La pandemia da Covid-19 ha profondamente modificato i comportamenti, le abitudini e gli stili di vita dei cittadini. Alla situazione che ne è derivata fa riferimento questo bel volume dal titolo curioso "Il fico sterile", che adotta un genere letterario inconsueto, scegliendo come interlocutore l'homo sapiens e rivolgendosi a lui, non senza un velo di elegante ironia, attraverso una lunga lettera in cui si alternano a giudizi molto severi sul modello socio-culturale dominante proposte positive di cambiamento. Il volume non si limita tuttavia a rilevare i limiti e i mali della situazione presente; offre piuttosto indicazioni e piste preziose per la promozione di una alternativa, che esige per essere attivata un cambio di paradigma, sia a livello della coscienza personale che della struttura sociale. (dalla «Prefazione» di Giannino Piana)
In questo testo ormai classico, pubblicato per la prima volta nel 1981, Habermas analizza l'ipotesi che la razionalità non sia esclusivamente di tipo funzionalistico, finalizzata cioè a uno scopo e tale da ridurre gli individui a strumenti, ma possa essere di tipo discorsivo, ovvero più emancipativa, e scaturire dal dialogo tra soggetti non isolati nel mondo sociale. Come il linguaggio non è solo un insieme di termini ma anche discorso rivolto a qualcuno con cui ci si deve intendere (e che in quell'intesa si realizza), così la legittimazione delle istituzioni politiche dipende in gran parte dalla «razionalità comunicativa», in grado di favorire la formazione di una volontà collettiva e di promuovere la partecipazione democratica da parte di individui non asserviti. Un'opera tuttora centrale nella produzione dell'autore, che viene qui riproposta in un'edizione rivista e arricchita della nuova presentazione di Alessandro Ferrara e di un testo inedito scritto per l'occasione dallo stesso Habermas.
In questo testo ormai classico, pubblicato per la prima volta nel 1981, Habermas analizza l'ipotesi che la razionalità non sia esclusivamente di tipo funzionalistico, finalizzata cioè a uno scopo e tale da ridurre gli individui a strumenti, ma possa essere di tipo discorsivo, ovvero più emancipativa, e scaturire dal dialogo tra soggetti non isolati nel mondo sociale. Come il linguaggio non è solo un insieme di termini ma anche discorso rivolto a qualcuno con cui ci si deve intendere (e che in quell'intesa si realizza), così la legittimazione delle istituzioni politiche dipende in gran parte dalla «razionalità comunicativa», in grado di favorire la formazione di una volontà collettiva e di promuovere la partecipazione democratica da parte di individui non asserviti. Un'opera tuttora centrale nella produzione dell'autore, che viene qui riproposta in un'edizione rivista e arricchita della nuova presentazione di Alessandro Ferrara e di un testo inedito scritto per l'occasione dallo stesso Habermas.
Il concetto di libero arbitrio è essenziale per le nostre relazioni interpersonali e le pratiche morali e giuridiche. Se risultasse che nessuno è mai libero e moralmente responsabile, che cosa vorrebbe dire per la società, la moralità, la vita di tutti i giorni? Daniel Dennett e Gregg Caruso presentano le loro argomentazioni pro e contro l'esistenza del libero arbitrio e ne discutono le implicazioni. Dennett sostiene che il genere di libero arbitrio richiesto per la responsabilità morale è compatibile con il determinismo. Caruso è di parere opposto: per lui, quel che siamo e ciò che facciamo rappresentano, in ultima analisi, il risultato di fattori che sono al di là del nostro controllo, e per questo non siamo mai moralmente responsabili delle nostre azioni nel senso che ci renderebbe davvero meritevoli di biasimo o di lode, di punizione o di ricompensa. "A ognuno quel che si merita" introduce i concetti centrali del dibattito sul libero arbitrio e sulla responsabilità morale mediante un dialogo filosofico coinvolgente, rigoroso e talvolta acceso tra due eminenti pensatori.
Sperimentiamo costantemente dentro di noi inquietudine, paura, talora angoscia, e un ribollire di emozioni che obbliga la mente a un duro, continuo lavoro. Eppure ciascuno possiede nel profondo anche la forza esplosiva necessaria per sciogliere il nodo delle assillanti domande che tormentano l'esistenza, e per puntare a quell'ideale che nei secoli è stato chiamato in vari modi: Dio, Tao, Dharma, Spirito Santo, oppure amore, bene, sapienza. In questa nuova tappa del suo percorso filosofico, Vito Mancuso sostiene che l'equilibrio tra l'irrazionalità dell'amore e la pura logica della mente è ancora possibile: per dimostrarlo chiama a raccolta le vite e le esperienze di grandi del presente e del passato - da Dante a Hannah Arendt, da Giordano Bruno a Etty Hillesum - in un ideale pantheon di menti innamorate capaci di conquistare quella grazia che è il frutto più bello di ogni educazione spirituale. A partire dal loro luminoso esempio, Mancuso indica la strada da percorrere per dare ascolto al maestro interiore che ognuno custodisce dentro di sé, e raggiungere uno stato di felicità dell'esistenza puro e allo stesso tempo reale, sognante ma a occhi aperti, che rappresenta il dono maggiore che si possa ricevere dalla vita.
Chi sono i pifferai magici che, come il flautista di Hamelin, negli ultimi decenni hanno incantato il mondo costringendo un numero sempre più alto di persone a seguirli, abbandonando il mondo dell'etica, quel mondo che, nonostante tutte le sue fragilità, ha permesso fino a tempi recenti all'essere umano di mantenere la sua specificità? Ormai, tutto quello che si può fare, si fa. E le voci che ancora si levano in difesa della misteriosa complessità della vita e della persona vengono ridicolizzate, tacciandole di medioevale oscurantismo. L'uomo non è più un fine, ma soltanto un mezzo e, in quanto mezzo, può essere usato in tutti i modi possibili. Il fatto che il numero di disturbi mentali, di depressioni, di malattie autoimmuni sia sempre più alto non inquieta più nessuno, così come non turba il fatto che il paganesimo sia tornato prepotentemente nella nostra civiltà e che proprio questo paganesimo abbia annullato la responsabilità individuale del male. Il fato decide per noi. Non esiste più il bene, non esiste più il male, non esiste più il giudizio sulle nostre azioni e, anche quando queste sono efferate, siamo convinti di avere diritto all'happy end. Queste riflessioni fatte nel corso degli ultimi anni cercano di mettere a fuoco il progressivo declino della nostra civiltà, incantata dalla suadente musica di questi astuti orchestrali che tutto hanno a cuore tranne il bene dell'umanità.
La filosofia è un lavoro di indagine fondato sulla natura stessa dell'uomo in quanto pura esistenza. In questo volume il grande filosofo Nicola Abbagnano affronta le questioni che concernono "l'essere" del singolo uomo, partendo dalla sua autentificazione fino alla costituzione dell'io, per comprendere quell'atteggiamento strettamente personale, intimo e segreto che è il filosofare. La filosofia non avrà forse l'universalità della scienza, che consiste nell'identità del giudizio, ma il suo continuo porsi domande, la sua necessità di comprensione e il suo muoversi verso il futuro costituiscono un'universalità fondata sulla solidarietà umana, che può esplicarsi solo nella genuina struttura dell'esistenza di ognuno. Alla filosofia l'uomo può e deve chiedere di comprendere un po' meglio se stesso. Questa è la base, il fondamento, di ogni opera e di ogni lavoro umani, la trama con cui è tessuta la vita quotidiana del singolo, così come la vita storica dell'umanità. Le esperienze più dure, i dolori e le tragedie non servirebbero a nulla se gli uomini non dovessero derivarne un insegnamento, che la filosofia sola può formulare, traendo dalle vicende della storia l'incentivo per una più profonda e più umana comprensione dell'uomo.
Istruzione, commercio, industria, viaggi, divertimento, sanità, politica, relazioni sociali, in breve la vita stessa sta diventando inconcepibile senza le tecnologie, i servizi, i prodotti digitali. Questa trasformazione epocale implica dubbi e preoccupazioni, ma anche straordinarie opportunità. Proprio perché la rivoluzione digitale è iniziata da poco abbiamo la possibilità di modellarla in senso positivo, a vantaggio dell'umanità e del pianeta. Ma a condizione di capire meglio di cosa stiamo parlando. È cruciale comprendere le trasformazioni tecnologiche in atto e uno dei passaggi oggi fondamentali è quello dell'intelligenza artificiale, della sua natura e delle sue sfide etiche, che Luciano Floridi affronta in questo libro, offrendo il suo contributo di idee a un quanto mai necessario sforzo collettivo di intelligenza.
Vi sono luoghi del pensare, nei grandi filosofi, che reiterandosi hanno segnato la cifra non solo del loro stile ma della stessa filosofia. Per Emmanuel Levinas questa cifra è il dialogo, o l'intervista. Quella qui presentata è appunto un esercizio di pensiero. Nel dialogo traspare l'etica del volto, dell'altro, come prossimo e come Dio. Il volto che sta dinanzi è apertura: rende possibile pensare il 'Totalmente Altro' dall'Essere e dal Logos ' rovesciando la tradizione occidentale. Pensare, a partire dalla Parola dell'infinito udibile nel volto dell'altro nella cui nudità risplende la traccia di Dio, è possibile solo nel rispetto della sua alterità, della sua solitudine, del suo mistero. Da queste pagine, come un cristallo della filosofia di Levinas, riluce l'interpretazione della metafisica come filosofia prima in quanto etica.
Il quarto volume della raccolta delle opere del Prof. M. Malaguti è una riflessione intorno al termine spirito. Chi nasce dallo spirito è aperto alla libertà dell’intelligenza, alle trasparenze dell’analogia, ed è chiamato alla responsabilità dell’agire storico. Da questa visione deriva un nuovo modo di cogliere il significato del divenire storico, così da prospettare la possibilità di un singolare umanesimo, riflesso di quel Fiat lux che elegge e custodisce, nell’eterno «ora», la ratio di ogni esistenza.
Nel 1941 Karl Löwith è costretto a lasciare il Giappone per gli Stati Uniti dove arriva anche grazie all'aiuto del teologo e filosofo politico Reinhold Niebuhr, uno dei maggiori protagonisti del panorama intellettuale americano del '900. È proprio in quegli anni, a contatto con la cultura e il cristianesimo americani che Löwith pubblica Significato e fine della storia. Il volume, edito nel 1949 in inglese con il titolo Meaning in History, uscì contemporaneamente ad un'opera di contenuto analogo di Niebuhr, Faith and History. Il tema di ambedue è il senso della storia e il significato della secolarizzazione moderna. Entrambi riflettevano sul rilievo o meno del cristianesimo nel mondo post-bellico. Due culture, quella americana e quella tedesca, si misuravano e gli autori, che si conoscevano personalmente, recensirono l'opera l'uno dell'altro. Il volume ricostruisce il dibattito tra di loro, interessante per contestualizzare anche il periodo "americano" di Löwith e pubblica, nell'appendice, il breve epistolario e i testi che segnano il loro confronto.
Il testo cerca di offrire una riflessione sulle grandi domande dell'esistenza, che hanno mosso l'intelligenza e che continuano ad essere presenti nell'interiorità dell'uomo. Gli autori hanno focalizzato una serie di importanti temi mettendosi in dialogo con i grandi classici del pensiero filosofico, religioso e teologico, con particolare attenzione per i pensatori che hanno influito maggiormente sulla tradizione culturale dell'Occidente, a partire dai primi filosofi greci fino ai grandi pensatori del Novecento europeo. Questa scelta è motivata dalla convinzione che in tali "classici" del pensiero si trovino una serie di concezioni "esistenziali", valide in ogni tempo e per ogni persona che voglia capire il senso di ciò che la riguarda, della propria storia e del contesto nel quale si trova a vivere. La grande tradizione filosofica, religiosa e teologica dell'Occidente ci ha messo a disposizione un vero e proprio tesoro di classici, sui quali si deve fondare una "sapienza" contemporanea seria, ricca di valori autentici e non semplicisticamente negativa e negatrice di ogni valore e di ogni sostegno etico all'esistenza umana. Gli interrogativi che ogni persona pone a se stessa.