
Il nonno polacco di Eduardo Halfon arrivò in Guatemala nel 1946 dopo essere sopravvissuto alla Shoah e non tornò mai in Polonia. Aveva sempre proibito alla sua famiglia di andarci. I polacchi, diceva, ci hanno tradito. Ma poco prima della sua morte Eduardo disse ancora una volta al nonno che voleva visitare Lodz, la sua città natale. Ma lui ancora una volta si arrabbiò e sbatté la porta. Però, poco dopo, tornò con un foglietto dove c'era scritto l'indirizzo della sua casa a Lodz e lo dette al nipote come un ordine o un'eredità. Questo racconto è la storia di dove quel foglietto ha finalmente portato Eduardo: in Polonia, nelle vecchie strade di Lodz.
L'Europa ha una vergogna segreta, che nessuno aveva avuto il coraggio di studiare e raccontare. Durante la Seconda guerra mondiale, agli ordini di Hitler, nella Wehrmacht e nelle SS non combatterono soltanto cittadini tedeschi, ma anche francesi, inglesi, belgi, danesi, russi, polacchi, lituani, finlandesi, norvegesi, rumeni... E diversi arabi, al seguito del gran muftì di Gerusalemme, amico personale del Führer. Per l'edizione italiana del suo saggio, Christopher Hale ha arricchito il suo studio con un capitolo dedicato agli italiani che tra il 1943 e il 1945 vennero inquadrati nell'esercito tedesco, volonterosi carnefici che contribuirono a insanguinare il nostro paese. Nel formidabile esercito nazista combatterono tedeschi accecati dal nazionalismo di Hitler (che peraltro non era tedesco, bensì austriaco, ma al suo interno furono accolti anche i più feroci antisemiti di tutto il continente, sotto le insegne di un'ideologia razzista che sognava l'instaurazione di un Reich millenario. Furono in molti infatti ad arruolarsi ed ebbero un ruolo chiave nel genocidio degli ebrei e nella lotta contro i partigiani, grazie alla loro conoscenza dei territori occupati. E la loro rete di complicità, prima come massacratori e poi come fuggiaschi, getta la sua ombra fino ai nostri giorni, nell'"internazionale nera" attiva dalla fine della guerra a oggi.
I libro presenta due aspetti chiave della storia di Costantinopoli e dell'impero bizantino: dopo una prima parte dedicata all'analisi minuziosa del sistema di fortificazioni della capitale, una seconda segue le ultime tappe che condussero gli ottomani alla conquista della città nel 1453, segnando la fine di un impero che era durato oltre mille anni. Un fondamentale scontro della storia viene ripercorso nel dettaglio delle strategie, delle tattiche, delle forze in campo e degli armamenti, con l'ausilio di un ricco apparato di illustrazioni e mappe che completano le illuminanti informazioni testuali.
Se nel VI secolo l'Impero romano d'Oriente era il piú vasto stato nell'Eurasia, appena un secolo dopo esso si era ridotto drasticamente. Circondato da nemici, devastato da conflitti e malattie, sembrava destinato al collasso, ma non fu così, e questo saggio ci spiega tutti i motivi per cui ciò non avvenne. Nel 700 d.C. l'Impero aveva perso tre quarti del suo territorio a vantaggio del Califfato islamico. Ma l'accidentata geografia dei territori rimanenti in Anatolia e nell'Egeo fu strategicamente vantaggiosa, poiché impedì ai nemici di occupare permanentemente le città, rendendoli vulnerabili ai contrattacchi romani. Più l'Impero si riduceva, più si calamitava intorno a Costantinopoli, la cui capacità di resistere ai diversi assedi si rivelò decisiva. Anche i cambiamenti climatici ebbero un ruolo, poiché imposero di diversificare la produzione agricola, aiutando così l'economia imperiale. La crisi costrinse la corte ad avvicinarsi alle classi dirigenti delle province e alla Chiesa. Nonostante le perdite territoriali, l'Impero non patì gravi crisi politiche. Ciò che restava divenne il cuore di uno stato romano cristiano medievale, la cui potente teologia politica predisse che l'imperatore avrebbe infine prevalso contro i nemici, sancendo il dominio mondiale del cristianesimo ortodosso.
"Nel momento del suo maggiore successo il partito nazista aveva conquistato il 44% dell'elettorato. Era una percentuale importante, ma dove era il 56% che non aveva votato per Hitler? Perché non si alzava in piedi e non gridava il suo 'no' a quella brutale esibizione di forza e di arbitrio? ... Come potevano tollerare che agli ebrei venisse vietato di esercitare le professioni liberali e che a ogni tedesco venisse imposto di boicottare il suo medico ebreo, il suo avvocato ebreo? Come era possibile che un grande popolo civile accettasse di rinunciare alla propria autonomia intellettuale quando veniva costretto a gridare 'Heil Hitler!' di fronte a una croce uncinata o di balzare in piedi se la radio trasmetteva un discorso di Hitler? Sono domande che l'autore rivolge anche a se stesso." (dalla prefazione di Sergio Romano)
Nell'incessante lotta per la supremazia aerea durante la Grande Guerra, due tipi di velivoli furono in prima linea. Il Sopwith Camel, un biplano, e il triplano Fokker Dr I, entrambi caccia con motore rotativo, benché relativamente lenti per l'epoca, furono considerati le macchine più manovrabili prodotte durante il conflitto, oltre che gli antagonisti ideali nel combattimento serrato a distanza ravvicinata e ad armi pari. Nel libro, Jon Guttman ripercorre l'affascinante vicenda del progetto e dello sviluppo di questi nemici mortali. Resoconti di prima mano e illustrazioni particolareggiate della visuale dall'abitacolo si traducono in un'appassionante ricostruzione dell'esperienza dei piloti nei primi duelli aerei della storia, contribuendo alla comprensione dei loro successi e delle loro sconfitte.
Il titolo di 'Giusto tra le nazioni' designa chi, non ebreo, abbia manifestato un atteggiamento amichevole nei confronti degli ebrei. Lo Yad Vashem, il più grande memoriale del mondo per le vittime della Shoah, attribuisce questo titolo ai non ebrei che durante la seconda guerra mondiale hanno soccorso ebrei in grave difficoltà senza alcun vantaggio personale ma, al contrario, rischiando in prima persona. Ancora oggi, ad ogni nuovo giusto vengono consegnati una medaglia e un diploma d'onore, durante una cerimonia che si svolge sia a Gerusalemme che nel paese d'origine. Qui sono raccolte le storie di questi uomini e di queste donne che hanno salvato non solo la vita di molti ebrei, ma anche la dignità umana e l'onore dei loro compatrioti.
Con la sua ricca documentazione e le sue analisi che combinano costantemente i fattori religioso-culturali e quelli politico-sociali, la ricerca di Dimitri Gutas costituisce uno strumento indispensabile per conoscere l'epoca nella quale l'Islam si aprì alla filosofia e alla scienza greca e per valutare la grande portata storica di questo evento.
Il libro intende essere un viaggio all'interno del Medioevo, mettendo in luce, in particolare, l'emergere dell'uomo come individuo nella letteratura, nella filosofia e nell'arte.
Quando Wilma Montesi viene trovata morta a Torvajanica la Questura di Roma tenta di archiviare il caso in tutta fretta come "morte accidentale". Ma lo scandalo scoppia lo stesso, e si espande fino a lambire la politica: tra i presunti colpevoli c'è infatti Piero Piccioni, figlio di Attilio, erede designato di De Gasperi. Il processo infiamma la stampa e dalle gallerie di Via Margutta ai locali di Via Veneto, tra nobili, attori, paparazzi e avventuriere si moltiplicano mezze testimonianze e "sensazionali rivelazioni". Con il piglio narrativo di un romanziere, o di un regista, Stephen Gundle ricostruisce il caso e i suoi colpi di scena sullo sfondo dell'Italia della Dolce vita: una storia ancora viva nella memoria nazionale, come una sinistra avvisaglia di molti mali a venire.
Nei dibattiti sul cattolicesimo democratico e sulla Democrazia Cristiana, spesso il Dossetti politico riemerge quasi come una figura mitologica giudicata o in maniera polemica oppure enfatizzata positivamente. Studiare criticamente il Dossetti politico in quest'ora drammatica per la politica italiana è importante. Assistiamo all'emergere sempre più evidente di un'instabilità della vita politica del nostro Paese che probabilmente non ha pari nella storia nazionale. Sarebbe inutile affermare che se ci fossero uomini come Dossetti la situazione politica sarebbe migliore. A noi compete leggere fra le righe della storia di uomini come Dossetti per capire che non è sempre stato così e che un'alternativa è possibile. Il libro di Gumina ripercorre la parabola politica di Dossetti attraverso il recupero della sua tensione esistenziale e credente che genera uno sguardo critico per la lettura dell'odierno scenario. Così il volume si presenta come un'opportuna e urgente occasione per tornare a pensare alla luce di una delle figure più straordinarie, e oggi dimenticate, del cattolicesimo italiano.