La biografia di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio continua a far discutere gli storici. Uno dei temi più appassionanti riguarda la sua appartenenza al Sovrano Militare Ordine di Malta (o Ordine di San Giovanni) e la sua permanenza nell'isola di Malta fino alla condanna per rissa e l'evasione. Come e perché il Caravaggio, condannato e ricercato per l'omicidio a Roma di Ranuccio Tomassoni e noto per la sua vita dissoluta, poté entrare a far parte del più autorevole consesso dell'Europa cristiana della fine del XVI secolo? Chi lo minacciò e perseguitò dopo la fuga da Malta? Furono i Cavalieri di quello che era stato il suo Ordine, oppure i fratelli dell'uomo che aveva ucciso a Roma? A queste domande, cui gli storici hanno fino ad ora prestato poca attenzione, risponde questo libro di Luigi G. de Anna, che si legge come un romanzo di avventure, ma si basa su un solido esame delle fonti storiche.
Un tema sterminato è il soggetto di queste pagine: un tema di angosciante attualità che chi scrive non avrebbe mai pensato di affrontare, non solo per la sua illimitata vastità, ma per la convinzione che mai più esso sarebbe divenuto di agghiacciante rilievo dopo la conclusione della Seconda guerra mondiale... Le pagine di questo volume non contengono alcun catalogo, pur incompletissimo, delle distruzioni occorse nelle tempeste della storia, ma solo dati, parziali e imperfetti, e riflessioni, personali e forse arbitrarie, su alcune tra le tante di quelle distruzioni e su alcuni, tra i tanti, modi con cui gli uomini, da un lato, hanno provato, già in un passato lontano ma soprattutto in un passato vicino e nel presente attraverso i recuperi prodotti dall'archeologia, a far fronte ai degradi e alle perdite del patrimonio culturale e, dall'altro, si sono posti di fronte ai ritrovamenti, occasionali o ricercati, di beni del patrimonio culturale materiale andati perduti... Queste pagine sono dedicate, in segno di deferente e commosso omaggio, alla memoria di chi ha eroicamente sacrificato la propria vita per proteggere i resti splendidi e immortali di una delle più affascinanti città del mondo antico, Palmira, città martire del patrimonio mondiale: Khalid al-Asaad, conservatore per oltre quaranta anni della città di Zenobia, conoscitore impareggiabile dei suoi tesori d'arte, ambasciatore nel mondo delle sue sfolgoranti bellezze, un giusto.
Nel periodo 1519-56 Carlo V d'Asburgo fu a capo di un impero esteso tra Europa e Nuovo Mondo, sul quale proverbialmente "non tramontava mai il sole". Eppure egli non riuscì mai a stabilire un regime di controllo della zona centro occidentale del Mar Mediterraneo, dove crebbe l'insicurezza causata dall'emergere dell'Impero ottomano come potenza anche marittima. Sotto Solimano il Magnifico (1520-66) la Mezzaluna ottomana si dotò di una flotta moderna e nel contempo sostenne la formazione dello stato barbaresco di Algeri, caratterizzato da un'aggressiva politica corsara ai danni di Italia, Grecia e Spagna. Contro tali forze Carlo V non poté mai coordinare una spedizione internazionale modellata sul prototipo della crociata medievale, complice la disunione del mondo europeo e la sotterranea opposizione del papato romano.
Il volume non è né vuole essere una storia degli anni santi. Si propone piuttosto di cercare di capire come si colloca, in una tradizione secolare e all'interno delle "novità" introdotte attualmente nella pratica del ministero papale, l'indizione giubilare di Francesco: la scelta di uno strumento collaudato e tradizionale come atto di un pontefice per tanti aspetti non tradizionale. I caratteri dell'Anno Santo infatti, quali si articolano nei settecento e più anni della sua esistenza, sono fortemente marcati, in una sorta di unità ripetitiva, anche se non priva di variazioni marginali e di differenze. A questi aspetti è dedicata la prima parte del lavoro (dal primo Anno Santo, indetto da Bonifacio VIII nel 1300, fino a quello del 2000 proclamato da Giovanni Paolo II), come premessi necessaria per un confronto con i caratteri e le prospettive dell'anno giubilare voluto da papa Francesco, oggetto della seconda parte del volume.
"Storia dell'Italia mafiosa" rappresenta un'importante innovazione nello studio e nell'analisi dei fenomeni mafiosi in Italia. Viene ricostruita in maniera unitaria la storia della mafia, della 'ndrangheta e della camorra, dalla nascita nel Mezzogiorno borbonico, allo sviluppo nell'Italia post unitaria, al definitivo affermarsi in età repubblicana, fino ai nostri giorni. Si è dinanzi ad un grande affresco storico che individua le ragioni di fondo di un modello criminale il cui successo dura ininterrottamente da duecento anni. Il volume rappresenta inoltre il contributo più significativo al superamento delle interpretazioni dominanti delle mafie come frutto esclusivo del Mezzogiorno, della sua arretratezza economica e sociale, di una cultura omertosa e complice. Isaia Sales dimostra come quel racconto, pressoché immutato da due secoli, continui a costituire un formidabile ostacolo alla comprensione delle mafie e a rappresentare, nella migliore delle ipotesi, un colossale abbaglio. Pagine appassionanti svelano perché le mafie, nonostante gli auspici di tanti, non siano state sconfitte dalla "modernità", anzi si siano trovate pienamente a loro agio dentro di essa, senza alcun imbarazzo. E sono ancora qui nell'Italia post moderna di oggi, nel mondo di Google e dell'I-pad. E non solo nel Mezzogiorno.
Si ricordano gli armeni solo per il terribile genocidio patito nel 1915 e per le polemiche di cui tuttora questo è oggetto. Ma quella armena è una storia molto più ricca e antica: la storia di un territorio ponte fra Oriente e Occidente e di un popolo millenario che ha conservato e tramandato una cultura fortemente identitaria. Ricco di informazioni, il libro ripercorre la storia armena dalla origini più antiche a oggi, presentando anche un quadro generale della religione, della lingua, della letteratura.
Il fenomeno dell'immigrazione in Italia spinge a riflettere su un fenomeno analogo e contrario: l'emigrazione degli italiani verso l'America e altre terre verificatasi negli ultimi due secoli. Il volume ne offre un quadro completo attraverso le pagine dei maggiori studiosi e le testimonianze d'epoca: dalla emigrazione prima dell'unità nazionale, alla Grande migrazione nell'età liberale, nel periodo fra le due guerre, nell'età della ricostruzione dopo la Seconda guerra mondiale, nella contemporaneità. Uno sguardo insieme storiografico e civile: ricordare i decenni in cui gli emigrati erano gli italiani può servire a capire le storie dei migranti odierni. E nella memoria della sua stessa storia l'Italia può meglio comprendere i flussi migratori epocali che interessano oggi tutta l'Europa.
Pavia, 24 febbraio 1525. Nell'arco di poco più di una notte, si consuma una battaglia che segna una svolta fondamentale nel conflitto tra Francia e Sacro Romano Impero, determinando il passaggio del Nord Italia sotto l'influenza spagnola. Protagoniste di questo scontro epocale sono "le armi del diavolo": archibugi e moschetti la cui efficacia, al tempo, era ancora messa in discussione, ma che resero senza dubbio la battaglia di Pavia uno dei fatti d'arme dagli esiti più sorprendenti di sempre. A raccontare questo momento cruciale per la storia d'Italia e dell'Occidente, sei punti di vista diversi: un bellicoso cavaliere scozzese che non vede l'ora di unirsi all'esercito del re di Francia Francesco I; un soldato spagnolo innamorato del suo moschetto e delle meraviglie del Nuovo Mondo; uno scagnozzo italiano, spiccio e versatile uomo di fiducia di Giovanni dalle Bande Nere; una nobildonna in declino trincerata nel suo elegante palazzo nel cuore della città assediata; un ingegnoso ferrarese, maestro nell'arte dell'artiglieria, che realizza cannoni miscelando sapienza tecnica, filosofie e superstizioni; perfino una vivandiera, indomita lanzichenecca capace di battersi con più eroismo di un uomo... Con e-book scaricabile fino al 30-06-2016.
A fronte della crisi del concetto stesso di famiglia e di atroci episodi di cronaca che hanno scosso i parametri del rapporto genitori-figli, Eva Cantarella è venuta interrogandosi – forte dei suoi strumenti di studiosa del diritto e della cultura antica – sulla storia di quel rapporto che, insieme alla dinamica degli affetti, porta inevitabilmente con sé tensioni, conflitti, e molto spesso violenza. Questa conflittualità sembra legata alla sola modernità, ma affonda le sue radici lontano: nei miti teogonici, nella famiglia patriarcale, nelle storie, spesso sanguinose, che la letteratura testimonia con straordinaria evidenza; nella mitologia, nei poemi omerici e nella tragedia classica, dove il tema della famiglia diventa il teatro pieno d’ombre della ferocia, della vendetta, della ribellione. Un teatro che, se a tutta prima parrebbe non implicare uno scontro generazionale, in realtà lo contiene, lo nutre, lo agita. Ecco allora che il conflitto, così presente nell’attuale agenda politica, si lascia leggere anche alle origini della nostra civiltà là dove i giovani entrano in rotta di collisione con la gerontocrazia. Secondo modalità e procedure che la lettura del mondo antico porta progressivamente alla luce.
Una volta di più Eva Cantarella si rivela affascinante evocatrice di personaggi e di storie, da Crono, signore dei Titani, divoratore dei suoi stessi figli, a Teseo, il parricida che uccide il proprio figlio, da Telemaco l’obbediente a Ettore il saggio, sia come padre sia come figlio, dai ribelli Antigone e Oreste a Medea, madre assassina.
Ma allora te ne sei stato in disparte e hai lasciato morire un altro, un giovane, vecchio come sei. E adesso vieni a piangere questo morto? Tu non sei il mio vero padre.
Per i Greci i miti sono in primo luogo racconti: narrazioni meravigliose, che mescolano il divino e l'umano, il quotidiano e lo straordinario, suscitando davanti ai nostri occhi immagini di eroi, dèi, fanciulle, mostri e personaggi fiabeschi. Una schiera interminabile, perché più ci si addentra in questo fantastico mondo - attraverso l'ausilio della voce, della scrittura o delle immagini - più ci si accorge che ciascuno di questi racconti non è mai concluso in sé, ma rinvia sempre ad altri eventi, altri personaggi, altri luoghi, in un raccontare infinito che chiede solo di diventare a sua volta immagine o scrittura. La mitologia ha infatti la forma di una rete, in cui si intrecciano mille nodi. Nel corso del tempo, questa rete con i suoi molteplici richiami narrativi è stata calata infinite volte nel mare della cultura e, trascinata sul fondo, ha raccolto nomi, fatti, rituali, usi, costumi, regole, atteggiamenti, visioni del mondo. Per questo raccontare o ri-raccontare oggi i miti degli antichi significa entrare dalla porta principale nella memoria della loro, della nostra cultura.
Nell'età delle masse la politica deve parlare a tutti e adottare un linguaggio semplice e persuasivo; il parlare figurato, per metafore e apologhi, è strumento principe della propaganda. Così non stupisce che la politica ami, alla lettera, raccontar favole. Non tanto (o non solo) nel senso di dire panzane, ma in quello di riusare strutture narrative proprie della tradizione favolistica, mescolando al dato reale elementi di satira, leggende, miracolistica, zoologia, fisiognomica, profezia. Ecco allora Pinocchio diventare campione fascista ma anche comunista, il lupo di Cappuccetto rosso impersonare Togliatti e Truman e Stalin vestire i panni dell'Orco mangiafuoco. Il grottesco mondo della propaganda politica riportato alla luce in un divertente e istruttivo campionario di favole che la politica, soprattutto negli anni della guerra fredda, ha propinato agli italiani.
I film di Hollywood raccontano le vicende degli indiani sconfitti. Ma ignorano la storia dell'unica tribù che non si arrese mai: i Seminole, una società matriarcale e pacifica, nemica della schiavitù, con protagonisti indimenticabili. Come John Horse, un nero scatenato capace di truffare i bianchi e di conquistare alla causa del suo popolo gli schiavi delle piantagioni facendo comizi-spettacolo. O come Mae Tiger, condottiera meticcia che organizzerà una decisa ed energica azione culturale. O James Billie, veterano seminole del Vietnam che dovrà affrontare, al ritorno in patria, il nemico più insidioso, la droga, e per difendere la sua gente sbaraglierà le truppe del narcotraffico. Un'incredibile storia di resistenza umana e comunitaria lunga secoli, dai primi insediamenti in Florida allo sbarco dei conquistadores spagnoli, alle battaglie contro le truppe inglesi e poi statunitensi, scritta come un romanzo da un grande ribelle del nostro tempo.