
L'idea di impero si è formata nell'antica Roma, e ancora oggi l'impero romano fornisce un'immagine potente per riflettere sull'imperialismo. Le sua vestigia si possono trovare in tutta l'Europa, nel Medio Oriente e in Nordafrica - a volte anche più lontano. Seguendo l'intera espansione del vasto impero e partendo proprio dagli inizi, "Roma. Storia di un impero" mette insieme tre prospettive. Innanzitutto, è una storia completa dell'impero: come è stato creato, come ha resistito alle crisi, come ha plasmato il mondo di coloro che lo reggevano e dei suoi sudditi, dall'VIII secolo a.C. all'alba del medioevo. In secondo luogo, spiega quali segreti del successo dei Romani hanno rivelato le scoperte archeologiche e gli studi storici più recenti. La schiavitù come motore dell'impero; il commercio, le estrazioni minerarie e l'agricoltura, sfruttati per il progetto imperiale; le condizioni ambientali; il potere della religione e dell'ideologia nel motivare le masse; le seduzioni dell'impero, che portarono l'aristocrazia di Roma a barattare la libertà in favore della ricchezza e del potere; e molto altro ancora. E infine, il quesito più rilevante: come mai, fra tutti gli imperi, quello di Roma è durato così a lungo, con un impatto così profondo, e ha fatto da modello esplicito per altri imperialismi? Nessuno ha mai pianificato la creazione di uno stato che sarebbe durato più di un millennio e mezzo, eppure le politiche a breve termine di alleanze tra gruppi sempre più ampi crearono una struttura stabile...
Dalla fine dell'Età del bronzo all'inizio del Medioevo, da Uruk ad Alessandria, da Persepoli ad Atene e Sparta, e da Cartagine a Roma, la suggestiva epopea dell'ascesa, il declino e la scomparsa delle città antiche le cui rovine non hanno mai smesso di affascinarci. Una storia naturale di guerre e politica, pestilenze e carestie, ingegno e crudeltà, trionfi e tragedie, a volte leggendaria a volte miserevole. Al suo centro il Mediterraneo, che non solo gli antichi Greci e Romani, ma anche Fenici, Etruschi, Persiani, Galli ed Egizi solcarono e popolarono instancabilmente. L'antico Mediterraneo era un ambiente difficile da urbanizzare. Come è stato possibile creare e poi tenere in vita delle città per così tanto tempo, in contesti apparentemente così poco favorevoli? Come si nutrivano i loro abitanti, dove trovavano l'acqua o i materiali da costruzione e come si comportavano con i loro rifiuti e i loro morti? E perché infine i sovrani decidevano di abbandonarle? E come si abitava in mondi urbani così diversi dal nostro? Città immerse nell'oscurità ogni notte, città dominate dai templi degli dèi, città di contadini, di schiavi, di soldati. Alla fine, i protagonisti della storia sono le città stesse. Atene e Sparta, Persepoli e Cartagine, Roma e Alessandria: città che formavano delle grandi famiglie. La loro storia racchiude quella delle generazioni che le hanno costruite e abitate, lasciando in eredità monumenti che da allora hanno ispirato i successivi costruttori di città, e le cui rovine ci rammentano i pericoli e le potenziali soddisfazioni e ricompense di un'esistenza urbana.
Regione di confine, a cavallo tra Francia, Italia e Svizzera, la Valle d'Aosta è soggetto multiforme di situazioni e di cultura. Non solo e non tanto per il suo bilinguismo e per le sue aspirazioni autonomiste; non solo per la sua storia particolare nel contesto sardo-piemontese prima e italiano poi, ma per il sovrapporsi di vocazioni economiche e relazioni sociali che ne hanno fatto la sede di molte storie particolari; quella che rivela una civiltà contadina; quella delle miniere di ferro e carbone; quella dell'industria idroelettrica; e ancora quelle più recenti dell'immigrazione, come pure del turismo. Molte anime convivono e dialogano a confronto con un problema storico, ormai di portata nazionale: quello delle relazioni delle regioni con lo Stato centrale.
Neandertal è un viaggio straordinario. Che è iniziato con una fascinazione d'infanzia verso il passato; ha guadagnato slancio con la scoperta della ricchezza del Pleistocene; ed è infine diventato una carriera accademica spesa alla scoperta dell'archeologia dei Neandertal. In questo stesso viaggio, Rebecca Wragg Sykes accompagna anche noi: scavando siti antichi, tenendo in mano gli eleganti manufatti che i Neandertal hanno lasciato, ma anche provando a esplorare - grazie a un amore di lunga data per la letteratura e la poesia come strumenti per evocare luoghi, tempi e sentimenti - connessioni emotive più profonde, attivate dai dettagli sorprendenti che possiamo ricostruire sulle loro vite. Dalla loro scoperta - avvenuta più di 160 anni fa - i Neandertal si sono trasformati, da perdenti dell'albero genealogico umano, in ominini di serie A. Rebecca Wragg Sykes usa la sua esperienza all'avanguardia nella ricerca paleolitica per condividere la nuova comprensione che abbiamo di loro, mettendo da parte il cliché dei bruti vestiti di stracci in una terra desolata e gelida. Ci rivela invece che erano curiosi, intelligenti conoscitori del loro mondo, tecnologicamente inventivi ed ecologicamente adattabili. Soprattutto, sono sopravvissuti con successo per più di 300.000 anni, durante tempi di massicci sconvolgimenti climatici. Pianificazione, cooperazione, altruismo, artigianato, senso estetico, immaginazione, forse anche un desiderio di trascendenza che guarda oltre la mortalità: molto di ciò che ci definisce era anche dei Neandertal, e il loro DNA è ancora dentro di noi. Questo libro fa per i Neandertal quello che Sapiens di Harari ha fatto per noi. Rivelando una storia più profonda e sfumata, dove l'umanità stessa cessa di essere nostra esclusiva prerogativa. E si rivela invece una comune, antichissima eredità condivisa.
Vladimir Putin è di origine veneta. Una sera, in incognito, è andato a trovare i parenti nei pressi di Vicenza. Vedendolo aggirarsi nell'ombra, qualcuno lo ha scambiato per un redivivo Cecco Beppe, imperatore d'Austria e re d'Ungheria. Nel 2012, un complotto contro l'identità di Trieste ha usato come cavalli di troia... Bruce Springsteen & the E Street Band. A Brunico, in Alto Adige, c'è un monumento all'alpino che ha subito più attentati dell'ambasciata americana a Beirut. Nel 2014, secondo la tv russa, il Veneto si è separato dall'Italia. Si fa presto a dire "Nordest". Meno semplice è capire come mai, in queste terre, ogni fenomeno sia estremo. In questo reportage ibrido e mutante, preparato in due anni di viaggi e discussioni, Wu Ming 1 azzarda una risposta: c'entra la Grande guerra. Qui erano i confini con l'Austria; qui si combatté la guerra e morirono centinaia di migliaia di uomini; qui le cicatrici pulsano forte. Il centenario del conflitto richiama fantasmi e memorie rimosse. Sfilano in ordine sparso i disertori, i decimati, i condannati per "rivolta in faccia al nemico". Marciano gli alpini e gli Schützen tirolesi. Passa di corsa, inseguito da una folla inferocita, il generale Luigi Cadorna. Cent'anni a Nordest racconta queste e altre storie, per dirci che il Nordest è un osservatorio privilegiato, dal quale vediamo meglio l'Italia e noi stessi.
La storia della famiglia dei Medici, della sua ascesa al potere e della sua espansione, dei difficili equilibri conquistati a spese dell'opposizione interna, degli anni del declino e della decadenza: quattro secoli di avvenimenti narrati con equilibrio e imparzialità. Nel secolo scorso Firenze fu una meta ideale, una sorta di oggetto di culto per gli stranieri che, sedotti dal mito dell'arte, varcavano le Alpi alla ricerca della classicità perduta. Fra loro furono particolarmente attivi gli inglesi, che avevano formato a Firenze una vera e propria colonia, sopravvissuta fino alla Seconda guerra mondiale. Questa storia dei Medici è appunto uno dei frutti più significativi di quell'appassionato interesse. Da questo prezioso insieme emergono i personaggi della politica e dell'arte, protagonisti di vicende emblematiche nella storia di Firenze e dell'Europa fra il XV e il XVIII secolo. Un documento imprescindibile, mai eguagliato per portata, completezza e valore storico, che restituisce uno sguardo autentico e ricco di colore sulla famiglia più ammirata e invidiata di tutto il Rinascimento.
Un resoconto a tinte fosche dei vari aspetti, diplomatici e politici, delle guerre del Vietnam - contro Francia prima e USA poi - e delle loro conseguenze. Per la prima volta si dà eguale peso agli Americani e ai Vietnamiti, sconfessando l'idea che tutte le azioni compiute dai "buoni" americani contro i "cattivi" comunisti siano state lecite, concezione ribadita in molti interventi degli USA in politica estera (dal Libano a Panama). L'autrice analizza in queste pagine il più noto conflitto del Vietnam, i suoi molto sanguinosi precedenti e le pesanti conseguenze da un'ottica totalmente nuova per la storiografia americana, fornendo inoltre una buona mole di dati storici, molti dei quali inediti, sui conflitti stessi.
Il duce, solo di fronte all'immagine di se stesso, sceglie, per confessarsi, un estraneo e un laico: il medico che per caso gli era accanto, e con lui si sfoga, parla senza reticenze del suo passato, dei suoi amori, dei suoi rimpianti, gli racconta aneddoti curiosi, trancia giudizi sui contemporanei. Una preziosa testimonianza che rivela un Mussolini intimo e inedito, esitante dinanzi alle decisioni più gravi, che non si atteggia più a "infallibile", che parla con franchezza dei protagonisti del suo tempo: odiava Badoglio, era scettico sulla funzione della Chiesa, provava stima e ammirazione per Churchill, frustrante sentimento di dipendenza nei confronti di Hitler, alta considerazione per Goebbels, disprezzo per Goering.
I diritti umani hanno una 'storia breve' e una 'storia lunga'. Quella 'breve' l'hanno scritta i Paesi del Nord, ricchi e sviluppati, e comincia con la seconda guerra mondiale. Quella 'lunga' inizia invece nel 1492, con la cosiddetta 'scoperta' dell'America e la creazione europea di un sistema coloniale e criminale. Un sistema fondato su omicidi di massa (50 milioni di morti solo nelle Americhe), sulla privazione di diritti e sulla deumanizzazione. Zaffaroni propone un percorso critico legato ai molteplici modi in cui il colonialismo ha trovato espressione fattuale e ideologica, mettendo in discussione il suo rapporto con i diritti umani, originariamente celebrati come un trionfo proprio dalla stessa civiltà che ha teso la mano al patriarcato, alla misoginia, alla discriminazione, al razzismo e al classismo. Dallo smembramento dell'Africa al tardo colonialismo finanziario contemporaneo, passando per il colonialismo britannico in India e Oceania o quello francese in Indocina, i crimini dell'espansione americana e russa, i massacri delle repubbliche dell'ex Unione Sovietica e i crimini degli Stati Uniti e della Russia, i massacri delle repubbliche oligarchiche americane, le guerre in Congo, Algeria, Madagascar, Camerun, Malvinas, Iraq, Libia e Balcani, Zaffaroni porta alla luce questa 'storia lunga', occultata per giustificare tali atrocità con la sedicente superiorità della cultura colonizzatrice. Oggi, più che mai, dobbiamo riscattare la memoria di questi crimini e riconoscere che fanno parte della storia dei diritti umani. Le guerre e i conflitti esplosi di recente (dall'Ucraina a Gaza) ci mostrano che i diritti umani come categoria giuridica avranno un futuro solo se usati come strumento di lotta giuridica dei popoli, in grado di emanciparli da una posizione di subordinazione geopolitica.
Il volume ricostruisce il percorso accademico e politico di Tassinari, lo sviluppo del suo pensiero scientifico e il ruolo nell'"assalto al latifondo", il complesso rapporto con Mussolini ed alti esponenti del nazionalsocialismo, fino ad esaminarne l'influsso sulle leggi di riforma agraria degli anni Cinquanta, plasmate secondo l'impostazione sostenuta dal suo più importante allievo: Giuseppe Medici.

