Si raccolgono qui i risultati della seconda fase del progetto di ricerca di interesse nazionale dedicato alla costruzione dell'atlante storico dell'istruzione negli stati italiani dall'età delle riforme fino alle soglie dell'unità nazionale, che sono stati presentati al convegno "Per un atlante storico dell'istruzione maschile e femminile in Italia tra '700 e '8002 (Perugia, 28-31 maggio 2008), e si compie così un ulteriore passo nell'avanzamento dei lavori. Al volume dei saggi è allegato il tomo della cartografia, che raccoglie ottantuno nuove carte storiche, che si affiancano alle precedenti quarantasette, e che forniscono così i primi elementi iconografici omogenei di comparazione tra le diverse realtà politiche studiate.
Giuseppe Gullino, ordinario di Storia moderna, presso l'Università di Padova, ci guida nell'affascinante viaggio della Repubblica Veneta, rivelandoci fatti e personaggi di ieri sorprendentemente vivi e attuali. Le invasioni longobarde, franchi e bizantini, la leggenda di san Marco, le Crociate, le Repubbliche marinare, Marco Polo, i dogi e i papi, la peste, Galileo e Paolo Sarpi, e, sul finire, Casanova e Napoleone seguiti dal feldmaresciallo Radetzky e sulla scena rimane, intramontabile, il faro della Serenissima.
Questo studio ripercorre i tratti salienti del fascismo e presenta ai lettori gli snodi più interessanti, quali ad esempio le diverse posizioni sulla presa del potere, la svolta totalitaria o la questione razziale. Ampio spazio è lasciato alla parte documentaria, costituita da discorsi, programmi di governo e regole di partito, interventi ufficiali o note interne.
Quali sono stati i percorsi e le aporie del "fare" gli italiani fra età liberale, fascismo e repubblica? Un integrativo declinato in questo saggio tracciando due itinerari, solo apparentemente divergenti. Da un lato, i dibattiti e gli argomenti di una pedagogia nazionale di natura antipolitica, antiparlamentare e antiburocratica, alla ricerca di altre "agenzie", oltre allo Stato, meglio adeguate alla pedagogia nazionale rispetto alle istituzioni scolastiche. La scuola stessa poteva meglio assolvere al suo ufficio educativo se praticava un'antipedagogia del vitalismo e della spontaneità. D'altro canto, la riflessione sugli strumenti di selezione e formazione delle classi dirigenti, propria del discorso sull'istruzione superiore, identifica un preciso compito dello Stato.
L'Occidente non è più di moda, non sono più di moda i suoi valori e il ruolo che ha svolto nella creazione della nostra civiltà è sistematicamente contestato. Il politically correct lo ha definitivamente ostracizzato, tanto che i corsi sulla civiltà occidentale sono stati eliminati dalla maggior parte delle università americane. La motivazione è che si tratterebbe di corsi "intrinsecamente di destra", come di recente ha sentenziato il corpo docente dell'University of Texas. Quanto a Yale, è arrivata al punto di restituire un finanziamento di 20 milioni di dollari piuttosto che reintrodurre tale materia d'insegnamento. In aperta polemica con questa posizione, Stark offre un'attenta e precisa analisi dell'Occidente e dei suoi valori iniziando dal mondo antico. Seguendo una rigorosa articolazione (epoca classica, alto Medioevo, basso Medioevo, alba della modernità, epoca moderna), Stark confuta non solo i luoghi comuni, ma anche le teorie enunciate da storici più o meno illustri a partire dal cosiddetto Illuminismo, e ormai così radicate nel sentire comune da essere considerate verità inconfutabili: dal ruolo oscurantista della Chiesa in campo scientifico (Galileo docet, anche se in realtà le cose non stanno proprio come si è voluto far credere), alle innovazioni e scoperte erroneamente attribuite alla cultura islamica (della quale si loda la "tolleranza" nei confronti di ebrei e cristiani, in realtà mai esistita).
La Grande Guerra ebbe ben poco a che fare con la guerra così come era stata combattuta fin dalle origini dell'uomo. Non ci furono battaglie nel senso classico del termine, ma ugualmente morirono milioni di uomini e un numero molto superiore venne ferito nel corpo e nella mente. Nel bel mezzo della ricca e civile Europa, su una linea ininterrotta di trincee, si scontrarono i più grandi eserciti mai riuniti fino allora dall'uomo. Dopo un anno di neutralità anche gli italiani, trascinati da un manipolo di interventisti, entrarono in guerra. A questo punto la ricostruzione storica giunge a un bivio: la retorica delle nostre élite politiche, dei poeti e dei generali lontani dai campi di battaglia celebrò l'entusiastico sacrificio di eroi che combattevano, cadevano e vincevano per un sublime ideale, "strappando le ali alla Vittoria". Intanto i veri protagonisti della guerra, i soldati al fronte, conducevano una ben misera esistenza, costretti in lunghe fosse sotto il livello del suolo, scavate spesso dagli stessi che erano destinati a rimanervi sotterrati. La memoria nazionale usa le parole dei primi su monumenti ai caduti e ossari per celebrare l'ideale di una nazione vittoriosa. Lo storico Marco Scardigli invece ha scelto di accompagnare il lettore dentro le trincee, a fianco degli sfortunati che quella guerra la combatterono davvero.
La notte del 18 settembre 1549 il cardinale di Ravenna Benedetto Accolti muore di un colpo apoplettico a Palazzo Medici. Poco dopo, messi e staffette s'incrociano, portando non solo la notizia della scomparsa del porporato, ma anche allarmate missive che riguardano il destino delle sue carte. Due cardinali (Ercole Gonzaga e Giovanni Salviati) e due principi (Cosimo de' Medici ed Ercole II d'Este) sono terrorizzati all'idea che la corrispondenza dell'Accolti finisca nelle mani sbagliate. Le informazioni, le decisioni e i progetti che trovano espressione in questo carteggio avvolto dal segreto possono contare su risorse finanziarie ingenti, su protezioni di altissimo livello, su vaste reti di fedeltà cortigiane, su alleanze dinastiche e matrimoniali. Parlano del papa e dell'imperatore e della lotta tra i due giganti: contengono un intero mondo. A partire da questa preziosa corrispondenza, sino a oggi ignota agli studiosi della crisi religiosa e politica cinquecentesca italiana, Elena Bonora ricostruisce magistralmente l'Italia di Carlo V, riportando alla luce l'intricata rete filoimperiale che collegava tra loro le corti più influenti della penisola e il suo fallimento finale.
È ormai giunto il tempo di capire appieno chi è stato Aldo Moro e, in questo modo, di comprendere meglio quel decisivo periodo della storia d’Italia di cui egli fu certamente un protagonista. È questa la duplice convinzione alla base della presente pubblicazione, una delle più articolate ed ampie dedicate sin qui a Moro. Essa, infatti, raccoglie i saggi di oltre 40 studiosi e ricercatori di circa 30 istituzioni di ricerca, presentati in occasione del convegno «Studiare Aldo Moro per capire l’Italia», tenutosi a Roma nel maggio del 2013 e promosso dall’Accademia di Studi Storici Aldo Moro. Il volume rappresenta uno dei frutti di un nuovo clima, una sorta di «svolta storiografica», in cui sono finalmente maturate le condizioni materiali, scientifiche e culturali perché fosse possibile un’indagine storica su Moro. Tutto questo contribuisce anche a superare i luoghi comuni e i giudizi spesso affrettati, parziali o dettati da esigenze di polemica politico-culturale che si sono coagulati in questi anni sulla sua figura, nonché a bilanciare il peso soverchiante sin qui attribuito alle tragiche vicende legate alla sua morte rispetto all’insieme della sua vita, del suo pensiero e delle sue opere. I saggi contenuti nel libro permettono di restituire a Moro la sua propria voce e di collocarlo nel suo tempo e nel suo secolo, in quanto figura centrale per ogni interpretazione dell’Italia contemporanea, anche nel contesto europeo ed internazionale. Utilizzando ricerche di prima mano, spesso realizzate su fonti inedite, i contributi raccolti consentono anche di gettare nuova luce su molte delle questioni ancora aperte relative all’azione dello statista e soprattutto di fornire elementi per capire se e in che misura egli sia stato portatore - come diversi studiosi tendono oggi a pensare - di un complessivo “progetto” di governo e di orientamento della società italiana il quale, a causa della sua prematura scomparsa, si sarebbe drammaticamente interrotto.
L'Arma dei carabinieri ha sempre avuto un ruolo da protagonista in tutte le fasi della storia nazionale: dalla sua nascita, nel 1814, quando Vittorio Emanuele I, ritornato sul trono sabaudo con la Restaurazione, sentì l'esigenza di dare vita a un corpo militare che si identificasse con la monarchia garantendo ordine e sicurezza ai cittadini, sino a oggi, in cui rappresenta ancora il solo volto dello Stato nei territori più sperduti. Duecento anni di fedeltà all'Italia - come recita il motto "Nei secoli fedele" - nel segno di quella "diversità" che rende i carabinieri unici, insieme corpo combattente e corpo di polizia, e sempre presenti accanto agli italiani, dalla lotta al brigantaggio nel neonato Stato unitario al contrasto del terrorismo negli anni Settanta, dall'impegno contro la mafia e le altre forme di criminalità organizzata all'intervento in occasione di gravi calamità naturali. Nel tempo le competenze e gli ambiti d'impiego dell'Arma si sono evoluti: all'ordine pubblico e all'attività investigativa si sono affiancate la tutela della salute, la salvaguardia dell'ambiente, la difesa del patrimonio artistico, senza dimenticare il ruolo d'eccellenza svolto all'interno di missioni internazionali nei teatri di guerra del mondo. Soprattutto, grazie all'efficiente rete di stazioni sul territorio, i carabinieri hanno saputo conservare quell'attitudine di vicinanza ai cittadini, provvedendo alle loro esigenze di sicurezza e tranquillità...