
Chi sono le ventuno donne che hanno contribuito all'elaborazione della Costituzione italiana? Quali sono le loro storie, la provenienza, le battaglie che hanno portato avanti, sacrificando spesso la vita privata e la propria famiglia in nome di un bene comune? Questo libro prova a raccontarlo attraverso le loro stesse voci, con una narrazione in prima persona che restituisce ai lettori la passione di chi ha partecipato alla ricostruzione di un Paese appena uscito da una devastante guerra. Il testo, rivolto agli studenti delle scuole secondarie di I e II grado, intende ricordare quelle figure, spesso dimenticate, che hanno lottato senza mai tirarsi indietro e mostrare quanta strada ci sia ancora da fare, oggi, per attuare i princìpi e le battaglie di ieri.
Lucille Eichengreen ha vissuto all'interno della più longeva tra le comunità ebraiche intrappolate nell'Europa nazista, quella del ghetto di Lodz, il secondo della Polonia dopo Varsavia, dominato dalla controversa figura di Chaim Rumkowski, rievocata anche da Primo Levi ne "I sommersi e i salvati". Ex direttore dell'orfanotrofio, nominato poi Ebreo Anziano dai nazisti, Rumkowski fu per alcuni un eroe capace di guidare con determinazione la sua comunità nel peggiore dei momenti. Ma la testimonianza di questo straziante memoir, unita alle storie di molti altri, ci fornisce dettagli essenziali per capire come nella cruda realtà quotidiana dei bambini di Lodz quest'uomo fosse tutt'altro che un eroe. Dopo più di cinquant'anni, Lucille Eichengreen trova il coraggio di raccontare i crimini commessi da un ebreo verso altri ebrei, la propria umiliazione e gli orrori dei quali fu vittima, svelando come Chaim Rumkowski tradì il proprio ruolo di Anziano di Lodz attraverso la collaborazione con il nemico, la corruzione, e l'abuso dei propri bambini.
1989-2019: a trent'anni dalla caduta del Muro di Berlino, ancora si costruiscono barriere, in Europa e altrove. Tornare a parlare del 'Berliner Mauer', rintracciandone la storia e le finalità politiche, serve per comprendere appieno il concetto stesso di "muro": non come segno di sovranità e di controllo, ma come segno della mancanza, o della debolezza, di entrambi. Cadono le ideologie, restano le macerie, tornano le paure: di fronte a situazioni geopolitiche instabili, e a un fenomeno migratorio sistemico che tutti ci coinvolge, come possono reagire le generazioni post-Muro? In questo volume Piero Graglia ci parla delle società murate di ieri e di oggi, dalla Grande Muraglia cinese fino all'attuale confine USA-Messico, mettendoci in guardia rispetto al rischio che comporterebbero nuove chiusure nel panorama mondiale.
L’«animazione cristiana delle realtà temporali», compito specifico del fedele laico, ha proprio sul versante politico un ambito ineludibile. Riflessioni autorevoli ed attualissime.
Per Giuseppe Lazzati la distinzione fra azione politica e attività apostolico-pastorale si pose con forza negli anni della militanza partitica e parlamentare (1946-53). Fondamentali in tal senso le riflessioni del 1947-48 in «Cronache sociali». Da allora egli non smise di approfondire il tema, a maggior ragione dopo il Concilio Vaticano II, che legittimava la sua posizione. Affermare, contro ogni commistione indebita, la specificità della politica significava riconoscerne la “giusta” autonomia. Sino alla fine, il cruccio di Lazzati era quello
di constatare in troppi cattolici un’inadeguata capacità di «pensare politicamente». Limite grave, perché l’«animazione cristiana delle realtà temporali», compito specifico del fedele laico, ha proprio sul versante politico, inteso come impegno per «costruire la città dell’uomo», un ambito ineludibile.
Il testo raccoglie i principali interventi del professore – oggi venerabile – sull’argomento, che resta di palpitante attualità.
"Io annuncio cose inaudite." Con questo messaggio rivoluzionario Lucrezio irrompe nella conservatrice Roma repubblicana del I secolo a.C. Politica, religione e amore sono costruzioni della mente, forme di alienazione e fonti di infelicità: indossano una maschera e nascondono la realtà. Quale la via d'uscita? Lucrezio non ha dubbi: "la scienza della natura", la quale consente la "rivelazione", quella "apocalisse" che dalle tenebre dell'ignoranza ci porta alla luce della ragione e ci rivela verità rasserenanti: l'aldilà con le sue pene e paure non esiste; un'unica legge governa tutte le cose; l'universo, anzi gli innumerevoli universi stanno in equilibro grazie al bilanciamento di forze uguali e contrarie; il mondo è leggibile perché le singole realtà sono ordinate secondo i principi della scrittura e della grammatica; la forma più nobile di pietas è contemplare il tutto con mente serena.
Che cosa accomuna i romanzi che narrano di spie e agenti doppi e vicende realmente accadute come la cinquecentesca storia di Martin Guerre o quella novecentesca dello smemorato di Collegno? Gli impostori esistono da sempre, uomini e donne che assumono false identità c'erano nel passato come ci sono oggi, quello che muta è il contesto in cui agiscono. Gabriella Turnaturi cerca di individuare alcune costanti nelle relazioni fra chi inganna e chi gli crede, a livello sia individuale sia collettivo, indaga le emozioni, i desideri, le aspettative, le ambizioni, i pregiudizi e le false credenze che entrano in gioco in questi casi. Si chiede, rifiutando di liquidare le imposture come relazioni fra persone malvagie e persone credulone, quali contesti, quali culture emozionali ne rendano più fertile il terreno, perché intere comunità, in certi casi, cadono nell'inganno. Non può infatti esistere un impostore, un pifferaio magico, senza una comunità disposta a dargli fiducia, come non può esserci un attore senza un pubblico disposto a credere alla sua rappresentazione. La fiducia, d'altra parte, è necessaria all'esistenza stessa della società, per cui non possiamo smettere di fidarci gli uni degli altri.
Il Premio Pulitzer Eric Licthblau ci regala con questo libro la ricostruzione di fatti che credevamo di conoscere, ma che nessuno prima di lui aveva raccontato nei particolari. Eric Lichtblau ha controllato meticolosamente documenti inediti e ha raccolto preziose testimonianze, ricostruendo i fatti di una storia vera che ha dell'incredibile. Leggendo queste pagine si ha l'impressione di avere davanti agli occhi la sceneggiatura di un film di fantaspionaggio: la storia di come l'America divenne un rifugio sicuro per gli uomini di Hitler. È ampiamente noto che dopo il crollo del Terzo Reich migliaia di gerarchi nazisti trovarono rifugio in Sudamerica. Criminali di guerra come Mengele, Eichmann, Priebke, Barbie e numerosi altri fuggirono indisturbati, avvalendosi dell'assistenza di una misteriosa ed efficiente organizzazione, nome in codice Odessa, che operava in tutta Europa anche con l'aiuto di alte autorità ecclesiastiche e della Croce Rossa. Si sospettava che dopo la guerra molte centinaia di nazisti si fossero insediati indisturbati anche negli Stati Uniti. Incredibilmente, molti di loro, benché riconosciuti come criminali di guerra, furono reclutati dall'FBI e dalla CIA e utilizzati come informatori negli anni della Guerra fredda. A molti furono ribaltate le imputazioni a loro carico grazie all'intervento diretto del capo dell'FBI, J. Edgar Hoover.
Quando non sono quelli delle case, i muri sono quasi sempre "strumenti politici". L'esempio più noto è quello che incarnò la guerra fredda: il Muro di Berlino. Ma nella storia del mondo le barriere politiche esistono fin dai tempi più antichi, ed è abbastanza eloquente che non siano mai state tanto numerose come ai giorni nostri. Muri imperiali come la Grande Muraglia cinese o il Vallo di Adriano, muri di separazione come quello tra Israele e i Territori e la Striscia di Gaza, muri dei ghetti e di segregazione - quelli all'interno dei quali vivono i cittadini bianchi del Sudafrica, le peacelines di Belfast o il recente e criticatissimo muro "anticrimine" di via Anelli, a Padova -, muri "di contenimento" come quello che corre lungo il confine del Texas e del Messico, muri di difesa come la Linea Maginot o il Vallo Atlantico, muri commemorativi, e tantissimi altri. Una lunghissima serie di muri corre e s'interseca senza quasi soluzione di continuità lungo tutta la storia umana, e il libro di Claude Quétel ne ripercorre le origini e talvolta la fine, come dimenticare la notte berlinese del 9 novembre 1989 e le picconate di gioia che iniziarono a scalfire il Muro?, ne ricostruisce minuziosamente le vicende, ne rileva puntualmente le conseguenze e talora le ferite dolorose, i danni insanabili, restituendoci con il suo sguardo una originale storia dell'umanità, consapevole che in attesa di un radioso avvenir senza barriere i muri hanno ancora, purtroppo, un brillante futuro.
Tutti sanno chi era Paolo di Tarso, pochi invece conoscono il suo contemporaneo Yohanan ben Zakkai. Eppure entrambi, a modo loro, hanno dato l’avvio a una nuova religione, e entrambe queste religioni (cristianesimo e ebraismo moderno) sopravvivono ancora oggi. Nel I secolo d.C. Yohanan era nella Gerusalemme assediata dalle armate di Tito. Poco prima dell’attacco romano riuscì a scappare dalla città e a farsi ricevere dall’imperatore, al quale chiese il permesso di istituire una scuola nel “vigneto di Yavneh”. Tito glielo concesse, e fu così che iniziò a svilupparsi l’ebraismo dei rabbini, il quale, modificato nei secoli, è di fatto quello di oggi. Il nucleo di questa dottrina è una quasi infinita serie di discussioni tra saggi, durata cinque secoli, nella quale quasi sempre contano più le domande e le argomentazioni che le risposte. Quando questa immensa tradizione orale venne messa per iscritto, divenne il Talmud: 37 volumi di dispute serrate tra saggi rabbini praticamente su ogni cosa. Scritto in due lingue (ebraico e aramaico), con uno stile tutto meno che lineare, il Talmud (nelle sue due versioni, babilonese e palestinese) è oggi considerato una delle opere più complesse che esistano e il fondamento stesso dell’ebraismo. La sua storia è un tutt’uno con la storia degli ebrei. Harry Freedman ci regala una breve, efficace e godibile “biografia” di questo libro incredibile, che di vicissitudini ne ha passate davvero molte. Dalle sue origini mesopotamiche al rapporto con gli arabi, dall’incontro coi cristiani alle dispute medievali, dal commento di Rashi alla prima versione a stampa pubblicata a Venezia, passando attraverso i molti roghi che tentarono di arginarne l’insegnamento, le condanne papali, e poi l’Illuminismo, l’Ottocento e la Notte dei Cristalli. Il Talmud – questo libro sconosciuto – ne esce come uno dei più nascosti ma potenti punti di origine della modernità, nonostante sia stato a lungo temuto, bruciato, ostracizzato e ben poco studiato dai non ebrei. Eppure al Talmud, nelle diverse epoche, si sono ispirati in moltissimi, spesso senza saperlo.
La storia avventurosa del colonnello Thomas Edward Lawrence, agente segreto al servizio di Sua Maestà britannica e contemporaneamente amico inseparabile dello sceriffo beduino che guidava la rivolta araba contro i turchi. Fu egli un traditore o un eroe della causa per la quale combatteva? E per quale causa in realtà lavorava, quella di re Giorgio V oppure quella dei beduini arabi della cui ribellione era diventato simbolo? Un enigma al quale la storia non trova risposta e che Cardini indaga, tenendo presente che un traditore è sempre un traduttore, colui che si sforza di trovare un ponte di comunicazione tra due visioni e due interessi diversi, e che la causa degli arabi era stato il frutto dell’inventiva dello stesso Lawrence, mancando in quelle aree l’idea propria di nazione. Aveva conosciuto il mondo arabo grazie agli studi di archeologia a Oxford; il suo professore era un agente dell’intelligence britannica per le questioni del Medioriente e dal 1914 Lawrence venne «arruolato» nel servizio segreto. Sognava di creare una grande nazione per tutti gli arabi e benché vittorioso sul campo fu poi sconfitto da quel che progettarono le potenze europee tracciando le varie zone di influenza. Lo visse come un inganno. Al di là della leggenda Lawrence d’Arabia si ritrova al centro di una vicenda storica che ha portato alla nascita di stati come il Libano, l’Iraq, la Siria, la Giordania, nazioni all’origine dell’instabilità del Medioriente che permane sino a oggi.
Il 12 settembre 1919 Gabriele D'Annunzio, alla testa di un gruppo di ribelli, granatieri, bersaglieri, cavalleggeri, arditi del Regio esercito italiano, occupa la città di Fiume. Dura poco più di un anno il governo retto dal Poeta, costretto alla resa nel Natale del 1920 dal Trattato di Rapallo che Giolitti firma con il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Alessandro Barbero, capace come pochi di trasformare la storia in un racconto entusiasmante, descrive, in questo romanzo, l'incredibile impresa del Poeta Soldato che sogna di vivere al di sopra di ogni immaginazione, come un grande d'altri tempi. Il «Comandante» è ritratto negli ultimi giorni della Reggenza del Carnaro attraverso gli occhi di Tom Antongini, amico e segretario di D'Annunzio a Fiume. Tom nel 1944 da Salò rievoca gli eventi vissuti in prima persona, sempre a fianco del Vate. Ed è una narrazione ironica, comprensiva, attraversata ora da ammirazione ora dal dubbio, che tratteggia un Gabriele stanco e malinconico per la vecchiaia che avanza, eppure sempre audace, donnaiolo, sperperatore, talvolta tanto preso da se stesso da apparire quasi inconsapevole delle concrete conseguenze della sua azione. Ma è soprattutto un D'Annunzio spiazzante che da un lato nutre i primi caratteri del fascismo - tra le file dei suoi ribelli si chiacchiera già di marciare su Roma -, dall'altro si circonda di socialisti, bolscevichi e sindacalisti. È il primo capo di Stato a riconoscere l'Unione Sovietica, e a sua volta guardato in questa impresa con simpatia da Lenin. A Fiume si realizzano non solo le manie estetizzanti del Vate, ma anche, a dispetto del personaggio, politiche volte a cercare di risolvere i contrasti sociali: la costituzione promulgata è libertaria, emancipata e anticipa molti valori della società contemporanea. Un romanzo pubblicato per la prima volta nel 2003, in cui Barbero dipinge un D'Annunzio nei suoi piccoli atti, non ultimi quelli legati alla seduzione che mostrano l'umanità più fragile di Gabriele: prima che scada il suo tempo a Fiume non restino impuniti alcuni feroci sfruttatori di donne. Con una scrittura in grado di strappare un sorriso per le irriverenze e stravaganze del poeta, il ritratto di un eroe decadente, triste e deluso davanti al grande peso della Storia.

