
Il volume ripercorre i temi, i riferimenti politici e ideali, le iniziative culturali ed editoriali e infine il declino della cultura "antitotalitaria" in Italia nei trent'anni successivi al secondo conflitto mondiale. Cultura "antitotalitaria", non meramente "antifascista", perché il variegato arcipelago politico-culturale qui analizzato coniuga un radicato antifascismo - testimoniato da una ventennale opposizione al regime - con un altrettanto radicato anticomunismo. Allo stesso modo dei liberali pensavano i cattolici della generazione degasperiana, i socialisti democratici e riformisti e gli intellettuali appartenenti alla tradizione repubblicana, nella convinzione che l'esperienza fascista fosse morta per sempre e che il vero problema delle democrazie del dopoguerra fosse la lotta contro il mondo comunista, non solo là dove ormai era già "sistema", ma anche nelle sue propaggini occidentali. Il libro cerca anche di analizzare le cause che portarono negli anni Sessanta al declino di questa costellazione culturale e quelle che hanno impedito un suo sostanziale recupero dopo il 1990, quando la storia del Novecento sembrava averle dato ragione.
"A trentadue anni dalla sua prima edizione "Quando cessarono gli spari" non ha perso nulla della sua freschezza narrativa e della sua attualità. Scritto come un diario, ricostruisce ora per ora quel che accadde a Milano nelle due settimane successive alla Liberazione, utilizzando le memorie personali dell'autore confrontate con decine di testimonianze di piccoli e grandi protagonisti della Resistenza milanese. Nelle pagine sfilano uno dopo l'altro i racconti di Pertini, Basso, Cadorna, Curiel, Sereni, Bonfantini accanto a decine di comandanti delle formazioni partigiane. Una ricostruzione corale che rappresenta, ancora oggi, l'affresco più vasto e pulsante di quelle giornate. La 'breve fuga di Mussolini' e la sua esecuzione, la rivolta nelle fabbriche, i conflitti nel Clnai e le ambiguità di Cadorna: molte questioni controverse trovano in queste pagine testimonianze importanti e non eludibili. La recente vulgata revisionistica sul 'sangue dei vinti' trova in questo libro la migliore risposta resa ancor più efficace dall'essere stato scritto ben trent'anni prima." (Aldo Giannuli)
Gli scritti raccolti nel volume ruotano intorno a tre temi: la nascita dell'Italia come nazione moderna, lo sviluppo economico dello Stato unitario, la questione meridionale. Tre grandi problematiche tra loro strettamente intrecciate, con la prima a fare da piattaforma teorica e cornice storica di fondo alle altre due, nella convinzione dell'autore che le nazioni siano organismi viventi che nascono, crescono, muoiono, e cominciano a morire quando perdono memoria e coscienza delle ragioni storiche e dei valori ideali e materiali in nome dei quali nacquero. La nazione italiana, perciò, non morirà solo se riuscirà a conservare, viva e attuale, la memoria delle ragioni storiche e dell'immenso patrimonio etico e ideale per cui nel 1861 nacque a vita politica e di cui, attraverso travagliate, tragiche, ma anche gloriose vicende, è stata, e può essere ancora portatrice. E di quel patrimonio storico l'equilibrato sviluppo economico e civile dell'intero territorio nazionale fu ed è componente essenziale.
Il volume descrive la seconda guerra mondiale con gli occhi dei civili, degli inermi, di coloro che resi-stettero alla guerra. Racconta il degrado delle più elementari condizioni di vita, la fame, gli sfollamenti, le requisizioni ed i rastrellamenti e la radicale disgregazione delle relazioni familiari e comunitarie. Emmanuel Pesi svolge attività di ricerca in storia contemporanea presso la facoltà di Scienze Politiche dell'università di Pisa. Ha pubblicato alcuni saggi sulla società, i partiti e le organizzazioni sindacali lucchesi nel '900. È di prossima pubblicazione un volume sulla storia del secondo dopoguerra in provincia di Lucca.
Un viaggio alle origini della nostra democrazia che assume un significato attuale in un momento di crisi della nostra democrazia. Provincia di Lucca, settembre 1944. La guerra è finita, ma per la maggior parte della popolazione la pace è ancora lontana. Per lungo tempo ancora la sopravvivenza resta la principale preoccupazione. Quali sono i riflessi politici di questa diffusa condizione di disagio? Con quali difficoltà e con quali limiti nasce in questo contesto ed è accettato dalle masse popolari il sistema democratico? Il libro cerca di rispondere a questi interrogativi attraverso uno studio articolato dal 1944 al 1948. Descrive la formazione culturale e politica della classe dirigente antifascista, lo sviluppo dei partiti di massa, intesi come luoghi di partecipazione politica e di integrazione sociale, l'azione delle prime Giunte Comunali e le prime competizioni elettorali e soprattutto pone al centro della riflessione la relazione tra la soddisfazione dei bisogni primari della popolazione e la costruzione di forme di convivenza e istituzioni democratiche.
L'intervento in guerra a fianco del führer, i giudizi politici di Mussolini, i rapporti con Ciano e gli altri statisti nel racconto della donna a lui più vicina.
Arrigo Petacco indaga su don Vito Cascio Ferro, l'uomo che trapiantò nel Nuovo Mondo la struttura della mafia siciliana, e ricostruisce la storia di Joe Petrosino, che avvertì per primo l'incombente minaccia e cercò di fermarne sul nascere la diffusione. Poliziotto italoamericano di umilissime origini, Petrosino fu l'acerrimo nemico di don Vito: lo combattè per anni, ma non riuscì a impedire che il seme da lui portato in terra americana germogliasse. Né potè sottrarsi alla feroce vendetta della "Mano Nera" di New York.
Nell'autunno del 1942 le forze italo-tedesche, guidate dal generale Rommel, furono sconfitte dall'VIII armata britannica del generale Montgomery. In questo volume Petacco ricostruisce l'intera campagna dell'Africa settentrionale, individuando la chiave della sconfitta di Rommel: la sistematica intercettazione dei messaggi tedeschi da parte degli Alleati, ormai in grado, grazie al decodificatore "Ultra", di decifrare "l'Enigma", il criptatore a torto ritenuto inviolabile dai tedeschi, che gettarono la responsabilità della sconfitta sui "traditori" italiani.