
Il Novecento cinese è stato molte cose: guerra e pace, lotta contro la miseria e l'arretratezza e per lo sviluppo e la modernizzazione, sforzo per recuperare l'identità perduta e per forgiarne una nuova, impegno per la rinascita della nazione e per un suo ruolo centrale in ambito regionale e internazionale. Tuttavia, il Novecento è stato innanzitutto il "secolo delle repubbliche": la Repubblica di Cina nata nel 1912, quella dei "signori della guerra", quella nazionalista, la repubblica dei soviet, la Repubblica nazionalista di Chongqing e quella comunista delle "basi" anti-giapponesi, e infine la Repubblica Popolare Cinese del 1949 e la Repubblica di Cina a Taiwan, la quale ultima è stata riconosciuta come tale da larga parte del mondo ma che nell'ultimo trentennio ha visto ridurre fortemente il proprio ruolo politico e diplomatico internazionale, pur conservando una consistente e dinamica presenza economica, commerciale e culturale negli affari internazionali.
La Cina del ventunesimo secolo porta con sé un bagaglio fatto di successi ma anche di problemi. Già in questo primo decennio le «specificità cinesi» sono spesso emerse con forza, lasciando intravedere prove di futuro che sono - e probabilmente saranno - assai distanti dalla nostra esperienza storica. Ma insieme la potenza cinese si trova a misurarsi con sfide di natura mondiale: lo sviluppo e le sue compatibilità, i nodi sociali, l'unità e la diversità dei territori che la compongono, le risposte - propositive ma anche difensive - rispetto alla globalizzazione. Cosí da prefigurare il disegno contraddittorio e aperto della Cina della «quarta generazione» e oltre.
Matteo Ricci (Macerata 1552-Pechino 1610), esperto nelle scienze, come nelle lettere, sinologo, cartografo e matematico, dopo essere ordinato sacerdote nella compagnia di Gesù in India, nel 1582 parte per una missione verso Macao. Uomo onnisciente e profondo conoscitore del Rinascimento europeo, favorisce la relazione tra le due civiltà più importanti della storia del tempo: l'Europa cristiana, impregnata di Umanesimo e di Rinascimento, e la Cina, sotto la Dinastia dei Ming. Porta avanti con tenacia questo incontro di culture, che si estende, in particolare, a temi di astronomia, costumi, governo, principi etici e verità rivelata. Prefazione di Luigi Lacchè. Postfazione di Dario Grandoni.
Come ricordare lo Sterminio e i Lager senza confinarli nella memoria soltanto?
Come collocarli dentro una storia che, pur trascorsa, interroga il presente e ogni futuro possibile?
Queste pagine guardano a uno dei crimini maggiori della storia europea proponendosi la questione di comunicarla per le generazioni a venire; cercano di collocare l’insieme di quegli eventi, a tutta prima “incredibili”, nei suoi contesti, soprattutto quotidiani di quegli anni Trenta e Quaranta del ’900 nei quali davvero l’inferno poté “ridere” in terra d’Europa – il titolo è da Bonhoeffer – perché in precedenza, nel Reich nazista tedesco e nell’Italia del regime fascista, la vita quotidiana, i mondi vitali del giorno per giorno e tutte le relazioni sociali erano state invase da ideologie e visioni del mondo in cui ciascuna diversità era indicata come colpa e ogni diverso parere si considerava come reato. L’itinerario del libro ricostruisce contesti e parallelismi, interpreta in sede storica per mettere in evidenza i meccanismi banali e la perversione quotidiana di quelle visioni, ricostruisce, anche nel mondo dei media (dalla radio alle sperimentazioni della “radiovisione”) e in quelli della burocrazia amministrativa, i percorsi di una discesa agli inferi.
Occultismo, astrologia, esoterismo e alchimia: questi gli elementi che hanno costituito la fissazione del nazismo e dato origine a una serie di simboli e rituali pagani in grado di innalzare il Terzo Reich alla gloria eterna. Nel 1935, il giovane Hugo, appartenente all'Ahnerbe, la divisione delle SS adibita alla ricerca dell'eredità ancestrale, viene inviato sulle tracce del Santo Graal, già cercato dai Cavalieri Teutonici e Templari e forse situato nella chiesa di Santa Maria Isana Vercellese; la paleontologa Eva invece, alla ricerca della Lancia di Longino, viene derubata del manoscritto originale de I Maestri Cantori di Norimberga di Richard Wagner, contenente un segreto capace di sovvertire l'ordine del mondo. Ma un gesuita, zio di Himmler... Prefazione di Paolo Gulisano.
Nel 1922 Salvemini, che si è ritirato dalla politica attiva, prende a scrivere il diario per dar corpo alle sue riflessioni e per registrare quanto sta accadendo, sì da predisporsi il materiale per uno studio futuro sul fascismo. Il diario alterna così pagine di giudizi sferzanti e furibondi e la puntigliosa raccolta di notizie grandi e piccole sul clima politico italiano: notizie che vengono dai giornali ma soprattutto dalle conversazioni e dalle corrispondenze di una vasta cerchia di amici, da Sforza ad Amendola, da Albertini a Fortunato, da Ojetti a Modigliani.
Le "Lezioni di Harvard" furono redatte intorno al 1943 negli Stati Uniti, dove Salvemini aveva trovato stabile asilo sin dal 1933 e dove ricoprì presso la Harvard University la cattedra di Storia della civiltà italiana. Destinate a un pubblico di studenti americani, esse risentono naturalmente nella loro impostazione di uno sforzo per chiarificare il più possibile e rendere più facilmente comprensibili, a chi non abbia esperienza diretta di cose italiane, situazioni e fenomeni della nostra storia, senza tuttavia cadere mai in una schematica semplificazione dei fatti tale da privarli della loro profondità prospettica. Il risultato è una esposizione di straordinaria nitidezza, che fa di quest'opera uno strumento prezioso specialmente per tutti coloro che il fascismo non conobbero; i quali desiderino invece rendersi conto delle sue origini nel quadro complessivo della storia italiana, e conoscere attraverso quali vie esso riuscì ad affermarsi. Le seminali lezioni di Salvemini sulla nascita del fascismo sono oggi il miglior viatico anche per noi per conoscere effettivamente cosa accadde.