Quando un personaggio, "dopo aver bevuto il caffè, mi chiede la cena e poi un letto per dormire, vuol dire che si è accampato nella mia immaginazione, nella mia testa": così Dacia Maraini illustra, in questa breve, profonda lezione di scrittura, un momento cruciale della creazione narrativa. Racconta come sono nati alcuni dei suoi protagonisti, quali sono le funzioni che assolvono nella trama, con quali metodi delinea la loro personalità, come gioca con i dettagli del loro aspetto, con il loro linguaggio... E anche cosa non bisogna mai fare. Ne nasce un percorso attraverso i suoi romanzi, popolati da figure tra le più vivide e amate della letteratura italiana, arricchito dall'appassionata testimonianza di una lettrice vorace e curiosa, attenta al presente ma legata al fascino dei classici, capace di coinvolgerci fino all'ultima pagina in una lezione di scrittura che è anche e prima di tutto una lezione di lettura, e di osservazione attenta della realtà.
Umanesimo come scuola di retorica, culto dei latini e dei greci, nascita della filologia? Cacciari ci fa capire come le cose sono più complesse e meno schematiche, e come la stessa filologia umanistica vada in realtà inserita in un progetto culturale più ampio nel quale l'attenzione al passato è complementare alla riflessione sul futuro, mondano e ultramondano. Dunque una filologia che è intimamente filosofia e teologia. E i nodi filosofici affrontati dagli umanisti (che in quest'ottica non iniziano con Petrarca o con i padovani, ma con lo stesso Dante) sono difficilmente ascrivibili a sistemi armonici o pacificanti, secondo una visione tradizionale del Rinascimento. C'è un nucleo tragico del pensiero umanistico, fortemente "anti-dialettico", in cui le polarità opposte non si armonizzano né vengono sintetizzate... Tra gli autori antologizzati: Petrarca, Leonardo Bruni, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Leon Battista Alberti, Marsilio Ficino, Cristoforo Landino, Pico della Mirandola, Poliziano, Savonarola, Leonardo da Vinci, Machiavelli.
Napoli, 1952. Pablo Neruda è svegliato da un insistente bussare alla porta. Al poeta viene notificato un decreto di espulsione dall'Italia firmato dal ministro Scelba. Sarà accompagnato da due agenti a Roma per essere estradato in Svizzera. Nella stazione della capitale, il poeta è atteso da una folla nella quale si riconoscono i volti di Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso e Carlo Levi. Intimano alla polizia di lasciarlo in libertà. In mezzo a quella folla una donna, Matilde Urrutia, osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. Dopo il clamore del mondo che lo celebra e vuole che viva la sua voce, la scena si sposta a Capri nella villa di Edwin Cerio, dove i due amanti danno profondità e splendore a una passione segreta, sconvolgente e imprevedibile. Vent'anni dopo, a Isla Negra, in Cile, durante il golpe di Pinochet, altri militari bussano alla porta di Neruda e Matilde per minacciarne la libertà. Due stagioni della vita di Pablo Neruda: la stagione dell'amore, delle speranze, di un mondo che si trasforma, e la stagione del buio, della violenza, della morte. Due stagioni raccontate in prima persona dalla voce del poeta e dalla voce di Matilde, due esistenze che raccontano la forza della vita e la grandezza dello stare al mondo, l'incanto civile della parola contro i poteri che la vorrebbero ottusa o distorta.
Londra, Chelsea Flower Show, la più grande mostra di fiori del mondo. Sotto gli archi carichi di rose, Iris Donati è felice: fra le piante si sente a casa. Una casa vera, quella che non ha mai avuto, perché fin da piccola ha vissuto in giro per il mondo sola con il padre. Mentre si china per osservare meglio una composizione, Iris rimane paralizzata. Si trova di fronte due occhi uguali ai suoi. Gli stessi capelli castani. Lo stesso viso. La ragazza che ha davanti è identica a lei. Viola è il suo nome. Anche lei ama i fiori e i suoi bouquet sono fra i più ricercati di Londra. Tutte le certezze di Iris crollano in un istante. Quella ragazza è la sua sorella gemella. Sono state divise da piccolissime, e per vent'anni nessuna delle due ha mai saputo dell'esistenza dell'altra. Perché? Ora che sono di nuovo riunite, Iris e Viola devono scoprirlo. Il segreto si nasconde in Italia, a Volterra, dove sono nate. Tra viali di cipressi e verdi declivi, sorge un'antica dimora circondata da un giardino sconfinato. È qui che i Donati vivono da generazioni. Ed è qui che Giulia Donati, la loro nonna, le aspetta. Solo lei può spiegare davvero perché sono state separate e aiutarle a trovare il sentiero giusto per compiere il loro destino. Iris e Viola non lo sanno, ma ogni coppia di gemelle della famiglia, da secoli, deve salvaguardare la sopravvivenza del giardino e capire il suo grande potere: quello di curare l'anima.
Due donne che insieme riallacciano i fili di un'esistenza svuotata e si ritrovano nella capacità di generare nonostante le difficoltà vissute. Alice e Ilaria sono due donne che non hanno nulla in comune se non il dolore della perdita. Alice, barbona per scelta e per amore, ha dissipato la propria bellezza e gioventù per correre dietro alla libertà, rinunciando all'unico bene certo della sua vita: una figlia nata per caso, non amata anche se voluta. Ilaria ha il ventre vuoto, dopo un aborto spontaneo che le ha portato via la forza per affrontare l'esistenza. Alice aspetta ora una nuova creatura. Ilaria l'aiuta a vivere una gravidanza complessa tra centri di ascolto, ospedali, assistenza sociale. La loro amicizia sarà il cemento di un cammino comune che le porterà a scoprire un modo nuovo di essere madri, a recuperare rapporti perduti e una serenità possibile. Si ritroveranno insieme nella capacità di generare, nonostante le difficoltà affrontate.
"La cronaca contorta e pazza di Vigàta è uno spinaio di furfanterie, sgangheratezze, deliramenti, e intrichi d'amore: un intreccio di balordaggini pubbliche e di magnifiche stolidezze private. Nel villaggio, l'innocenza è spesso un candore temerario, un'allucinazione; e l'onestà è il capolavoro di falsari della morale e del buonsenso caritativo. Lo stesso crimine è un refuso dell'intelligenza, una morbida beffa. E la tristezza nuda di un cimitero si presta agli esercizi di un petrarchismo peloso versato nel corteggiamento di una Lauretta in abiti vedovili e alla resa dei conti tra parenti. Il camposanto diventa una gremita e agitata piazza d'armi e d'amori. Ci si mette anche il caso, che porta a rovescio ciò che si vorrebbe fosse il dritto. Le apparenze ingannano. E la realtà contempla situazioni che proliferano. Gli amori clandestini fanno sì che si formino collezioni di famiglie. La strampalatezza eccitabile è una corrente elettrica incontrollata: accende reazioni a catena, contagi come da 'epidemia'; assurdità ossimoriche del tipo: 'Un morto si reca all'obitorio ma cade strada facendo'. Un dono di natura è capace di distorcere un'intera vita, e trasformare l'eletto in una 'macchina' digerente, priva di 'cuore', di 'cervello', di funzioni sessuali. L'arco cronologico è lungo. Va dal 1862 al 1950, dopo avere attraversato l'aria viziata di stupidità e dissennatezza del ventennio nero." (Salvatore Silvano Nigro)
Un'epica storia corale, tessuta di inganni e travestimenti e capovolgimenti e cospirazioni, e insieme (e soprattutto) la storia della rivincita personale di Blasco di Castiglione, intricata e perigliosa quanto quella dumasiana del Conte di Montecristo. Questo e molto altro è "I Beati Paoli", il capolavoro di Luigi Natoli. Tra riverberi di lame nell'oscurità dei vicoli palermitani (nella città settecentesca, ricca di miserie e di sfarzi, mirabilmente ritratta in un vivido contrasto di luci e di ombre), prende le mosse una tragica vicenda di amore e odio, di vendetta e di rivalsa sociale. Qui, nel cuore della Sicilia barocca, illuminate da fioche candele, hanno luogo le riunioni della misteriosa setta dei Beati Paoli: hanno sempre indosso un cappuccio, perché neanche tra loro devono riconoscersi, tanto è alto l'ideale di giustizia che li anima. Cari alle fantasticherie del popolo, questi figuri intendono imporre con ogni mezzo le loro sentenze, animate da una mistica volontà di ristabilire un ordine superiore in favore dei deboli e degli oppressi. Per la ricchezza dell'intreccio e la felice leva sulle ambizioni e le passioni dei lettori, il romanzo ebbe successo sin dalla sua prima pubblicazione, a puntate, tra il 1909 e il 1910.
Mirta è una giovane donna moldava trapiantata a Roma in cerca di lavoro. Alle spalle si è lasciata un mondo di miseria e sofferenza, e soprattutto Ilie, il suo bambino, tutto quello che ha di bello e le dà sostegno in questa vita di nuovi sacrifici e umiliazioni. Per primo Nunzio poi la signora Mazzanti, "che si era spenta una notte di dicembre, sotto Natale, ma la famiglia non aveva rinunciato all'albero ai regali e al panettone", poi Olivia e adesso Eleonora. Tutte persone vinte dall'esistenza e dagli anni, spesso abbandonate dai loro stessi familiari. Ad accudirle c'è lei, Mirta, che non le conosce ma le accompagna alla morte condividendo con loro un'intimità fatta di cure e piccole attenzioni quotidiane. Ecco quello che siamo, sembra dirci Manzini in questo romanzo sorprendente e rivelatore con al centro un personaggio femminile di grande forza e bellezza, in lotta contro un destino spietato: il suo, che non le dà tregua, e quello delle persone che deve accudire, sole e votate alla fine. "Nella disperazione siamo uguali" dice Eleonora, ricca e con alle spalle una vita di bellezza, a Mirta, protesa con tutte le energie di cui dispone a costruirsi un futuro di serenità per sé e per il figlio, nell'ultimo, intenso e contraddittorio rapporto fra due donne che, sole e in fondo al barile, finiscono per somigliarsi. Dagli occhi e dalle parole di Mirta il ritratto di una società che sembra non conoscere più la tenerezza.
Nel febbraio del 2015 Andrea Caschetto parte per un lungo viaggio. Non ha bussole con sé, segue l'arcobaleno. Il bagaglio è leggero: nello zaino, con gli indumenti necessari per il caldo e il freddo, ci sono una strana macchina per fare le bolle di sapone più grandi del mondo, qualche giocattolo semplice, musica, matite colorate e, soprattutto, un naso rosso da clown. Serve per far sorridere i bambini che non sanno più come si fa. Sono i bambini randagi, che vivono nelle strade e negli orfanotrofi, e senza padre né madre fanno famiglia a sé. Andrea ha avuto un tumore alla testa a quindici anni. Dopo l'intervento la sua memoria è diventata fragile, a sprazzi, come lo schermo di un vecchio televisore in bianco e nero che dopo un po' perde il segnale. I ricordi svaniscono subito, restano invece i sorrisi. Quelli dei bambini e quelli della mamma, una donna fantastica. Non del padre, che ha rinunciato a crescerlo. Succede, e in questi casi cresce il bisogno di amore. Darlo e riceverlo diventa necessario. Attraversando l'Asia, il Sudamerica, l'Africa, Andrea ha giocato con i bambini, ha raccolto storie terribili e tristi, ma anche dolcissime e ricche di speranza. Ha conosciuto brava gente e orchi senza cuore, sognatori e viandanti, preti buoni e preti ingordi, e quello che doveva essere un viaggio è diventato il viaggio al centro di sé, un tuffo nel mare dei sorrisi che rimarrà per sempre nella nuova memoria da riempire.
Certi incontri hanno una forza quasi magica, perché dilatano lo sguardo lasciando affiorare le nostre paure più profonde. A volte sono persone, altre idee, altre ancora solo voci. Ma tanto basta. Non saremo più gli stessi. È quello che ci racconta Anna Marchesini in questo suo ultimo romanzo. Due vite, due donne, due storie vicine e lontane: una creatura che sta per venire al mondo e un'orfana che del mondo conosce solo l'indifferenza. Un prima e un poi legati a doppio filo dalla stessa presenza: il passaggio dell'arrotino che deposita le sue orme sulla polvere, lo specchio di tutto quello che nella vita temiamo e amiamo. In bilico tra il sorriso e la lacrima, queste pagine sono un inno alla gioia e alla libertà, il dono più bello di una delle più grandi artiste italiane degli ultimi anni.
"Citati segue con impressionante precisione la progressiva caduta nel buio delle due farfalle, come prima la loro ascesa nella luce sfolgorante. Penetra a fondo nell'animo dei Fitzgerald, nell''incrinatura' che in lui si fa sempre più profonda, nella molteplicità e nella metamorfosi dello scrittore: nelle crisi di lei, nella complessità e tenacia del loro rapporto. Il ritratto che disegna della malattia mentale di Zelda, rapido e ritardato, pieno di particolari ma sovrastato dall'incombente Dümmerung, è un'opera al nero di prima grandezza che fa venire i brividi." (Piero Boltani)
Il libro contiene 52 brevi apologhi attraverso i quali l'autore stimola il lettore a guardare dentro e fuori di sé, riscoprendo il gusto poetico della fiaba, alla ricerca di scintille di spiritualità evangelica.