In quale tempo e in quale spazio ha luogo il singolare, fragile evento della lettura? Da queste domande prende avvio il breve e nitido saggio che Ezio Raimondi, uno dei massimi studiosi della letteratura oggi in Italia, ha dedicato al leggere. È un atto apparentemente semplice, un gesto quotidiano, eppure leggere è un rapporto complesso fra due persone, l'autore e il lettore, che ha luogo attraverso un testo. Chi legge fa vivere un testo, lo realizza, mettendosi così in comunicazione con l'altro, con una diversità. Nel leggere è implicata la disponibilità ad ascoltare, a entrare in relazione, a non prevaricare l'altro con la propria individualità. Esiste dunque un'etica della lettura, che è fatta di filologia e passione, capacità di intendere e disponibilità a mettersi in gioco.
La storia recente del mondo è caratterizzata da una dimensione di violenza tanto più inaudita e imprevedibile in quanto commessa nel nome di dio e delle scritture. In questa temperie, Jan Assmann si chiede se esista una violenza intrinseca del discorso religioso monoteista. Sulla scorta di una rilettura di alcuni brani dell'Antico Testamento, l'autore può ritrovare la radice storica di tale violenza soprattutto nel carattere esclusivo dell'unico dio e nell'immagine consolidata di una divinità irata e punitiva. E tuttavia Assmann contesta che la violenza sia una conseguenza necessariamente inscritta nell'istanza monoteistica e conclude che essa nasce, piuttosto, dall'uso che della religione è stato fatto in senso politico e fondamentalista.
Possono le parole nascondere i pensieri? È da questo interrogativo che Weinrich parte per indagare il rapporto di adeguatezza che sempre si pone fra il linguaggio e il pensiero. La sua risposta è un'arringa contro una diffusa tradizione pessimistica e in difesa della "verità della lingua", in difesa dell'innocenza delle singole parole. E via via che la sua argomentazione procede, si scopre una fitta trama di rapporti che lega questo discorso alla filosofia e alla teologia classiche, alla retorica, alla critica letteraria. Con la raffinatezza di stile e l'ironia che gli sono consuete, l'autore si muove fra Shakespeare e Goldoni, Platone e Wittgenstein, Hitler e Eichmann per approdare infine alla conclusione che no, le parole non mentono: i segni linguistici sono fatti sia per il bene che per il male, e dunque l'inganno non è nella lingua, ma sempre nell'uso che se ne fa.
Quarant'anni fa, il 9 ottobre 1967, moriva nella selva boliviana Ernesto Guevara, il "Che". Un'icona che è sopravvissuta intatta al crollo degli ideali del Novecento. Se c'è una persona che ha conosciuto bene l'uomo Che, che ha lottato e lavorato per anni al suo fianco, che ne ha condiviso i sogni e le battaglie, questa è Fidel Castro, il leader della rivoluzione cubana. La loro storica amicizia cambiò il volto dell'America Latina ed ebbe un impatto enorme e duraturo sul mondo intero. Questa selezione di scritti, interviste e discorsi di Fidel, alcuni mai pubblicati in Italia, costituisce una sorta di biografia, ricca di riflessioni teoriche sull'operato del Che, ma soprattutto di aneddoti e di commosse rievocazioni. Un libro che contribuisce a delineare i contorni di un personaggio recuperando il contenuto originale delle sue idee.
Curzio Maltese ha utilizzato, rielaborato e ampliato il materiale dei reportage realizzati per "la Repubblica", trasformando una "inchiesta" sulle città italiane (condotta con Alberto Staterà) in un documento che riconduce il lettore alle radici di un malessere non soltanto politico o civile (forse più facile da riconoscere), che ha a che fare con l'amministrazione dei luoghi in cui vive: le città. Ci sono, in questo panorama, città capitali come Milano (ed ecco allora che Maltese registra il passaggio dalla città operaia e borghese a una città ricca, opulenta ma senza identità), e città provincia come Rimini e Taranto, la prima al centro di una vera e propria deriva etnica (i ricchi russi ma anche l'immigrazione slava povera o poverissima), l'altra al centro di uno dei più significativi episodi di catastrofe amministrativa (una donna sindaco che nel progetto di Berlusconi avrebbe dovuto guidare la rinascita e che invece ha finito per determinare la bancarotta del danaro pubblico). Curzio Maltese insegue immagini che schizza con rigore e pertinenza, al di là dei cliché e del giornalismo passivo. Insegue personaggi, li tallona, li fa parlare sia quando vogliono, sia quando si oppongono. Una testimonianza presa dal vivo, sui loro padroni, e sui loro i servi.
I saggi qui riuniti, apparsi originariamente in riviste oggi di difficile reperimento, coprono un arco temporale che abbraccia l'intero periodo creativo di Guénon, dal 1909 al 1950. La visione metafisica di Guénon appare già compiuta fin dal primo saggio sul Demiurgo - pubblicato a ventitré anni -, in cui egli affronta il millenario quesito "unde malum?", rispondendo con la disinvoltura e la meticolosità di chi svolga una dimostrazione di ciò che dovrebbe risultare a tutti ovvio, o perlomeno facilmente desumibile da alcune nozioni universali di immediata evidenza, quali l'infinito, l'essere e il non-essere, il manifestato e il non-manifestato, l'unità e la molteplicità. E fedele a quella visione, incentrata sugli assiomi che nelle civiltà tradizionali definiscono l'ordine del mondo e il percorso iniziatico di realizzazione spirituale, Guénon nei quarant'anni successivi si adopera instancabilmente a rettificare le confusioni di pensiero e le aberrazioni terminologiche che vede diffondersi nel mondo moderno, chiarificando con puntiglio i rapporti fra monoteismo e angelologia, il significato delle idee platoniche, la distinzione fra spirito e intelletto, le valenze metafisiche della produzione dei numeri e della notazione matematica.
Geoff Dyer è considerato in patria tra gli autori più originali degli ultimi anni ed è noto in Italia soprattutto per il suo "Natura morta con custodia di sax". Oltre che di musica è anche, da sempre, appassionato di fotografia. Eppure, confessa in questo nuovo libro, non possiede nemmeno una macchina fotografica: "le sole volte che scatto delle foto è quando i turisti mi chiedono di fargliene una, con la loro macchina. (Queste rare opere sono adesso disperse in giro per il mondo in collezioni private, soprattutto in Giappone)". Ma così come il non conoscere la musica non gli ha impedito di scrivere un libro in piena empatia con l'universo del jazz, Dyer ha ora bilanciato questo apparente svantaggio con tutta l'originalità che i lettori gli riconoscono e ha scritto una particolarissima storia della fotografia. Cercando di identificarne gli stili specifici, Dyer guarda al modo in cui figure di riferimento come Alfred Stieglitz, Pani Strand, Walker Evans, André Kertész, Dorothea Lange, Diane Arbus e Wiliam Eggleston hanno fotografato gli stessi oggetti (cappelli, scale, panchine, negozi di barbiere, cartelli, strade): "volevo capire se lo stile può essere identificato nel e dal contenuto, se è inerente a esso. L'unico modo per farlo era vedere come persone diverse fotografavano la stessa cosa". Ne risulta un racconto originale e divertente in cui questi fotografi, molti dei quali non si incontrarono mai, vengono continuamente a contatto gli uni con gli altri.
Nel settembre del 1920 Mario Buda fa esplodere in piena Wall Street un carro trainato da cavalli e imbottito di dinamite e pezzi di metallo, l'esplosione uccide 40 persone e inaugura quella che sarebbe diventata una delle più micidiali armi da guerriglia urbana, l'autobomba. Il prototipo messo a punto dall'anarchico italiano, tempo qualche decennio, diventerà l'arma del terrorismo globale. Rileggendo la storia del secondo dopoguerra, Davis ripercorre l'uso, le trasformazioni, gli scopi di un ordigno povero che ha esiti molto più devastanti dei missili da milioni di dollari e che ha modificato totalmente l'idea stessa di guerra. Se un tempo eserciti e armamenti erano convenzionali, la maggior parte degli attuali conflitti sul pianeta hanno carattere di guerriglia e nell'autobomba l'arma più efficace e a buon mercato.
Come rispondere, con l'aiuto di grandi esperti, alle domande impossibili dei bambini.
La globalizzazione è passata come un ciclone in tutto il mondo, ma uno dei luoghi più traumaticamente coinvolti da questi rivolgimenti è il Sudest asiatico, oggi tagliato fuori dai presupposti minimi di benessere e legalità. Alessandro Gilioli ha attraversato India, Nepal, Birmania e Buthan - il cosiddetto "cuore di Cindia" - descrivendo un quotidiano aberrante fatto di traffico d'organi e di esseri umani, di campi profughi e di guerriglieri maoisti, di schiavi e di soldati bambini, di narcotraffico e di sfruttamento della prostituzione. I lineamenti di un territorio drammaticamente sfigurato, un viaggio attraverso la catastrofe "normale" all'ombra dell'Himalaya.
La maggior parte di quello che mangiamo tutti i giorni ci sta, secondo la tesi di questo libro, lentamente avvelenando, mentre la categoria medica e l'industria farmaceutica hanno tutto l'interesse a mantenerci malati e non farci guarire. Come uscire da questo circolo vizioso? Kevin Trudeau, uno dei più noti difensori dei diritti del consumatore e del cittadino, in questo saggio solleva il coperchio dal vaso di Pandora degli inganni della medicina e dell'alimentazione. Indica, inoltre, i grandi risultati ottenuti da diverse terapie, filosofie mediche e pratiche alternative che aiutano il corpo a recuperare lo stato di salute originario.
"Questa indagine non mira certo a sostenere pregiudizialmente una ricostruzione dei fatti, e tanto meno le iniziative dell'amministrazione Bush. Ma siamo convinti che un evento così drammatico e rilevante come l'11 settembre imponga una ricerca appassionata, rigorosa e razionale della verità, e che utilizzare il metodo scientifico, invece che parodie della scienza, sia la sola strada da percorrere. Abbiamo preso in esame gli antefatti e i precedenti storici dell'attentato, analizzato l'attacco al WTC, sottoposto a indagine l'attacco al Pentagono, investigato per capire cosa è accaduto al volo United 93, sottoposto a verifica i racconti dei testimoni. Abbiamo analizzato decine di "teorie alternative", avvalendoci della collaborazione di tecnici di molti settori. Lo abbiamo fatto indipendentemente dalle nostre opinioni politiche e opzioni ideologiche. E in questo modo, abbiamo ricostruito quella terribile giornata, e scoperto che le più popolari ipotesi di complotto si basano su informazioni scorrette e incomplete, su una superficiale approssimazione e incompetenza, e talvolta persino su una vera e propria malizia manipolativa." Nonostante le bugie accertate della cosiddetta "guerra al terrore", e sebbene alcuni aspetti di quella tragedia debbano essere ulteriormente chiariti, la documentata ricerca di esperti italiani e USA evidenzia come molte delle tesi dei "complottisti" possono forse essere affascinanti, ma non reggono a un'analisi oggettiva dei fatti.