
Sono le cinque del mattino del 17 giugno 1885. La fregata Isère getta l'ancora all'ingresso del porto di New York. A bordo, divisa in blocchi numerati e distribuita in 214 casse, c'è la statua della libertà, pronta per cominciare la propria vita in America dopo essere stata assemblata da un'equipe di operai italiani. Non è la statua più alta al mondo, e neanche la più pesante. Alla città l'hanno regalata i francesi e gli americani che l'accolgono ancora non sanno che diventerà la statua più famosa al mondo. Che cosa rappresenta? Da dove vengono il ferro delle sue ossa e il rame della sua pelle? E quali sono le origini della sua popolarità mediatica?
Francesca Lidia Viano racconta la storia inedita di un'icona simbolo della nostra modernità e la vicenda dei suoi artefici, lo scultore Frédéric-Auguste Bartholdi e il giurista Édouard de Laboulaye. Il lettore li seguirà nella costruzione, prima intellettuale e poi materiale, della statua. Tra spedizioni fotografiche, viaggi magnetici, riunioni massoniche e operazioni bancarie, passerà da Colmar e Strasburgo a Parigi, da Londra a Monaco, dalla Svizzera alle rive del Mar Rosso, dalle soglie del mitico regno di Saba all'Abissinia, da Pompei a St. Louis e a New York, dove la statua abbandonerà la sua vita virtuale per incarnare il sogno di libertà per tutti i popoli.
"Gli intensi scambi commerciali che nell'antichità romana e paleocristiana collegarono i porti di Alessandria d'Egitto e di Aquileia favorirono anche l'instaurarsi e lo svilupparsi di significative relazioni culturali, artistiche e religiose tra le due metropoli». Sulla scorta di questa intuizione di don Gilberto Pressacco, la pubblicazione mira a riscoprire e ravvivare i legami tra le genti di queste due sponde del bacino mediterraneo, favorendo così un dialogo che, proprio nella riscoperta di radici comuni, può condurre a una migliore integrazione e a una più feconda e pacifica convivenza tra popoli. L'espressione più vistosa di tali antichi legami è indubbiamente da ricercarsi sul piano cultu(r)ale e, in particolare, nel nome dell'evangelista/evangelizzatore San Marco, fondatore della Chiesa copto-alessandrina e, si ritiene, anche di quella aquileiese. Questa, però, non è l'unica traccia o 'spia'. Nei primi secoli dopo Cristo è possibile che anche altre influenze alessandrine possano aver 'contaminato' la sponda aquileiese. Ci si riferisce a quel fenomeno storico-religioso noto come 'gnosticismo', che si diffuse proprio nell'intervallo tra il primo e il quarto secolo dopo Cristo.
La famiglia sfugge da sempre alla morsa del diritto: è infatti una realtà tanto complessa che quest’ultimo cede all’idea di poterla regolare in tutti i suoi aspetti. Già i Romani avevano intuito questa problematica preferendo indirizzare la ‘mano visibile’ del diritto verso i suoi aspetti patrimoniali, sicuramente più immediati e tangibili. Se, per un verso, anche nelle costruzioni giuridiche successive molti elementi della famiglia non affrontano il ‘crisma’ della giuridicità, per l’altro, è vero che una parte importante di quella complessa realtà, fatta di interessi, aspettative, convinzioni e affetti che è appunto la famiglia, si riflette nella comprensione della dimensione patrimoniale che il diritto progressivamente ordina. Portare alla luce le strutture giuridico-patrimoniali e le loro trasformazioni nel corso di un arco temporale che va dai cambiamenti vissuti dalla famiglia romana all’inizio del primo Millennio d.C. sino alla ristrutturazione della famiglia avvenuta intorno al XII secolo, è l’obiettivo di questo volume. In particolare, sono state analizzate tre aree: la Penisola Iberica, l’Italica e il mondo bizantino – quest’ultimo spesso tralasciato dagli studi di storia del diritto europeo – allo scopo di cogliere lo ‘spirito’ comune delle loro strutture familiari. Proprio attraverso lo studio dalle sfere familiari e delle loro evoluzioni nel tempo e nello spazio è stato possibile avanzare nuove ipotesi interpretative intorno agli scambi patrimoniali tra famiglie.
Manuel Vial-Dumas è professore di Storia del diritto presso l’Universitat de Girona e la Universitat Oberta de Catalunya; è, inoltre, docente nel Corso di dottorato in Diritto dell’Universidad de Buenos Aires. È stato visiting researcher presso l’Università Nazionale Capodistriana di Atene e nell’Università degli Studi di Genova.
«Ho scritto questo libro contro me stesso. Sono totalmente miscredente e fra tutte le religioni quella che sopporto meno è proprio il cristianesimo. Ma da storico ho dovuto sforzarmi di non prendere partito né pro né contro. La cosa più difficile è stato capire cosa si ha nel cuore e nell’animo quando si è cristiani.»
Paul Veyne
La conversione di Costantino al cristianesimo è uno degli avvenimenti decisivi della storia mondiale. Poco prima, nel 309 e nel 311, due feroci persecuzioni avevano provocato migliaia di vittime tra i seguaci del nuovo culto. All’epoca solo una piccola percentuale degli abitanti dell’immenso impero era di religione cristiana. Ottant’anni dopo il paganesimo sarebbe stato vietato, scomparendo per sempre dalla storia.
Paul Veyne, uno dei massimi studiosi dell’antichità, individua le ragioni di quella svolta epocale: le cause storiche, che affondano le radici nella situazione politica dell’impero romano; ma anche le motivazioni personali, radicate nella psicologia di un sovrano che si riteneva il salvatore dell’umanità e che fu dunque in grado di compiere un gesto di straordinaria audacia.
Quando l’Europa è diventata cristiana ricostruisce la cornice di quella rivoluzione politica, culturale e religiosa, e ne analizza le conseguenze. La cristianizzazione dell’impero seguì un cammino tortuoso, che portò finalmente alla sintesi tra due sistemi di valori, cambiando profondamente sia la romanità sia la Chiesa, che convertì milioni di persone senza fare martiri. Ma quel processo lasciò anche cicatrici profonde: l’antisemitismo cristiano iniziò proprio allora a sedimentare i suoi veleni. Senza dimenticare che quegli eventi così lontani nel tempo riverberano ancora nel dibattito politico, come conferma la discussione conclusiva sulle radici cristiane dell’Europa. Veyne ci offre così una riflessione documentata e a tratti provocatoria sul rapporto tra ideologia e religione, tra monoteismo e psicologia, tra storia e politica.
La conversione di Costantino al cristianesimo è uno degli avvenimenti decisivi della storia mondiale. Nel 309 e nel 311 due feroci persecuzioni avevano provocato migliaia di vittime tra i seguaci del nuovo culto e solo una piccola percentuale degli abitanti dell'immenso impero era di religione cristiana. Ottant'anni dopo il paganesimo sarebbe stato vietato, scomparendo per sempre dalla storia. Paul Veyne individua le ragioni di quella svolta epocale: le cause storiche, che affondano le radici nella situazione politica dell'impero romano; ma anche le motivazioni personali, radicate nella psicologia di un sovrano che si riteneva il salvatore dell'umanità e che fu dunque in grado di compiere un gesto di straordinaria audacia. Questo studio ricostruisce la cornice di quella rivoluzione politica, culturale e religiosa, e ne analizza le conseguenze. La cristianizzazione dell'impero seguì un cammino tortuoso, che portò alla sintesi tra due sistemi di valori, cambiando profondamente sia la romanità sia la Chiesa, che convertì milioni di persone senza fare martiri. Ma quel processo lasciò anche cicatrici profonde: l'antisemitismo cristiano iniziò proprio allora a sedimentare i suoi veleni. Senza dimenticare che quegli eventi così lontani nel tempo riverberano ancora nel dibattito politico, come conferma la discussione sulle radici cristiane dell'Europa. Una visione documentata e a tratti provocatoria di sul rapporto tra ideologia e religione, monoteismo e psicologia, tra storia e politica.
Non sono solo le verità o le idee ad avere una storia, ma anche il criterio stesso di vero e di falso. Attingendo a Platone, Aristotele, Pausania, Paul Veyne esamina i differenti "regimi di verità" in vigore presso quegli stessi greci a cui i moderni fanno risalire la nascita della storia, della ragione, della scienza. Ecco che la verità si configura come l'effetto del variare dei rapporti e degli interessi; nessuna verità è migliore delle altre, è semplicemente incommensurabile con le precedenti e le successive, perché i suoi orizzonti mutano costantemente.
La società romana rigida e conservativa, in linea di principio, fu molto più elastica di quanto noi moderni possiamo immaginare. Attraverso la ricostruzione concreta di personaggi e ambienti, una visione completamente rinnovata della civiltà e della cultura romane.
L'infanzia, la famiglia, la morte nell'Impero romano. Con la sua straordinaria capacità di ricostruire ambienti e personaggi, Veyne ci racconta cosa pensava e come agiva un abitante dell'Impero romano nelle varie fasi della sua vita. Paul Veyne è professore emerito del Collège de France.
Questo libro racconta la storia di due dittature, quella di Benito Mussolini e quella del signor Covid (come lo chiama l'autore). Si apre con una passeggiata a piazza Venezia: stracolma per i grandi proclami del Duce negli anni del consenso (1925-1936), deserta durante il drammatico lockdown della primavera 2020. Entrambe le dittature hanno soppresso o limitato la libertà degli italiani (il Covid-19, a 2 miliardi di persone), ma se allora Mussolini ebbe un'enorme popolarità interna e internazionale, l'Italia ha resistito al virus con un odio sordo, sconfiggendolo con la disciplina in primavera e rivitalizzandolo con la confusione in autunno. Nella parte sul fascismo, Bruno Vespa mostra come, superato il trauma dell'opinione pubblica per il delitto Matteotti, Mussolini abbia conquistato il consenso mondiale per aver annientato il socialismo filosovietico in Occidente, ma anche perché i treni arrivavano in orario e per la bonifica pontina, che ispirò alcune iniziative del presidente americano Roosevelt. Gli italiani apprezzarono le grandi opere urbanistiche, la messa in sicurezza dell'economia dopo la crisi del 1929 e, soprattutto, le iniziative sociali: settimana lavorativa di 40 ore, dopolavoro, sostegno alla maternità, colonie marine. La guerra d'Etiopia e la nascita dell'impero guadagnarono poi al Duce perfino il plauso degli antifascisti. Ma il Vespa storico racconta anche la vita privata di Mussolini, dalla condizione di separato in casa a villa Torlonia alle innumerevoli amanti frequentate anche durante la lunga relazione con Claretta Petacci. Nella parte sul Covid ritroviamo il grande cronista, che ha voluto osservare con i propri occhi lo strazio di Codogno, Nembro, Alzano, le terapie intensive e il cimitero di Bergamo, parlando con sindaci, medici, sacerdoti, cittadini che hanno visto sconvolta la loro vita. Vespa mette a confronto le opinioni di eminenti scienziati, ironizza sui virologi da talkshow e prova a distinguere tra allarme e allarmismo, che nell'autunno 2020 ha davvero rischiato di mettere in ginocchio il paese. Negli ultimi capitoli, incontra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e tutti i leader politici, testandone la capacità di utilizzare l'enorme quantità di denaro messo a disposizione dall'Europa per rilanciare un'Italia che non cresce da vent'anni. Conte illustra a Vespa i timori per la ripresa dell'epidemia, la speranza di un vaccino ormai prossimo, i suoi rapporti con il potere e la strategia per rilanciare il paese. Segue un'analisi dei mutati rapporti di forza tra un Pd rinvigorito dalle elezioni regionali e amministrative d'autunno e un M5S che rischia di perdere Casaleggio e Di Battista. L'imprevedibile movimentismo di Renzi e la corsa di Calenda a sindaco di Roma. La svolta europeista di Salvini, la crescita costante di Giorgia Meloni e la fermezza di Berlusconi, uscito dal Covid, nel rivendicare il ruolo determinante di Forza Italia, seppure elettoralmente ridimensionata.