La Chiesa cammina nel tempo celebrando i misteri di Cristo, «che è lo stesso ieri e oggi e per sempre!» (Eb 13,8). Questo inedito modo di scandire giorni, mesi e anni ha dato vita alla formazione dell'anno liturgico. In nove capitoli, gli autori ne ripercorrono gli elementi portanti per farne cogliere la bellezza e il valore: la Domenica, festa primordiale, l'Avvento, tempo della veglia, il mistero del Natale di Cristo, la Quaresima, il Triduo Pasquale, il Tempo di Pasqua, il Tempo Ordinario, le feste della Beata Vergine Maria e il culto dei Santi. Un approccio con una forte attenzione all'attualità e alle implicazioni pastorali.
In poche parole: Il recupero e la riscoperta della dimensione mistico-allegorica della liturgia tradizionale come teologia della della vittoria e storia della salvezza.
Un testo che recupera il senso allegorico e mistico della Messa, perduto in seguito all’abbandono dell’adorazione del Santissimo Sacramento, alla creatività liturgica in voga oggi e alla povertà della catechesi contemporanea. Sempre più si avverte la necessità di riscoprire la Santa Messa così come la tradizione della Chiesa l’ha trasmessa, una vera e propria “foresta di simboli”, a partire da una spiegazione mistica o allegorica. L’Autore attinge a una lunga tradizione interpretativa che, a partire dai Padri della Chiesa, si è sviluppata sino alla fine del XVII secolo, epoca in cui è andato in disuso il commento mistico della Santa Messa. Due sono le chiavi di lettura di questa tradizione: la Messa come teologia della vittoria, con il sacrificio dell’Agnello che trionfa sul peccato e sulla morte, e il corso della liturgia come storia della salvezza, dall’ingresso di Cristo nel mondo (l’introito) all’Ascensione (il congedo).
È la disciplina dell'antropologia, in particolare con Durkheim, Rappaport e Csordas, a guidare l'intuizione sulla centralità svolta dal rito nella dinamica di esodo dei fedeli dal credo cattolico a quello pentecostale. Se la vera risposta a cui si è giunti è la capacità del rito pentecostale di mediare il Sacro ai fedeli, è dall'adeguamento del rito latino-romano che il mondo cattolico può ripartire, per contenere il rischio di rendere inaccessibile alla comprensione dei devoti il mistero che il rito stesso significa e per manifestare l'essenza stessa della liturgia in quanto azione teandrica.
Giuseppe Midili
La Riforma Liturgica nella Diocesi di Roma.
Studio in prospettiva storica e pastorale.
Il volume presenta la riforma liturgica a Roma nella sua dimensione storica e teologica, concentrandosi specificamente sul periodo più intenso del movimento liturgico e del Concilio, dal Congresso di Assisi (1956) alla visita di Paolo VI alla Diocesi (1975). Nel testo sono illustrate le scelte pastorali di quegli anni, attraverso un'analisi dei documenti d'archivio della Diocesi ed è proposta una rilettura organica del percorso che ha segnato la preparazione prossima e la pri- ma applicazione dei principi teologici e del modus celebrandi espressi dal Vaticano II.
La sfida che il Convegno APL di Verona ha voluto accettare, e che la pubblicazione degli atti attesta con bella evidenza, può essere così formulata: nella articolazione della “ministerialità liturgica” si manifesta, simbolicamente, il percorso di riconsiderazione ministeriale ed ecclesiale, maturato nel cammino della cultura comune e della coscienza cristiana, durante gli ultimi 100 anni.
Il volume offre un’ampia riflessione sul tema della ministerialità, da molteplici e diversi punti di vista, ponendo la teologia e prassi liturgica in un dialogo deciso e aperto con cultura contemporanea. Gli autori evidenziano alcune delle mete raggiunte, ma soprattutto le vie non ancora percorse. Ci auguriamo che il testo possa rappresentare un punto di partenza per continuare ad elaborare risposte alle numerose istanze che la questione della ministerialità pone alla Chiesa di oggi.
Il volume intende mettere a fuoco il metodo pastorale proprio della liturgia, nel contesto della svolta pastorale promossa dal Concilio Vaticano II. Riconoscere la forma specifica della pragmatica rituale è essenziale non solo per evitare riduzionismi, ma anche per scoprire il grande contributo che essa può dare oggi alla vita di fede, nel quadro di una pastorale organica.
La croce è un segno di salvezza? È segno di vita? O, semplicemente, è segno-ricordo vivo della passione-morte di Cristo?
A queste domande risponde l’Autore percorrendo tre vie possibili:
— la via della verità (attraverso le Sacre Scritture e i Padri),
— la via della bellezza (attraverso l’arte),
— la via della liturgia (attraverso gli usi della comunità credente).
Il tutto per comprendere l’eloquenza della presenza silente della croce nella celebrazione liturgica della Chiesa.
Alcune immagini a colori corredano il testo.
"Il volume è suddiviso in tre parti: la prima, di carattere introduttivo, evidenzia alcuni temi ed espressioni che costituiscono lo scenario complessivo e costitutivo attraverso il quale si può fare una lettura più puntuale delle tradizioni di questa Settimana. La seconda è di carattere descrittivo/analitico e riguarda lo studio strutturale dei singoli giorni della Settimana. Nella terza, di carattere conclusivo, viene fatta una rilettura complessiva utilizzando due “orizzonti”: quello storico, in cui si rintracciano le origini e le varie fasi di sviluppo delle tradizioni nel contesto della storia dell’espressione religiosa popolare nell’ambito del Cristianesimo occidentale; e quello teologico, in cui si individuano quelle che sono le tematiche e le peculiarità complessive e specifiche dei singoli giorni che sottostanno alla Settimana Santa in Sicilia."
Uno dei temi più alti della riflessione teologica di Hans Urs von Balthasar è la missione di Cristo nel mondo, dall’incarnazione
sino alla sua morte di croce. Questo tema lo vediamo espresso nel prefazio della seconda preghiera eucaristica, nella quale troviamo una preghiera rivolta al Padre, una al Figlio ed una allo Spirito Santo, e descrive ciò che fa il Padre, dicendo: Tu « lo hai mandato a noi come Salvatore e Redentore ». In queste parole noi troviamo la decisione e l’invio del Figlio, dal seno della Trinità, che si fa uomo nel grembo della vergine Maria, per opera dello Spirito Santo, che ci rivela il mistero del Dio invisibile, presentandosi a noi come sua immagine visibile e suo estremo amore nella gloria del suo morire.
Noi ora ritroviamo nella preghiera eucaristica questa decisione eterna di Dio e al vediamo attualizzata oggi nel prefazio della seconda
preghiera eucaristica. Come il Cristo giunge ad essere salvatore in un dramma fino a dare la sua vita, von Balthasar lo presenta nella trattazione della kenosi, in cui Gesù Cristo, versando il suo sangue, stabilisce la nuova ed eterna alleanza, tra Dio e l’uomo redento. In termini balthasariani, noi vediamo ora che nella preghiera eucaristica si ripete, si attualizza il sacrifico di Cristo, si sparge di nuovo il suo sangue. Ora, quel che avviene sull’altare, non è altro che una kenosi totale che Cristo fa di se stesso: offre il suo corpo e versa il suo sangue per noi, per la salvezza di tutti Quello che fa Cristo sull’altare è il modello paradigmatico del suo sacrificio. Questo aspetto kenotico della nostra salvezza è l’elemento fondamenale di una teologia liturgica soteriologica. Proprio in questa kenosi totale dello svuotarsi completamente sull’altare nel sacrifico della messa, noi vediamo, seguendo la riflessione teologica di von Balthasar, concretizzata la nascita di una teologia della salvezza.
Papa Benedetto XVI ha approntato il «motu proprio» col quale «ripristina» la messa in latino. La «novità» è che il «motu proprio» rende possibile celebrare la messa col Messale in uso prima del Vaticano II e riformato secondo il concilio di Trento (1570) e solamente «aggiornato» nell’edizione promulgata da papa Giovanni XXIII (1962). Non tutti hanno chiari i termini della questione. Il noto direttore di «Rivista Liturgica», don Manlio Sodi, ci aiuta con la sua riconosciuta chiarezza e competenza a entrare nella problematica storica e teologica e ci fa capire – nel rispetto delle opinioni di tutti e al di là di ogni scontata polemica – la portata dell’evento.
Destinatari
Tutti.
Autore
MANLIO SODI, salesiano, è specializzato in liturgia presso l'Istituto Sant'Anselmo in Roma. Decano emerito della Facoltà di Teologia dell'Università Pontificia Salesiana e professore ordinario nella stessa Facoltà. È membro della Pontificia Accademia di Teologia, e socio della Pontificia Academia Mariana Internationalis. Dirige la collana «Monumenta Studia Instrumenta Liturgica» della Libreria editrice vaticana ed è direttore di «Rivista Liturgica».
La Messa – e non già la Divina Commedia – è il «poema» veramente «sacro al quale hanno posto mano e cielo e terra». Opera dello Spirito Santo, di Cristo e della Chiesa, essa incomincia con un Salmo e finisce con due preghiere di Leone XIII. L'uomo e l'Uomo. Dio, la Trinità e tutti gli Angeli ne formano l'argomento. La Consacrazione, che rinnova l'Incarnazione, è il punto culminante di questo immenso mistero. E il Prete n'è, al tempo stesso, il taumaturgo e il poeta. A un tratto, inesplicabilmente, per mezzo della parola sacerdotale, che ripete la parola divina, il pane e il vino, cambiando natura, diventano Cristo: il Cristo vittima, il Cristo cibo. Allora, noi in Cristo, offriamo Dio a Dio, e noi con Lui. Se offrissimo solo noi non offriremmo nulla; ma offriamo noi con Lui; innestiamo la nostra morte alla Sua Vita e diventiamo viventi. Prendete e mangiate, questo è il mio Corpo». E noi mangiamo quel pane che uccide la morte. L'Infinito penetra, così, nel finito; il finito si dilata, splendendo, nell'Infinito. Il Creatore, riabbassandosi, eucaristicamente, fino alla creatura, si dà a lei, entra in lei, celebra con essa le nozze. E il Paradiso è sulla terra, intorno a un piccolo disco bianco, offerto dalle mani di un uomo che, in quel momento, è più grande della Regina degli Angeli. Tale la sintesi della Messa. Il commento che segue si propone di lumeggiarne ogni parte. La Messa, per moltissimi, immersi nell'ignoranza religiosa, è come un affresco che altri afferma prezioso, ma che, agli occhi annebbiati di chi lo guarda, appare tutto coperto da un fitto strato di polvere. Ho tentato di dissipare quella nebbia e di far vedere il dipinto. Ma certamente vi son mal riuscito. Per far ciò ci sarebbe voluto un poeta santo. Ed io sono un povero balbuziente, a cui l'alito del peccato appanna il volto di Cristo.