
Come ha potuto uno straniero (Hitler era austriaco), la cui ideologia era condivisa solo da una minoranza e che non era neppure riuscito a diplomarsi, diventare cancelliere della Germania, giungendo a dominare i tedeschi e gran parte dell'Europa? E una volta raggiunto un simile potere, come ha fatto a perderlo in modo così drammatico, fino ad essere costretto al suicidio? Con "L'ascesa di Adolf Hitler" Eugene Davidson, uno dei maggiori studiosi di questo periodo, ha fornito le risposte alla prima domanda. Questo nuovo volume si occupa adesso di dare una spiegazione al secondo quesito. "La disfatta di Adolf Hitler" analizza infatti quegli aspetti della vicenda politica e umana di Hitler che dal suo arrivo al potere lo condussero fino alla caduta e al suicidio: in che modo costruì intorno a sé il consenso dei tedeschi? Come ne risollevò il morale umiliato dalla sconfitta della prima guerra mondiale e dalle pesanti clausole imposte dai vincitori? Come riuscì a fare della Germania distrutta una potenza economica e militare? E infine, quali fatali errori di calcolo lo portarono a sottovalutare la forza della coalizione schierata contro il Reich?
La storia del continente europeo (dall'Atlantico agli Urali) nel corso di 3.500 anni, con continui rimandi agli eventi della cultura e dei costumi, alle mutazioni del clima e del paesaggio, alla rete fitta dei commerci e delle economie. Una storia "policentrica" che dà conto delle centinia di popoli e genti che hanno animato, in varia misura, le vicende europee.
Wrotizla, Vretslav, Presslaw, Bresslau e anche Vratislavia. E infine Breslau, nome germanico in vigore fino alla caduta del Terzo Reich, e Wroclaw, nome polacco assunto dopo il 1945. La storia di Breslavia è scandita dai cambiamenti del suo nome, più di cinquanta, che evocano invasioni nomadiche, insediamenti misti e conquiste militari. Il caleidoscopio etnico è stato la norma in una terra che divenne il grande asilo della comunità ebraica europea, lo scenario di stati nazionali piccoli o deboli e di potenti imperi dinastici. Un ritratto del labirinto etnico, religioso e politico dell'Europa centrale, attraverso la storia di una città che contiene la silloge concentrata di tutte le esperienze che hanno fatto dell'Europa centrale quello che è.
Sono passati quasi quarant'anni da quando, nel 1971, Richard Nixon dichiarò ufficialmente "guerra al cancro". Da allora sono stati fatti molti passi in avanti, e alcuni di notevole importanza, ma c'è una storia, nascosta nelle pieghe delle scoperte scientifiche, che nessuno ha mai raccontato; una trama segreta che oggi, grazie a questo libro, vede finalmente la luce. Devra Davis non usa mezzi termini nel denunciare gli inganni delle lobby del tabacco e dell'industria chimica e farmaceutica, colpevoli di aver manipolato e influenzato la ricerca in nome del profitto a tutti i costi, deviando l'attenzione dalla prevenzione alla cura, impedendo così che venissero salvate centinaia di migliaia di vite. L'autrice ricompone un quadro di figure inquietanti, come quella di Robert Kehoe, agente della CIA che viaggiò tra le macerie della Germania nazista alla caccia dei rapporti medici in cui gli scienziati tedeschi, finanziati anche da aziende americane, avevano già stabilito il legame tra l'insorgenza dei tumori e fattori ambientali quali l'esposizione a sostanze tossiche nei luoghi di lavoro, oltre che al fumo di sigaretta. Documenti che ancora oggi non sono stati resi di pubblico dominio. Questo libro è la storia di una delle grandi croci del XX secolo, e dello scandalo che nasconde. Devra Davis è direttrice dell'Centro di Oncologia Ambientale presso l'Università di Pittsburgh.
Non sono molti a conoscere gli straordinari eventi accaduti a San Nicandro Garganico nella prima metà del XX secolo. Tutto iniziò quando Donato Manduzio, un invalido reduce della Grande Guerra, ebbe alla fine degli anni '20 una visione nella quale Dio gli comandava di portare la fede ebraica nella sua terra, e questo nonostante che Manduzio non avesse mai avuto contatti con l'ebraismo. Anzi, egli credeva che non vi fossero più ebrei al mondo. Pochi anni dopo, Manduzio aveva già i suoi seguaci e una piccola ma appassionata comunità di aspiranti ebrei. La loro definitiva conversione passerà attraverso la storia dell'Italia di quegli anni, incontrando l'opposizione del fascismo e della Chiesa cattolica che tuttavia non riusciranno a spezzare la volontà granitica della comunità di San Nicandro di appartenere al popolo ebraico e in seguito di emigrare in Israele. John A. Davis ripercorre una delle vicende più incredibili della storia contemporanea e, narrando l'epopea degli ebrei di San Nicandro, dipinge un ritratto assai accurato della società contadina del Sud Italia, del rapporto tra Chiesa, fascismo e mondo ebraico e della rete clandestina per l'emigrazione ebraica in Israele.
L'assenza di monsoni negli anni dal 1876 al 1879 scatenò in buona parte dell'Asia e dell'America latina una grave siccità che provocò la morte di più di cinquanta milioni di contadini. Regioni un tempo verdeggianti si trasformarono in deserti e la mortalità in alcune zone del mondo, dall'Etiopia alla Cina al Brasile, raggiunse i picchi di un olocausto nucleare. Mike Davis ha ricostruito questa tragedia indicando come complice di questo catastrofico fenomeno climatico il nuovo imperialismo.
Christopher Dawson, uno dei maggiori storici del dopoguerra, affronta in questo fondamentale saggio il tema della religione quale elemento dinamico dello sviluppo della civiltà dell'Occidente.
L'autore descrive il cammino della civiltà europea dalla caduta dell'Impero romano alla crisi del XIV secolo, individuando nella presenza della Chiesa l'elemento che, agendo nella realtà e coinvolgendosi in essa, fu capace di trasformarla e di porre i fondamenti di una civiltà che ha segnato in maniera indelebile il Vecchio Continente.
Il rapporto con i Barbari, il legame con la tradizione bizantina e con le civiltà dei popoli nordici, la tensione continua alle riforme che ha segnato la vita della Chiesa, sono le tappe descritte da Dawson, la cui lettura del Medioevo cristiano come adolescenza della civiltà occidentale risulta ancora oggi di estrema attualità.
Introduzione di Serenella Carmo Feliciani
Quanto è profondo il legame tra il cristianesimo e la nascita e lo sviluppo della società occidentale? È il tema al centro di questo testo di Christopher Dawson, uno dei maggiori storici del dopoguerra. L'autore descrive il cammino della civiltà europea dalla caduta dell'Impero romano alla crisi del XIV secolo, individuando nella presenza della Chiesa, nella sua componente culturale, ma soprattutto in quanto presenza di luoghi di vita diversa nel mondo, l'elemento che agendo nella realtà fu capace di trasformarla e di porre i fondamenti di una civiltà che ha segnato in maniera indelebile il Vecchio Continente. Il rapporto con i barbari, il legame con la tradizione bizantina e con le civiltà dei popoli nordici, la tensione continua alle riforme che ha segnato la vita della Chiesa, sono le tappe descritte da Dawson, la cui lettura del Medioevo cristiano come adolescenza della civiltà occidentale risulta ancora oggi di estrema attualità.
In questo fondamentale studio - definito dal «Times Literary Supplement» «impressionante per la padronanza dell'argomento e l'originalità delle tesi» - Christopher Dawson sostiene che i cosiddetti «Secoli Bui», il periodo storico che va dal IV all'XI secolo, non furono affatto uno sterile preludio all'energia creativa sprigionatasi dopo l'anno Mille. Al contrario, l'Alto Medioevo andrebbe descritto come un'età di rinascita perché fu allora che la complessa interazione tra l'Impero romano, la Chiesa cristiana, la tradizione classica e le società barbariche determinò la genesi di un'unitaria e vitale cultura europea. Scrivendo nel 1932, nel pieno di una profonda crisi europea - insieme culturale, politica, morale ed economica - nella quale le forze nazionalistiche sembravano aver vinto la battaglia delle idee, Dawson sosteneva che «se la nostra civiltà vuole sopravvivere è necessario che sviluppi una coscienza europea comune e la consapevolezza di una unità storica e organica». Dawson aveva chiaro che quell'unità richiedeva però soluzioni ben diverse da quelle imposte dai movimenti politici al potere e dalle teorie economiche che andavano per la maggiore. Era necessario - allora come oggi, verrebbe da dire - che l'Europa riscoprisse le proprie radici cristiane e con esse - e come loro conseguenza - l'aspirazione all'universalismo, contro ogni nazionalismo e ogni protezionismo.