Il XXI secolo si sta rivelando marcato dall'aumento delle disuguaglianze sociali, da guerre di ogni genere, dalle conseguenze devastanti del cambiamento climatico, nonché dall'ascesa di partiti conservatori e reazionari, i quali a loro volta stanno intensificando tali fenomeni: questo è il volto tangibile dell'Antropocene, qui inteso come l'aumento dell'entropia termodinamica, biologica e dell'informazione causato dalle attività umane. È in tale contesto di urgenza che nasce il Collettivo Internation, guidato dal grande filosofo francese Bernard Stiegler, che in questo libro analizza i concetti di entropia e località. Abbandonata spesso nel ripostiglio dei principi politici, la località - da non confondersi con il localismo delle retoriche sovraniste - oggi può essere la chiave per ripensare la ricerca e il sapere, la collettività, la tecnologia e la politica, in direzione ostinata e contraria rispetto al processo che ha condotto all'Antropocene.
L'amore si consuma col tempo o al contrario è chiamato a crescere? Attraverso il percorso concreto che viene proposto in queste 9 brevi meditazioni entreremo in una dinamica di crescita, illuminata passo passo dall'enciclica Amoris laetitia di papa Francesco. 9 meditazioni per pregare, avvicinarsi l'uno all'altro, fortificarci a vicenda in coppia. Michel Martin-Prével, rimasto vedovo, è stato ordinato sacerdote nel 2008. Egli prosegue il ministero iniziato con sua moglie Anne: la predicazione ai ritiri per le coppie e per le persone separate. Un libro per chi ha poco tempo, da leggere a casa o in vacanza, in metropolitana o sul treno... anche solo dieci minuti al giorno.
Paolo Ricca e Giovanni Cereti propongono ai lettori - con ampiezza di argomentazioni - le loro ragioni a sostegno dell'ospitalità eucaristica in confronto dialettico con un ampio ventaglio di posizioni attraverso le quali il tema è sviluppato secondo la prospettiva cattolica, ortodossa, luterana, battista, metodista, valdese, avventista, anglicana e pentecostale e analizzato nelle sue implicazioni di tipo liturgico, dottrinale, pastorale e normativo.
Rocciatore, taglialegna, scalpellino, minatore, apicoltore: chi è Celio? "Un niente" risponde lui, un semplice signor nessuno di un paesino sulle Alpi che è terra di nascita dell'autore. È lui a far rivivere Celio, a strapparlo all'oblio per renderlo personaggio vero, sfuggente, pulsante di idiosincrasie e contraddizioni. Insofferente alle persone fino alla misantropia, il protagonista si rifugia in se stesso, nell'ermeticità del dialetto ladino e nell'abbraccio ambiguo dell'alcol, che lo stringerà per tutta la vita, fino al delirio e alla morte. In Celio, conosciuto durante la problematica infanzia e quarant'anni più vecchio di lui, l'autore troverà un inaspettato mentore, una protezione dalle violenze perpetrate dal padre, una via d'accesso privilegiata ai misteri e alla saggezza della natura, rivelatasi solamente per lui. Nel racconto, Mauro Corona si riscopre bambino, mettendo nero su bianco le parole - sempre misurate, mai lasciate al caso - dell'anziano amico e compagno di bevute, alla ricerca delle radici di un male di vivere sempre scacciato e mai sopito, nel duro e apparentemente impenetrabile cuore da montanaro. Una scrittura aspra, nervosa e autentica al pari del protagonista di questo romanzo, dietro le cui vicissitudini si legge in controluce l'autobiografia dell'autore, vero alter ego di Celio e solo testimone di un'esistenza che si fa simbolo di una terra sospesa nel tempo, in cui la solitudine, portata su di sé come una croce, sembra l'unico rimedio al contagio della miseria e del dolore. Le uniche leggi e autorità riconosciute sono quelle della natura, al contempo madre e matrigna. Come il vecchio accendino a benzina, ereditato dal maestro, l'allievo tiene viva la fiamma del ricordo e fa luce sul potere dell'amicizia, rara e inafferrabile ma capace di farsi salvifica nell'ostilità e nell'indifferenza del mondo.
Ci si dava appuntamento in un parco, ci si metteva sparsi, chi in piedi, chi sdraiato e chi in braccio a qualcun altro, dopodiché s'iniziava. «Questo era il gioco, questa la sfida delle giornate di follia: aggirare l'ovvio, non ripetere il risaputo, bucare il tempo, aprire strade, sondare il possibile, il parallelo, l'alternativo. Poteva durare anche a lungo questo aggrovigliarsi di nuvole e mondi, ma si atterrava, prima o poi si atterrava sempre». La scuola di Roberto Vecchioni prima di tutto è un luogo in cui s'insegna senza impartire lezioni. I ragazzi hanno coraggio, desideri, paure, e una sete dentro che non si spegne mai. Sono irrequieti, protervi, insicuri: in una parola veri. Si chiamano come i più celebri pittori della storia, ma sono solo esseri umani in cerca di se stessi. E il professore, quel Roberto Vecchioni che insegnava negli anni Ottanta in uno storico liceo milanese, è colto, originale, ma soprattutto appassionato, sempre disposto a quell'incantesimo che balena diverso ogni giorno. Che parli della morte di Socrate, del viaggio di Ulisse o di un verso di una poetessa contemporanea, i suoi occhi brillano e la voce va su e giù come un canto.
A marzo del 1912, il ventinovenne Benito Mussolini è solo un marxista di provincia. Appena quattro mesi dopo irrompe sulla scena nazionale, a capo della corrente rivoluzionaria che conquista la guida del partito socialista. Nei mesi successivi, come direttore del-l'«Avanti!», è idolatrato dalle masse. Ma nell'autunno del 1914 sostiene l'intervento nella Grande Guerra: allora, in pochi giorni, perde ogni sostegno e viene bollato col marchio del traditore. Quando fonda i Fasci di combattimento, nel marzo del 1919, raduna poche centinaia di affiliati: quel fascismo è un movimento rumoroso ma marginale. Nelle elezioni politiche di novembre, infatti, Mussolini prende meno di cinquemila voti, e ha la tentazione di abbandonare la politica. Emilio Gentile racconta la storia di un Mussolini per molti aspetti sconosciuto: non rivoluzionario, non anticapitalista, e neppure «duce»: un politico isolato, che si autodefinisce «avventuriero di tutte le strade». E con spregiudicatezza è pronto a rinnegarsi pur di conquistare il potere.
Paolo ha diciassette anni, tanti amici, successo con le ragazze, una famiglia meravigliosa, l'argento vivo addosso. E un sogno: diventare chef. Quando un giorno in cucina un coltello gli sfugge dalle mani non ci fa troppo caso, pensa a una distrazione, pensa che la sera non farà più così tardi se la mattina dopo deve lavorare. Solo che poi i brutti segnali aumentano, e quando arriva una diagnosi certa il responso è terribile: SLA, sclerosi laterale amiotrofica, di cui Paolo diventa il più giovane ammalato in Europa. Le conseguenze estreme della malattia sono la paralisi completa, l'impossibilità di respirare autonomamente, di deglutire cibo di qualsiasi consistenza - proprio lui che ne era un cultore - , di parlare emettendo suoni. Molti la riterrebbero una sentenza più che una diagnosi, ma non Paolo. Paolo che, circondato e protetto dalla sua famiglia, continua a inseguire i suoi sogni; Paolo che diventa tutt'uno con il fratello Rosario, il quale non esita un minuto a lasciare ogni suo progetto per stargli vicino; Paolo che incontra Obama e papa Francesco, che arriva fino al palco del Festival di Sanremo con una canzone autobiografica, Paolo che ogni giorno, sui social, si batte al fianco di chi soffre come lui, Paolo che moltiplica l'amore. "Per volare mi bastano gli occhi" è la testimonianza straordinaria di un ragazzo speciale, un racconto profondo e sincero di attaccamento alla vita, sempre.
Guardare è un rito che attraversa costantemente la nostra esistenza, in cui cecità e visione si accompagnano negli sguardi donati e ricevuti. Chiudere gli occhi è sinonimo di morire, tanto è rilevante la relazione tra lo sguardo e la vita. Esplorare il guardare significa incontrare potere e sapere, lontananza e prossimità, ascolto e riguardo, attenzione e educazione, il pensare e il credere. Siamo tutti alla ricerca, infatti, di quel sapere dell’anima che nasce dall’incontro autentico tra gli sguardi delle persone, salvaguardate dall’occhio benevolente di Dio.
Informazioni sugli autori
Emanuela Mancino insegna all’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha ideato e dirige il Laboratorio di Filosofia e Pedagogia del Cinema e il gruppo di ricerca sulle Trame Educative. Autrice di articoli e saggi, tra i quali A perdita d’occhio (2014) e Farsi tramite (2014), è membro fondatore dell’Accademia del Silenzio.
Monica Quirico insegna alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino, ed è docente di Religione in un liceo. Tra le sue pubblicazioni, La differenza della fede. Singolarità e storicità della forma cristiana nella ricerca di Michel de Certeau (2005).
Partendo da alcuni aspetti teologici del Vaticano II, l'autore pone le basi trattando del carisma, dell'ecclesialità, della missione.
Da poi le coordinate per comprendere la natura e la finalità della Congregazione passionista, richiamando la figura del fondatore e l'importanza del suo Testamento spirituale come scuola di formazione al carisma, capace di garantire rinnovamento e autenticità.
Il lavoro ripercorre con rigore scientifico il "magistero interno" tramite una lettura storico - teologica dei Capitoli e dei Sinodi generali celebrati dalla Congregazione conosciuta come "passionisti" negli anni 1952-2000, permettendo di fissare il tempo di attesa e di condivisione del fervore conciliare, lo sforzo dell'esegesi e dell'ermeneutica compiuto, i problemi, le resistenze e le verifiche che hanno impegnato il discernimento della comunità passionista.
Si dimostra pertanto che, più che chiudersi nella nostalgia del passato glorioso, la Congregazione dei Passionisti ha avvertito la necessità di incarnare i propri capisaldi, confrontandosi con la progressiva trasformazione dei parametri culturali e dei modelli esistenziali.
La ricerca é doppiamente interessante, perché documenta anche il dibattito circa i modi diversi di concepire oggi la vita consacrata.
É possibile pensare un rapporto fra la verità e il potere? Questa domanda, per nulla scontata, occupa la fase finale del pensiero di Michel Foucault, in cui la pratica politica e l'etica si incontrano sul piano della soggettività, trovando nelle nozioni antiche della cura del sé e della parrhesia (dire il vero) l'esteriorizzazione di un rapporto fecondo quanto problematico.
In questa prospettiva, Foucault non manca di sfidare ognuno di noi ad interrogare il nostro presente e a costruirci come soggetti di una libertà autentica.
Il mistero della Pasqua costituisce il nucleo incandescente della fede cristiana. Queste pagine offrono un prezioso aiuto per meditarne e riscoprirne la luminosa ricchezza e per lasciarsi gioiosamente coinvolgere nel dinamismo di rinascita innescato dalla risurrezione di Cristo. Scritte in tempo di pandemia seguendo i vangeli delle domeniche del periodo pasquale, esse delineano un itinerario complessivo nel cuore della fede cristiana, ripensata alla luce della mentalità contemporanea e sotto l'urgenza di problemi umano-esistenziali ricorrenti, che la pandemia ha messo in particolare evidenza.