
Dalla fine delle “grandi narrazioni” teorizzata da Lyotard alla liquefazione della società indicata da Bauman, sono molti i filosofi ad aver messo in guardia l’Occidente a proposito del suo stato di declino. A cento anni dall’uscita de Il tramonto dell’Occidente (1918), la crisi della società occidentale assume contorni ben differenti da quelli prospettati da Oswald Spengler nella sua celebre opera.
Da questo libro emerge un millennio medievale depurato degli "stereotipi colti" che caratterizzano le conoscenze su questa fase storica. Gli approfondimenti innovativi sono collocati all'interno di una trama espositiva che, per chiarezza, rispetta l'andamento cronologico e seleziona con cura le conoscenze che è bene facciano parte della nostra cultura, dedicando spazio maggiore ai temi che per molto tempo si sono prestati a equivoci e a interpretazioni semplicistiche. La centralità europea e continentale della trattazione non esclude uno sguardo aperto alle civiltà che, dall'Asia all'Africa settentrionale, dagli Urali alle isole britanniche, entrarono in contatto con la dominazione dei Franchi, la condizionarono e con essa interferirono. Con un'ulteriore centralità delle strutture del potere, questo Medioevo è dunque un repertorio di risposte che consente sia di acquisire saperi consolidati, sia di costituire una ideale premessa per gli studi che stanno applicando una nuova strumentazione a una lunga fase storica che occupa nella cultura diffusa un posto rilevante ma anche ricco di ambiguità.
Nel processo medievale di trasformazione dei signori delle campagne in nobili, l'Italia centro-settentrionale rappresenta un caso. La sua nobiltà urbana condivide con l'élite signorile del contado stili di vita, ma si distingue per la formazione del reddito, il controllo dell'amministrazione e della magistratura e la forte vocazione cittadina. Non legittimata formalmente dal principe, ma direttamente dal sentimento di dignità municipale, questa nuova nobiltà si identifica con la classe dirigente dando seguito a quell'equivoco nobiliare tutto italiano che perdurerà nella sostanza ancora per tutto l'Antico Regime.
UN LIBRO AGILE MA INCISIVO, UN LIBRO DI RARA EFFICACIA, CHE DEL BRASILE CI FA SCOPRIRE O RISCOPRIRE ASPETTI NASCONTI E INSOSPETTABILI. Alla suggestione del titolo, fa riscontro l'abilita dello s crittore a riproporre, attraverso questi appunti di viaggio, il fascino di un immenso territorio, ricco di innumerevoli meraviglie profuse a piene mani da una natura generosa, ma anche estremamente denso di contraddizioni, causate dalla strana capacita dell'uomo dis co nvolgere e talvolta distruggere le piu`incomparabili armonie del creato. Chi visita il brasile, sperimenta le incongruenze esistenti: dagli straordinari spettaccoli naturali, alle disumane condizioni in cui vivono milioni di persone. Grattacieli e favelas, ricchezza e miseria, lusso sfacciato e poverta assoluta s'intrecciano s ovente nelle pagine di questo libro, costringendo il lettore a riflettere e a rivedere alcuni stereotipi sui quali ha costruito l'immagine di un paes e ricco e felice. Accanto a scene divertenti e curiosi per le singolari situazioni in cui qualche compagno di viaggio si viene a trovare, l autore ci offre pagine veramente sofferte" per i frequenti richiami "... Agli occhi sperduti, lontani, di tantissimi bambini incontrati" e alle raccapriccianti immagini di gente affamata e disperata che cerca invano un tozzo di pane. "
Per millenni il genere umano ha cercato di capire la propria natura e il mondo in cui vive. Dall'imperativo di Socrate "conosci te stesso" alle indagini su psiche, società e ambiente si è dipanata un'"avventura della ricerca" che lo storico e divulgatore americano Daniel Boorstin ricostruisce attraverso i ritratti dei grandi scopritori/inventori del cosmo umano.
Il Risorgimento fu un'epopea di avventure e ideali senza confini. Ebbe inizio con l'età delle rivoluzioni, quando nei Caraibi agitatori e napoleonici cominciarono a cospirare contro l'impero borbonico e si arruolarono sotto le bandiere dei libertadores sudamericani. Continuò durante la Restaurazione, quando liberali e mazziniani difesero i governi costituzionali iberici e tramarono per rovesciare la Santa Alleanza, sognando una fratellanza universale di repubbliche unite. Si protrasse dopo l'unificazione, quando garibaldini e radicali risposero alla chiamata in armi di Abraham Lincoln, soccorsero i francesi sui campi di Digione e lottarono per l'indipendenza di Cuba. Per oltre un secolo oscuri carbonari e carismatici sovversivi, giornalisti di grido e generali in carriera, celebri pensatori e studenti in camicia rossa si batterono per la causa dei popoli. Senza mai abbandonare le speranze di rinascita italiana, rimasero fedeli a una visione universalista che riuniva sogni di rivincita politica, utopici progetti di riforma e attese di riscatto nazionale. Un viaggio alla scoperta di tre generazioni di patrioti universali. Una lettura del Risorgimento 'senza polvere' e sotto una luce completamente nuova. Un racconto che è storia globale dell'Italia.
Tra la metà del XVI e la fine del XVIII secolo, quando furono espulsi da tutte le colonie spagnole e portoghesi delle Americhe, i Gesuiti posero le basi di un sistema culturale ed economico autosufficiente, fondato sulla religione e sulla convivenza tra indigeni ed europei. Attorno alle chiese e alle scuole delle missioni, la vita e il lavoro si svolgevano secondo un regime quasi collettivista, mentre la Compagnia di Gesù era ormai un pericoloso concorrente per gli affari dei latifondisti. Per questo e per la ferma opposizione allo schiavismo, dopo due secoli di lotte con le autorità laiche e le gerarchie cattoliche, le missioni vennero attaccate e distrutte una dopo l'altra, i Gesuiti espulsi, i nativi uccisi o ridotti in schiavitù. Robert Cunninghame Graham - attivista politico, scrittore e avventuriero - racconta la storia delle missioni gesuitiche in Paraguay servendosi dei numerosi e discordanti documenti dell'epoca. La sua cronaca è precisa, ma non nasconde la passione per un'epopea che anticipa per molti versi le idee del cristianesimo sociale del Novecento, per un'utopia - nobile nonostante i limiti posti dal proselitismo cristiano - cancellata quando era sul punto di realizzarsi.
Il progetto fascista si proponeva di plasmare le opere e la volontà degli scrittori italiani. Dalla soppressione dell'opposizione liberale e socialista alla collaborazione più o meno genuina di sedicenti scrittori fascisti, dai rapporti con il Vaticano all'emergere delle politiche antisemite, il libro propone un viaggio originale nel Ventennio attraverso vicende spesso dimenticate della censura libraria. Al centro di ogni capitolo uno scrittore, un editore famoso o una storia particolarmente significativa: dal fascismo della 'seconda ora' di Brancati agli entusiasmi strumentali di Mondadori; dalla rabbiosa censura contro Sambadù, amore negro di Maria Volpi agli equilibrismi di Bompiani; dalle autocensure di Margherita Sarfatti alla barbarie delle leggi razziali. I concreti atti di protesta di personaggi come Piero Gobetti, Roberto Bracco e Benedetto Croce risaltano ancor maggiormente perché appaiono come picchi isolati in una distesa di piatto conformismo e di compromessi opportunistici.
La notte del 18 settembre 1549 il cardinale di Ravenna Benedetto Accolti muore di un colpo apoplettico a Palazzo Medici. Poco dopo, messi e staffette s'incrociano, portando non solo la notizia della scomparsa del porporato, ma anche allarmate missive che riguardano il destino delle sue carte. Due cardinali (Ercole Gonzaga e Giovanni Salviati) e due principi (Cosimo de' Medici ed Ercole II d'Este) sono terrorizzati all'idea che la corrispondenza dell'Accolti finisca nelle mani sbagliate. Le informazioni, le decisioni e i progetti che trovano espressione in questo carteggio avvolto dal segreto possono contare su risorse finanziarie ingenti, su protezioni di altissimo livello, su vaste reti di fedeltà cortigiane, su alleanze dinastiche e matrimoniali. Parlano del papa e dell'imperatore e della lotta tra i due giganti: contengono un intero mondo. A partire da questa preziosa corrispondenza, sino a oggi ignota agli studiosi della crisi religiosa e politica cinquecentesca italiana, Elena Bonora ricostruisce magistralmente l'Italia di Carlo V, riportando alla luce l'intricata rete filoimperiale che collegava tra loro le corti più influenti della penisola e il suo fallimento finale.
L'opera analizza un aspetto fondamentale della storia italiana ed europea del XVI secolo: la trasformazione della Chiesa di Roma in conseguenza della sfida luterana. Il volume è diviso in tre sezioni: la prima, cronologica, focalizza il processo di trasformazione a partire dal clima religioso e politico del primo Cinquecento; la seconda verte su diversi soggetti istituzionali e centri decisionali (papato, Inquisizione, Concilio di Trento, ordini religiosi) che operarono nella Chiesa della Controriforma; la terza indaga sui rapporti tra Chiesa della Controriforma e società.
Stefania, Eleonora e Caterina appartengono ad una delle famiglie della più antica nobiltà siciliana: gli Statella, principi di Cassaro. Cresciute alla corte dei Borboni, sono loro le Gattoparde, donne colte, forti, determinate, autonome. Attraverso l'inedito carteggio familiare le loro vite si dipanano intrecciandosi ai grandi eventi della Storia, dalla Restaurazione fino al drammatico passaggio dal Regno delle due Sicilie all'Italia unita. Scopriamo così una realtà inaspettata: interni di famiglia intimi ed affettuosi, rispettosi delle individualità dove le figure femminili possono esplicare abilità e talenti, esatto contraltare di quei Viceré votati alla sopraffazione. Sullo sfondo un" affresco" aristocratico in cui i sistemi di parentela e le relazioni pubbliche e private rivelano una progressiva assimilazione della civiltà borghese.