantaggi: nel conflitto si comprende il punta di vista altrui e si allarga la propria prospettiva. Con la lotta giungiamo a una visione più ampia della verità. Questo libro è una sorta di abbecedario, un'introduzione chiara e semplice al metodo di lotta di Gandhi e un insieme di regole per metterlo in pratica. Dai litigi in ambito familiare alle dispute sul luogo di lavoro, dalla rivolta contro la brutalità nazista alla guerra oggi in corso contro il fanatismo religioso, Juergensmeyer sottopone l'intuizione gandhiana alla prova di un'ampia gamma di esempi e di casi concreti.
Questi saggi letterari sono stati scritti da Foucault tra il 1962 e il 1969, e quindi accompagnano tutto l'arco di tempo della sua produzione più importante. Se "Le parole e le cose" contengono il "sistema" di pensiero di Foucault sotto il profilo teorico più generale, gli "Scritti letterari" contengono l'esemplificazione realizzata di tale "sistema". "Le parole e le cose" e le altre opere sono ancora discorsi sulla follia, sulla merce, sulla società, sulla cultura e sulle opere: sono, per dirla con Foucault, "archeologia". Gli "Scritti letterari" sono essi pure discorsi sull'autore, sulla letteratura e sulle opere, cioè sono anch'essi "archeologia", ma con qualcosa in più: sono essi stessi opera letteraria.
"Non c'e azione più spregevole che leggere libri e raccontare storie inventate: questo è il dettato pedagogico di molti dirigenti scolastici come il signor Gradgrind dei "Tempi difficil" di Dickens. Eppure enorme è il valore delle storie e dell'incanto che esse producono: racchiudono la capacità di inventare altri mondi; ampliano la fantasia; estendono la conoscenza; eccitano la curiosità; conservano, tramandano, rinnovano la memoria." Giuseppe Pontremoli è nato a Parma nel 1955. È maestro elementare a Milano, si occupa di lettura, di racconto orale, di letteratura per l'infanzia, di rappresentazioni dell'infanzia nella letteratura, di problemi educativi, collaborando a varie riviste. Ha scritto saggi, poesie e romanzi per ragazzi.
Tutti i nostri giochi enigmistici hanno una nobile origine legata ai tempi in cui regnava la sapienza dei miti e, anche se oggi sono in buona parte svuotati degli arcani misteri che custodivano, ancora funzionano come memoria di quegli antichi marchingegni. "Tutta la storia dell'enigmistica è una storia di magie che si sono trasformate in giochi. L'enigmistica tramuta oggetti magici in testi d'uso comune, in oggetti culturalmente banali". Con l'aiuto di Aristotele e Eraclito, di Carroll e Lacan, l'autore percorre, sulla base delle lezioni tenute alla Scuola Superiore di Studi umanistici di Bologna, le strade delle astuzie del linguaggio, nella convinzione che la lingua è uno strumento per dire, ma anche per non dire, per spiegare, ma anche per ingannare.
Si tratta del primo reportage sul campo di prigionia di Guantanamo dove sono reclusi oltre seicento uomini di quarantadue paesi, ritenuti affiliati di Al Qaeda catturati nella guerra al Terrore. Bonini, giornalista di "Repubblica", ha qui ripreso i reportages pubblicati sul quotidiano integrandoli con un'ampia narrazione inedita. Ne risulta un quadro contraddittorio e vivissimo, dove nulla appare scontato e tutto è da scoprire, dal dettaglio sulla confezione del cibo alle confessioni dei carcerieri. Ogni capitolo contiene un'appendice documentale spesso inedita. "Guantanamo è il non-luogo dove l'America ha imprigionato l'incubo di un nemico inafferrabile, dandogli un volto. Non è terra di redenzione, ma laboratorio di punizione senza speranza."
Nel corso della storia italiana post-unitaria diversi sono stati i modelli perseguiti in materia di sviluppo economico dai governi che si sono succeduti. Ma una caratteristica sembra accomunarli tutti: sono stati concepiti ed eseguiti secondo quanto indicavano gli interessi della parte più progredita del paese e imposti alla parte più debole, non solo senza coinvolgerla nelle scelte, ma senza prepararla alle conseguenze negative che tali scelte avrebbero potuto comportare. Il Mezzogiorno è stato cioè considerato alla stregua di una "provincia" subordinata, una sorta di regione dell'"impero" che, come dimostra l'evolversi delle vicende storiche ricostruite nel volume, ha svolto, in posizione subordinata, compiti imposti dall'esterno.
Attilio Regolo che rotola nella sua botte chiodata, Scipione che piange su Cartagine, gli imperatori che combattono con i gladiatori nell'arena. Sono queste le immagini che vengono alla mente quando si pensa a Roma antica. Questo libro affronta alcuni dei più classici luoghi comuni sulla storia dell'antichità, per smascherare errori diffusi quanto grossolani e per mostrare quanto il nostro immaginario comune su questi argomenti sia stato plasmato e influenzato dai racconti del cinema su Roma e sui suoi eroi. Un omaggio ad alcuni degli inamovibili miti della nostra infanzia scolastica e della nostra vita di spettatori cinematografici, ma anche un tentativo di far luce su alcuni di questi "punti dolenti" della nostra visione storica.