Un testo sul rapporto Chiesa-Stato. Uno studio comparato sulla posizione della scuola cattolica nei quattro Paesi dell'Europa Centrale (gruppo Visegrad): Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria.
Il Piccolo Principe si deve leggere almeno su due piani. Uno è il piano del racconto. A prima vista potrebbe essere confuso con una fiaba, ma fatti e personaggi assumono continuamente valori simbolici che chiedono di capire qualcosa di più della realtà.
La dedica al grande amico Leone Werth stabilisce fin dall'inizio il tema generale dell'opera: i grandi non sono più capaci di vera conoscenza, ma l'amico sì; per questo Leone può capire tutto, anche i libri per bambini. E può capire che il grande segreto della vita è l'amicizia, uno dei modi privilegiati per dire amore.
Questo commento, frutto di un lavoro didattico pluriennale coordinato da "La Traccia" di Calcinate e svolto in diverse scuole statali e non statali, intende guidare giovani e adulti a penetrare dentro la ricca simbologia del Piccolo Principe, perché possa «sbocciare il cuore degli uomini».
«A capo della mia città metterò dei preti e dei poeti. Loro faranno sbocciare il cuore degli uomini»
Antoine de Saint-Exupéry
"Questo libro scrive Naranjo nella prefazione riflette la mia presa di coscienza della tragica realtà dell'educazione, che è per la maggior parte una forma di addomesticamento forzato alla cultura del "patriarcato", cioè agli usi e costumi della società cosiddetta "civile". Il mio desiderio è che un giorno i responsabili della politica dell'educazione possano giungere a collocare l'educazione degli esseri umani al di sopra della loro robotizzazione, che possano capire come dal trascendere la visione patriarcale dipenda la nostra stessa sopravvivenza. Proprio come la vita procede solo dalla vita, una coscienza si risveglia al tocco di una coscienza e nulla potrà essere più importante per la trasformazione dell'educazione della "guarigione" e dell'illuminazione di docenti ed educatori"
Per cogliere i meccanismi evolutivi del sistema formativo italiano gli studiosi hanno impiegato paradigmi interpretativi di lungo periodo e contributi offerti dalla microstoria, attraverso lo studio di singole istituzioni educative. I due versanti storiografici si intrecciano nel presente lavoro che vuole essere, da un lato, uno studio sul processo di alfabetizzazione e formazione dei ceti popolari in Italia dopo l’Unità, dall’altro una verifica ‘sul campo’ di quanto le istituzioni nazionali hanno prodotto in ambito scolastico in una porzione ristretta di territorio. Nel periodo storico esaminato la scuola non rappresentò solo il luogo della trasmissione del sapere, perché proprio tra i banchi e nelle aule si giocò la partita della costruzione dell’identità nazionale, particolarmente avvertita dalla classe dirigente locale. Questo libro presenta i risultati di una ricerca che, intesa inizialmente come studio delle pratiche didattiche nella scuola elementare tra Otto e Novecento, si è estesa fino a diventare una storia sociale e della formazione nella città di Brescia (politiche assistenziali, forme di animazione giovanile, istituzioni educative per l’infanzia e i lavoratori). Attraverso l’impiego di una documentazione inedita, Fabio Pruneri dà voce agli attori di questo processo: gli amministratori, gli educatori, i maestri, nella loro quotidiana lotta all’ignoranza.
Fabio Pruneri (Treviglio, 1967) è professore di Storia dell’educazione presso l’Università degli Studi di Sassari. Tra le sue pubblicazioni: La politica scolastica del Partito Comunista Italiano dalle origini al 1955 (Brescia 1999) e Il cerchio e l’ellisse. Centralismo e autonomia nella storia della scuola dal XIX al XXI secolo (a cura di, Roma 2005).
Il ruolo degli insegnanti in una società in trasformazione è incerto; le dinamiche di mutamento delle istituzioni sociali e le difficoltà del compito educativo pervadono anche la scuola. Agli insegnanti sono rivolte molteplici richieste, in ordine sia all’istruzione sia all’educazione degli studenti, le quali presentano tuttavia ambiguità e ingenerano rischi di frammentazione e incoerenza. Da tale complessità, acuita dalla pluralità delle opinioni sociali e delle riflessioni, consegue indeterminatezza circa la definizione dell’insegnante come professionista. Con riferimento a tale scenario, questo libro esamina il contesto contemporaneo e delinea l’ipotesi che l’identità professionale degli insegnanti sia una struttura unitaria e complessa, progettuale e di matrice pedagogica. La professionalità del docente è indagata muovendo da prospettive diversificate che integrano le acquisizioni della riflessione teorica, i fondamenti epistemologici e i percorsi di ricerca empirica, nonché i risultati di un’indagine sugli insegnanti in Lombardia. L’identità professionale docente risulta un costrutto articolato, mutevole nel tempo e secondo le esperienze, la formazione, lo sviluppo personale, il contesto; si costituisce attorno a un nucleo forte, individuabile nell’intenzionalità educativa, in virtù di un processo di crescita originale e riflessivo. Il rapporto tra identità professionale dell’insegnante e progettualità è fondamentale: l’insegnamento è in sé una professionalità progettuale e la molteplicità dei modelli di riferimento rende necessaria al docente la costante progettazione della propria identità professionale. Riflettere sull’identità, oltre che sugli aspetti strumentali della professione, è una risorsa strategica per l’insegnante poiché solo un’identità forte e ben strutturata può affrontare le incertezze di un sistema in continua evoluzione.
Cristina Lisimberti è dottore di ricerca in Pedagogia. Ha svolto attività di ricerca sui temi della formazione, dell’identità professionale degli insegnanti e della progettazione. Svolge attività didattica nell’ambito della metodologia della ricerca e della metodologia della progettazione in campo formativo.
Nell’ambito degli scritti sul tema dell’adozione, la riflessione di carattere pedagogico ed educativo è rimasta sostanzialmente in ombra. Lo studio di Monica Crotti intende richiamare la prospettiva pedagogica per evidenziare l’inscindibile nesso tra elaborazione teorica di categorie interpretative e concreta attività di sostegno educativo al percorso di costruzione del ‘familiare’. Fin dal titolo scelto, il volume identifica nell’adozione reciproca un imprescindibile principio di pedagogia familiare, dove la relazione genitoriale e filiale nasce e si struttura secondo una logica di partecipazione e responsabilità condivisa. La fiducia nella generatività personale e di coppia si coniuga con un approccio educativo centrato su capacità e risorse della persona umana, pur in situazioni di difficoltà esistenziale. La pedagogia deve vigilare sulla promozione dei diritti dell’infanzia e potenziare pratiche educative valide nella famiglia e per la famiglia, affinché l’adulto recuperi la capacità di prendersi cura della vita nascente, in una società e cultura che spesso operano per il diritto di avere un figlio, dimenticando il valore e i doveri connessi all’essere genitori.
Monica Crotti, laureata in Scienze dell’educazione all’Università Cattolica di Milano, è dottore di ricerca in Pedagogia e collabora con la cattedra di Pedagogia generale e di Pedagogia speciale presso la stessa Università. Autrice di contributi sul personalismo pedagogico di E. Mounier, attualmente si interessa di tematiche legate all’antropologia pedagogica.
Che cosa succede se guardiamo il mondo separando corpo e mente, emozioni e conoscenza, natura e cultura? Contro il rischio di impoverimento implicito in questo sguardo, gli autori propongono di procedere, nelle pratiche formative, di connessione in connessione, ridefinendo le cornici di senso all'interno delle quali corpo, mente, significati, contesti risultano inestricabilmente intrecciati e interagenti. Rivolgendosi a tutti coloro che sono impegnati come formatori ed educatori, il volume indaga la problematicità di un soggetto in grado di ridefinire il proprio essere nel mondo, insieme agli altri, prefigurando orizzonti di senso comuni e condivisi.
Il volume offre una serie di esplorazioni storico-educative, che mettono a fuoco una pluralità di vicende, itinerari e modelli pedagogici che testimoniano l'impegno educativo dei cattolici anche nel settore extrascolastico. Ne risulta un panorama vasto e articolato, in grado di fornire un significativo contributo di conoscenze alla complessa storia dell'educazione cattolica dell'Otto-Novecento.