Qual è il senso del riposo sabbatico nella Sacra Scrittura? Può il riposo sabbatico divenire un principio in grado di salvaguardare la natura, la società e l'uomo in ogni sua dimensione? L'autore di questo studio ne è fortemente convinto.
Prima dei romanzi della "Milano nera", Giorgio Scerbanenco creò una serie di polizieschi investigativi di stampo più classico incentrata sulla figura di un detective tutt'altro che classico, sul quale il padre nobile del giallo all'italiana poggiava la sua voglia di sperimentare. Arthur Jelling, archivista della polizia di Boston, come carattere saliente presenta un'estrema timidezza e si considera un comune impiegato, anzi: "Il più oscuro degli impiegati". Ma la memoria di una miriade di casi, filtrata dal talento di psicologo, ne fanno un imbattibile risolutore di enigmi, dal tratto garbato e schivo che disarma il colpevole. In "Sei giorni di preavviso", un attore, famoso e narcisista, si barrica in casa perché riceve avvisi, sempre più minacciosi. La scoperta del mittente dei messaggi di morte è affidata all'archivista della polizia. In "La bambola cieca", il milionario Déravans, accecato da un incidente, può essere guarito solo dall'ardita chirurgia del professor Linden. Questi riceve una minaccia di morte prontamente eseguita, minaccia trasmessa per mezzo di una bambola cieca. Il timido archivista capisce che l'unica via da seguire è capire cosa Déravans non avrebbe dovuto vedere se restituito alla luce. In "Nessuno è colpevole", Jelling affronta un caso senza problemi: un uomo è ucciso durante una partita di caccia e il suo compagno è reo confesso. La soluzione acquieta tutti. Solo l'archivista dal rossore facile non è pago e architetta una astrusa dimostrazione per assurdo.
Con l'aiuto di un angelo interprete" che conosce tutte le lingue, l'autore fa un balzo nel presepe e dialoga con Maria e Giuseppe, con i pastori, i Magi, i soldati romani (in latino...). "
Come ogni anno il re dei vignettisti italiani, il maestro indiscusso della satira, disegna con arguzia e sense of humor il ritratto di un'Italia sempre in biblico tra la farsa e il ridicolo. Con le sue vignette graffianti, ma anche affettuose, svela i lati più inconsueti e paradossali dell'attualità nazionale e internazionale, facendo cadere nella sua rete politici, vip, soubrette e tutti quei personaggi che hanno segnato la cronaca dell'anno appena trascorso. Una lettura divertita e intelligente del Belpaese.
Está a la vista de todos la proliferación de libros, folletos y revistas que con gran elocuencia y extrema desenvoltura hablan de ángeles y demonios siempre y solamente en clave esotérica y consumista, en total oposición a la revelación cristiana. Así, a la discreción, cercana al silencio, de no pocos sectores de la teología y de la catequesis, se contrapone la locualidad intransigente y mistificadora de la literatura al servicio de lo oculto.
Nell’opera di Paul Valéry, l’architettura ha una duplice centralità. Da un lato, rappresenta la metafora più convincente della logica costruttiva e della chiarezza ideale che devono guidare la riflessione sull’esistenza. Dall’altro lato, è quell’arte eccelsa che accoglie e custodisce il corpo dell’uomo, nell’orgoglio e nella bellezza, organizzando la materia bruta, secondo regola e numero. Su di essa, quindi, si addensano l’identità razionale e il destino vitale della civiltà. Così, guardare all’idea di architettura che Valéry esprime in pagine di raffi - nata scrittura, vuol dire guardare, da una postazione privilegiata, ad argomenti centrali nella cultura europea del Novecento. Muovendo da alcuni appunti inediti sull’architettura contenuti nei «Cahiers», gli autori propongono uno stimolante itinerario di lettura che attinge alla stessa passione per l’architettura nutrita da Valéry. Il volume è corredato da un inserto illustrativo con una selezione degli straordinari disegni dedicati da Valéry al tema dell’architettura
"Io mi chiamo Silvano ma la provincia è sempre pronta a trovare un soprannome. E da Silvano a Silver la strada è breve". Con la sua voce dimessa e magnetica, sottolineata da una nota sulfurea e intrisa di umorismo amaro, il protagonista ci porta dentro una storia che, lette le prime righe, non riusciamo piú ad abbandonare. Con "Tre atti e due tempi" Giorgio Faletti ci consegna un romanzo composto come una partitura musicale e teso come un thriller, che toglie il fiato con il susseguirsi dei colpi di scena mentre ad ogni pagina i personaggi acquistano umanità e verità. Un romanzo che stringe in unità fili diversi: la corruzione del calcio e della società, la mancanza di futuro per chi è giovane, la responsabilità individuale, la qualità dell'amore e dei sentimenti in ogni momento della vita, il conflitto tra genitori e figli. E intanto, davanti ai nostri occhi, si disegnano i tratti affaticati e sorridenti di un personaggio indimenticabile. Silver, l'antieroe in cui tutti ci riconosciamo e di cui tutti abbiamo bisogno.
Dai confronti quotidiani con la sanità, con il mondo dell'economia e del lavoro, del volontariato, della scuola, dall'ascolto e dallo scambio di opinioni con i cittadini è nata l'idea di questo libro, che vuole testimoniare come una realtà ha affrontato la pandemia globale: quali soluzioni, quali risposte, quale tipo di resilienza è stata messa in campo per continuare a essere comunità e non cedere alla rassegnazione, alla paura e alla solitudine e porre le basi di un futuro condiviso. Il libro è composto da una serie di dialoghi tra Luca Vecchi con personalità dei vari settori della vita sociale e politica del paese. Tra i quali il prof. Romano Prodi per l'economia, don Giuseppe Dossetti per Chiesa, volontariato e terzo settore, Maurizio Landini (segretario nazionale CIGIL) per il Lavoro, Stefano Bonacini (presidente della Regione Emilia-Romagna) per la politica, Fausto Nicolini (direttore generale Ausl RE) per la sanità e diversi altri personaggi per il mondo della scuola, i giovani e gli anziani.
Tracciare un bilancio dell'avventura intellettuale dell'uomo in Occidente equivale a ripercorrere lo sviluppo della razionalità tramite l'esercizio del dubbio: filosofia, scienza, psicologia, tutte si sono avvalse del dubbio e del suo superamento come strumento d'indagine e metodologico privilegiato. Ma cosa accade quando cerchiamo di applicare il "cogitocentrismo" nella pratica, nella vita di tutti i giorni, di fronte a scelte e situazioni di per sé irriducibili alla logica e al più ferreo raziocinio? Cadiamo in una trappola, in un autoinganno, in una vera e propria "psicopatologia della vita quotidiana": ci illudiamo di poter risolvere una crisi amorosa, un dubbio amletico, una decisione cruciale affidandoci al nitore rassicurante del sillogismo, oppure, all'estremo opposto, cerchiamo la certezza nelle "verità rivelate", religiose, scientifiche o ideologiche. Da strumento infallibile il cogito si trasforma così in un ostacolo insormontabile, fonte di incertezza se non addirittura di sofferenza psicologica, fino ad assumere forme patologiche. In queste pagine Giorgio Nardone affianca i presupposti teorici all'indagine clinica, proponendo soluzioni terapeutiche "calzate sul problema" e ispirate al modello strategico. Sulla scia di Kant, è necessario "riorientare" strategicamente il pensiero per riscoprirne le potenzialità: anziché ostinarci a cercare le risposte, dovremmo preoccuparci di formulare meglio le domande.
Zeus diventa un cigno oppure un toro per sedurre le ragazze di cui si è invaghito. Atena trasforma in ragno la donna che aveva osato sfidarla in una gara di tessitura. Apollo scuoia vivo un rivale impertinente. Ermes, appena nato, scivola via dalla culla e si dedica al furto di bestiame. Dioniso fa impazzire una madre e la costringe a uccidere il suo stesso figlio. La capricciosa Afrodite viene sorpresa ad amoreggiare con il dio della guerra Ares: Efesto, il marito tradito, ingabbia i due amanti in una rete d'oro. Gli dei dell'antica Grecia sono rissosi, violenti, bugiardi, passionali. Molto diversi dall'immagine imbalsamata che spesso abbiamo di loro. Queste "biografie non autorizzate" svelano i lati oscuri e talvolta meno noti dei grandi protagonisti della mitologia in un racconto leggero e divertente, affidato alla penna di un autorevole studioso del mondo antico. Un viaggio nel mito, dove le storie che stanno alla radice della nostra cultura ritrovano tutta la loro affascinante immediatezza.
Cos'è il denaro? A cosa serve e come funziona? È il denaro che appartiene agli uomini o sono gli uomini ad appartenere al denaro? Domande semplici come quelle che potrebbe fare un bambino, ma che pure, una volta adulti, dimentichiamo forse perché spaventati da risposte che crediamo troppo astruse. Così si finisce per dare il denaro per scontato, uno strumento "trasparente", quasi una legge di natura. Giorgio Ruffolo, con la chiarezza e lo stile che l'hanno reso popolare, ne traccia una storia molto diversa, ricca di scoperte sorprendenti e clamorose smentite del senso comune. E lo fa raccontando le vicende degli uomini che per la passione, la necessità o il desiderio di denaro, hanno plasmato il mondo. Simbolo del valore materiale, il denaro ha una natura ideale: contrariamente a quello che si potrebbe pensare, infatti, "non è l'oro che da valore al denaro, ma il contrario". La storia del denaro, allora, è anche una storia di smaterializzazione e fiducia. Volatilità perché si passa dalle sonanti monete in oro e argento a pezzi di carta altrettanto preziosi, fino alle carte di credito o agli scambi via internet in cui il denaro diventa puro dato digitale. Fiducia perché accettare soldi in cambio di merce significa credere sulla parola che un giorno ci verrà restituito ciò che ci spetta. Cosa succede quando tale fiducia (o tale fede...) comincia a incrinarsi l'abbiamo scoperto a nostre spese proprio durante la recente crisi finanziaria globale.
Era la sera del 9 novembre 1989 quando fu abbattuto il muro di Berlino. In quella stessa sera, durante la conferenza stampa, Günter Schabowski, il ministro della Propaganda, venne colto impreparato dalla domanda sulla concessione di permessi di viaggio ai tedeschi dell'Est. Rispose ab sofort, cioè "da subito-, con effetto immediato, e con due sole parole annunciò così la caduta del muro. I berlinesi lo presero alla lettera e si riversarono nei pressi del muro. Le guardie, lasciate senza ordine, non fecero altro che aprire i varchi. Le immagini dell'abbattimento del muro fecero il giro del mondo e in poco tempo l'euforia, lo spirito di riunificazione e libertà si diffuse in tutta Europa. Sono passati trent'anni e altri muri sono comparsi nel mondo. In occasione di questo anniversario, Giorgio Ferrari ripercorre le tappe del muro più tristemente famoso della storia attraverso i personaggi e gli eventi che ne hanno determinato prima l'edificazione e poi l'abbattimento: dalla Guerra Fredda alla crisi economica della Ddr allo storico discorso di John Kennedy, a Gorba?ëv, alla decisiva opera di Giovanni Paolo II. La prigionia psicologica, morale e fisica di Berlino è durata ventotto anni, nel mondo però non si è cessato di costruire barriere, confini e cortine di ferro che ancora separano e umiliano individui, popoli e culture. Dalla "Barrera" fra il Messico e gli Stati Uniti alle mura che avvolgono Gaza e cingono la Cisgiordania, ai confini interni della stessa Europa, dove risorgono muraglie e distese di filo spinato laddove dovrebbe esserci lo spazio libero della circolazione delle persone e delle cose, un viaggio fra le democrazie (liberali e autoritarie) accomunate dalla grande paura dei migranti.