
Prefazione di Sergio Zavoli
È la rilettura, in stile diaristico, dei mesi di guerra vissuti da don Carlo Gnocchi durante la Campagna di Albania e di Grecia nel 1941.
L'autore, immedesimandosi nel personaggio che tanto influenzò il dopoguerra italiano, ne esalta la personalità attenendosi a fatti e luoghi che sono rigorosamente documentati dagli archivi militari, dalle lettere del Cappellano degli alpini, dalle testimonianze dirette raccolte con scrupolo documentario da De Marchi dopo la guerra.
“Il Conservatorio delle Alpi”: così, in uno scritto degli anni settanta, l’insigne musicologo Massimo Mila definì il Coro della SAT di cui fu amico per più di mezzo secolo, ciò che costituì sempre motivo di orgoglio per il complesso trentino.
Questo libro è il risultato di decenni di riflessioni su un fenomeno musicale importante anche se trascurato dalla cultura ufficiale, salvo eccezioni di altissima qualità: Arturo Benedetti Michelangeli fu del Coro prezioso collaboratore. Quell’esperienza straordinaria è tuttora ben viva, ma delle sue radici si rischia di perdere la memoria. Lo scopo di ripercorrere più di ottant’anni di storia del Coro, dando la parola ai protagonisti e traendo dall’oblio antiche testimonianze e rari documenti, è stato appunto quello di non far dimenticare le ragioni, essenzialmente artistiche e musicali, che lo hanno fatto nascere e tenuto in vita fino ad ora, e, speriamo, ancora per molto tempo.
Il CD che accompagna il volume propone, in qualche caso per la prima volta, ventiquattro registrazioni realizzate nell’arco di settant’anni.
L’Isola misteriosa, come la Trilogia Romana dello stesso autore, è composta di tre racconti, concatenati l'uno all'altro, che ci offrono un affresco di vita e cultura siciliana prima e dopo il terremoto di Messina del 28 dicembre 1908. I protagonisti sono figure storiche, come sant’Annibale Maria di Francia, Sir Alexander Nelson Hood, discendente del celebre ammiraglio, e un professore di igiene di Catania di cui l’autore non fa il nome, ma ha caro il ricordo. Parole e dialoghi sono basati su memorie e documenti autentici e le vicende umane sono giudicate alla luce della filosofia e della teologia della storia. La terra di Sicilia dischiude in queste pagine una parte del suo mistero.
«Siamo siciliani, caro professore, abbiamo la Sicilia non solo nel cuore, ma anche nel sangue. La nostra non è l’isola sensuale e scettica che ci viene dipinta. Questi sono i nostri difetti, ma chi ci parla delle nostre virtù, della nostra vocazione? C’è un’isola segreta, che non è solo un luogo geografico, ma è la terra intima del nostro cuore, quel tesoro che conserviamo nel profondo e non vogliamo svelare né agli altri né a noi stessi. Riscopriamo la nostra identità attraverso coloro che nella storia hanno scoperto questo segreto, realizzando così la propria vocazione.»
Le cospirazioni e le società segrete esistono perché l'uomo, ferito dal peccato originale, è inclinato al male e la sua natura sociale lo spinge a unirsi ad altri uomini per realizzare fini malvagi. Roberto de Mattei, con il rigore storico che gli è proprio, ci propone una guida, più che informativa, criteriologica, per orientarsi in questo tenebroso labirinto del male, tra congiure, cospirazioni e complotti, termini che sono spesso usati come sinonimi ma che, attraverso la loro differenza semantica e concettuale, possono aiutarci a comprendere meglio la dimensione occulta della storia degli ultimi cinque secoli. Se le congiure sono accordi segreti, limitati a poche persone e diretti a sopprimere un sovrano o un uomo politico, per ragioni spesso di potere, le cospirazioni sono progetti più ampi che si propongono di rovesciare un ordine costituito. L'epoca d'oro delle congiure e degli assassini politici va dai veleni del Rinascimento al Settecento. Con l'Illuminismo e la Rivoluzione francese si apre un'epoca in cui, accanto alle tradizionali congiure, si sviluppano le cospirazioni di carattere ideologico e politico. Il complotto è invece un aggregato inafferrabile e oscuro, di cui non sono svelate né le identità degli attori né le concrete modalità operative. Il neo-complottismo contemporaneo - dalla cospirazione dell'Acquario ai rettiliani, al Grande Reset, fino al virus pandemico - non ha nulla a che fare con lo studio delle società segrete anticristiane che ha sempre fatto parte della storiografia e dell'apologetica cattolica, ma fa il gioco di tutti coloro che hanno interesse alla destabilizzazione psicologica, intellettuale e morale dell'Occidente.
Sovranismo e antisovranismo sono due tendenze del dibattito politico contemporaneo. L'autore di questo volume. sulla base di una profonda conoscenza del pensiero classico e della letteratura contemporanea, dimostra che lo Stato e la sovranità non sono idee effimere e convenzionali destinate ad essere superate dal corso della storia, ma una caratteristica naturale e necessaria della società umana. L'abolizione della sovranità implicherebbe la morte e la decomposizione della società che, privata del suo principio vitale e del suo centro unificatore, finirebbe col cadere in preda del disordine e dell'anarchia, come oggi sta accadendo. La riconquista concettuale del principio di sovranità è una condizione necessaria per far fronte al caos che minaccia l'umanità nell'era della globalizzazione.
Mario De Micheli si occupa, in questo saggio, di quegli artisti che si sono trovati ad agire in contesti di oppressione e repressione delle libertà di espressione artistica, che hanno riflettuto sulle implicazioni sociali del loro ruolo e sulle finalità "politiche" dell'arte. In primo piano figure quali Picasso, i muralisti messicani, o gli artisti italiani vicini alle idee di "Corrente", ossia quanti hanno cercato soluzioni formali ed espressive in grado di trasmettere i valori civili oltre che estetici. A tenere il filo del discorso, nella molteplicità degli artisti trattati e nella ricchezza documentaria dell'opera, è il nesso fra arte e libertà, fra espressione creativa e realtà sociale e politica.
Il futurismo ha avuto le sue manifestazioni più rilevanti in Italia e in Russia, e la storia delle loro intersezioni è dunque di primaria importanza; ma dietro alla complessa vicenda dei rapporti tra i due "futurismi", si cela una questione anche più intrigante, che tocca la nozione stessa di "avanguardia" (formatasi con l'impiego di un termine militare per significare le istanze di rottura e innovazione sia in campo estetico che in quello politico). L'agognata saldatura delle 'due avanguardie' fu un sogno che divenne dominante dopo il terremoto della prima guerra mondiale, col sovvertimento degli istituti politici tradizionali e il sorgere del bolscevismo in Russia e del fascismo in Italia. Allora, la questione del "primato" e delle "influenze", pur continuando a venire discussa soprattutto col metro artistico, ha acquisito una valenza metastorica, riversandosi retrospettivamente sul periodo d'oro del futurismo. La ricostruzione documentaria del dibattito scaturitone (con l'intervento, tra gli altri, di Marinetti e Majakovskij, di Gramsci e Trockij, di Cavacchioli, Prezzolini, Croce, Jakobson, Livsic e Chlebnikov) consente di far luce su uno snodo decisivo per intendere criticamente l'intera vicenda dell'avanguardia novecentesca: questo libro raccoglie un'ampia silloge di fonti originali, e porta un contributo essenziale alle celebrazioni per il centenario del futurismo, fuori da una prospettiva angustamente nazionalistica.
La storia documentata di un falso che rappresenta l'episodio culminante di una lunga storia di rielaborazioni prodotte nella seconda metà dell'Ottocento dalla subcultura dell'antisemitismo russo. Oltre al testo dei Protocolli, il volume presenta una raccolta completa di documenti dell'epoca molti dei quali inediti in italiano che permettono di ricollocare i Protocolli nel variegato mondo dell'antisemitismo russo, forse l'unico ancora oggi realmente vitale.
Nell'Ottocento il colonialismo europeo andò di pari passo con il ricorso alla deportazione, basti pensare al caso dell'Australia o quello della Guyana francese. Anche in Italia, all'indomani dell'Unità, si immaginò che la deportazione potesse essere lo strumento ideale per sconfiggere i briganti, tanto da essere al centro dell'attenzione del partito colonialista italiano e di molte iniziative di esploratori e avventurieri italiani che cercavano terre da conquistare in quadranti che vanno dal Marocco al Mar Rosso, dal Borneo alla Polinesia. Molti vedevano nella deportazione l'occasione per dare il via all'espansione coloniale e nei loro scritti attingevano a un immaginario utopico che si nutriva dell'idea che i criminali, deportati in lande selvagge, potessero rigenerarsi lavorando la terra e dominando i selvaggi. Fondato su una ricerca d'archivio originale e solidissima, questo libro riporta alla luce un tema dimenticato della nostra storia, di grande attualità oggi con il ritorno delle 'classi pericolose' e del tema del controllo sociale al centro del dibattito pubblico.
La ricerca storica è un sistema che non può prescindere dal funzionamento di archivi e biblioteche, dalla preparazione del loro personale, dalle risorse di cui dispongono, dalla loro concreta gestione. In Italia la condizione in cui si trovano tali sedi è a un punto critico: risorse drasticamente ridotte, nessun ricambio del personale, formazione di professionalità dei giovani bruciata dalla mancata stabilizzazione; in questa situazione il mondo degli studi, che vive una parallela riduzione dei fondi di ricerca, rischia di dover svolgere la propria attività in modo sempre meno accurato. Ma questo volume non vuole essere solo un inventario di guai o solo una denuncia del sostanziale abbandono in cui versa il settore: intende rappresentare anche il punto di inizio di un dibattito e di un confronto su progetti e metodologie. Il pane della ricerca deve continuare a uscire dai forni, anche a dispetto di chi dichiara che con la cultura non si mangia.