
Insegnare la Storia attraverso l'ausilio della Fantasia (con la F maiuscola) si può: basta volerlo, senza travisare i fatti, ovviamente!
L'Autrice ci ha provato creando una sorta di "alfabeto storico", ripercorrendo a dialoghi teatrali, viaggi virtuali nel passato, giochi enigmistici e di parole e avvalendosi di una chiave di lettura anomala: la descrizione soggettiva delle grandi personalità di spicco che hanno portato l'Italia verso l'unità.
Descrizione soggettiva? Certo: l'unica in grado di lasciare spazio ai sentimenti, alle emozioni, alle paure, alle ansie, alle gratificazioni provate prima, dopo e durante le guerre combattute per l'indipendenza dello Stivale.
Susetta Nigri Maffione ha trascorso la sua vita dedicandosi all'insegnamento in ogni ordine di scuola. L'approccio didattico è infatti evidente in questo opuscolo, pensato per i ragazzi. L'autrice raccoglie le informazioni raccolte negli anni sull'inno scelto come simbolo dell'Italia e ne ripropone al lettore la storia e il contesto nel quale è stato composto. Conclude il testo un'appendice con cenni sui personaggi e fatti menzionati nell'opuscolo.
Partendo dalle ballate medievali su Robin Hood, Raffaele Nigro ripercorre in questo libro sette secoli di scritture, racconti, poemi che hanno per soggetto i briganti, senza dimenticare gli apporti del teatro, dell'opera lirica, della pittura e del cinema. Dall'epopea delle compagnie di ventura al bandito ideale di Cervantes, dai masnadieri preromantici alle sanguinose vicende dell'unificazione italiana alla letteratura popolare per cantastorie, dal brigantaggio come ribellione sociale alle imprese di Salvatore Giuliano, Nigro ci offre un'avvincente ricognizione di personaggi fuori del comune in compagnia di autori come Byron, Schiller, Stendhal, Verga, D'Annunzio, Gramsci, Hobsbawm, Marcuse, García Márquez.
Questo è un libro sul tempo e sul corpo. Si occupa della scrittura del pittore cinquecentesco Jacopo Carucci detto il Pontormo. E anche della scrittura attorno a lui e su di lui. Racconta la pittura del Pontormo, inevitabilmente; ma come attraversata dal suono della parola e dalla febbre che l'invenzione letteraria vi ha acceso dentro. Pontormo è anche la letteratura che l'ha inventato. E che gli appartiene, come patina del tempo. Se il manierismo è "ricerca della febbre", come suggeriva Bataille, questo è un libro sul manierismo. Il volume accoglie in appendice il Dossier dell'invenzione di Pontormo: "La lettera al Varchi" e "Il libro mio" del pittore; i versi in burla inviati da Bronzino al suo maestro.
L'antigiudaismo che esamina David Nirenberg in questo libro non è solo l'insieme dei pregiudizi e delle persecuzioni contro gli ebrei: è una delle modalità fondamentali con cui il pensiero occidentale ha definito se stesso e il proprio modo di interpretare il mondo in contrapposizione a una tradizione diversa. Come spiega l'autore, "L'antigiudaismo non va inteso come un anfratto arcaico e irrazionale nel vasto edificio del pensiero occidentale, ma come uno dei principali strumenti con cui tale edificio è stato costruito". Se l'antisemitismo prende di mira la concreta esistenza degli ebrei, le loro pratiche culturali e religiose, l'antigiudaismo si concentra su tratti e caratteri attribuiti all'influenza della tradizione ebraica ma rintracciabili anche al di fuori di essa, dal letteralismo religioso al materialismo. Già nel mondo antico si affaccia il motivo ricorrente di una "diversità ebraica" che anticipa, spesso con toni e caratteri simili, l'antigiudaismo cristiano e occidentale: è da qui che parte il viaggio di Nirenberg, per tracciare la storia del rapporto dell'Occidente (e del mondo islamico) con l'idea di giudaismo, in un percorso che da san Paolo arriva fino alla tormentata riflessione novecentesca sulle cause dell'antisemitismo e sul ruolo dell'ebraismo nell'Occidente contemporaneo.
Il gesto eroico di Oskar Schindler, che salvò centinaia di ebrei dalla Shoa, venne riconosciuto e commemorato con un albero nel Giardino dei giusti solo alcuni anni fa. Ma la storia dell'imprenditore tedesco e della sua famosa lista non è altro che una delle molte vicende di piccoli eroismi quotidiani che durante l'ultima guerra hanno salvato la vita a migliaia di persone. Un uomo, di nome Moshe Bejski, uno dei tanti che fece parte della "lista di Schindler", giunto in Israele alla fine della guerra, ha dedicato la sua vita per ritrovare e commemorare i "giusti" di ogni parte del mondo, perché di essi non fosse persa la memoria e perché per sempre il popolo ebraico potesse essere loro grato. Questo libro ricostruisce la sua vicenda.
Mosca, 1937. Un regista italiano specializzato in documentari di propaganda socialista, Gino De Marchi, viene prelevato dalla polizia segreta e di lui non si sa più nulla. La moglie Vera, all'oscuro di quanto sta avvenendo, viene convocata alla Lubjanka e, terrorizzata dalle minacce degli inquirenti, decide di prenderne le distanze e in seguito di divorziare. Luciana, la figlia tredicenne, molto legata al padre, compie invece la scelta opposta: lo aspetterà per anni, dedicando l'intera esistenza alla sua ricerca e, una volta informata della sua morte, nel 1956, alla difesa della sua memoria. Gabriele Nissim, che ha incontrato Luciana De Marchi numerose volte e ha potuto leggere le lettere e le carte private da lei conservate, ricostruisce con dovizia di particolari una straordinaria vicenda umana che la storiografia ufficiale ha finora ignorato, affrontando una realtà per molti aspetti ancora poco conosciuta, quella dei comunisti italiani in Unione Sovietica durante il regime staliniano.
Un giorno nel 1965 Johanna, una studentessa universitaria tedesca in cerca di un'occupazione a Roma, legge sul "Messaggero" un'inserzione: "Poeta tedesco ricerca segretaria tedesca". Poco dopo essere stata assunta, il sedicente poeta le detta una lunga lettera in difesa degli ebrei che sostiene di aver scritto e spedito a Hitler nel 1933, e le chiede di inviarla a centinaia di indirizzi tedeschi, fra cui quelli di alcuni giornali. Johanna è convinta di avere di fronte un millantatore, ma dovrà ricredersi quando, tornata in Germania, si metterà a indagare sul suo datore di lavoro, ripercorrendo così passo passo la vita di Armin T. Wegner, scrittore e strenuo difensore dei diritti umani, riconosciuto dagli armeni come "giusto" per essere stato uno dei primi a denunciare il dramma del loro popolo: il genocidio del 1915-16. Quello stesso riconoscimento Armin lo aveva ricevuto nel 1967 anche in Israele, con un albero nel giardino dei giusti di Yad Vashem, proprio per la lettera al Führer e la denuncia delle leggi antisemite. Gabriele Nissim ne ha ricostruito la straordinaria vita, anche sulla base delle tante lettere custodite negli archivi di famiglia. Dopo aver servito nell'esercito tedesco, alleato dei Giovani Turchi, come ufficiale medico durante la Prima guerra mondiale - e aver assistito come testimone diretto al genocidio degli armeni (sono sue le uniche fotografie esistenti dello sterminio) -, a metà degli anni Venti Wegner diventa comunista...
Nel nome della croce parla dell’affermazione del cristianesimo nel IV secolo, ma dal punto di vista dei pagani e della cultura greco-romana. Da quella prospettiva, non c’è niente di eroico da celebrare e non mancano i documenti per testimoniarlo. Dalla ricostruzione degli eventi narrata da Catherine Nixey risulta evidente come il mondo classico fosse molto più tollerante di quanto comunemente si pensi e come i primi cristiani, o almeno molti fra loro, fossero molto più intolleranti e – più spesso di quanto ci si aspetterebbe – violenti.
L’autrice ci guida nel corso dei secoli cruciali della tarda Antichità, portandoci ad Alessandria, Roma, Costantinopoli e Atene, mostrandoci torme minacciose di fanatici incitati da personaggi che non di rado in seguito saranno chiamati santi. La distruzione di Palmira, il linciaggio della filosofa neoplatonica Ipazia, la chiusura definitiva della millenaria Accademia ateniese e una quantità di altri episodi mostrano un volto nuovo e inaspettato di quei tempi difficili. Quando infine il cristianesimo divenne religione di Stato nell’impero, le leggi finirono l’opera di rimozione della cultura classica, imponendo a tutti la conversione al nuovo credo e condannando all’oblio gran parte della raffinata e antichissima cultura greco-romana. Si aprirono così, di fatto, le porte al millennio oscuro del Medioevo.
Sono innumerevoli le opere che abbiamo perduto per sempre a causa del fanatismo profondo che animò quel periodo: magnifiche statue fatte a pezzi, roghi pubblici di libri, templi devastati, bassorilievi divelti, palazzi rasi al suolo. Dal punto di vista cristiano fu il periodo del «trionfo», ma per chi desiderava restare fedele agli antichi culti pagani e allo stile di vita tradizionale fu invece una sconfitta definitiva, al punto che lo scontro frontale tra la cristianità e il mondo classico che risuona in queste pagine non può non richiamare, fatalmente, le cronache dell’odierno Medio Oriente.
La storica e giornalista Catherine Nixey ci regala un libro coraggioso, che scuote le coscienze e rovescia le prospettive, e lo fa con una prosa serrata e incalzante, tenendo incollato il lettore alla pagina, mentre racconta un trionfo di crudeltà, violenze, dogmatismo e fanatismo là dove non pensavamo esistesse.
Il libro tenta di spiegare storicamente come, quando e perché la cultura della scienza occidentale si sviluppò con la strana esclusione di metà del genere umano. Per la maggior parte della sua evoluzione la cultura della scienza non ha solo escluso le donne, ma è stata definita contro di esse e in loro assenza. Non sempre è stato così: per il primo millennio dell'era cristiana le donne godettero di ampia libertà intellettuale. Dunque, secondo Noble, il mondo senza donne fu costruito a partire da questa realtà, attraverso lo sviluppo storico di una cultura clericale che affonda le sue radici nel monachesimo maschile del IV secolo e che divenne nel Medioevo cultura di tutto il clero.
Il 2008 è stato l'anno in cui si è celebrato il 60° anniversario dell'entrata in vigore della Costituzione italiana ed anche l'occasione per approfondirne - in una serie di manifestazioni celebrative e di incontri di studio - le idee ispiratrici, l’influenza sulla vita politica, economica e sociale del Paese, i pregi e i difetti
In queste pagine l'autore affronta la materia in modo rapido ed agile, anche se non organico, partendo da una verifica del contributo dato dai cattolici impegnati in politica alla formazione di testo, non limitandosi, però, alla sola attività della sinistra dossettiana, m a allargando l'orizzonte a tutto il partito dei cattolici ed in particolare alla determinante funzione assunta da Alcide De Gasperi, mediata da giuristi e costituzionalisti come Gaspare Ambrosini, Egidio Tostato, Guido Gonella, Carmelo Caristia e Giovanni Leone.
Quella classe politica fu ispirata da grandi valori, che si imposero all'attenzione delle altre forze politiche e culturali del Paese e che nulla hanno perso della loro attualità. Si tratta di valori che ancora oggi possono (e forse debbono) essere tenuti presenti nel dibattito in atto sulle riforme istituzionali e che sopravvivono alle grandi innovazioni della fine del Novecento.
Damiano Nocilla è nato a Roma nel 1942 e si è formato nell'ambiente romano, prima al Liceo Virgilio e, poi, al 'Università «La Sapienza» sotto la guida dei grandi Maestri che in quella Facoltà di Giurisprudenza hanno insegnato Diritto costituzionale e Diritto amministrativo: Carlo Esposito, Vezio Crisafulli, Aldo Sandulli. Massimo Severo Giannini., Leopoldo Elia. Ha percorso tutte le tappe della carriera accademica fino alla vittoria nel 1980 nel percorso come professore ordinario (1a fascia) di Diritto costituzionale. Nel 1970 e entrato per concorso nell'Amministrazione del Senato, divenendo Vice Segretario generale nel (1986) e, quindi, Segretario generale (1992). Dal 2002 è Consigliere di Stato e professore a contratto presso la LUISS «Guido Carli». È stato Capo dell`Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri (1982-83) e ha diretto il Dipartimento per le Riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio (2006-2008). È l' autore di numerosi lavori scientifici e ha svolto relazioni e conferenze in Italia e all’estero.
Il 17 agosto del 1893, nelle saline di Aigues-Mortes in Camargue, Provenza, dove la raccolta del sale riuniva centinaia di lavoratori francesi e italiani, avvenne il più sanguinoso pogrom della storia francese contemporanea, che costò la vita a otto operai, oltre a cinquanta feriti e 15 dispersi, tutti italiani, e per la maggior parte piemontesi, linciati perché “rubavano” i salari. Malgrado le prove schiaccianti, gli assassini furono assolti e la Francia si trovò molto vicina a una guerra con l'Italia. Alla fine, per preservare la pace, entrambi i governi preferirono insabbiare il caso. Gérard Noiriel, riconosciuto come massimo esperto di immigrazione e di problemi legati alla questione nazionale, riapre questo doloroso dossier e spiega come i cambiamenti politici ed economici di fine Ottocento siano stati all'origine di un tale massacro. Come i discorsi ufficiali sull' orgoglio di essere francesi abbiano finito per fomentare l'accanimento contro gli stranieri. Come i datori di lavoro, i militari, i giornalisti, i giudici e i politici siano riusciti a sfuggire alle proprie responsabilità. Con questo importante studio storico Gérard Noiriel restituisce al massacro degli italiani il giusto posto nella memoria collettiva, e ci mette in guardia su quanto la retorica di ieri somigli molto a quella xenofoba e razzista di oggi.