La vita umana, insegna l'induismo, si divide in quattro periodi: il primo serve per imparare, guidati da un maestro; il secondo per realizzare sé stessi; il terzo per insegnare e trasmettere la conoscenza; l'ultimo, segnato da un progressivo disinteresse verso le cose materiali, per prepararsi al congedo. Molti, oggi, non lo ammettono. Nonostante l'età, continuano a sgomitare, spingere, accumulare. Inseguono cariche, conferme, gratificazioni sociali. Non sanno rallentare, ascoltare, restituire. Con l'aiuto di una nipotina che insegna il disordine quotidiano (e mette i palloncini sul busto di Socrate), Beppe Severgnini riflette sul tempo che passa e gli anni complicati che stiamo attraversando. «Le cose per cui verremo ricordati - scrive - non sono le cariche che abbiamo ricoperto e i successi che abbiamo ottenuto. Sono la generosità, la lealtà, la fantasia, l'ironia. La capacità di farsi le domande giuste.» Don't become an old bore, non diventare un vecchio barbogio: ecco l'imperativo. L'autore invita a «indossare con eleganza la propria età». Per farlo serve comprendere il potere della gentilezza, imparare dagli insuccessi, allenare la pazienza, frequentare persone intelligenti e luoghi belli, che porteranno idee fresche. Serve accettare che c'è un tempo per ogni cosa, e la generazione dei figli e dei nipoti ha bisogno di spazio e incoraggiamento. Non di anziani insopportabili.
In un momento in cui il dibattito sull'influenza dei social media sulla salute mentale dei giovani raggiunge livelli di allarme senza precedenti, questo volume propone una tesi innovativa basata sui più recenti studi di neuroscienze sociali e cognitive: non sono i social media di per sé a essere negativi per i giovani, ma piuttosto lo è il loro impatto sulla nostra capacità di creare e mantenere un «senso del Noi». Per l'autore, infatti, l'intelligenza artificiale e le strategie di engagement delle piattaforme online stanno progressivamente erodendo la capacità degli individui di partecipare a comunità non digitali, con ripercussioni significative sulle relazioni sociali, sull'amicizia e sulle relazioni di coppia. Un libro accessibile che propone uno sguardo equilibrato su come la tecnologia sta influenzando le nostre relazioni interpersonali, evitando sia l'allarmismo ingiustificato sia l'ottimismo acritico.
La Terra è il nostro mondo. L'unico. Lo spazio, al contrario, è un mondo ostile. Per poterlo esplorare siamo costretti a costruire veicoli molto diversi rispetto a quelli che usiamo sulla Terra e per poterci andare di persona dobbiamo ricreare nel veicolo un ambiente artificiale che protegga il nostro equilibrio fisiologico e la nostra stessa vita. Ma la sfida dell'esplorazione spaziale è proprio questa: superare i limiti, conoscitivi e tecnologici, per arrivare sempre più lontano. Paolo Ferri, per anni a capo del dipartimento di operazioni spaziali dell'Agenzia spaziale europea, rivela non solo cosa si fa nello spazio, ma come lo si fa. Attraverso le missioni di ieri e di oggi racconta cosa si intende per volo spaziale - i satelliti artificiali, le capsule, le piattaforme, i sistemi di sopravvivenza degli astronauti, i sistemi di lancio - ma anche i retroscena, le difficoltà, i vicoli ciechi e i successi imprevisti. Il risultato è un'avventura irripetibile ai confini del cosmo, e una riflessione su potenzialità e limiti della conoscenza scientifica.
"Sapresti vivere senza Internet?". Attenzione a slanciarsi in una risposta sbrigativamente affermativa: senza la rete, gran parte dei servizi collettivi che ogni giorno usiamo non esisterebbe. Internet costituisce lo spazio in cui tutti noi viviamo e rappresenta la parabola di un cambiamento di civiltà, la metafora della fine di un mondo e della nascita di una società che si rimodella di continuo su tecnologie sempre nuove. Questo libro si prefigge di illustrare, come in un racconto a tappe, alcuni dei tanti aspetti della rete e dei rilevanti effetti che essa produce nella vita di persone e società. Lo stato attuale della tecnologia concorre a produrre un sentimento di accelerazione del tempo che sembra far sprofondare la memoria del passato sotto la pressione di un permanente presente, un real time che ci insegue ovunque, dandoci la sensazione di un mondo che esiste e si identifica solo col qui e ora, senza provenienza né memoria. In un'epoca in cui l'ultimo avamposto della tecnologia, cioè l'intelligenza artificiale, va ridisegnando in modo irreversibile opportunità e rischi mai conosciuti prima d’ora, è vitale promuovere consapevolezza, per vivere presente e futuro di Internet nell'unico segno che ci appartenga: la libertà responsabile. Per la tecnologia e con la tecnologia.
Il titolo la dice lunga sul tenore e sui contenuti di questo libro. “Il Mondo al contrario” vuole infatti provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità. “Cosa c’è di strano? Capita a tutti, e spesso” – direte voi. Ma la circostanza anomala è rappresentata dal fatto che questo sgradevole sentimento di inadeguatezza non si limita al verificarsi di eventi specifici e circoscritti della nostra vita, a fatti risonanti per quanto limitati, ma pervade la nostra esistenza sino a farci sentire fuori posto, fuori luogo ed anche fuori tempo. Alieni che vagheggiano nel presente avendo l’impressione di non poterne modificare la quotidianità e che vivono in un ambiente governato da abitudini, leggi e principi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati.
Basta aprire quella serratura di sicurezza a cinque mandate che una minoranza di delinquenti ci ha imposto di montare sul nostro portone di casa per inoltrarci in una città in cui un’altra minoranza di maleducati graffitari imbratta muri e monumenti, sperando poi di non incappare in una manifestazione di un’ulteriore minoranza che, per lottare contro una vaticinata apocalisse climatica e contro i provvedimenti già presi e stabiliti dalla maggioranza, blocca il traffico e crea disagio all’intera collettività. I dibattiti non parlano che di diritti, soprattutto delle minoranze: di chi asserisce di non trovare lavoro, e deve essere mantenuto dalla moltitudine che il lavoro si è data da fare per trovarlo; di chi non può biologicamente avere figli, ma li pretende; di chi non ha una casa, e allora la occupa abusivamente; di chi ruba nella metropolitana, ma rivendica il diritto alla privacy.
Chi sono single? Cosa si nasconde dietro questo fenomeno strabordante il cui mondo così poliedrico e spesso inesplorato, tocca corde di una fragilità non sempre percepita, né tantomeno compresa? L'autrice si immerge in questo oceano per scattare una possibile fotografia da cui emerge una differenza di sguardo esistente tra la società e la Chiesa. I single possono essere un segno dei tempi che invita ad un cambio di prospettiva, a partire, ad esempio, da una rilettura della vocazione? Come accompagnarli nella loro singletudine involontaria?
Con l'edizione del 2024 la Fondazione Migrantes arriva all'ottava edizione del rapporto dedicato al mondo dei richiedenti asilo e dei rifugiati. Un lavoro scritto da un'equipe di autrici ed autori che si lasciano "toccare e interrogare" dalle sofferenze e dalle contraddizioni che le persone in fuga nel mondo raccontano o portano scritte nei loro volti e nei loro corpi.
«È stata fatale l'idea di esportare la democrazia liberale, la globalizzazione, la liberalizzazione dei mercati finanziari e della tecnologia, di fare insomma un mondo a immagine e somiglianza degli Stati Uniti, pensando che essi rimanessero al centro del nuovo sistema.» Tra la caduta del Muro di Berlino nel 1989 e la dissoluzione dell'Unione Sovietica nel 1991 si è consumato uno dei più grandi inganni collettivi della storia: l'idea che l'affermazione dell'Occidente avrebbe determinato una diffusione universale del capitalismo democratico e dunque la fine della storia. Le cose però hanno preso un'altra piega. È cominciata una nuova storia che ha segnato la perdita di centralità di quel modello e dei suoi valori. Dai terremoti geopolitici a quelli demografici, dall'allarme climatico a quello per gli abusi della tecnologia, passando per l'arroganza del potere finanziario, il declino del lavoro e quello dell'informazione: in questa ampia e articolata intervista con il giornalista Paolo Pagliaro, Franco Bernabè racconta la storia di una resa, la cronaca di un autogol che vede a rischio la stessa democrazia. Nell'analisi del manager pubblico, unico occidentale per anni nel board del maggiore gruppo petrolifero cinese, emergono così i sintomi della crisi in corso (guerre, debolezza europea, minacce digitali) ma sono anche indicati alcuni colpevoli del naufragio (dalle riforme di Clinton al radicalismo di molti politici e intellettuali) e vengono suggerite le strategie necessarie a «mettersi in salvo», per l'Italia anzitutto.
La nostra è la prima epoca senza eredi. Non riconosciamo eredità ricevute e non lasceremo eredità da trasmettere. Nessuno continuerà l'opera, nessuno salverà quel che poteva e doveva essere salvato. Non lasceremo tracce. Il tempo non è galantuomo ma smemorato: non renderà giustizia. Viviamo tra contemporanei senza antenati né posteri, uniti solo dal vago domicilio nella stessa epoca; non consorti, al più coinquilini occasionali. È l'epilogo coerente di una società senza padri divenuta società senza figli. E ciò vale a partire dagli autori e dalle loro opere. Per reagire a questa amnesia, cancellazione ed emorragia, e salvare il salvabile, Marcello Veneziani ha composto una raccolta di settanta miniature di saggi, succinte biografie, profili non convenzionali, in vari casi sconvenienti. Da Pascal a Vico, da Leopardi a Manzoni, da Baudelaire a Proust e a Kafka, da Vattimo a Ratzinger, fino ai pensatori e agli scrittori più vicini a noi e viventi. Prima di loro, a essere senza eredi sono i classici, i grandi del passato, cancellati o abbandonati, quando non maledetti. Siamo scesi dalle spalle dei giganti. Senza eredi non è possibile nemmeno un pensiero nuovo, rivolto al futuro e all'essenziale, in grado di superare la nostra società dell'oblio che tende a perdere il senso critico, la cultura e l'umanità. La vera sciagura del presente non è l'avanzata dell'Intelligenza Artificiale ma la ritirata dell'Intelligenza Umana. Non resta che ribellarsi a questa china riscoprendo un diverso destino.
Avanza la dittatura dei "nuovi diritti" che, in nome di un'idea di libertà individuale senza limiti né confini, finisce per compromettere i diritti dei più deboli e i fondamenti della nostra civiltà. Ma davvero la libertà dell'uomo consiste nel trasformare ogni desiderio in diritto esigibile per andare oltre se stesso? Oppure esiste un'altra libertà, che si nutre della verità naturale e del rapporto con gli altri? È questo l'interrogativo, cattolico e laico, al quale un principe della Chiesa e un politico e professore liberal-conservatore provano a dare risposta. Ripercorrendo le più grandi sfide antropologiche del nostro tempo - la vita e la morte, la genitorialità e le tecnoscienze, il rapporto con l'ambiente e le migrazioni - essi dimostrano come riconoscere il senso del limite non significhi rifiutare il progresso e negare la libertà dell'uomo, ma piuttosto riscoprirne il significato più profondo, che assume senso sia per chi crede, sia per chi non crede ma ha a cuore le sorti dell'Occidente e della stessa umanità.
Le piaghe che si sono abbattute sull'Egitto, secondo la Bibbia, erano dieci. Le piaghe che si stanno abbattendo sul mondo in cui viviamo sono almeno sette: il disastro ambientale, lo svuotamento della democrazia sversata nella repubblica internazionale del denaro, la società in decomposizione, la spinta verso il transumano, l'apparizione dei giganti della rete, la pandemia, la guerra alle porte d'Europa e la crisi nell'approvvigionamento di risorse, dal gas al grano. Ma è un numero destinato a salire: inflazione e recessione, crisi finanziarie, carestie, migrazioni, altre guerre. Tutti anelli sconnessi di una stessa catena, perché non siamo alla «fine della storia» ma alla fine della globalizzazione. Un esito che evidenzia la crisi di trent'anni del modello globalista cui l'Occidente ha aderito acriticamente. Il nuovo libro di Giulio Tremonti è una riflessione sulla deriva delle società occidentali ma anche un appello per evitare il disastro finale attingendo al vecchio «arsenale della democrazia»: «Oggi il rischio è che la divisione prevalga sull'unione, come replica della dividente maledizione dei guelfi contro i ghibellini, che lo smarrimento e la paura prevalgano sulla speranza, che la rassegnazione prevalga sull'orgoglio. E l'urlo sulla voce. Ci sono dei modi per evitarlo: uno è mettere a punto una cura che freni il dominio assoluto del mercato, l'altro è recuperare le risorse e i valori di fondo della nostra comunità».
«Ho deciso di scrivere questa lettera perché vorrei che ogni vecchio, uomo o donna, fosse consapevole della straordinarietà di aver raggiunto questa fase della vita.» L'ultimo capitolo della nostra esistenza, come l'ultimo capitolo di un libro, è spesso anche il più interessante. E per spiegarlo Vittorino Andreoli utilizza una lettera diretta e appassionata. Una lettera che accompagna a prendere consapevolezza del proprio corpo e della propria mente, scoprendo le funzioni e le possibilità della senectus, come la chiamavano elegantemente i latini. A che cosa serve avere memoria di numeri, nomi o dettagli geografici quando si passa da un teatro operativo a uno fatto di sentimenti e di elaborazioni del pensiero? A una certa età serve piuttosto una memoria storica e sintetica. Più della precisione e della rapidità immediate conta rivivere e raccontare il passato non dentro la nostalgia, ma come fonte per disegnare meglio il presente e il futuro. È errato anzitutto credere che il tema attorno a cui ruota l'esistenza del vecchio sia la morte. Occorre invece che la società si convinca che egli ha bisogno di essere utile, di avere un senso proprio nel presente. Solo così si possono rimettere al centro il desiderio e le caratteristiche degli anziani, evitando loro il dolore dell'esclusione e dell'abbandono.