Donne di strada e grandi cortigiane, ruffiane e mezzane, case chiuse private e pubblici bordelli: fino al XVI secolo il mondo degli amori venali è onnipresente e tollerato. Gli uomini di governo e di Chiesa considerano la prostituzione inestirpabile e naturale, una forma di risposta spontanea alla miseria dei tempi e l'arma più efficace di lotta contro il caos. La Chiesa gregoriana, pur instauratrice di un ordine coniugale rigoroso, accetta la concupiscenza maschile e ammette donne votate al peccato. La giustificazione è quella del male minore: minore rispetto alla violenza, allo stupro, all'adulterio, all'incesto. L'elemento monetario aggiunge paradossalmente all'insieme un elemento positivo; il denaro, questo nemico di Dio, è l'amico della donna venale: giustifica e legittima la sua pratica e fa di lei una lavoratrice che riceve il prezzo della sua fatica. Rese socialmente visibili, le prostitute pubbliche si ritengono in grado, in Alta Germania come in Linguadoca, di far fronte agli abusi e di reclamare i propri diritti. Perfettamente integrate? Certamente no. Ma in grado di diventarlo? Probabilmente. Ma il tempo di promozione del corpo finisce bruscamente a metà del XVI secolo quando, sullo sfondo di disastri sociali e di guerre religiose, il clero della Controriforma decide di porre fine alla tolleranza. Da allora viene attuata una strategia repressiva fatta di incarceramenti, punizioni ed esclusioni...
L'avventuroso ritrovamento del corso di Lovanio conferma quale sia stato il problema che ha orientato, dall'inizio alla fine, il lavoro di Michel Foucault: quello della verità, nei suoi rapporti con la soggettività. Una verità qui declinata nella forma peculiare ed esclusiva della storia dell'Occidente, quella della confessione. Il cuore di queste lezioni, infatti, è costituito dalla ricostruzione del dispositivo che va dalle pratiche penitenziali nel cristianesimo primitivo alle procedure di veridizione di sé e sottomissione nel monachesimo cenobitico. È li, secondo Foucault, che è stato allestito un nuovo tipo di soggettività, ormai indissolubilmente legato all'obbligo di verbalizzazione della colpa commessa e al dovere di esplorazione degli arcana conscientiae, nucleo dell'inquadramento cristiano dell'esistenza individuale. Attraverso la progressiva generalizzazione ed estensione di un'ermeneutica che si mette a ricercare nel "foro interiore della coscienza" e nelle spire della concupiscenza la verità segreta dell'anima, Foucault diagnostica la nascita di una forma di governo degli individui destinata a investire la vita nella sua totalità, fino alle tecniche giudiziarie dell'età contemporanea e alle procedure di medicalizzazione dell'esistenza, origine di tutte le psicologie che pretenderanno, di lì in avanti, di decifrare i misteri dell'anima, facendoci credere che solo così potremo accedere alla libertà e alla verità...
All'inizio del Seicento, nel periodo che si apre con la "guerra dell'Interdetto" tra Venezia e Roma e si chiude con la riconquista asburgica della Boemia, la possibilità di una riconciliazione tra i fronti confessionali appare un progetto realizzabile, quantomeno agli occhi di una minoranza di intellettuali, in stretto contatto epistolare tra loro. Grozio, Bacone e Sarpi, impegnati ai massimi livelli della vita politica, filosofi come Keplero, filologi come Isaac Casaubon, vescovi come De Dominis e Lukaris, pur appartenendo a confessioni diverse, condividono un ideale di riconciliazione religiosa fondato sul rifiuto del primato del dogma sulla convivenza civile e sulla necessità di adottare un cristianesimo essenziale nei suoi tratti dottrinali. Fede, scienza e politica si intrecciano in una compiuta ideologia che attribuisce alla sovranità politica il compito della coesione, che supera il paradigma filosofico aristotelico e il predominio della teologia scolastica e che, per alcuni anni, coincidenti con la prima fase del regno di Giacomo I in Inghilterra, sembra prefigurare un'età aurea di pace, ben presto smentita dallo scoppio della Guerra dei trent'anni.
Quando fu liberata, con l'arrivo degli Alleati, Liliana Segre aveva 14 anni e pesava 32 kg. Come abbia potuto sopravvivere nell'inferno di Auschwitz in quelle condizioni, non sa spiegarselo ancora oggi. Non è mai più ritornata ad Auschwitz. Dopo tanti anni di voluto silenzio, la donna ha deciso di testimoniare per una serie di ragioni private e universali insieme: il debito verso i suoi cari scomparsi ad Auschwitz; la fede nel valore della memoria, e nella necessità di tenerla viva per tutti coloro che verranno dopo. Perr tutti è importante conoscere ciò che successe allora e ricordare? Perché simili aberrazioni della storia non si ripetano più.
Manlio lavora in fabbrica fin da ragazzo; Livia studia per diventare insegnante. Quando si incontrano e si innamorano decidono di condividere tutto. Anche la mattina del 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, sono insieme. Per puro caso, però, quando la bomba scoppia, Manlio sopravvive. Livia no. Da quel giorno, per Manlio Milani, inizia una seconda vita tra aule di tribunali, aspettando una giustizia che non è mai arrivata, collezionando frammenti di una verità sempre incompleta. Benedetta Tobagi - il cui padre è stato ucciso esattamente sei anni dopo la strage di Brescia - decide di sedersi accanto a Manlio, per provare, udienza dopo udienza, a raccontare la sua vita e quella di chi, come lui, ha vissuto quella stagione di lotte politiche e di risate, di discussioni estenuanti e di scioperi, di serate fra amici, di bombe e sotterranei tentativi di golpe, di paura e speranze. E quando trentasei anni dopo ascolta con Manlio l'ennesima sentenza di assoluzione, capisce cosa vuol dire provare rabbia e impotenza verso chi ha nascosto e manipolato la verità. Benedetta Tobagi compie un viaggio nei misteri recenti della storia italiana, rivisitando il capitolo rimosso della violenza neofascista, pronta, ancora una volta, a cercare di capire cosa furono quegli anni e a fare in modo che una strage non si riduca semplicemente a un luogo e una cifra: il numero dei morti.
Come ogni dramma teatrale, ciò che manteneva alta la tensione degli spettatori era l'incertezza dell'esito. Erano in gioco due vite, quella del corpo e quella dell'anima e tutte e due rimanevano in pericolo fino alla fine: una fine che si prolungava oltre l'esecuzione, quando il corpo rimaneva esposto alla folla, talvolta squartato e infilzato sulle picche talvolta pendente dalla forca, talvolta ancora "sparato" dai chirurghi nel rito della "notomia" pubblica. La sorte del corpo e quella dell'anima entrarono a far parte dei dialoghi che si svolsero tra il condannato e la folla per incanalarsi poi all'interno del confronto tra il condannato e gli esperti nell'arte del conforto, i membri di confraternite che si specializzarono in questa funzione e che, fiorite inizialmente nell'Italia centrosettentrionale fra Trecento e Quattrocento, si diffusero in seguito in tutta Europa.
Questo volume intende far rivivere, attraverso un vasto repertorio fotografico spesso inedito, un'epoca irripetibile per la gioventù del nostro paese, facendo altresì comprendere come all'imponente sforzo organizzativo del regime si associasse un preciso progetto politico: realizzare il mito fascista dell'"uomo nuovo" per creare il perfetto cittadino dello stato totalitario. Un libro, dunque, che non è soltanto un itinerario per immagini nella vita quotidiana delle organizzazioni giovanili del regime, ma anche una documentata ricerca su una parte significativa dell'ideologia, dei miti e della cultura del fascismo.
In un Paese lacerato da divisioni che paiono insanabili, l'uso della memoria è utensile prezioso e strumento di potere. Paolo Mieli imbastisce una trama di storie, grandi e piccole, che dal lontano passato si intrecciano con le contraddizioni e gli inganni della recente storia d'Italia: ricostruzioni inconciliabilmente diverse di eventi, falsi storici, revisioni e riscritture. Alla ricerca di una risposta alle questioni più urgenti della nostra vita pubblica: come si esce dalla paralisi di una memoria divisa? Quali inganni si possono nascondere nelle riconciliazioni? È possibile, o utile, o auspicabile, dimenticare?
Il crollo del comunismo e la dissoluzione dell'URSS hanno reso accessibili agli studiosi nuovi materiali documentari e sollecitato una revisione interpretativa della storia russa tra Otto e Novecento. All'analisi delle contraddizioni inerenti al regime bolscevico si accompagna la valorizzazione della dimensione imperiale dell'esperienza zarista e sovietica. Mettendo a frutto le recenti acquisizioni storiografiche, il libro ripercorre le tappe salienti di una vicenda la cui conoscenza è essenziale per la comprensione del mondo contemporaneo: dall'abolizione del servaggio all'industrializzazione, dall'età delle rivoluzioni allo stalinismo, dalla crisi dell'Unione Sovietica alla Federazione russa di Vladimir Putin. Questa nuova edizione, riveduta e ampliata con un capitolo dedicato all'emigrazione russa negli anni venti e trenta del Novecento, aggiorna la trattazione del periodo post-sovietico. Alla luce della stabilizzazione avvenuta nel primo decennio del XXI secolo, diviene possibile tracciare un provvisorio bilancio di questa fase storica, contraddistinta da una peculiare commistione di autoritarismo e democrazia e dall'affermazione di un nuovo ruolo internazionale della Russia nel mondo multipolare.
Il tragico percorso della vita di Maria Stuarda ha origini e radici nella sua ascesa incredibilmente rapida alla condizione della massima potenza terrena: a sei giorni regina di Scozia, a sei anni fidanzata di uno dei più potenti principi d'Europa, a diciassette regina di Francia. Un'ascesa ottenuta senza fatica né merito, come in un sogno. Ma subito il sogno svanisce e interviene la delusione. Al ritorno in Scozia è esposta alla bufera della guerra di religione fino a giungere alla tragedia finale.
"Siamo legati a una strana idea della politica. Non la consideriamo lo strumento che dovrebbe permetterci di vivere meglio, ma una religione, nei confronti della quale c'è solo fede cieca e nessuna voglia di ragionare. Si procede senza valutare il proprio interesse, comportamento tipico di un Paese che non sa cosa sia la patria, quindi si attacca a un partito, a una confessione religiosa, talvolta al calcio. Tutto, pur di non riconoscersi come popolo unico e come patria." Gennaro Sangiuliano e Vittorio Feltri ripercorrono le vicende fondamentali del dopoguerra, dalle origini della Repubblica fino alla nostra desolante attualità, per giungere a una conclusione sconfortante: l'Italia è una Repubblica senza patria, che è come dire uno Stato senza nazione, fatto di cittadini che si riconoscono solo nel proprio gruppo, che perseguono solo il proprio tornaconto. Gennaro Sangiuliano ricostruisce storicamente la cronaca degli anni fra il 1943 - dalla firma dell'Armistizio e dalla fuga del re - e gli anni Settanta del Novecento. La matrice che a suo parere unisce tutte le esperienze politiche italiane è la divisione, la mancanza di una prospettiva condivisa della Stato e dello sviluppo economico e culturale della nazione. Vittorio Feltri racconta invece gli anni della nostra storia più recente: dall'esperienza del centrosinistra di Fanfani alla strategia della tensione; da Mani Pulite alla nascita della Lega e all'avvento di Silvio Berlusconi sulla scena politica italiana.
La forza creatrice dei secoli tra il X e il XIII è all'origine di molte delle innovazioni tipiche del mondo in cui viviamo: dalla nascita della città all'affermarsi di un nuovo modo di trasmettere il sapere e di studiare, legato alle università; al tempo stesso, nuove tecniche vengono allora messe in opera e "si fanno strada nuovi atteggiamenti nei confronti del tempo, del denaro, del lavoro, della famiglia". Caratteristica dell'attività storiografica di Le Goff è proprio la capacità di tendere a una visione del passato che ce lo ripresenti al di là degli schemi che irrigidiscono e isolano solo taluni fenomeni. Lo studioso francese pensa che tale impostazione sia particolarmente necessaria per un'epoca e una società che forse più di ogni altra hanno sentito l'esigenza di una vita totalitaria. In questo modo ci troviamo davanti a una grande lezione di storia, che ci mostra nelle loro profonde interdipendenze i vari atteggiamenti degli uomini.