Quarant'anni fa, James Lovelock elaborò una teoria che avrebbe rivoluzionato la nostra concezione dell'ecologia, della scienza e del futuro. Era l'idea di Gaia: l'ipotesi secondo cui la Terra è un unico, immenso organismo vivente, in grado di autoregolarsi. Oggi l'uomo ha incrinato i meccanismi alla base dell'equilibrio tra le forme di vita sui pianeta, e Gaia mette in atto una vera e propria rivolta, che potrebbe vedere l'umanità condannata a un'estinzione quasi totale nel breve volgere di un paio di generazioni. La previsione dello scienziato inglese è allarmante: nel 2050, a causa dello scioglimento dei ghiacciai, una città come Londra potrebbe essere sommersa dall'acqua e intere popolazioni potrebbero essere costrette. Di fronte a uno scenario così fosco, quale margine di speranza rimane per l'umanità? Convinto che la situazione attuale non giustifichi il fatalismo, l'autore riflette sulle prospettive energetiche per il futuro prossimo, passando in rassegna le principali fonti convenzionali e alternative. La sua tesi, che ha già suscitato un aspro dibattito tra gli ambientalisti, vede tra l'altro il ritorno al nucleare come possibile risposta alle necessità di un mondo sempre più affamato di energia. E su questo punto lo scienziato non esita a mettere in dubbio concezioni largamente condivise. Come quella della necessità di ridurre l'inquinamento: eliminare lo smog, che assorbe i raggi solari, servirebbe solo a riscaldare ulteriormente l'atmosfera terrestre.
L'infinito è sicuramente la più strana idea che gli umani abbiano mai concepito, un enigma che assilla la nostra specie dalla notte dei tempi: perché, sottoposto a qualsiasi operazione matematica, l'infinito resta infinito? C'è un infinito o ce ne sono molti? Può un infinito essere più grande di un altro? L'universo è infinito? Fisici, astronomi, matematici, ma anche poeti e romanzieri hanno attraversato i secoli affrontando con la ragione o con la fantasia queste e altre domande, tentato risposte e offerto congetture, senza mai scalfire veramente il fascino e l'inesauribile mistero di quella strana grandezza, al limite del concepibile eppure intimamente radicata nella mente umana. In questo accattivante e insolito saggio John D. Barrow ci conduce in un viaggio avventuroso su questi impervi sentieri alla ricerca delle più fantastiche e geniali teorie concepite da scienziati, matematici, filosofi e teologi per rispondere alle (infinite) sfide che il concetto di infinito lancia all'intelligenza umana.
La complessità della comunicazione scientifica costituisce un limite alla sua possibilità di divulgazione. Tuttavia l'emergere sempre più frequente di temi che investono il rapporto tra individuo, collettività, ricerca scientifica e sviluppo tecnologico rende indispensabile una corretta divulgazione dei processi e dei risultati ottenuti dalla scienza. È allora necessario ripartire da quella complessità e, anziché "ridurla" e "liofilizzarla" in papers specialistici, trovare nuove linee di racconto che veicolino più efficacemente le pratiche e i contenuti scientifici, sfruttando tutti i possibili generi di discorso: l'apistolare, la cronaca giornalistica, l'elzeviro, il saggio, l'invettiva, l'intervista, nel tentativo di trovare una soluzione al problema della divulgazione della scienza.
Con questo titolo vengono pubblicati i capitoli che compongono le sezioni 6-10 dell'edizione originale di Bravo Brontosauro. Sono articoli apparsi su Natural History, la rivista del Museo di storia naturale di New York, di cui Gould è direttore. Nel suo teatro entrano stormi di lucciole, inclassificabili ornitorinchi, rane australiane che ingoiano uova fecondate, producono girini nello stomaco e partoriscono piccole ranocchie dalla bocca; un dente fossile che fa gridare al ritrovamento del primo homo americano e che si rivela poi un dentone di maiale. E ancora una schiera di uomini illustri: Darwin, Wallace, Huxley ecc. Nella prefazione Pinna inquadra Gould nel panorama scientifico internazionale e ne discute, non sempre condividendole, le tesi evoluzionistiche.
L'uomo ha da sempre subito il fascino della tensione verso il futuro e il nuovo. Molla di tale spinta è una curiosità di per sé insaziabile, per il numero infinito di frontiere da esplorare e per la straordinaria disponibilità di mezzi a nostra disposizione. Helga Nowotny parte da questo assunto per analizzare il ruolo della scienza moderna nella nostra società, dove ricerca e opinione pubblica si candidano come attori principali di un confronto che talvolta assume i toni di un vero e proprio scontro: se la ricerca è infatti per natura portatrice di innovazione, la società tende spesso a identificare tale carica innovatrice con il più oscuro concetto di ignoto, denso di paure e fantasmi. Di qui la richiesta, a volte l'imposizione, di meccanismi di controllo che vincolino il cammino della scienza. Ma questo non significa forse snaturare l'idea stessa di innovazione e di futuro come possibilità dell'inatteso?
L'uomo usa il linguaggio per raccontare ciò che accade, e molti racconti sono descrizioni di eventi che si susseguono nel tempo: trasformazioni di organismi viventi o sviluppi di generi letterari, nascita e morte di una stella o mutamenti nella pittura dell'Ottocento. La ricostruzione narrativa di questi processi è spesso indicata con la parola "evoluzione". Così si parla di evoluzione biologica e di evoluzione culturale, spesso separando la prima dalla seconda con la clausola secondo cui la cultura vada riferita ai soli stati della mente. Bellone suggerisce invece di eliminare la distinzione tra corpo e mente, e di adottare un modello naturalistico dello sviluppo culturale. Il modello implica allora che l'origine e la trasformazione delle teorie siano fenomeni di tipo biologico, e, in quanto tali, non siano governati da un progetto o da una logica interna, non abbiano alcuno scopo da raggiungere ma si realizzino come forme di adattamento di ciascun organismo all'ambiente mutevole che lo ospita. L'uso di questo modello, basato sulla ricerca di analogie tra diversi campi disciplinari, porta inoltre alla necessità di rivedere molte opinioni sul ruolo di parole come "progresso e verità", e, infine, sulla collocazione della teoria della conoscenza nell'ambito delle neuroscienze.
L'infinito si è rivelato una delle nozioni più stimolanti del pensiero umano: matematica, logica, fisica ma anche religione e arte. Per un poeta che si compiace di naufragare in quell'immenso mare, centinaia di rigorosi scienziati si sono battuti per eliminare l'infinito dal contesto della conoscenza. Ma, come mostra l'attuale dibattito circa il nostro Universo, la questione "finito o infinito" non è stata ancora risolta e le varie risposte possono condurre a esiti davvero imprevedibili.
In una serie di storie vere, l'etologo spiega che i mammiferi e gli uccelli non sono solo condizionati dall'istinto, ma usano la mente per risolvere problemi e trovare soluzioni. Dal cane che "parla" con il padrone attraverso un linguaggio simbolico allo scimpanzé che impara l'uso del telefono, dal gatto che medita sulla soluzione di un problema all'airone che copia i pescatori.
Chiedersi quali siano gli scenari compatibili con i risultati che stanno emergendo dai laboratori della fisica, della chimica e della biologia sembra ormai essere un dovere sociale e politico, per non cadere nei due facili eccessi della demonizzazione della tecnica, da una parte, o della sua idealizzazione, dall'altra. Attraverso saggi di personalità provenienti dalle discipline più diverse (dalla storia e filosofia della scienza, al diritto, all'economia), questo volume offre un punto di vista privilegiato su quel futuro dell'umanità promesso - o minacciato, secondo qualcuno - dal progresso scientifico e tecnologico.
Scopritore del principio di esclusione, che gli valse il Premio Nobel, Pauli non solo ha fornito determinanti contributi alla meccanica quantistica, ma si è interrogato, con una profondità ignota ad altri fisici, sull'esistenza di principi presenti universalmente nel processo psichico - principi che ha trovato negli archetipi di Jung. Ma che cosa è in realtà un archetipo? Per Pauli si tratta di immagini fondamentali e primitive che si impongono alla mente in maniera oggettiva e inconscia, e legate ai concerti fisici della scienza comune: da questo legame scaturisce quella unità di psiche e materia che senza alcun dubbio lo legava a Jung.
Evoluzione, varietà, selezione, adattamento, DNA, competizione, eredità, progresso: tutte parole che rientrano nel vocabolario e nella cultura di ognuno di noi e che sono direttamente collegate alle domande fondamentali che ci poniamo riguardo all'origine dell'uomo e alla sua evoluzione. Come si sono sviluppati organi tanto complessi e perfetti come l'occhio o il rene? Quando i nostri antenati hanno cominciato a camminare su due gambe? Come risalire all'origine del linguaggio e della coscienza di sé? Molte le domande, poche le risposte sicure. Si sa con certezza che la massa del cervello dell'uomo in tre milioni di anni è triplicata, che molte specie si sono evolute e altre sono scomparse, ma non si sa come si sono generate certe varianti e perché alcune di esse si sono affermate e altre no. Come dimostra Boncinelli in questa nuova edizione del volume, pensare in termini evoluzionistici è essenziale per poter avere una visione prospettica e generale della vita, rinunciando all'idea che non sempre ciò che appare positivo a noi è da considerarsi altrettanto positivo dal punto di vista più generale dell'evoluzione della Terra e dei milioni di esseri viventi che l'abitano.