Cinque donne stanno nell'elenco maschile delle generazioni tra Abramo e Ieshu/Gesù. Cinque casi unici forzano la legge, confondono gli uomini e impongono eccezioni. Le donne qui fanno saltare il banco, riempite di grazia che in loro diventa forza di combattimento.
Con l'esilio a Babilonia, gli ebrei iniziarono a parlare aramaico e ad abbandonar progressivamente la loro lingua materna, l'ebraico. Questo processo, durato molti secoli, li spinse a tradurre le Sacre Scritture nella nuova lingua. Queste nuove versioni della Bibbia sono denominate Targumin.
In questo volume è messa a confronto la versione arrampica del Libro di Geremia con il suo originale ebraico, secondo la recensione trasmessa da Masoreti. Il confronto tra i due testi è corredato di note filologiche che spiegano le differenze principali tra i due testi. In nota sono inoltre riportati i passi paralleli tratti dalla letteratura giudaica.
Giovanni Lenzi (1963) è membro della Piccola Famiglia dell'Annunziata. Ha studiato presso The Hebrew University di Gerusalemme, acquisendo i baccalaureati in Sacra Scrittura e in Lingue semitiche antiche.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Il Vangelo di Giovanni secondo l'antica versione siriana (Reggio Emilia, 1998); I salmi del pellegrinaggio (Roma, 2000). Per Marietti ha già curato Il Targum Yonathan. I. Isaia (2004) e Il Targum del Cantico dei Cantici e del Libro di Rut (2010).
Siamo in grado di definire ciò che normalmente chiamiamo ebraismo? Sotto questo nome, di fatto, si cela una realtà complessa, una piccola etnia in via di sviluppo nel più ampio mondo mediterraneo che, fra il I sec. a.e.v. e il IV e.v., è lo scenario di una rete di interazioni culturali il cui principale interlocutore fu l'impero romano. Un contesto all'interno del quale prendono forma i rapporti fra Gerusalemme e Roma e gli effetti stessi della diaspora. Si tratta di un confronto tra cultura ebraica e civiltà romana che nella storia ha preso i nomi di ortodossia e deviazione, ellenizzazione, giudaismo normativo... In queste pagine si cerca di comprendere tale confronto - perlopiù trattato come scontro - alla luce di una storia delle culture che ceda il passo a categorie interpretative più costruttive quali acculturazione, adattamento, assimilazione.
Con questo libro suggestivo e appassionante, Frédéric Manns – considerato uno dei maggiori esperti del Nuovo Testamento e del Giudaismo – non si propone di scrivere una biografia di Gesù in senso «storico-critico»; il suo scopo, piuttosto, è di ricollocare i Vangeli nel loro contesto originale. Sottolineare l’ebraicità di Gesù (Yehoshuà’) può sembrare superfluo a qualcuno, ma molti cristiani sembrano ancora ignorare questo dato di fatto e restano così culturalmente estranei alle proprie radici.
Yehoshuà’ nasce nella Palestina controllata dai romani. La sua predicazione si svolge in un periodo in cui Israele, che pure subisce il fascino della civiltà ellenistica, è agitato da sussulti messianici: nella società dell’epoca è particolarmente diffusa, a tutti i livelli, la speranza di un intervento divino che liberi il paese dalla dominazione straniera. Di fronte alle opere e alle parole del giovane maestro nazareno, gli ebrei reagiscono talvolta con entusiasmo, talaltra con scetticismo. È un profeta? È il messia? O è semplicemente uno dei tanti impostori ed esaltati che si manifestano in quel tempo di tensione politica e spirituale?
Con un ritmo incalzante, il racconto di padre Manns rievoca la vita di Gesù sullo sfondo dei riti, delle speranze e delle delusioni degli ebrei del I secolo, senza trascurare i dubbi dei discepoli, l’ambiguità dei saggi, e la crescente diffidenza delle autorità nei confronti del rabbi galileo, fino al dramma del suo arresto e della sua crocifissione.
Frédéric Manns, nato nel 1942 in Croazia, è professore di Nuovo Testamento e Giudaismo alla facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Tra i numerosi libri pubblicati in italiano ricordiamo: Beata Colei che ha creduto! (2009), Saulo di Tarso. La chiamata all’universalità (2009) e Sinfonia della parola. Verso una teologia della scrittura (2008).
Programma dell'esistenza cristiana nella catechesi originaria della Chiesa, il Discorso della montagna pronunciato da Gesù ha conosciuto una lenta erosione interpretativa, tanto che ancora in epoca recente la teologia morale, tutta intenta a definire norme e obblighi, riservava le esigenze di perfezione espresse nel Discorso a esigue élites dello spirito. La vocazione universale alla santità, affermata nei pronunciamenti del Magistero a cominciare dal Vaticano II, reintegra in certo modo il Discorso a fonte principale della catechesi nella sua parte morale e spirituale: esso costituisce la magna charta dell'agire cristiano e le sue parole configurano i tratti autentici del discepolo di Cristo. È nella linea di questo rinnovamento evangelico, significativamente recepito nel Catechismo della Chiesa cattolica, che si situa la lettura delle beatitudini e della Legge nuova qui condotta da Servais Pinckaers. Con richiamo a intuizioni feconde di Agostino e di Tommaso, l'autore ravvisa nelle promesse e nei precetti del Discorso il cammino regale alla vita piena, alla felicità, una nozione che connota essenzialmente l'etica cristiana e tuttavia paradossale per il capovolgimento di valori che la parola di Dio enuncia. Sono pagine, queste, intessute di realismo e di esperienza vissuta, rivelandoci in concreto la nostra condizione esistenziale e mostrando le opere meravigliose che lo Spirito compie in noi se, con docilità, assentiamo alla sua grazia.
Questo libro canta una speranza: Dio ci attende tutti al punto più basso dello sprofondamento scavato in noi dalle delusioni e dalla crudeltà della vita. Là l’uomo, come Giacobbe, lotta con Dio, perché entrambi si cercano.
Noi non siamo capaci di amare Dio, perché non sappiamo che Dio ci ama. E non sappiamo che Dio ci ama perché non lo amiamo. Questo è il circolo vizioso al quale la Rivelazione cerca di sottrarci.
Nel 1° capitolo ci si riferisce alla Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, per riuscire a capire che Dio ci ama, e soprattutto in che modo folle, inimmaginabile e persino opprimente egli ci ama.
Nel 2° capitolo si vede invece che, malgrado le apparenze, noi non lo amiamo, e che di conseguenza non sappiamo amarci gli uni gli altri, così come non sappiamo amare realmente la vita, la felicità o qualunque altra cosa con fedeltà, condannati in un certo senso ad essere intimamente insoddisfatti finché non avremo trovato il Salvatore.
Nell'ultimo capitolo, infine, si cerca di capire in che modo noi giungiamo ad amare Dio nonostante tutto: perché «ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio» (Lc. 18,27), ed egli riesce ad ottenere - per quali vie misteriose? - che noi l'amiamo perché comprendiamo il suo amore, e che, amandolo, penetriamo sempre più nell'ardente oscurità dal fondo della quale usciremo per sempre in piena luce...
Morte e resurrezione raccoglie sette prediche che trattano tutte un tema fondamentale: morte e resurrezione. Esse furono tenute come prediche quaresimali nel Duomo di Treviri, si basano su alcuni brani scelti dalla Lettera ai Romani e furono intese come preparazione dei fedeli per partecipare attivamente alla liturgia del venerdì santo e della notte di Pasqua. Costituiscono anche un tentativo di rendere «intelligibili» nella predicazione alla comunità cristiana, la cui salvezza si fonda sul mistero pasquale della morte e resurrezione di Gesù, testi molto importanti di una lettera di Paolo. Si può negare Dio — e molti lo fanno —, ma nessuno può negare la morte e la sua ineluttabilità per l’uomo. Anche l’ateo è votato alla morte. La morte è la realtà della vita umana per eccellenza. La Bibbia non considera però la morte come una semplice disgrazia naturale che prima o dopo s’abbatte sull’uomo, ma come la conseguenza di una esplicita condanna di Dio: «Tu sei polvere e tu ritornerai in polvere» (Gen. 3,12); «La morte è il salario del peccato». «La morte ha raggiunto tutti gli uomini, poiché tutti hanno peccato» (Ram. 5,12). Il che significa: la morte è la conseguenza del peccato. Questo è il messaggio della Bibbia, che svelando l’origine della morte ne scioglie l’enigma. La Bibbia però non dice all’uomo soltanto: Tu sei destinato a morire a causa del tuo peccato; ma annuncia anche che Dio nel suo amore ha intrapreso qualcosa per liberare l’uomo dalla schiavitù della morte, per riscattarlo dalla morte. FRANZ MUSSNER, nato nel 1916, sacerdote della diocesi di Passau, compì gli studi teologici e biblici in Passau, Monaco e Roma. Nel 1950 conseguì il dottorato in teologia, nel 1952 ottenne l’abilitazione per il Nuovo Testamento. Dal 1952 èprofessore ordinario nella Facoltà Teologica di Treviri, dal 1965 alla Scuola Superiore di Filosofia e Teologia di Ratisbona. Le opere più importanti sono: Der Begrifi des ‘Lebens’ im Johannesevangelium; Studien zur Theologie des Epheserbriefes; Die Botschaft der Gliechnisse Jesu; il grande commento alla Lettera di Giacomo (pubblicato presso la Paideia).
Il titolo di questa nuova opera di Alexander Rofé ne esprime gli intenti: essa vuole proporsi come guida per il lettore che inizi a muovere i primi passi nella tematica della composizione della letteratura biblica. Lo scopo è di presentare non i risultati di duecento e più anni di critica biblica, ma piuttosto i metodi adottati dalla ricerca per comprendere la formazione di questa letteratura e individuarne gli autori e i testi da loro prodotti. L’introduzione non si rivolge quindi agli studiosi e a quanti abbiano già una certa familiarità con gli studi sulla Bibbia ebraica, bensì è destinata al grande pubblico di quanti l’hanno a cuore, la leggono, sia pure in traduzione, e desiderano approfondire come e quando essa si sia formata. Ma il testo biblico è di primaria importanza anche per la ricostruzione degli eventi storici della storia d’Israele, ragione per la quale il problema della natura delle sue testimonianze è meludibile. L’introduzione di Alexander Rofé cerca di riflettere anche su questa problematica, la stessa a cui si trova davanti la ricerca storica sul Vicino Oriente antico, la quale per quel che riguarda la Siria e la terra d’Israele nei primi trecento anni dell’insediamento deve confrontarsi con l’assenza di documenti esterni.
Il libro ripercorre le molte figure di donne della Bibbia che nella loro umanità, a volte debole e fragile, aiutano a scoprire e vivere la preghiera. Molte donne popolano la Scrittura e raccontano Dio: profetesse, regine, madri prodigiose, schiave, vedove e straniere. A loro la Bibbia dedica pagine che ci fanno udire voci di lode e supplica a Dio che si innalzano in ogni luogo coinvolgendo tutto il corpo: bocca, braccia, gambe, sguardo intenso, lacrime e sorriso.
Destinatari
Tutti.
Autore
Francesca Farina vive e opera a Vicenza, appassionata di scienze umane , dopo aver conseguito il dottorato in teologia al Marianum di Roma collabora a riviste mariologiche. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Canti poetici mariani della Raccolta Barbi, Arti Grafiche Urbani, Sandrigo (Vi) 1998, Beatitudini e Maria, ISG, Vicenza 2003, Sette domande in una preghiera, Messaggero, Padova 2008.
Per la tradizione giudaica, e poi per quella dei cristiani delle origini, il racconto è un'espressione privilegiata della fede. Un Dio che lascia tracce nella storia e nella geografia – come il Cristo nella Giudea di Ponzio Pilato – è un Dio che si fa racconto.
Così, in questo volume Yann Redalié ripercorre le narrazioni dei vangeli nella loro diversità, nel loro modo specifico di presentare la figura di Maria e la famiglia di Gesù, l'itinerario del Cristo "in parole e in azioni", la Passione, la risurrezione e l'ascensione.
Ma attraverso la varietà e la ricchezza dei racconti sottolinea al contempo l'unità e il legame reciproco tra le diverse testimonianze e scritti dei quattro vangeli, che nella dialettica "diversità / unità" offrono uno spazio di confronto aperto, terreno fertile per nuovi significati.
Diversus in latino significa "voltato" in altra direzione. Purtroppo, però, è uso comune intendere "diverso" come "contrario", "opposto", e in alcuni casi addirittura "deviante" o "sbagliato". È innegabile che esistano diversità, ma è altrettanto ovvio che non si possa considerare la propria singola visione del mondo come l'unica e "la" giusta. Bisogna accettare e convivere con tutte le differenze, e questo rappresenta non un limite, bensì la vera ricchezza del nostro mondo. Un'opportunità per scoprire e discutere sulle diversità ci è data dal festival denominato appunto "Uguali-Diversi", il cui intento non è quello di fornire risposte, ma semplicemente di "aiutare a porre correttamente le domande". Ne è nata anche una collana, voluta dal Comune di Novellara e da Aliberti editore, che raccoglie gli interventi di personaggi noti e studiosi sul tema dell'integrazione e della necessità del confronto in un momento storico come il nostro, di rapide trasformazioni.