
Fondato da don Giuseppe De Luca come raccolta di testi non ge­­nericamente religiosi ma significativi di un incontro dell’uomo con Dio, l’«Ar­chivio italiano per la storia della pietà» ha ri­preso a essere pub­blicato nel 1996 aprendosi a prospettive più ampie e non sol­tanto a quelle genericamente individuabili con la religione cat­tolica. Pub­blica saggi che indagano il rapporto che l’uomo ha con l’Assoluto comunque inteso, nel­le religioni monoteistiche come nelle altre religioni, dal­le epoche più re­mo­te fino ai giorni nostri.
Numero monografico: il volume si interroga sui modi nei quali, nella prima età moderna, la materialità di oggetti, corpi, abiti poteva diventare una questione religiosa. A lungo le ricerche sul dissenso religioso hanno privilegiato la dimensione ‘immateriale’, indagando soprattutto le idee, le teorie e le produzioni intellettuali, analizzate nella loro diffusione attraverso testi e immagini. All’interno di una storia sociale della cultura e dei fenomeni religiosi si è fatta strada progressivamente l’esigenza di esplorare anche la ‘cultura materiale’. Ed è proprio in quest’ottica, e raccogliendo suggestioni da altre discipline come l’archeologia, la sociologia e l’antropologia, che sono stati individuati come terreno di studio gli oggetti e le forme della loro circolazione.
Sulla base di una conoscenza diretta delle fonti e dell'ormai sterminata bibliografia di lingua tedesca e italiana, l'autore traccia un profilo dell'imperatore normanno-svevo Federico II (1194-1250), una delle figure più discusse del Medioevo europeo. Il volume è suddiviso in tre parti: la prima è dedicata alla storia politica di Federico, segnata dalla lotta con il Papato e i Comuni; la seconda si occupa dell'uomo, della sua sfera famigliare, dei suoi interessi filosofici e scientifici, e del suo entourage di cui facevano parte anche studiosi ebraici e arabi; la terza segue la formazione del mito di Federico attraverso i secoli fino ai giorni nostri. Pur essendo un uomo del suo tempo e non, come volle dirlo un grande storico dell'Ottocento, "il primo uomo moderno sul trono", Federico II con i suoi interessi multiculturali e il suo tentativo di dialogo con il mondo arabo-musulmano, insoliti per un imperatore medievale, affascina ancora oggi.
Dal Mare del Nord alla Normandia, dall'Inghilterra alla Scozia e all'Irlanda, dall'Italia meridionale alla Sicilia che riconquistarono ai saraceni e costituirono in regno, dalla Reconquista spagnola alle crociate: una storia degli "uomini del nord", delle loro scorrerie, delle loro conquiste, del loro lascito.
Presentato da Primo Levi, il documento che per la prima volta ha illuminato dall'interno la mentalità e la psicologia dei nazisti, e la storia e il funzionamento delle officine della morte. Rudolf Hoss, ufficiale delle SS, fu per due anni il comandante del più grande campo di sterminio nazista, quello di Auschwitz, in cui vennero uccisi più di due milioni di ebrei. Processato da un tibunale polacco alla fine della guerra, venne condannato a morte. In carcere, in attesa dell'esecuzione, scrisse questa autobiografia. Si tratta di un documento impressionante che ci consente di cogliere dal vivo l'insanabile contraddizione tra l'enormità dei delitti e le giustificazioni addotte.
Presentato da Primo Levi, il documento che per la prima volta ha illuminato dall'interno la mentalità e la psicologia dei nazisti, e la storia e il funzionamento delle officine della morte. Rudolf Hoss, ufficiale delle SS, fu per due anni il comandante del più grande campo di sterminio nazista, quello di Auschwitz, in cui vennero uccisi più di due milioni di ebrei. Processato da un tibunale polacco alla fine della guerra, venne condannato a morte. In carcere, in attesa dell'esecuzione, scrisse questa autobiografia. Si tratta di un documento impressionante che ci consente di cogliere dal vivo l'insanabile contraddizione tra l'enormità dei delitti e le giustificazioni addotte.
Nel congresso dei popoli oppressi, che riunì a Roma nel 1918 delegati cechi, polacchi, e slavi meridionali, fu riaffermato il diritto di ogni popolo al proprio Stato nazionale. Dopo la fine degli scontri bellici, l'applicazione pratica di questo sublime principio divenne presto l'incubo dei diplomatici europei. Al compito pressoché inestricabile di arrivare a tracciare confini in grado di riscuotere consensi, in presenza di una tipica frammentazione dei gruppi etnici, in cui la lingua varia "di villaggio in villaggio, quasi di fattoria in fattoria" (Marx), gli uomini di stato delle conferenze di pace parigine erano del tutto impreparati. Una tremenda ignoranza delle circostanze etnografiche e geografiche portò a conclusioni fatalmente errate.
In questa sintesi, Hösch traccia l'evoluzione storica dei Balcani a partire dall'età antica; dopo averne tratteggiato i caratteri generali, il volume si sofferma in particolare sulla secolare presenza nella regione dell'impero ottomano. Il fuoco del volume è tuttavia fondamentalmente sull'età contemporanea, sul groviglio di conflitti che trovano nei Balcani l'innesco della Grande Guerra, sugli assetti dell'area decisi a Versailles, e sulle vicende del secondo dopoguerra.
Per gli antichi greci la hybris era il peccato peggiore che un capo potesse commettere. Era l'atteggiamento di somma tracotanza con cui i mortali, nella loro follia, si opponevano agli dèi. Chi peccava cadeva in disgrazia, precipitava da grandi altezze a profondità inimmaginabili. Dopo aver scritto numerosi libri sulla guerra nelle sue varie forme, Alistair Hor-ne riflette su quali sono i tratti comuni che contraddistinguono i conflitti armati nel corso della storia. Tra quelli che emergono con maggiore evidenza c'è proprio la hybris, nel Novecento in particolare. Perché i generali vittoriosi non sanno quando è il momento di fermarsi? Nel corso del 1941, la hybris avrebbe indotto Hitler a commettere, uno dopo l'altro, i tre enormi errori della sua carriera, errori di proporzioni storiche e fatali: l'operazione Barbarossa, la decisione di invadere la sterminata terra di Russia; la tardiva decisione di attaccare Mosca, costi quel che costi - come aveva fatto Napoleone un secolo e mezzo prima; la dichiarazione di guerra agli Stati Uniti l'11 dicembre, soltanto una settimana dopo che la sua offensiva su Mosca si era alla fine bloccata. È quella la data in cui Hitler perde definitivamente la fiducia nei suoi generali per confidare solo nella propria stella. Se la hybris è parte della condizione umana, profondamente radicata, persistente, pervasiva e potenzialmente letale, cosa possiamo fare oggi per evitarne le conseguenze? "Con il mondo di fronte a pericoli sempre più minacciosi provenienti da leader ambiziosi, da bande di signori della guerra e terroristi, dobbiamo tenere conto, come fecero gli antichi greci, delle terribili sciagure che si abbattono su coloro che liberano dal vaso di Pandora il bacillo dormiente dell'arroganza."