
C'è un fascino sinistro nella forma morbida di un sottomarino che scivola, elegante e silenzioso, sotto la superficie impenetrabile del mare e raggiunge inavvertito l'obiettivo con il suo carico di morte. Un fascino che ancora oggi conquista il grande pubblico e che alla fine della Seconda guerra mondiale spinse i vertici militari e politici delle potenze vincitrici a impadronirsi dei progetti top secret degli U-Boot tedeschi. Combinati con le più recenti tecnologie di cui disponevano gli Alleati, la bomba atomica e il radar, i sommergibili divennero gli strumenti con i quali affrontarsi in un lungo conflitto che, per fortuna, non venne mai combattuto: la guerra fredda. Durante quasi cinquant'anni, i mari e gli oceani di tutto il mondo si riempirono di sottomarini a propulsione atomica sempre più grandi. Imbarcavano armi micidiali, i giganteschi missili dotati di testate nucleari di una potenza tale da spazzare via la vita dall'intero pianeta. Erano gli strumenti invisibili della cosiddetta «deterrenza». Potevano rimanere per settimane sott'acqua senza riemergere, sfuggendo così ai radar. A modo loro garantirono quella che venne chiamata «la pace del terrore atomico». Guerra sotto il mare ripercorre la storia di quel cinquantennio attraverso le vicende delle flotte subacque sovietiche e statunitensi e racconta la nascita e l'evoluzione di questi mostri degli abissi. Ne descrive le trasformazioni e le strategie d'impiego. Spiega come lo sviluppo delle tecnologie abbia imposto la crescita delle loro dimensioni e quanto sia stata importante la guerra di spie nella corsa per la superiorità ingegneristica. Certamente il conflitto rimase sul piano ideologico, ma delle vittime ci furono comunque e furono numerose. Molti sottomarini atomici di ambedue gli schieramenti affondarono per guasti, leggerezze, errori di manovra, imprevidenza e sottovalutazione del pericolo. Come gli americani Thresher e Scorpion, scomparsi nell'Atlantico negli anni Sessanta, e il russo Kursk, affondato nel Mare di Barents nel 2000, ultima vittima di un conflitto mai dichiarato e mai combattuto, terminato quasi un decennio prima. Alcuni sottomarini di quegli anni navigano ancora. Ma l'arco della storia narrata da Sergio Valzania ha visto di recente le marine tedesca e italiana collaborare allo sviluppo e alla realizzazione di mezzi meno costosi e ingombranti, che hanno abbandonato la propulsione atomica a favore di un sistema più ecologico. Sono le unità della classe Todaro che oggi combattono nel Mediterraneo una guerra di intelligence contro gli scafisti, armi potenzialmente letali che dimostrano la straordinaria ricchezza delle loro possibilità d'impiego.
Tra le epopee del mare c'è quella delle portaerei. Le navi più potenti mai costruite sono state protagoniste di una sola guerra: quella combattuta con ferocia nell'oceano Pacifico tra giapponesi e americani dal 1941 al 1945. Il Mar dei Coralli, Midway, le Salomone orientali, l'arcipelago di Santa Cruz e le Marianne furono il teatro del conflitto che si risolse in uno schiacciante predominio degli Stati Uniti aprendo loro la strada per la vittoria. I marinai e i piloti imbarcati su "Saratoga", "Lexington", "Yorktown", "Enterprise" e "Hornet" si opposero con determinazione e spirito di sacrificio allo strapotere dei giapponesi nei primi mesi di guerra, bloccando la loro avanzata e dando a un apparato industriale dalle possibilità immense il tempo di intervenire nella lotta. Se la madre di tutti gli errori giapponesi fu la decisione di sfidare gli Alleati in una guerra assolutamente impari sul piano dei materiali, il secondo gravissimo sbaglio consistette nell'attaccare Pearl Harbor nel momento in cui non erano presenti le portaerei americane, mancando di fatto l'annientamento della forza nemica. Valzania racconta un frammento di una delle grandi tragedie del secolo passato e ne presenta uomini e mezzi ? gli ammiragli delle due flotte, le navi, i marinai, gli aviatori e gli aerei ?, valuta le scelte fatte, l'eroismo, la disponibilità al sacrificio, le capacità strategiche e l'intuito tattico dei protagonisti, presenta le azioni e i comportamenti delle personalità di spicco che vi parteciparono nei ruoli più diversi. Dall'ammiraglio Yamamoto, ucciso in un agguato tesogli dall'aviazione americana, ai futuri presidenti degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, che portò in salvo il motorista della sua motolancia affondata dai giapponesi nuotando per oltre cinque chilometri, e George Bush, in servizio come pilota di marina e recuperato da un sommergibile americano dopo ore di attesa in acqua a seguito dell'abbattimento del suo aereo. Valzania restituisce un affresco di una lotta combattuta sul mare senza risparmio, fino al disastro definitivo del Giappone, sconfitto nonostante il sacrificio di centinaia di piloti kamikaze, e devastato dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki.
Farsalo, 9 agosto 48 a.C.: da una parte l'esercito dei populares di Cesare, dall'altra quello degli optimates di Pompeo. Le sorti di Roma si decidono in battaglia. Ma cosa aveva portato i due triumviri allo scontro frontale? Quali strade si dividono in Tessaglia? Pompeo uscirà sconfitto dalla lotta per il potere innescata dalla crisi delle istituzioni repubblicane, mentre la vittoria di Cesare aprirà un nuovo capitolo nella sanguinosa rivoluzione romana, che porterà alla definizione dell'impero sotto il segno del Principato. Ma la guerra civile avrebbe potuto prendere una piega diversa: il disegno del Nuovo Alessandro, l'uomo che aveva liberato il Mediterraneo dai pirati, contrastava quello del console che aveva conquistato la Gallia. Non si trattava soltanto di due caratteri diversi, ma di due opposte visioni di Roma e di quello che sarebbe diventato l'impero dei cesari. A Farsalo non si compie solo il destino di due condottieri, ma quello della città più potente al mondo.
Fra il gennaio 1919 e quello del 1920, a Parigi si decise il destino del mondo. Al termine del grande conflitto che secondo la promessa wilsoniana avrebbe dovuto «porre fine a tutte le guerre», in un momento decisivo per un possibile riscatto dopo anni di atrocità, i leader delle quattro potenze vincitrici si riunirono nella capitale francese per discutere i termini della pace: ridisegnare i confini politici e stabilire gli equilibri dell'Europa e del mondo. La trattativa, che avrebbe dovuto creare un ordine fondato sulla giustizia e il rispetto dei diritti dei popoli, non seppe dare al continente, e al mondo, un assetto per quanto possibile giusto e pacifico. Ai vinti vennero imposte dure condizioni, spesso a scopo vendicativo e sotto la minaccia di continuare ad affamare la popolazione civile. Sulle rovine degli imperi sconfitti nacquero nuovi Stati, in cui si affermarono i nazionalismi più gretti, sorsero problemi insolubili e numerose guerre locali. Le decisioni prese in relazione alla Germania sconfitta, contornata da piccoli Stati con forti minoranze tedesche, contribuirono in maniera determinante alla salita al potere di Hitler. Il presidente Wilson, che volle rappresentare il proprio Paese al tavolo delle trattative senza essere un diplomatico, né tantomeno possedere alcuna esperienza di negoziati internazionali, complicò ulteriormente la già ingarbugliata situazione postbellica, finalizzando la Conferenza di pace alla costituzione della Società delle Nazioni, alla quale gli stessi Stati Uniti non aderirono. Franco Cardini e Sergio Valzania ripercorrono in questo libro i fatti occorsi a Parigi in quell'anno fondamentale per la storia mondiale, le vicende che precedettero e seguirono la firma dei trattati di pace con i Paesi sconfitti. La Conferenza di Parigi del 1919 per i suoi protagonisti - il presidente Woodrow Wilson e i primi ministri Lloyd George, Clemenceau e Orlando - fu l'occasione mancata di stabilire un giusto ordine internazionale. I quattro leader ebbero nelle loro mani il destino del mondo, un potere e una responsabilità mai avuti prima, ma costruirono una pace che non ha funzionato, una «pace mancata», uno dei fallimenti più importanti e decisivi del secolo scorso.
Nel 2013 ricorre il XVII centenario dell’Editto di Milano, che segnò una svolta decisiva nella visione storico-politica del mondo del IV secolo. Nel giro di una generazione l’impero ebbe una nuova capitale, Costantinopoli, e una nuova religione di sostegno, il cristianesimo. Per la novità storico-culturalereligiosa del progetto, l’autore della rivoluzione, Costantino, può essere paragonato al fondatore stesso dell’idea imperiale, Ottaviano Augusto. Come successore di Cesare, Costantino comprese che, al di là della forza delle armi, vi era bisogno di una nuova visione del mondo. Di qui l’idea politica della tolleranza e il ricorso alla nuova religione universale, il cristianesimo.Approfondendo filosofia politica e storia della teologia, Raymond Van Dam presenta una visione nuova della figura di Costantino e del suo progetto imperiale.
Raymond Van dam è professore di storia e direttore del programma interdipartimentale di storia greca e romana presso l’Università del Michigan. Studioso della storia e della religione del tardo impero romano, è autore di numerosi libri dedicati a quel periodo.
"Una storia nota quella di Vincent, forse la più famosa vita d'artista di tutti i tempi, apparentemente raccontata qui nella sua versione più lineare e semplice, complicata invece perché piena di riflessi. (...) La biografia di Vincent scritta da Johanna è una biografia della ricerca della serenità, una appassionante sequenza di momenti tranquilli e di crisi in qualche modo risolte, bellissima sequenza di momenti tranquilli e di crisi in qualche modo risolte, bellissima sequenza di delusioni d'amore, che Johanna racconta con comprensione e dolcezza." (dalla postfazione di Elio Grazioli)
Hendrik van Loon, pioniere e maestro della divulgazione, racconta la storia di una delle più antiche arti del mondo, la navigazione, che ha permesso all'Uomo di spingersi negli angoli più remoti del pianeta. Dalle primitive zattere fino ai transatlantici, dalle repubbliche marinare alla scoperta delle Americhe, il vertiginoso racconto di van Loon prende il lettore per mano, spaziando tra geografia, mitologia, tattica navale, gastronomia e arte, soffermandosi anche sulla dura realtà della vita a bordo in ogni epoca, così distante dall'idea romantica di avventura e libertà che il viaggio per mare da sempre ispira. Perché la navigazione è anche una "follia", attraverso la quale gli uomini si sono sottoposti a sofferenze indicibili pur di sfidare se stessi e le leggi della Natura.
Si parte dal gigantesco estuario del fiume Congo, come i colonizzatori, i missionari, i bianchi hanno sempre fatto. Un getto possente di detriti, terra, alberi che trasforma l'oceano in un brodo torbido per centinaia di chilometri: "Le immagini del satellite lo mostrano chiaramente: una macchia brunastra che, durante il picco della stagione dei monsoni, si estende verso ovest per ottocento chilometri. Quando ho visto per la prima volta delle fotografie aeree mi è venuta in mente una persona che si era tagliata i polsi e li teneva sotto l'acqua, ma per sempre. Così, quindi, comincia un paese: diluito in una grande quantità di acqua di oceano". E poi, attraverso centinaia di interviste con congolesi di tutte le età e le etnie, attraverso lo studio della storia, dell'archeologia, della geografia e della climatologia, attraverso una scrittura tersa e coinvolgente, si va alla scoperta di un paese, di un popolo, di un continente. Dai primi insediamenti preistorici agli orrori della dominazione coloniale belga, dall'indipendenza alle guerre civili, attraverso giungle e città, montagne di ghiacciai perenni e pianure rigogliose, miniere di ogni minerale prezioso e una natura ricchissima e incontaminata, un libro che davvero restituisce un mondo.
Dal combattimento dal punto di vista del soldato, fino alle ampie strutture sociali ed economiche che hanno influito sulle campagne e sulle guerre, tutti gli aspetti della guerra nell'antica Grecia sono stati studiati con molta maggiore frequenza, negli ultimi decenni, di quanto non sia mai stato fatto prima. Questo libro spazia dai dettagli concreti sul modo di effettuare un'incursione, ai problemi molto più teorici delle cause, dei costi e delle conseguenze della guerra nella Grecia arcaica e classica. Sostiene che le fonti greche forniscono un quadro molto selettivo e idealizzato, troppo facilmente accettato dalla maggior parte degli studiosi moderni, e che uno studio più critico delle prove porta a conclusioni radicalmente diverse in merito al modo di fare la guerra da parte dei greci.

