
Roberto Giardina si appresta a completare il viaggio intrapreso alla scoperta del Vecchio Continente. Punto di partenza e punto d'arrivo di questo itinerario rimane l'Italia che, come un lungo molo proteso verso il mare, pone in contatto fra loro genti, culture e mentalità eterogenee. E proprio "navigando" metaforicamente sul Mediterraneo, custode del mito e crocevia tra civiltà, si può seguire la rotta di Ulisse, rivivere le grandi battaglie di Lepanto e Salamina o anche oltrepassare i confini europei alla ricerca delle origini più remote della storia, del passato meno conosciuto capace di svelare gli infiniti "perché" del presente.
«La figura di Federico ha attirato l'attenzione dei suoi contemporanei e di coloro che vissero subito dopo il grande Svevo. Di fronte al cumulo delle fonti, il rischio è dunque quello dei borgesiani cartografi dell'impero cinese che ossessionati dall'assoluta precisione finirono per disegnare una mappa 1:1 del territorio. Resta ancora invece da fare in parte la ricostruzione delle relazioni e del confronto tra Federico e il suo mondo, quel cinquantennio a cavallo fra i due secoli, il XII e il XIII, in cui l'Europa apre gradualmente le sue città e le sue scuole a un 'sapere nuovo', a maestri che insegnano con nuovi modi e nuove ragioni nuove discipline", a una visione del mondo naturale ed etico che cambia lo stile della vita collettiva e individuale».
Gian Giuseppe Liruti avviava nel 1760 la pubblicazione delle "Notizie delle vite ed opere scritte da" letterati del Friuli", divenute ben presto uno strumento fondamentale di consultazione storico-letteraria e biografica. Il "Nuovo Liruti. Dizionario biografico dei friulani" si propone quale aggiornamento, integrazione e arricchimento del lavoro del suo illustre predecessore, realizzato sulla base delle attuali prospettive culturali e delle nuove metodologie di studio. Ne risulta un'opera indispensabile per chiunque voglia conoscere in modo approfondito la storia del Friuli dalle sue origini ai nostri giorni. Il primo volume presenta oltre 320 voci redatte da una trentina di studiosi italiani e delle principali università italiane ed europee relative a personaggi che hanno contribuito alla crescita culturale del Friuli nel corso del medioevo
Ricercatrici in Storia contemporanea presso l'Università cattolica di Brescia, le due autrici ripercorrono la storia delle feste repubblicane del 25 aprile e del 2 giugno, lette come momenti simbolici di educazione alla democrazia. Un libro che diventa ancor più attuale per la ricorrenza del sessantesimo anniversario della nascita della Repubblica.
Si poteva evitare la Seconda guerra mondiale? E Mussolini che ruolo ebbe nelle "grandi manovre" della diplomazia volte a prevenire il conflitto? A questa ed a molte altre domande cerca di rispondere quest'opera. L'autore ricostruisce la complessa dinamica dei rapporti tra Mussolini e la Gran Bretagna, che procedettero attraverso una prassi di relazioni diplomatiche "non formali", mediante contatti diretti tra il dittatore italiano e gli statisti inglesi (Chamberlain e Churchill, soprattutto). I documenti del Foreign Office e dell'Archivio del primo ministro, analizzati dall'autore, permettono di ricostruire, con retroscena importanti, i veri rapporti tra Londra e Roma fino all'entrata in guerra dell'Italia.
Due epoche ben distinte hanno attraversato l'interpretazione storico-critica di Rembrandt. Alla prima, che aveva costruito il mito di un Rembrandt genio isolato, solitario, incompreso dai contemporanei e che tuttavia, con i suoi dipinti avrebbe rivoluzionato l'arte contemporanea, si andò sostituendo con il tempo la visione degli esperti, che riattribuirono molti dei capolavori che si credevano eseguiti da Rembrandt: quei quadri, alcuni dei quali tra i più famosi, non sarebbero stati che il frutto del lavoro di allievi. Si distinse allora la pittura di Rembrandt e quella della sua scuola, l'opera unica del Maestro e la moltiplicazione, ad opera del suo atelier, di opere eseguite alla maniera di Rembrandt. Il libro di Svetlana Alpers consente di ricostruire la situazione paradossale di un artista che affermò il carattere unico e singolare della propria arte grazie alla riproduzione, per mano altrui, dei propri temi e del proprio stile. Tutto ha luogo nell'atelier di Rembrandt, mondo in cui regna sovrano l'artista, piegando i desideri dei clienti alla propria volontà di creare valori artistici per lui irrinunciabili. Rembrandt rifiuta di adeguarsi ai gusti e ai canoni rappresentativi dei mecenati. La sua opera pittorica costituisce l'affermazione originale dell'autonomia dell'artista, della sua libertà che fonda e nutre la produzione per il mercato, dato che proprio lo scambio o la vendita al pubblico stabiliscono ormai il valore di un'opera.
Il volume raccoglie "L'alba del Medioevo", "Quando il cielo s'oscura", "La pietra viva" e "Solitudo carnis", i saggi che hanno fatto di Fumagalli un apprezzato scrittore di storia per il largo pubblico. Dalle sue pagine emergono le credenze, i valori, i comportamenti che definiscono l'atteggiarsi dell'uomo nei confronti del mondo naturale, del soprannaturale, del proprio stesso corpo. È un'umanità assediata da una natura ostile irta di pericoli veri e immaginari, perduta in un labirinto "gotico" di sofferenze e terrori, macerata nelle penitenze; eppure, insieme, è l'umanità che caparbiamente resiste agli urti delle calamità e dei barbari, che conquista nuovi spazi all'agricoltura, che ridà vita alle città decadute.
Con il taglio dell'inchiesta giornalistica, il libro rivisita l'affondamento dell'Andrea Doria e gli eventi seguiti a quel tragico 25 luglio 1956. Polemiche, indagini, denunce anonime, operazioni di spionaggio e diplomatiche, e una "lobby della memoria" che da anni combatte per ristabilire la verità e per riabilitare l'equipaggio dell'Andrea Doria. E con esso, l'immagine della marineria italiana. È una lunga navigazione nel passato, che l'autore compie insieme ad alcuni protagonisti del caso fino ad approdare anche alle conclusioni dell'inchiesta della commissione speciale del ministero della Marina Mercantile italiano.
Il sorriso della Gioconda, un sorriso che ognuno di noi ha visto centinaia di volte, sui libri, al museo, al cinema, sui giornali, sui manifesti pubblicitari. Come nessun altro, il dipinto di Leonardo è stato studiato, imitato, parodiato, sfruttato dal mondo dell'arte, della pubblicità, dello spettacolo. Un volume che racconta l'appassionante storia di questo capolavoro dell'arte di tutti i tempi: Leonardo e la Firenze del Rinascimento, la misteriosa identità della modella, il legame con la monarchia di Francia e con Napoleone, il rocambolesco furto dal Louvre, il viaggio in America negli anni Sessanta, le rielaborazioni degli artisti del Novecento, le pubblicità e il cinema.
La 'forma' di questo saggio di amplissimo respiro cronologico e geografico è determinata dalla convinzione che il 'Grande Racconto' tradizionale del periodo compreso tra la nascita del cristianesimo nell'impero romano e la conversione del mondo scandinavo, otto secoli più tardi, debba essere ampiamente rivisto. E prima di tutto, per Peter Brown, è necessario mettere l'Europa occidentale sullo sfondo di un mondo più vasto e partire dal fatto che il cristianesimo 'europeo' rappresenta semplicemente la variante più occidentale di un mondo cristiano amplissimo, il cui baricentro era situato originariamente nel Mediterraneo orientale e nelle grandi capitali dell'impero d'Oriente: sono Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, e non Roma, a trovarsi allo snodo di un cristianesimo di portata mondiale. Con la nascita poi dell'islam e la sua conquista del Medio Oriente e del Nordafrica -e per mezzo millennio anche della Spagna meridionale - una barriera si interpose fra il mondo cristiano occidentale e un mondo cristiano più antico, che aveva compreso tanta parte dell'Oriente.
C'è una 'giustizia' su misura per le grandi potenze occidentali, che godono di un'assoluta impunità per le guerre di aggressione di questi anni, giustificate come guerre umanitarie o come guerre preventive contro il terrorismo. E c'è una 'giustizia dei vincitori' che si applica agli sconfitti e ai popoli oppressi, con la connivenza delle istituzioni internazionali, l'omertà di larga parte dei giuristi accademici e la complicità dei mass media. In realtà solo la guerra persa è un crimine internazionale.