La vita e l'opera di Fabrizio De André sono al centro di saggi e documentari, omaggi e celebrazioni che hanno contribuito negli anni a trasformare l'uomo in un mito, in un'icona musicale e poetica. Una specie di totem, che incute un timore reverenziale a tratti schiacciante. E pensare che invece lui si riconosceva soprattutto nel protagonista di Amico fragile, "evaporato in una nuvola rossa, in una delle molte feritoie della notte". Il giornalista Marco Ansaldo si mette sulle tracce di questo amico fragile, partendo dai vicoli della Foce, le zone che lui stesso, genovese doc, aveva esplorato da ragazzino di strada. Nel ripercorrerle oggi, così diverse eppure identiche, ricostruisce un'inedita topografia fatta di stradine e piazzette, di panchine e bar, in quel fermento musicale e intellettuale da cui scaturì la "Scuola genovese" dei cantautori e il genio di "un giovanotto della buona società". Ma Genova da sola non basta per spiegare De André, che in quarant'anni di carriera ha mostrato mille volti, anche molto diversi: l'uomo dalla voce profondissima, che scandisce parole dolci e terribili; l'uomo feroce con i potenti, anarchico, ruvido e solitario; l'"ateo a modo suo", lontano dalla Chiesa ufficiale ma vicino a Gesù e agli ultimi. In questo libro, Ansaldo ricostruisce un'immagine di Faber a partire da singoli dettagli, frammenti della sua fragilità e della sua forza, lasciando che la luce di ogni nuovo frammento ne illumini un altro. Con e-book scaricabile fino al 30-/06-/2016.
Un protagonista della prima repubblica, democristiano di lungo corso, ripercorre con sgomento e preoccupazione, ma anche con humour e intelligenza pungente, le vicende politiche ed economiche degli ultimi vent'anni, in Italia e all'estero. Senza negare errori e senza rinunciare alla doverosa autocritica, Pomicino deplora lo scadimento e il dilettantismo del legislatore e dei governi, a cominciare dai tecnici dell'economia che presidiano ininterrottamente il potente e unificato ministero dell'Economia e delle Finanze.
Il debito pubblico, in genere descritto come un'eredità del passato, è in realtà triplicato dal 1991 e ha battuto ogni record nel giugno 2015 raggiungendo i 2200 miliardi di euro. Smantellata per via giudiziaria la prima repubblica, la politica ha rinunciato alle idee, ha annacquato e ridotto al silenzio le proprie culture di riferimento, e ha smembrato il sistema di partecipazioni e investimenti pubblici, svenduti alle multinazionali e ai fondi di investimento. Le famiglie industriali italiane riunite nei "salotti buoni" hanno assecondato la spoliazione delle imprese e dei grandi settori produttivi, traendo ottime plusvalenze dalle loro cessioni. Contemporaneamente è cresciuto il mostruoso capitalismo finanziario, un inarrestabile contagio internazionale che divora l'economia reale e prepara il disastro economico e sociale su scala planetaria, con impoverimento di massa, bassa crescita, ricchezza concentrata e disuguaglianze crescenti.
L'avvento di un antico democristiano come Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica e di un post democristiano come lo scout Matteo Renzi al governo avrebbero potuto essere di ottimo auspicio per rilanciare il primato della politica nel nostro paese. Ma le speranze sono presto sfumate: l'Italia in cui viviamo si sta rivelando una Repubblica delle Giovani Marmotte.
L'analisi sui comportamenti e le scelte di Renzi e dei post-democristiani è severa, la loro inadeguatezza sul piano istituzionale e internazionale è palese: proprio quando le culture politiche oggi largamente disperse sarebbero utilissime all'Italia e all'Occidente, per comprendere e affrontare i giganteschi squilibri economici, le migrazioni bibliche e i conflitti che infiammano il Medio Oriente e il continente africano.
Se è vera la regola che quanto più un argomento è sensibile e compromettente, tanto più le autorità ne negheranno l’esistenza, la questione Ufo è sicuramente una delle più scottanti. Sin dagli anni Quaranta il governo americano ha trattato ogni informazione relativa agli oggetti volanti non identificati come segreto di stato. E mentre ufficialmente gli avvistamenti e le voci di presenze aliene sulla Terra vengono smentiti, agli alti livelli i presidenti e gli apparati appositi dei servizi segreti se ne sono occupati con interesse e preoccupazione, tanto da contendersi il controllo delle ricerche e delle informazioni. Come rivela un documento fondamentale raccolto in questo libro, il Burned Memo, che dimostra come le ingerenze di Kennedy sul caso Ufo suscitavano estremo fastidio negli agenti della Cia.
Ma la congiura del silenzio lega tutti i presidenti, da Roosevelt fino a Obama, infatti il governo non ha mai desecretato i documenti delle varie agenzie e commissioni che se sono occupate.
Su questa omertà indaga Holcombe, con dovizia di prove e documenti “solo per gli occhi del presidente”, che rivelano non solo che gli Ufo esistono e il governo americano lo sa, ma spiegano le ragioni di questa elusione. Dall’Area 51 ai rapimenti, agli avvistamenti da parte di testimoni affidabili come poliziotti e scienziati, una grande inchiesta su quello che non si deve sapere.
"Essere conservatore" condensa e aggiorna le riflessioni che il filosofo Roger Scruton va svolgendo dai primi anni 1970 sulle origini, gli sviluppi e i vari aspetti di quel pensiero conservatore anglosassone che trova in Edmund Burke alla fine del secolo XVIII uno dei "padri fondatori". Alla luce dei suoi princìpi, e di una fitta trama di riferimenti culturali, Scruton sottopone a critica serrata le varie correnti ideologiche che dominano la scena della politica attuale - il nazionalismo, l'ambientalismo, per esempio, ma anche l'islamismo. Ne scaturisce un'agile apologia del conservatorismo, una prospettiva che solo a tratti è riuscita a "bucare" la cultura post-illuministica dominante nel mondo occidentale lungo tutto l'Ottocento e il Novecento, ma non per questo è meno fondata nei suoi presupposti critici e positivi.
Il tratto peculiare di questa raccolta di saggi è dato dal riconoscimento da parte di tutti gli autori che il valore dell'uomo risiede nella sua dignità. E' con questo termine infatti che si può indicare il cuore della vita e la chiave logica dell'esistenza umana. Da un punto di vista teoretico, sul terreno della dignità si incontrano i pensatori di ogni epoca e si crea uno spazio di contatto e interazione tra pensiero giuridico, pensiero filosofico e ragione etica.
La dignità assurge, così, a chiave di lettura della vita e strumento di dialogo tra l'esperienza, il senso comune e la ricerca speculativa.
Una riflessione sulla "città", a partire dall'icona biblica dell'ingresso di Gesù a Gerusalemme, che mette a nudo domande importanti sul tema della sicurezza, dell'accoglienza, della capacità di creare relazioni e incontrare gli altri. Come edificare una città, si chiede l'autore - giornalista e scrittore - in cui le "mura" diano sicurezza ma senza escludere, e le porte consentano di entrare, ma anche di "uscire" incontro agli altri?
Questo libro affronta un tema ricco di risvolti ambigui come quello del cibo e dell'alimentazione. Oggi si combatte con una varietà di disturbi dell'alimentazione e si ha sempre più il terrore di cosa mangiamo, in ragione di allarmanti resoconti e racconti concernenti la manipolazione degli alimenti. La nostra relazione con il cibo è, a dir poco, complicata. Ma questo non era il piano di Dio. L'autrice prende per mano il lettore e lo conduce a riscoprire la possibilità di redimere il dono di Dio invitandoci alla fine a mangiare con gioia.
"La curiosità mi incuriosisce." Così inizia questo saggio in cui Alberto Manguel, spaziando tra alcuni dei più grandi pensatori, scrittori e artisti, indaga lo stimolo che dalla notte dei tempi ci porta alla conoscenza e suscita in noi la tentazione di addentrarci nel proibito, nell'occulto, nel pericoloso. Non a caso, una delle prime parole che impariamo da bambini è "perché?". E una volta imparato a chiederlo non smettiamo più, anche se presto scopriamo che la curiosità è raramente ricompensata da risposte rivelatrici e che le domande rinviano continuamente ad altre domande. In "Una storia naturale della curiosità" confluiscono molti anni di letture, scrittura e pensieri, nati da una passione e da una vivacità travolgenti: nulla che possa ispirare curiosità è estraneo ad Alberto Manguel. In diciassette capitoli, dove i riferimenti letterari si intrecciano a riflessioni sulle ultime scoperte scientifiche, traccia infatti un percorso suggestivo attraverso i territori che conosciamo, ma senza trascurare di affacciarsi in quelli inesplorati che si aprono costantemente davanti a noi. E se Dante aveva voluto delle guide per i suoi viaggi, anche Manguel si sceglie le sue, e la principale è proprio Dante, perché le domande formulate nella "Divina Commedia" lo aiutino a tracciare la rotta delle sue. Domande sull'essere umano, sul nostro posto nel mondo, sulla relazione con la natura...
A cinquant'anni dalla comparsa della prima edizione, ritorna "Il gran teatro montano" di Giovanni Testori. È ancora oggi la migliore introduzione per chi voglia accostarsi a un luogo unico del nostro paese: il Sacro Monte di Varallo, che - proprio a partire da questo libro - è diventato persino per le pro loco o le agenzie di viaggi il "gran teatro montano". Le parole di Testori si sono impresse in maniera indelebile sulle cappelle, sugli affreschi, sulle statue e, verrebbe da dire, persino sui boschi e sui torrenti della verdissima Valsesia, oggi amministrativamente piemontese ma per secoli - fino al 1707 parte dello Stato di Milano. Il volume Feltrinelli del 1965, dal memorabile apparato illustrativo qui riproposto, è costituito da cinque saggi che testimoniano la passione dell'autore per il massimo responsabile del Sacro Monte: Gaudenzio Ferrari, un artista originario di Valduggia, in Valsesia, attivo appunto a Varallo, ma anche a Vercelli, a Novara e a Milano, dove muore al principio del 1546. Adesso il libro originario è stato arricchito da una serie di interventi di Testori su Gaudenzio, che dimostrano la lunga fedeltà a un autore particolarmente amato, e da due saggi e da due inserti fotografici di Giovanni Agosti, che definiscono le coordinate storiche che hanno visto nascere il volume e ne inquadrano il peso e il ruolo negli studi gaudenziani.
"Con moderazione, coltiva l'orgoglio di essere vecchia: tu hai vissuto a lungo, traendo gioie e stimoli dalla vita che ti è trascorsa fra le mani". "E poiché quell'età, quel tempo che dovrà venire, verrà con certezza, e non puoi combatterla né vincerla: porgile la mano con un finto sorriso ingannatore. Ma non arrenderti inerme, o lei ti sbranerà". Narratrice, giornalista, professoressa, traduttrice, Renata Pucci di Benisichi ha fermato, in libretti dotati di silenzioso e vasto successo, racconti di occasioni vissute, cose viste, luoghi e stravaganze appartenenti al suo piccolo e immenso mondo di nobildonna siciliana, oppure osservazioni sorridenti e acute di intelligenza su oggetti e situazioni in ombra delle giornate di tutti. Questo elogio, di sapore stoico, a quella parte della vita che alcuni, non lei, chiamano vecchiaia (lei la chiama torta colorata: "tutto va accettato, preso, spremuto, goduto") è, si direbbe, un invito ricco di spirito a coloro i quali sono in procinto di entrarci. Una giornata azzurra, tutti gli oggetti utili intorno alla poltrona, poter andare dappertutto sola, dire una parolaccia scioccante più che quando si è solo giovani... tutti piaceri che solo alcuni si possono concedere: "il vantaggio è che noi siamo anziani, e siamo stati giovani, e voi, no".
Nel primo dei due testi che compongono questo volume, una conferenza agli studenti giapponesi del 1916, al culmine della notorietà concessagli in quanto primo premio Nobel di lingua orientale, Tagore si concede un'osservazione singolare: "Pensavo che non sarei stato in grado di vedere il Giappone così come è, ma avrei dovuto accontentarmi di vedere il Giappone che assume un orgoglio acrobatico nell'apparire violentemente qualcos'altro". Ma questo è l'Occidente!, ci viene voglia di esclamare. Anch'esso, per quanto molto più prosaicamente, vuole apparire violentemente qualcos'altro, e con quanta maestria e dispiego di potenza e forza! Solo che il Giappone lo fa, secondo Tagore, perché vuole imitare l'Occidente, e non solo superficialmente negli oggetti, negli apparati e nelle forme esteriori, ma appropriandosi, pericolosamente, della forza motrice della civiltà occidentale "come sua propria". Da questo punto di vista il Giappone sarebbe più occidentale dell'Occidente stesso, perché assumendo come interpretazione propria ciò che è particolare di un'altra civiltà, non farebbe altro che perpetuare l'errore occidentale di muoversi solo nella foga inesausta di organizzare, disporre e distribuire la forza e i suoi elementi nella postura della conquista e del dominio.
C'era una volta una grande tenda da circo, dove un giorno non si sentirono più i ruggiti dei leoni ma rumori di teatro: quel circo si era trasformato in un teatro tenda. Per lo spettacolo servivano un paio di pantaloni neri, una camicia bianca e una cassa che nel tempo si è riempita di personaggi e di storie e sonetti e novellacce, alcuni approdati sulla scena, altri rimasti nascosti nel camerino. A cominciare dalla grande rappresentazione sacra di Giubileo, passando da Gaetanaccio a Edmund Kean, Gigi Proietti, o meglio il dottor Divago, racconta in questo libro di mondi perduti e di altri vicinissimi a noi. Sono novellacce dietro le quinte, rubate tra una battuta di scena e l'altra, battibecchi fra le sarte e i giovani attori, ma anche squarci di cronaca come la decisione di quel sindaco che voleva cancellare S.P.Q.R. e sostituirlo con RoMe&You. E tra un racconto e l'altro fanno capolino molti sonetti e poesie, annotati di corsa dietro una scaletta, poco prima di cambiare l'abito e riaggiustare il trucco. Il risultato è un racconto nel racconto di pensieri arruffati, atti unici, odori, abitudini che segnano il ritorno di un grande affabulatore capace di far sorridere e commuovere con le sue cronache ad alto tasso di romanità. E non solo, perché questo diario-de-camerino è un'occasione per vedere il lavoro dell'attore da vicino, spiarne la meticolosità maniacale, l'incanto ossessivo che da finzione diviene realtà per ogni spettatore.