Pubblicato per la prima volta alla fine del 1936, Il Vangelo della forza è a tutt'oggi una delle più lucide analisi dell'ideologia nazista. Secondo Robert d'Harcourt, fervente cattolico, la logica essenziale del nazismo si basa sulla sua volontà di sostituire lo Spirito con la Forza: è come una nuova religione che con i suoi atti di fede, la sua liturgia e i suoi riti, combatte in Germania il cristianesimo. Ad aderire con maggiore entusiasmo al progetto di Hitler sono i giovani, tanto da far scrivere a d'Harcourt che "il nazionalsocialismo si incarna nella gioventù e si confonde con essa. Le deve la sua nascita; le deve la sua durata". La fede personale nel Fürher, caratteristica generale del Terzo Reich, raggiunge il suo apice nei ragazzi e lo fa con l'assoluto candore di cui essi solo essi sono dotati. Quello dello storico non è però una condanna verso la gioventù perché, continua: "Le hanno messo un falso dio fra le braccia. Sono i suoi maestri, e non essa, i responsabili del fervore con il quale essa abbraccia un idolo, con il quale essa recita il credo del sangue e della razza".
La guerra in Ucraina e la rimilitarizzazione dei rapporti tra le potenze hanno rimesso al centro dell'attenzione il tema della sicurezza. Ma già dall'inizio del XXI secolo preoccupazioni analoghe erano state sollevate dagli attacchi dell'11 settembre 2001 e dalla conseguente guerra globale al terrore, poi dalla tempesta economica del 2007-2009, subito dopo dall'offensiva terroristica dell'Isis e infine dalla pandemia di Covid-19. Questo crescente senso di insicurezza basterebbe già a rivelare le tensioni che attraversano l'attuale contesto internazionale. Ma la sua intensità non si comprende se si dimentica che, nei quindici anni precedenti, l'Occidente si era convinto di essere avviato verso un futuro opposto, incarnato nel grande progetto del Nuovo Ordine Liberale. Oggetto del libro è il rapporto tra questa promessa liberale di sicurezza e la "frustrazione securitaria" subentrata una volta che la promessa si è rivelata irrealizzabile.
Sulle rive dell'Ofanto, nel Mezzogiorno italiano, un secolo e mezzo fa si svolse una grande sfida. Da una parte c'era il brigante, Carmine Crocco. Pastore, militare, bandito di professione, divenne il capobanda più famoso nelle campagne meridionali dopo il 1860. Alla guida del brigantaggio filoborbonico, sperimentò forme di guerriglia che avranno fortuna nel XX secolo, anticipandone gli aspetti politici e una organizzazione criminale su larga scala. Dall'altra parte, il generale, Emilio Pallavicini di Priola, aristocratico sabaudo, militare esperto in operazioni speciali e al comando di reparti schierati nella campagna contro il brigantaggio. L'ufficiale era parte dell'antica aristocrazia di spada e interpretò la conclusione di un processo secolare, in cui i ruoli militari passavano definitivamente ai professionisti della guerra. Nel primo decennio dell'Italia unita furono questi due uomini, lontanissimi per origine e formazione, i protagonisti più conosciuti della guerra per il Mezzogiorno. Carmine Pinto racconta le loro 'vite parallele' e, attraverso queste, gli episodi, i luoghi, le battaglie e le leggende, la guerra tra il primo esercito nazionale e l'ultimo dell'antico regime, fino allo scontro finale e al sorprendente epilogo delle loro esistenze.
La ricostruzione della nascita e dell'affermazione dello Stato «moderno» non è un'operazione di archeologia storica. Rappresenta, invece, lo sforzo di spiegare come si è realizzata l'attuale concentrazione di potere, del tutto sconosciuta ai nostri predecessori, che ha permesso allo Stato di diventare invadente e onnipotente, di soffocare i singoli e le formazioni sociali, di schiacciarli sotto il peso del centralismo, della burocrazia e del fisco, come emerge sempre di più ai tempi del Covid-19.
Questo libro segue la traccia lasciata da Marta di Betania che, nella tradizione evangelica, accoglie nella sua casa un ospite inatteso e straordinario. Marta non è solo colei che rassetta in cucina; Marta è il simbolo della vita attiva e a Marta quell'ospite rivela cose mai dette a nessuno. Come Teresa Batista, che accompagna i capitoli del libro, Marta è donna di amori e di guerre, di fedi e di scelte dove la donna del Medioevo celebra Dio e la propria personalità. Essere Marta vuol dire essere dentro le cose, esserne vittima oppure ordinatrice, caritatevole o vendicativa, ma significa anche essere colei che accoglie: l'impegno personale, le aspirazioni, il misurarsi con i molti disagi e con il rischio dei sentimenti. Il Medioevo non lascia molte alternative al grafico sociale della donna chiusa in ruoli subalterni o soltanto familiari. Invece esistono comportamenti femminili che eludono questa geografia e prendono la scena. Si tratta di vere protagoniste, donne famose, anonime o dimenticate, personaggi che letteratura, storiografia e poesia raccontano tra colori, voci e silenzi. Nell'immagine di copertina Vermeer dipinge Marta che offre il pane: è una donna che rappresenta, oltre il tempo, la vita attiva; è una donna che agisce, nutre, prega e s'impegna. Tutte le donne della storia sono modi di essere Marta e reggono il mondo. Nell'universo sociale così mutevole e difettivo la vita attiva si esprime nell'amore, ma anche nelle guerre, nelle rivalità per il potere, nella gestione della carità e delle accoglienze, nelle devozioni e nei tradimenti. La vita febbrile e la facile morte: sono le due estremità di un segmento di esistenze dove regine, devote e assassine, affiancano le solitudini drammatiche di principesse emarginate, e le donne virtuose e sapienti, monache o laiche, non si meravigliano ai licenziosi abbandoni di chi segue l'illusione di sentirsi diversa per non essere inquieta. Marta opera in un teatro di scene incessanti dove si muovono indimenticabili fisionomie di un modo d'essere donna nel Medioevo.
Dal primo avventurarsi su due gambe nelle pianure africane alla produzione di pitture rupestri, piramidi, bastimenti, parlamenti e molto altro: tanto si è scritto sul cammino evolutivo dell'umanità grazie al lavoro di paleontologi, archeologi e genetisti. Ciascuno di loro ha messo un tassello a formare un quadro generale della nostra storia. Ma oggi siamo riusciti a compiere un altro passo: con la capacità che abbiamo acquisito di leggere a fondo il DNA di tante persone, passate e presenti, e di interpretarne le differenze, quei resti non solo ci danno un'idea delle migrazioni, degli scambi, dei processi di adattamento all'ambiente che hanno fatto di noi quello che siamo, ma ci hanno anche permesso la ricostruzione delle sembianze dei nostri antenati. Il lavoro scrupoloso di un gruppo di artisti ci fa finalmente guardare in faccia Homo erectus, che per primo ha imparato a maneggiare il fuoco, e i piccoli ominidi dell'isola di Flores in Indonesia, che qualcuno ha ribattezzato hobbit; i vecchi europei, gli uomini di Neandertal e quelli nuovi come Ötzi, l'uomo dei ghiacci del Museo di Bolzano, e tanti altri. Guardandoli negli occhi possiamo capire meglio quanto abbiamo in comune, quanto ci siano vicini, quanto è vero che, nonostante la grande distanza temporale, noi in qualche modo siamo loro.
Un grande storico come Alessandro Barbero e un grande illustratore come Sergio Toppi ci restituiscono vividamente quel che accadde ad Adrianopoli, nei Balcani, in un lungo pomeriggio d'estate nella battaglia che ha cambiato la storia del mondo e che ha segnato la fine dell'Antichità e l'inizio del Medioevo.
«...il Mediterraneo è un crocevia antichissimo. Da millenni tutto vi confluisce, complicandone e arricchendone la storia» Fernand Braudel Il Mediterraneo è il cuore incandescente di un unico vitale continente afro-euro-asiatico, l'epicentro della grande storia che qui transita e da qui scaturisce, il luogo in cui si è concentrato per alcuni millenni il mondo immaginabile. Come comprendere quella straordinaria «pianura fluida» che è il Mare Nostrum? Mettendosi sulle tracce delle civiltà sepolte? Ripercorrendo il vagare di eroi erranti come Ulisse, Enea o i viaggi dei pellegrini verso la Terrasanta? Interrogando gli strati e i substrati archeologici? Abbracciandone il paesaggio oppure lasciandosi abbacinare dai capolavori artistici? Il racconto mai concluso di una storia millenaria, unica e imprescindibile, fatta di guerre e convivenze, scambi e antagonismi, invasioni e diaspore, ibridazione ininterrotta di saperi, miti, leggende, manufatti, nel coesistere di culture religiose ora dialoganti ora in conflitto. Il ritratto in movimento di una civiltà e del suo mare.
Le donne che fecero parte dell'Assemblea Costituente furono solo 21. Eppure non tutti sanno che il loro contributo alla stesura della carta fu fondamentale, anche perché seppero esprimere con consapevolezza la novità della partecipazione femminile alla politica. Ancor più importante, però, è il contributo che le donne hanno dato, in oltre settant'anni, a far sì che la Costituzione diventasse realtà. Gli esempi sono innumerevoli: l'autrice ci racconta di figure come Tina Anselmi (prima donna ministro), Giulia De Marco (tra le prime 8 vincitrici del concorso per accedere alla magistratura, nel 1965), Maria Gabriella Luccioli (prima donna presidente della Cassazione), Marta Cartabia (prima donna presidente della Corte Costituzionale), E, oltre alle istituzioni, c'è la società civile: Franca Viola (la prima donna a opporsi al matrimonio riparatore con l'uomo che l'aveva violentata) e Tina Lagostena Bassi (che lottò contro la colpevolizzazione delle vittime di violenza), Luisa Spagnoli (imprenditrice), Francesca Sèrio (prima donna a denunciare reati di mafia), Bianca Piccinino (prima donna a condurre un TG), Emma Carelli (prima donna a dirigere un teatro dell'Opera), Rita Levi Montalcini (prima donna italiana a vincere il Nobel per la medicina), Lidia Beccaria Ricolfi (prima donna a testimoniare l'orrore dei campi di concentramento). Prefazione di Rosy Bindi.
Nei primi secoli del medioevo Roma, dopo aver perduto il ruolo di capitale dell'antico impero mediterraneo, si trasforma nel cuore morale di una nuova realtà - l'Europa continentale uscita dalle invasioni barbariche - e recupera in forme inedite la centralità e il prestigio di una capitale. Vicende politiche, trasformazioni sociali, modi di vita, dibattiti teologici, grandi personalità di papi costituiscono l'oggetto di questo libro, che narra in modo limpido e appassionante lo svolgersi degli eventi, soffermandosi in particolare sulle straordinarie manifestazioni artistiche nelle quali si espresse lo spirito dell'epoca.
Le donne furono protagoniste della Resistenza: prestando assistenza, combattendo in prima persona, rischiando la vita. Una «metà della Storia» a lungo silenziata a cui Benedetta Tobagi ridà voce e volto, a partire dalle fotografie raccolte in decine di archivi. Ne viene fuori un inedito album di famiglia della Repubblica, in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. "La Resistenza delle donne" è dedicato «A tutte le antenate»: se fosse una mappa, alla fine ci sarebbe un grosso «Voi siete qui». Insieme alle domande: E tu, ora, cosa farai? Come raccoglierai questa eredità? La storia delle donne italiane ha nella Resistenza e nell'esperienza della guerra partigiana uno dei suoi punti nodali, forse il più importante. Benedetta Tobagi la ricostruisce facendo ricorso a tutti i suoi talenti: quello di storica, di intellettuale civile, di scrittrice. "La Resistenza delle donne" è prima di tutto un libro di storie, di traiettorie esistenziali, di tragedie, di speranze e rinascite, di vite. Da quella della «brava moglie» che decide di imbracciare le armi per affermare un'identità che vada oltre le etichette, alla ragazza che cerca (e trova) il riscatto da un'esistenza di miseria e violenza, da chi nell'aiuto ai combattenti vive una sorta di inedita maternità, a chi nella guerra cerca vendetta e chi invece si sente impegnata in una «guerra alla guerra», dalle studentesse che si imbarcano in una grande avventura (inclusa un'inedita libertà nel vivere il proprio corpo e a volte persino il sesso), alle lavoratrici per cui la lotta al fascismo è la naturale prosecuzione della lotta di classe. Tobagi racconta queste storie facendo parlare le fotografie che ha incontrato in decine di archivi storici. Ne viene fuori quasi un album di famiglia della Repubblica, ma in cui sono rimesse al loro posto le pagine strappate, o sminuite: le pagine che vedono protagoniste le donne. Un libro che possiede il rigore della ricostruzione storica, ma anche una straordinaria passione civile che fa muovere le vicende raccontate sullo sfondo dei problemi di oggi: qual è il ruolo delle donne, come affermare la propria identità in una società patriarcale, qual è l'intersezione tra libertà politiche, di classe e di genere, qual è il rapporto tra resistenza civile e armata, tra la scelta, o la necessità, di combattere e il desiderio di pace?
Il fascismo è stato il più importante fenomeno politico nella storia d'Italia e uno dei più rilevanti del XX secolo in genere. Ha influenzato la politica di molti paesi ed è stato oggetto di una straordinaria mole di studi. A cent'anni dalla Marcia su Roma continua a essere utile riflettere sulle condizioni politiche, economiche, sociali e culturali che aprirono la strada alla sua affermazione. È quanto fanno - e ci aiutano a fare - i saggi raccolti nel volume, che ne ripercorrono la storia dalle origini alla caduta, ricostruendone i "valori", la conquista del potere, le trasformazioni, il consenso, le interpretazioni, e contestualizzandolo nel più ampio scenario europeo. La chiave di lettura è duplice: innanzitutto, il fascismo non è il passato che non passa, ma è un passato che ha considerevolmente influenzato il presente e che deve essere conosciuto approfonditamente per costruire un futuro migliore. In secondo luogo, esso tentò di imporre una visione totalitaria alla società italiana ma, tra ambiguità, concessioni, viltà, non riuscì ad acquisire il pieno controllo sopra la Monarchia, la Chiesa, le Forze Armate, gli industriali, e dovette fare i conti anche con gli antifascisti che coraggiosamente mantennero viva la loro opposizione. Il volume mira a offrire ai lettori il materiale indispensabile per acquisirne una corretta e approfondita conoscenza e comprendere se esso possa in qualche modo ripresentarsi.