«La possibilità di amare e dedicarmi agli altri è la cosa più bella che la vita mi abbia riservato». A quasi dieci anni dal primo libro "Un camper XXL", nel quale la coppia Gentile - De Luca ha raccontato in maniera simpatica le peripezie di una famiglia aperta all'accoglienza, sempre pronta a cogliere le sollecitazioni della Provvidenza, l'Editore Sempre dà alle stampe questo secondo testo dal titolo volutamente provocatorio. Invecchiare: un tema quasi tabù, che l'autrice affronta con profondità e leggerezza, senza paura di addentrarsi nelle pieghe delle sue emozioni contraddittorie, proprio per questo percepite dal lettore vive e vere.
Ci siamo cascati tutti, nella bufala online, che fosse una storia a sfondo politico o un video di gattini. Ma non è solo colpa nostra: dalle interviste tagliate ad arte ai fotomontaggi, dai codici nascosti ai furti di profilo, fino alle vere e proprie catene di siti create apposta per diffondere disinformazione e lucrare sui nostri peggiori impulsi, gli inganni che riempiono la Rete ormai sono gestiti da professionisti. Per difendercene, dunque, occorre un professionista. Un «debunker», che come un singolare supereroe dei tempi moderni si è scelto la missione di smascherare le false notizie del web e bonificare l'informazione digitale. «Non basta sapere di essere male informati, occorre capire in che modo e perché» scrive David Puente. «E la diagnosi comincia da una domanda: cui prodest? A chi fa comodo lasciarci nell'ignoranza, o indurci in errore?» Da questo primo quesito prende l'avvio un libro che come una storia d'investigazione ci porta nel dietro le quinte delle indagini di un cacciatore di bufale e tra i segreti della manipolazione social. Come si seguono le «briciole» lasciate online dai seminatori di odio per scoprirne l'identità e consegnarli alla polizia? Come si lavora in una rete internazionale di verificatori per proteggere dagli attacchi informatici addirittura l'Unione Europea? E soprattutto, come può ognuno di noi difendersi da chi trama per rubare i nostri dati e trattarci da fessi? Prefazione di Enrico Mentana.
Il libro affronta dapprima il divario nord-sud come nodo cruciale e irrisolto nel nostro paese, poi l’evolvere della politica italiana negli ultimi quattro anni con i governi Renzi e Gentiloni, e quindi con quello M5S-Lega che - a giudizio dell’autore - rappresenta con la Brexit il maggior fattore di rischio della costruzione europea, fuori dalla quale l’Italia sarebbe probabilmente meno libera e meno democratica. Infine, guardando appunto all’Europa, Felice si concentra sulla crisi dell’umanesimo liberale che ne costituisce la sostanza, chiedendosi con preoccupazione se si sia spezzato quell’eccezionale colpo d’ala, nel benessere e nei diritti, che fin qui ha accompagnato l’emancipazione umana.
Emanuele Felice è professore ordinario di Politica economica nell’Università Gabriele d’Annunzio di Pescara. Con il Mulino ha pubblicato «Divari regionali e intervento pubblico. Per una rilettura dello sviluppo in Italia» (2007), «Perché il Sud è rimasto indietro» (nuova ed. 2016), «Ascesa e declino. Storia economica d’Italia» (nuova ed. 2018) e «Storia economica della felicità» (2017). È editorialista della «Repubblica».
Un libro che affronta temi attuali e urgenti: da Trump e la "sua" America allo smascheramento della "'narrazione dominante".
"Rebecca Solnit è la voce della resistenza" - The New York Times
"Solnit dimostra di possedere un talento profetico: sa riconoscere lo spirito dei tempi molto prima che l'opinione corrente lo faccia proprio" - The New York Review of Books
Mai come oggi, per riprendere una frase famosa, «le parole sono importanti». Nel mondo ultraconnesso della comunicazione istantanea, saperle usare è determinante quanto saperle decifrare; non è solo questione di vero o falso, ma di potere e di egemonia, di vita o di morte. Mai come oggi, quindi, chiamare le cose con il loro vero nome è un'urgenza etica, prima ancora che politica. Armata della sua prosa incalzante e della sua straordinaria lucidità, Rebecca Solnit analizza i temi che, a partire dall'America di Trump e dalle sue narrazioni fuorvianti, toccano drammaticamente il mondo intero – la violenza del cambiamento climatico e della gentrificazione, le ingiustizie economiche e sociali, la discriminazione e la violenza razziale e di genere. Indica anche le parole, gli eventi e le battaglie che, a dispetto o forse proprio per la loro apparente perifericità, sembrano già segnare la direzione del cambiamento: «Pensiamo alla speranza come a uno striscione intessuto di fili di ragnatela, di un senso di interconnessione tra tutte le cose... Come un tutt'uno in cui tutto conta». Dalle parole, ai fatti.
Iliade e Odissea raccontati come una grande avventura.
«Versi capaci di svelarci l'enigma del domani e di chi, ancora, non siamo diventati» – Andrea Marcolongo
L'Iliade e l'Odissea sono, non per caso, i più antichi longseller della storia: la loro voce continua a parlarci di un'umanità che sentiamo infinitamente più vicina dei duemilacinquecento anni che ci separano da quando sono stati composti. Come possono rimanere così impassibili allo scorrere del tempo? Come può l'avvicendarsi delle epoche lasciare da sempre intatta la loro attualità? Per scoprirlo, Sylvain Tesson si è ritirato per qualche mese in un isolotto delle Cicladi, immerso nella luce che riverbera sull'intonaco bianco delle case e nel vento, primo sostegno ai naviganti che solcano il mare, con la sola compagnia dell'aedo e delle sue Muse. Il risultato è al contempo romanzo, studio e viaggio, animato da eroi che sono prima di tutto uomini, divinità che scendono al fianco dei loro protetti e poi gli altri grandi protagonisti: la hybris, la volontà di superare i limiti umani; il fato, la bellezza, la forza, il lutto, la guerra, l'amore. Tematiche universali che ci mostrano come in realtà l'uomo sia da sempre uguale a se stesso e che i sentimenti che agitano gli eroi in battaglia non sono diversi da quelli che sperimentiamo anche noi, tutti i giorni.
Una vicenda criminale che non smette di porre interrogativi inquietanti e le cui propaggini arrivano fino ad oggi, come svelato dall'inchiesta Mafia Capitale sulla nuova cupola capeggiata da Massimo Carminati. È la storia della banda della Magliana, un gruppo nato alla fine degli anni Settanta e composto agli inizi da malavitosi di borgata, figli maledetti del popolo e della miseria ma scaltri abbastanza per mettersi al servizio di poteri occulti, della mafia e delle frange eversive che miravano a destabilizzare il Paese. Scritto con il ritmo narrativo del romanzo e con una rigorosa aderenza ai fatti, Mai ci fu pietà ripercorre le tappe di un sodalizio che ancora ai nostri giorni occupa un posto di rilievo nell'olimpo della malavita imprenditoriale. Angela Camuso, che ha attinto per il suo lavoro a centinaia di documenti giudiziari, compresi quelli di Mafia Capitale, fa parlare i protagonisti senza omettere nomi, luoghi e circostanze in una sequenza agghiacciante di delitti e misteri: dall'omicidio del giornalista Mino Pecorelli al sequestro Moro, dal rapimento di Emanuela Orlandi alla misteriosa morte, nel 2012, di Angelo Angelotti, il bandito che tradì Renatino De Pedis.
«Verrà il giorno in cui una sola voce, quella di tutto il popolo e di tutte le chiese, si leverà così forte da spazzare via le forze del male. Solo allora potremo finalmente voltare pagina.»
Da giovane medico congolese, Denis Mukwege è testimone delle difficoltà che hanno le donne incinte del suo paese ad accedere a cure adeguate. Le loro gravidanze terminano spesso in tragedie. Nasce così la sua vocazione: si trasferisce in Francia per specializzarsi in ginecologia e ostetricia e sceglie poi di far ritorno a Lemera, tra le montagne del Congo orientale. Dieci anni dopo, in piena guerra civile, fonda l’ospedale Panzi per offrire cure alle donne vittime di violenze sessuali. In quella regione infatti stupri e mutilazioni sono armi strategiche delle milizie armate: colpiscono le donne per distruggere le famiglie e quindi le strutture sociali ed economiche del luogo. Sfidando le minacce di morte ricevute, Denis Mukwege decide di portare il fenomeno all’attenzione prima del suo governo – che a lungo si ostina a negarlo – e poi della comunità internazionale, e nel 2018, per il suo straordinario impegno in difesa dei più deboli e dei diritti delle donne, riceve il premio Nobel per la Pace.
Due interviste non solo sulla politica estera statunitense, le lotte popolari, l'anarchia, il libero mercato, le libertà civili e il progresso umano, ma anche sull'etica, la natura umana, il linguaggio, gli intellettuali, la filosofia e la scienza.
Il futuro scivola di mano a sette miliardi di esseri umani divisi nelle loro impotenti comunità nazionali.
Il grande scarto fra un mondo in tumultuosa trasformazione e una politica nazionale divenuta inconcludente avanspettacolo è sotto gli occhi di tutti. La crisi globale del nostro tempo vede un complesso di sfide economiche, ecologiche, tecnologiche e migratorie che nessuno Stato nazionale è più in grado di governare. Il risultato è una straordinaria provincializzazione delle nostre forme politiche rispetto alle prove che l’umanità si trova ad affrontare. Schiacciati fra una storia oramai mondiale e una politica rimasta tragicamente ancorata alla dimensione nazionale, ci ritroviamo tutti quanti come soggetti coloniali in un impero senza volto. Solo un nuovo internazionalismo e la costruzione di un nuovo movimento di liberazione mondiale potrà restituire alla democrazia il potere di guidare e non subire il futuro. Da dove cominciare? Non dalle tante proposte astratte di riforme istituzionali, ma da un nuovo protagonismo civico e da un nuovo modo di intendere la politica e il nostro ruolo nel mondo. È una sfida che parte da noi e che proietta proprio l’Europa e il suo destino al centro della scena.
Se riusciremo a dare un volto umano alla globalizzazione e a far sì che la democrazia continui a essere un sistema politico credibile, dipenderà da come risolveremo la questione della disuguaglianza.
Gli autori individuano i temi fondanti del dibattito economico, filosofico e politico intorno alla disuguaglianza, offrendoci un quadro del pensiero dei maggiori scienziati sociali che se ne sono occupati. Emerge chiaramente come la teoria economica abbia a lungo trascurato il fondamentale problema della distribuzione personale del reddito e come l’uso di sofisticati strumenti statistici abbia svuotato la questione della disuguaglianza dei suoi contenuti etici più profondi. Il libro dedica in seguito particolare attenzione all’analisi del complesso rapporto che intercorre tra globalizzazione, disuguaglianza e democrazia.
Per finire – e per indirizzare la riflessione sul futuro – gli autori tracciano una mappa delle più recenti proposte avanzate da importanti studiosi della disuguaglianza economica: da Anthony Atkinson a Joseph Stiglitz, fino a Thomas Piketty.
Ci sono luoghi comuni molto diffusi tra la gente – attribuire all’euro la cattiva situazione dell’economia europea o vedere nelle banche la causa di ogni male –, ma i più pericolosi allignano tra gli economisti, perché costituiscono la ‘saggezza convenzionale’ degli uomini di governo e delle grandi istituzioni internazionali. Boitani usa benissimo numeri e argomentazioni per sradicare le convinzioni errate più tenaci. Leopoldo Fabiani, “L’Espresso”
Un libro ampiamente documentato che si muove lungo due direttrici: da una parte la verifica non solo teorica ma reale dei problemi economici, dall’altra la convinzione che il Paese più che di grandi (e illusorie) svolte ha bisogno di muoversi a piccoli passi nella direzione giusta. Gianfranco Fabi, “Il Sole 24 Ore”
Andrea Boitani smonta sette luoghi comuni sull’economia che, tradotti in politiche economiche, influenzano pesantemente le nostre vite.
La geografia dei flussi migratori che stanno ridisegnando il Vecchio continente raccontata attraverso le storie di chi sfida la sorte nella speranza di una vita migliore, per portare in superficie ciò che etichette come «richiedenti asilo» e «migranti economici» non sono in grado di restituire. Alla ricerca di risposte su una questione così complessa, emergono soprattutto domande: «Vogliono raggiungere l'Europa perché ci vive uno zio. E voi, non lo fareste? Ne hanno bisogno per guadagnarsi da vivere. Perché nel loro paese non possono farlo? Perché in Europa invece potrebbero riuscirci? Che rapporto c'è tra il posto da cui provengono e quello in cui sono diretti? Perché dovrebbero tollerare queste condizioni? A chi conviene regolare i loro spostamenti? E quante probabilità ci sono che gli Stati che trattano i migranti con tanta insensibilità si comportino allo stesso modo anche nei confronti dei loro cittadini?». Mettendo al centro le singole testimonianze dei migranti e seguendone gli spostamenti attraverso città, Stati e continenti, Daniel Trilling traccia una cartografia della migrazione e dell'Europa chiusa da confini nazionali, dove il mito dell'Unione europea garante di pace tra le nazioni e prosperità si sta sfaldando di fronte all'incapacità di tutelare quei principi di tolleranza e rispetto per i diritti umani su cui è stata fondata. In questo percorso l'autore include la sua stessa famiglia, scappata prima dalla Russia scossa dalla guerra civile e poi dalla Germania nazista.