
«Tiri su il suo body count o ha chiuso». Il generale Ewell incalzava senza pietà i suoi sottoposti in Vietnam con la conta dei morti. Era ossessionato. Nessuno doveva permettersi di abbassare il livello della sua divisione. 6.000 morti al mese come minimo, era l’obiettivo. Ne andava della sua reputazione di “macellaio” del Delta del Mekong. Tutto in Vietnam ruotava intorno al body count. Sulle pareti della mensa campeggiavano i punteggi settimanali di ogni soldato, in modo che tutti vedessero. E si regolassero di conseguenza. Se eri tra i primi avevi premi, licenze, casse di birra e altre piacevolezze. In caso contrario, stavi molto molto scomodo. Il sergente Roy Bumgarner pare ne abbia uccisi 1.500 da solo. E come lui, ce n’erano decine.
«Uccidi, uccidi, uccidi», urlavano le reclute per tutto l’addestramento. «Spara a tutto ciò che si muove» era l’ordine dall’alto per le missioni. Disobbedire non era contemplato. La retorica della guerra in Vietnam ha riconosciuto My Lai come l’unico crimine di guerra commesso dai soldati americani. La strage di 500 donne, anziani e bambini, tutto un villaggio, compiuta nel 1968 è definita un caso isolato, opera di mele marce.
Non è così. Basandosi su documenti riservati e sulle voci di testimoni oculari americani e vietnamiti, Turse costruisce un racconto mozzafiato e definitivo della “sporca guerra”.
Quando, il 7 ottobre del 2006, Anna Politkovskaja fu assassinata rimasi scioccato. La brutalità di una democrazia travestita, per la quale i sovietologi hanno coniato il termine democratura, aveva parlato. Ho trascorso quasi due anni tra Ucraina, Russia e Siberia, per cercare di capire, registrare, viaggiando in compagnia dei miei quaderni da disegno. Cosa era stata l'Unione Sovietica? Così è nato questo libro di storie di persone piccole, che attraverso il racconto mi hanno aiutato a cercare di dipanarlo, questo mistero russo. La scintilla arrivò al mio arrivo a Mosca, il 19 gennaio 2009, quando con un colpo alla nuca furono assassinati l'avvocato, e amico di Anna Politkovkaja, Stanislav Markelov e Anastasia Baburova, stagista della Novaja Gazeta, il giornale che pubblicava i reportage di Anna. Poi certo, Parajanov, il grande regista giorgiano di origine armena, allievo spirituale di Pierpaolo Pasolini. Arrestato e deportato per quasi cinque anni in Siberia. Il suo crimine? Non avere aderito ai canoni del realismo socialista. In compagnia dei suoi film, nei lenti giorni di viaggio ho attraversato in treno il cuore della Siberia e forse compreso un poco della meravigliosa disperazione russa. Un reportage disegnato sottoforma di graphic novel.
La sorprendente esplosione di fervore religioso e di fiducia nelle soluzioni militari che portò alle spedizioni cristiane in Terra Santa nel corso del XII secolo è entrata a far parte della mitologia europea, al punto che è diventato impossibile guardare a queli eventi con gli occhi di coloro che li vissero. Protagonisti quali Federico Barbarossa, Riccardo Cuor di Leone o il Saladino, episodi leggendari come la presa della Croce o le prediche di san Bernardo hanno dato della prima, della seconda e della terza crociata un'immagine vivida e reale, ma senza dubbio distorta. Questo saggio vuole rispondere alla domanda "cosa furono davvero le crociate".
A mezzo secolo dalla pubblicazione della classica "Storia delle crociate" di Steven Runciman, "Le guerre di Dio" di Christopher Tyerman è oggi, per la meticolosità e l'approccio innovativo, il testo di riferimento sull'argomento. Non solo in quanto prende in considerazione le acquisizioni più recenti della ricerca storica, ma anche perché fa i conti con una mutata sensibilità culturale. L'autore, medievista di Oxford, colloca innanzitutto gli eventi in una cornice più vasta e realistica, che tiene conto di tutte le forze che portarono alle crociate: sia quelle politiche e religiose, sia quelle culturali, economiche, sociali, demografiche. Dalla pressione araba in Spagna, ai movimenti ereticali in Francia, alle sacche di paganesimo nei paesi baltici: per la prima volta in maniera tanto esaustiva, le crociate vengono viste come l'evento globale che furono, un qualcosa che va ben al di là delle campagne militari in Terrasanta. Una vera e propria visione del mondo, che ha definito la mentalità europea tra l'anno Mille e la" scoperta" dell'America. Tyerman porta alla luce l'intreccio di aggressività e paranoia, utopia e miopia che si materializzò nelle guerre (in Medio Oriente o nel "fronte interno", contro i movimenti ereticali), raccontando le storie degli individui che vi presero parte, dai personaggi celebri a quelli che nessuna cronaca riteneva degni di riportare ma che ugualmente contribuiscono a questo grandioso, paradossale affresco storico.
La storia di guerre e conquista inaugurata dalla Prima crociata è cosi densa e complessa che in genere se ne tralasciano i dettagli pratici, ricostruendone solo le battaglie salienti, le trattative successive e i cambi di potere in Tèrrasanta. Ma, ci spiega Christopher TYerman, le crociate erano innanzitutto una gigantesca macchina organizzativa: non solo l'accurata scelta del casus belli e la ricerca di alleanze e finanziamenti, ma anche l'arruolamento di migliaia di persone, la raccolta di armi, vettovaglie e cavalli e il loro trasporto dall'altra parte del Mediterraneo erano parte di una complessa organizzazione che nulla lasciava al caso, qualcosa di molto diverso dall'immagine "brancaleonesca" che conosciamo. Dettagliato e divertente, ricco di storie e curiosità, «Come organizzare una crociata» dimostra come questo fenomeno storico, che il razionalismo illuminista vuole figlio della religione più oscurantista e reazionaria, si basasse invece su una particolarissima forma di razionalismo pragmatico, che per certi versi, e in modi tortuosi, avrebbe poi gettato le basi della nostra modernità.
Indomito guerriero, costruttore stravagante, marito di molte mogli e padre di numerosissimi figli, Ramses II è stato l'archetipo del faraone. I suoi monumenti e le sue immagini sono state ritrovate in ogni angolo dell'Egitto, il suo nome era conosciuto, rispettato e temuto in tutto il mondo antico. La morte ne ha amplificato la fama, trasformandolo in un modello per ogni altro faraone e, secolo dopo secolo, in una figura mitica. Discernendo tra leggenda e verità e raccogliendo nuove prove archeologiche, l'egittologa Joyce Tyldesley ricostruisce in questo saggio la vita e i tempi di Ramses II, dagli sfarzi delle corti ai rapporti con i popoli confinanti.
A centotrent’anni dalla sua nascita, avvenuta il 20 aprile 1889, gli studiosi non smettono di confrontarsi con il personaggio che più di ogni altro ha segnato la storia del XX secolo. Nonostante milioni di pagine siano state scritte su di lui, infatti, Adolf Hitler rimane una figura enigmatica.
Fu soltanto un opportunista privo di valori morali e dominato da un’insaziabile sete di potere? O incarnando le speranze e il desiderio di rivincita della società tedesca fu piuttosto l’espressione dello spirito del suo tempo? L’uomo che per oltre un decennio tenne l’Europa e il mondo intero con il fiato sospeso era un individuo scialbo e incapace di tessere relazioni sociali – un «guscio vuoto», come lo definì lo storico Ian Kershaw – oppure un politico astuto, determinato a perseguire una strategia ben precisa?
La monumentale opera di Volker Ullrich, la più completa ed esaustiva biografia del Führer mai scritta, di cui L’ascesa costituisce il primo volume, si propone di affrontare questi e altri interrogativi a partire dalla sterminata bibliografia sull’argomento, ma attingendo anche a documenti conservati nei numerosi archivi tedeschi e divenuti accessibili solo di recente. Atti ufficiali del Terzo Reich, diari e testimonianze di funzionari del Partito nazista, nonché gli scritti e i discorsi inediti di Hitler risalenti al periodo 1925-1933 consentono di arricchire di nuovi dettagli la sorprendente parabola politica del Führer e la sua personalità, con le sconcertanti contraddizioni e incongruenze che la caratterizzano.
La figura del dittatore emerge nella sua innegabile complessità, perché, lungi dall’essere un uomo senza qualità, Hitler possedeva molti talenti, primo fra tutti quello di saper sommuovere gli istinti della massa.
Ullrich ci svela l’uomo dietro il personaggio pubblico e apre scorci illuminanti sulla sua vita privata, sui suoi rapporti con la famiglia, le donne e i fedelissimi: dall’infanzia ai fallimenti giovanili a Vienna, dalle esperienze durante la prima guerra mondiale fino all’ascesa a capo del partito.
La «normalizzazione del mostro», anziché contribuire ad assolverlo e a minimizzare i suoi crimini, lo rende ancora più inquietante, perché illustra passo dopo passo e con ineguagliabile chiarezza il percorso attraverso il quale la mente di un uomo comune è arrivata a concepire la più scellerata e inspiegabile tragedia della storia.
Volker Ullrich, storico e giornalista tedesco, scrive per il settimanale «Die Zeit» ed è tra i curatori della rivista «Zeit Geschichte». Ha pubblicato numerose opere sulla storia del XIX e XX secolo tra cui le biografie di Bismarck e Napoleone e uno studio sull’Impero tedesco. Con la biografia Hitler. L’ascesa ha vinto il Los Angeles Times Book Prize.