Requisitoria appassionata, il "libro dell'orrore" costruito da Pietro Verri raccoglie le testimonianze documentarie del processo agli untori del 1630, uno dei casi più crudeli della storia del diritto, lo stesso poi ripreso nella "Storia della colonna infame" di Manzoni. In appendice, l'Orazione panegirica sulla giurisprudenza milanese (1763) e le sezioni tratte dal testo di Beccaria e da "Su l'abolizione della tortura" di Joseph von Sonnenfels (1775) attestano la centralità del dibattito sulla tortura nell'Europa dei Lumi.
Un velo bianco unisce le storie di tre donne appartenenti alla stessa famiglia ebraica, attraversando il Novecento e le sue immani tragedie fino ai giorni nostri. Il velo con cui Rebecca, poco più che bambina, si copre il volto prima di incontrare Isacco, il suo futuro sposo. Il velo altrettanto candido che l'anziana Claudia, consacratasi a ricamare una tovaglia che festeggerà la futura morte di Hitler, indossa per commemorare i suoi famigliari mentre scompaiono uno dopo l'altro durante le persecuzioni naziste. E infine il velo nel quale Elvira e il suo amato custodiscono una manciata della Terra Promessa. È lo stesso velo che un giovane rabbino tiene tra le mani a Venezia, mentre attende giorno dopo giorno, con fede incrollabile, l'arrivo del Messia.
Atti dei Convegni Internazionali di Studi 2003-2004 (Rimini, Viterbo, Ancona, Allumiere, Roma) su papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini.
L'esordio, le illusioni, le sconfitte, le ritirate, la ripresa e le prime vittorie
La lotta politica che cattolici, agnostici e valdesi vissero fianco a fianco
Libertà di coscienza e lotta di liberazione
Una ricerca, basata sul confronto di testimonianze dirette, sul primo periodo della guerra partigiana nelle valli valdesi del Piemonte - teatro di lunghe lotte in difesa della religione protestante - a cui ambiente geografico, economico-sociale e religioso conferirono caratteri specifici.
Il testo ritrae l'umana avventura del deputato regionale, il piccolo mondo di cui è espressione e speranza al tempo stesso, attraverso i ritratti di cinquanta parlamentari di ogni appartenenza politica ed, infine, l'autoritratto. Allo spirare del sessantennio dello Statuto Regionale Siciliano, aprire queste pagine e rileggere quegli uomini ed eventi, è memoria del passato, riflessione sul presente, pegno per il futuro.
A sessant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, il dibattito sull'interpretazione dei drammatici avvenimenti che hanno contraddistinto i venti mesi compresi tra l'armistizio dell'8 settembre 1943 e la fine dell'aprile 1945 è ancora vivo: fu lotta di liberazione, guerra civile, scontro di classe? Una fonte autentica per sapere che cosa muoveva gli animi dei combattenti della Resistenza è costituita dai messaggi indirizzati ai familiari nell'imminenza dell'esecuzione o durante il penoso trasferimento verso i campi di sterminio del Reich. Questo libro raccoglie le lettere di cento partigiani trucidati dai fascisti o dai tedeschi e di quaranta tra oppositori politici ed ebrei stroncati dalla deportazione.
Il 1° gennaio 1941 nei campi dell'NKVD si trovavano più di un milione e mezzo di detenuti, nelle colonie di lavoro quasi 429.000, nelle carceri quasi 488.000. Negli insediamenti di lavoro e speciali alla vigilia dell'invasione tedesca erano distribuite circa un milione e mezzo di persone. Tenendo conto della crescita del numero dei condannati nella prima metà del 1941, si può calcolare che nelle diverse articolazioni del Gulag prima della guerra si contassero circa quattro milioni di persone. In questo libro Oleg Chelevnjuk propone la storia della prima fase del Gulag, fino al 1941, rivelandone tutti i segreti più profondi e offrendo un punto di vista acuto sul regime del terrore nel suo complesso.
Le truppe fasciste concentrate a nord di Roma per l'attacco alla capitale sono stanche, bagnate e affamate quando si diffonde la notizia che Mussolini è stato nominato capo del governo. Ma l'entrata a Roma non coincide con la sua conquista, anzi in quei giorni la città continua a respingere i fascisti come nessun'altra, e gli scontri si fanno durissimi. Inizia così un nuovo racconto della marcia su Roma che finalmente spiega il ruolo giocato dalla violenza, il motivo per cui la classe dirigente politica non ha compreso subito la gravità degli avvenimenti, il modo in cui lo Stato liberale è crollato. E che mostra come la marcia non sia stata solo quella degli squadristi su Roma.
Non si può capire lo sviluppo economico dell'Italia post-unitaria guardando solo all'Italia stessa. L'Italia è già allora parte di un mondo più vasto, all'interno del quale circolano, oltre ai beni, gli uomini, le idee, il denaro. Dal 1861 al 1913 l'Italia si dota di infrastrutture moderne, sviluppa l'industria, il tenore di vita si innalza. La produzione complessiva cresce senza particolari discontinuità, ma con ampi movimenti ciclici le cui alterne fasi dipendono dai mercati finanziari internazionali. L'economia italiana prospera quando i capitali del centro nordeuropeo si riversano nei paesi periferici, ristagna o retrocede quando questi se ne ritirano; la stessa ascesa giolittiana è parte di una ripresa mondiale.
Il periodo che va dall'immediato primo dopoguerra all'ascesa al potere di Mussolini è senz'altro uno dei più importanti per la storia militare italiana: fu allora che l'esercito, uscito vittorioso dalla guerra, cercò e si diede una nuova organizzazione, tenendo conto del mutato contesto politico. Lo testimonia l'attenzione insolitamente alta dell'opinione pubblica del tempo ai problemi militari. Le vicende della guerra, le crescenti ambizioni degli alti gradi dell'esercito, il mito della nazione armata, le prime agitazioni operaie e l'ombra del bolscevismo confluivano nel dibattito pubblico, agitando una serie di interrogativi e aspettative sul ruolo dell'esercito nella società. Il presente volume è una nuova edizione con una Premessa dell'autore.
È il 10 gennaio del 49 a.C.: il proconsole Caio Giulio Cesare attraversa un piccolo corso d'acqua che segna il confine tra il territorio romano e le Gallie, confine che nessuno può varcare in armi senza essere considerato nemico dell'Urbe. Si mette così in moto una catena di eventi che porterà cinque anni dopo alla morte del proconsole, divenuto nel frattempo l'uomo più potente del mondo. Dopo aver scatenato la guerra civile varcando il Rubicone, Cesare riuscirà a distruggere un sistema di governo vecchio di oltre cinquecento anni: un instabile compromesso tra l'avversione dei romani per le forme politiche che attribuivano tutto il potere a un uomo solo e un modello democratico che tenesse conto della competitività tra i cittadini.