
La collana il Corriere racconta, diretta da Angelo Varni e realizzata in collaborazione con la casa editrice Rizzoli, si propone di ricostruire alcuni dei temi che hanno connotato il formarsi della società italiana nei suoi aspetti culturali, economici, politici, ideali, di costume, dall'ultimo scorcio dell'Ottocento a oggi. A tal fine si utilizza la traccia offerta dalle pagine del quotidiano, con le sue firme più illustri, le sue fonti iconografiche, i materiali documentari e illustrati tratti dal suo archivio e dal suo fondo di disegni originali. Una storia, dunque, affidata all'immediatezza della testimonianza della cronaca giornaliera, alla sua vivacità, alla sua capacità di riprodurre atmosfere e sensazioni. E proprio per questo capace di uscire dalla caducità del quotidiano per assumere il valore di un insostituibile ritratto del tempo narrato, in grado di darci ancora oggi le sfumature e i toni più vividi degli eventi, dei personaggi, dei luoghi con un'immersione nel passato affidata alla guida di chi li colse e li narrò con la tempestività del giornalista di razza.
Che cosa lega Caporetto a Baghdad? Apparentemente poco o nulla, in realtà molto. Questo libro racchiude le cronache, i pensieri, i confronti tra gli eventi bellici avvenuti nel 1914-18 e le situazioni, le problematiche incontrate da un inviato nelle guerre contemporanee. Ci sono le visite ai vecchi campi di battaglia in Francia, Belgio, Germania, sulle Alpi, ma anche i continui rimandi ai conflitti tra Israele e il mondo arabo, assieme agli scenari siriano, iracheno, afghano, libico degli ultimi anni e soprattutto agli episodi salienti delle recenti sfide lanciate dal "Califfato". Si mette in luce quanto rilevanti siano tutt'ora in Medio Oriente i confini disegnati dalle potenze coloniali dopo la Prima guerra mondiale e l'importanza odierna dei gruppi, ideologie e movimenti che vorrebbero abbatterli per sempre. Una proposta di riflessione sulla guerra, le sue dinamiche, le sue conseguenze, per un pubblico europeo che in generale la vorrebbe rifuggire, ma ne è inevitabilmente circondato, se non coinvolto direttamente.
L'ondata epidemica degli ultimi anni ci ha costretto a fare i conti con i limiti delle nostre sicurezze. Siamo stati rimessi di fronte a una vulnerabilità che può sempre riemergere in forme nuove, facendoci sentire più vicini ai drammi attraversati, con ben minori possibilità di difesa, nei secoli lasciati alle spalle. L'impatto con la crisi si fissa sempre nella memoria: diventa cronaca di cui si scrive e si discute, su cui intervengono poteri e istituzioni, trama di narrazioni che possono arrivare a farsi letteratura e storia. L'antologia che presentiamo ripercorre i momenti più significativi di questo dialogo ininterrotto tra le patologie diffuse per contagio e la comunità degli attori umani. Dalla peste di Boccaccio passando attraverso Guicciardini, Federico Borromeo, Muratori, Verri, Parini, Manzoni, De Amicis e altri autori siamo condotti fino alle ripercussioni delle epidemie di vaiolo, di colera, di influenza spagnola. Si conclude con una prima sintesi panoramica sui riflessi in campo narrativo dell'epidemia da Covid-19, che ci proiettano nel cuore di una vicenda i cui effetti non potranno essere dimenticati per il loro peso e il carattere globale.
La pandemia ha segnato un prima e un dopo nella vita di tutti noi. Ha costretto a ripensare il ruolo dello Stato, a reinventare il modo di lavorare, ci ha interrogato sull'importanza dei legami affettivi e della vicinanza fisica. Al centro di tutti questi cambiamenti c'è l'esperienza del lockdown, di cui questo libro restituisce una cronaca puntuale, mese per mese, paese per paese. Attraverso una ricostruzione cronologica divisa per aree geografiche, dalla Corea all'Australia, dall'Italia alla Danimarca, dagli Stati Uniti a Israele, Gabriele Crescente ripercorre gli eventi legati all'introduzione e alla gestione dei lockdown. Ne emerge un quadro globale sui modi in cui i governi di tutto il mondo si sono trovati a dover decidere sull'opportunità di limitare le libertà fondamentali per far fronte a una minaccia dai contorni ancora indefiniti e sui tanti fattori che hanno determinato le radicali differenze nelle strategie adottate, nella loro efficacia e nel modo in cui sono state accolte. Non sappiamo ancora se questa è una storia davvero finita, ma di certo sappiamo che resterà uno dei passaggi cruciali della storia di questo secolo.
Nel 1961, quindici anni dopo il processo di Norimberga, a Gerusalemme si celebrò lo storico processo ad Adolf Eichmann. L'allora giovane Stato d'Israele, nato solo nel 1948, volle con tutte le sue forze celebrare il processo davanti a una Corte di giustizia ordinaria, per dimostrare al mondo cosa fosse stata la Shoah. Un processo storico, dunque, che segnò un discrimine fondamentale poiché solo successivamente alla sua celebrazione si posero i pilastri per la costruzione memoriale della Shoah in Israele e in Europa. Eppure, nonostante l'importanza, il processo ancora oggi è assai poco conosciuto nelle sue mille pieghe, nei suoi mille risvolti, e, soprattutto, nelle sue mille e mille storie. In questo volume sono raccolte le storie degli ebrei italiani, dei nazisti che in Italia operarono e, in fondo, dell'Italia intera. deposizioni dei testimoni raccolte da oscuri cancellieri nelle aule dei tribunali: insieme costituiscono un testo talvolta inimitabile, scarno ed essenziale, lontano dal registro letterario, ma spesso denso di un'espressività e di una suggestione che mozzano il respiro. Tra i tanti materiali e documenti si segnala in modo particolare la lunga deposizione di Herbert Kappler. In appendice due deposizioni rese da Primo Levi, l'una nel 1960 e l'altra nel 1971. Prefazione di Anna Foa e Livio Crescenzi.
La vicenda di Marco Antonio appartiene alla storia dei vinti. La sua condotta fu diffamata con accanimento dagli antagonisti politici, Cicerone prima e Ottaviano poi; la sua memoria, dopo la morte, fu oggetto di sistematica rimozione in attuazione di un provvedimento del senato; la sua figura fu consegnata ai posteri inquinata dalla manipolazione del vincitore, il futuro Augusto: ne emerse l'immagine di un abile generale romano, soggiogato però dall'amore per la regina d'Egitto Cleopatra, corrotto dalla depravazione dell'Oriente, caduto preda degli eccessi di vino, cibo, lusso, sesso. A dispetto di tale deformazione, la documentazione superstite ci restituisce il profilo di una personalità politica animata da una progettualità innovativa. Nel contesto pubblico l'adesione al progetto cesariano e l'empatia nei confronti dei ceti popolari maturarono in una visione politica che intendeva conciliare le istituzioni della repubblica romana praticabili in Occidente con gli assetti delle monarchie ellenistiche a conduzione dinastica, proprie delle province orientali; a tale impostazione, ispirata a flessibilità e diversificazione, si coniugarono il rispetto, la valorizzazione e l'accoglienza degli usi e costumi del mosaico di popoli che componevano l'impero. Nell'ambito privato egli oppose un consapevole rifiuto delle convenzioni. Ad una esistenza consacrata, secondo le tradizioni, alla morigeratezza, alla sobrietà, allo spirito di sacrificio, all'impegno per l'interesse collettivo, egli contrappose un modello di vita che riservasse spazio ai piaceri individuali: le gioie dell'amore, l'ebrezza del vino, le raffinate prelibatezze della tavola, l'apprezzamento per ogni forma d'arte, la propensione per il lusso, la complicità cameratesca, la solidarietà con l'elemento femminile.
I film raccontano sempre due epoche. Una è quella in cui sono ambientati, il contesto storico in cui si dipana la trama. L'altra è quella in cui vengono realizzati. In 1860 Blasetti descrive il Risorgimento come impresa 'dal basso' per creare una continuità con il fascismo, che vedeva come fenomeno rurale e popolare. Cosa che a Mussolini, da un certo punto in poi, non piacque più. Nei libri di Guareschi, Don Camillo è incredibilmente più violento e sanguigno mentre nei film lui e Peppone vengono ammorbiditi e resi simpatici. Perché? È un caso che Tutti a casa di Comencini, film sulla nascita goffa e incompiuta della nostra democrazia, esca nel 1960, l'anno di Tambroni e dei morti di Reggio Emilia? Questo libro parla del fascismo utilizzando Amarcord di Fellini, del '68 con Sandokan di Sollima, degli anni 70 con Salò di Pasolini, passando per la caduta del muro con Palombella rossa di Moretti, fino all'attualità politica sconfortante della serie tv Gomorra. II viaggio sarà lineare e cronologico per quanto concerne gli eventi storici, mentre compirà un continuo andirivieni nella storia del cinema: incontreremo fenomeni come colonialismo, fascismo, Resistenza, dopoguerra in film di epoche disparate, diversissimi fra loro.
E se fosse il cinema a raccontare la Grande Storia? Non sono forse Amarcord, Tutti a casa, Palombella rossa, Sandokan e molti altri film il diario delle nostre piccole storie svelate? Alberto Crespi, uno dei più importanti critici cinematografici, rilegge la storia d’Italia in quindici straordinari film.
In viaggio con Alberto Crespi attraverso i film che raccontano la storia italiana: incontriamo D’Annunzio, umilmente alle prese con le didascalie del kolossal muto Cabiria, ci ritroviamo in trincea con Jacovacci e Busacca, i soldati ‘imboscati’ di La grande guerra. Alcune tappe sono obbligate, come Il sorpasso, altre sorprendenti, come quando Crespi sceglie un western anni Sessanta come film più rappresentativo della Resistenza. Marco Scognamiglio, “Il Venerdì di Repubblica”
I film raccontano sempre due epoche: quella in cui sono ambientati e quella in cui sono girati. A tenerle insieme è in queste pagine Alberto Crespi. Che cosa capiamo del fascismo guardando l’ironico Amarcord di Federico Fellini? Che cosa lega il ’68 a Sandokan di Sergio Sollima? Perché della caduta del Muro e dell’avvento del berlusconismo abbiamo un fedele e dissonante precipitato nel Caimano di Nanni Moretti? Federico Pontiggia, “il Fatto Quotidiano”