
L'Italia è stata per quasi metà del Novecento una monarchia. Eppure dei Savoia nei libri di storia si racconta pochissimo. La dinastia si è fatta conoscere di più dopo l'esilio, con gli ultimi eredi che hanno fatto parlare di sé occupando per decenni le pagine dei settimanali popolari e prestando il fianco alle cronache rosa e nere. Questo libro tenta di ricomporre due facce dello stesso nome: quella del figlio del re che celebra, incontrando Garibaldi, la raggiunta unità nazionale, e quella di un Emanuele Filiberto che trionfa sul palco di Sanremo al fianco di Pupo. Bisogna ammettere che si tratta di un salto notevole, tanto da giustificare un dubbio: ripensando allo slalom degli ultimi centodieci anni, avranno forse i Savoia sbagliato a ogni bivio?
Abbiamo diviso in modo netto carnefici e vittime, l’Occidente e il caos, abbiamo tranquillizzato la nostra coscienza con racconti semplici e consolanti. Siamo riusciti a tracciare un confine tra umano e disumano: abbiamo descritto il terrorismo, gli attentati, le torture come sinonimo di disumano, e l’abbiamo rimosso dal nostro vissuto. Così l’Isis era un mostro sconosciuto che andava annientato, e le terre su cui ha allignato solo delle terre guaste da lasciare al loro destino segnato. Eppure tutto questo vale fino a quando non proviamo ad avvicinare lo sguardo, per vedere quanto di irresistibilmente umano resti anche dove abbiamo pensato non ci fosse bisogno di guardare più nulla. Francesca Mannocchi, giornalista reporter, già autrice con Alessio Romenzi del documentario Isis Tomorrow. The lost souls of Mosul, acclamato al Festival del Cinema di Venezia, in questo libro mette a disposizione del lettore un racconto dalle sfumature inaspettate. Dopo aver visitato le prigioni dell’Isis, essere scampata alle pallottole dei cecchini, aver visto cadaveri di bambini appena bruciati, ha deciso di usare il suo rigore e il suo coraggio da reporter per trasformare una storia che nessuno vuole ascoltare in un grande romanzo dal vero del nostro tempo. Non c’è un solo ritratto di questo volume che non si incida nella nostra mente: le donne vedove di miliziani pronte a essere madri di altri martiri, i bambini dei carnefici dell’Isis accanto ai bambini delle vittime dell’Isis nello stesso campo profughi, i giovanissimi orfani del Califfato che speravano di immolarsi in un attentato e adesso senza una gamba guardano fisso il vuoto, gli adolescenti terroristi che sembrano dei ragazzi di una qualunque periferia del pianeta. Quale sarà il futuro che li attende e ci attende?
Scritto negli anni che seguirono la Prima Guerra Mondiale e pubblicato in Germania nel 1929 - lo stesso anno in cui il padre di Klaus, Thomas Mann, vinse il Nobel per la letteratura -, "Alessandro" è un romanzo storico che ripercorre in chiave narrativa la storia di uno degli eroi più amati di tutta l'antichità classica: Alessandro Magno. Nella versione di Klaus Mann, Alessandro è soprattutto il semidio che nutre lo smisurato sogno di unificare il mondo. «Ciò che mi attirava nel mio nuovo eroe» scriverà «era l'esigenza quasi criminosa del suo sogno, la dismisura della sua avventura». Il lettore è così trascinato in un meraviglioso mondo di gesta eroiche e grandezza d'animo, ma anche di umanissimi contrasti e delusioni d'amore, trattati con grande finezza di scrittura. Particolare attenzione è dedicata al legame che unisce Alessandro e Clito e all'attrazione di Aristotele per il suo allievo, in cui si ravvisa una sublimazione della omosessualità che Klaus aveva reso pubblica nel romanzo "La pia danza".
Il libro racconta, al di là dei cliché e del folklore, com'era davvero la vita dei gladiatori: il loro posto nella società, l'addestramento, come erano equipaggiati, il trattamento economico, la quotidianità. Non erano lottatori sanguinari, ma combattenti che duellavano ad alto livello tecnico. Così pure lo spettacolo circense dei gladiatori non era un intrattenimento puramente ludico (secondo il famoso detto "Panem et circenses"): il circo, dove le masse si trovano insieme all'imperatore, emerge come il luogo dove si manifesta la forza popolare.
Se nel 1492 qualcuno avesse rivelato ai sovrani di Spagna Ferdinando e Isabella anche solo la metà delle conseguenze che avrebbero avuto i viaggi di Cristoforo Colombo da loro finanziati, molto probabilmente sarebbe stato incarcerato come un volgare truffatore. Nessuno potè fare nulla, invece, contro la forza dirompente della realtà. Già a partire dal 1493, infatti, gli equilibri e gli assetti del pianeta furono letteralmente rivoluzionati: due mondi che, dopo la frattura geologica di 200 milioni di anni prima, erano rimasti estranei e ignoti l'uno all'altro, si incontrarono e si mescolarono, in un processo di reciproca osmosi e contaminazione che, da allora, è diventato sempre più intenso. Alla luce della storia ambientale, inaugurata da Alfred Crosby con il concetto chiave di "Scambio colombiano", e delle più recenti ricerche antropologiche, archeologiche e storiche, Charles Mann esplora la genesi e l'impetuoso sviluppo di questo "mondo nuovo", unico e globale, nato da un autentico terremoto ecologico. Le navi europee trasportarono oltreoceano - insieme ai coloni e, poi, agli schiavi - migliaia di specie botaniche sconosciute, e ne importarono altrettante. Il che spiega la presenza dei pomodori in Italia, delle arance in Florida, del cioccolato in Svizzera e dei peperoncini in Thailandia. Al traffico di piante e animali s'intrecciò poi la circolazione involontaria e clandestina di altre "creature" che ebbero quasi sempre effetti devastanti sull'ambiente e sulla salute...
Una sintesi su una tra le più grandi civiltà di ogni tempo. In questo classico volume di Mango la civiltà bizantina non è tanto seguita nella sua evoluzione cronologica, ma viene presentata per grandi temi e problemi: economia e società, educazione, mentalità, letteratura, architettura e arte, fino ad aspetti finora poco considerati, quali l'universo fisico, gli ideali di vita, il mondo delle rappresentazioni fantastiche.
In breve
Economia e società, educazione e mentalità, letteratura e architettura, arte e ideali di vita: questi i grandi temi scelti da Cyril Mango per presentare la civiltà bizantina (324-1453 d.C.). «Mi interessava prestare attenzione a ciò che i bizantini pensavano – pensavano a proposito di se stessi e degli altri, del passato e del futuro, di come si debba vivere la vita». Come in un trittico, tre ‘tavole’ guidano il lettore. Nella prima Cyril Mango delinea i principali aspetti della vita dei bizantini: popoli e lingue, società ed economia, scomparsa e rinascita delle città, i dissenzienti, il monachesimo, l’istruzione. Nella seconda, descrive il corpus di credenze comuni al bizantino ‘medio’: il suo rapporto con le potenze del bene e del male, il suo posto nella natura, nella storia, il suo atteggiamento nei confronti degli altri popoli, il suo ideale di umanità. Nell’ultima, illustra i lasciti maggiori di Bisanzio: la letteratura, l’arte e l’architettura.
Indice
Premessa all’edizione italiana - Nota del curatore - Prefazione - Introduzione - PARTE PRIMA ASPETTI DI VITA BIZANTINA - I. Popoli e lingue - II. Società ed economia - III. Scomparsa e rinascita delle città - IV. I dissenzienti - V. Il monachesimo - VI. L’istruzione - PARTE SECONDA IL MONDO CONCETTUALE DI BISANZIO - VII. Il mondo invisibile del bene e del male - VIII. L’universo fisico - IX. Gli abitanti della terra - X. Il passato dell’umanità - XI. Il futuro dell’umanità - XII. La vita ideale - PARTE TERZA L’EREDITÀ - XIII. La letteratura - XIV. L’arte e l’architettura – APPARATI - Bibliografia - Cronologia - Indice analitico
Catania, ove è del tutto particolare il rapporto creatosi fra la città e Sant'Agata sua protettrice, pone bene in luce i momenti di contatto fra l'esperienza religiosa e quella politica e l'incontro fra la Chiesa e le istituzioni di carattere civile. In definitiva, il lavoro che qui presentiamo costituisce invero un riferimento ampio e ben strutturato dell'esperienza catanese nel quadro di quella siciliana e pure in qualche modo italiana, definendo giustamente i limiti dei complessi fenomeni che la compongono e la strutturano nell'importante periodo affrontato e sviscerato, senza dimenticare la peculiare posizione di un centro urbano posto fra Oriente e Occidente, fra Bisanzio e Roma, fra Impero germanico e Papato, fra cristianesimo e islamismo.
Da quando, alla metà dell'Ottocento, venne scoperta la prima necropoli paleoetrusca in Italia settentrionale, molti progressi sono stati fatti nell'indagine scientifica sulla presenza degli etruschi fuori dall'Etruria. Lo scopo del libro di Valerio Massimo Manfredi e Luigi Malnati è quello di porsi come un'opera organica che renda conto dello stadio degli studio in questo campo.
Alighiero Tondi, professore gesuita della prestigiosa Università Pontificia Gregoriana, nell'aprile del 1952 abbandona improvvisamente la Chiesa per entrare nel Partito Comunista Italiano. La sua clamorosa abiura, che tanto scalpore suscitò nell'opinione pubblica, è da sempre rimasta avvolta da un alone di mistero. Chi era realmente Tondi? Quali ragioni stavano dietro la decisione di aderire al marxismo, di predicare l'infondatezza della religione, di scrivere libri controversi che denunciavano le infiltrazioni in Vaticano da parte dell'estrema destra portandolo a diventare un acclamato tribuno che infiammava le piazze italiane? Ma i misteri su Tondi non finiscono qui. Negli anni Sessanta il Partito Comunista lo emargina completamente, abbandonandolo a se stesso, senza fornire alcuna spiegazione. Una situazione inaspettata che lo conduce ad un lungo periodo di riflessione che si conclude con un nuovo colpo di scena: il ritorno al sacerdozio. L'autore ricostruisce l'enigmatico ingresso nel Pci del 1952 e le successive rocambolesche vicende.