
Gutton ci suggerisce che non vi è momento della vita altrettanto sensibile ai sismi dell’animo quanto l’adolescenza. La tesi che il libro propone è che l’adolescenza sia un atto di creazione e anche un’esperienza di creazione. Ciò significa pensare ad ogni singolo adolescente come immerso in una dimensione di sé che intravede e insegue, ma che continuamente gli sfugge. È come se egli fosse confrontato, con forza, alla possibilità di realizzare qualcosa di molto importante, la creazione di sé e, al contempo, intuisse, con altrettanta forza, che tale esperienza deve necessariamente svolgersi in un clima libero dalle costrizioni del pensiero razionale, proprio e altrui.
Così, l’accostamento che il libro propone in vari modi è quello con l’artista impegnato nella realizzazione della sua opera. In effetti, può esserci molto utile pensare all’adolescente come un artista al lavoro! In realtà tale immagine dell’adolescente è il risultato di un complesso e raffinato percorso di conoscenza clinica e di osservazione profonda del suo specifico funzionamento psichico.
Quanto è diverso poter pensare che di fronte a noi abbiamo un artista in uno stato di febbrile creatività, piuttosto che un giovane paziente sofferente, confuso, in balìa di forze incontrollabili e distruttive, violentemente all’opera.
Dalla Prefazione di Gianluigi Monniello
Philippe Gutton, psichiatra, psicoanalista, professore di psicopatologia all’Università della Provenza, fondatore e direttore della rivista «Adolescence», è autore di numerose pubblicazioni tra cui ricordiamo i volumi Le Pubertaire (1991), Adolescens (1996) e, pubblicato in Italia, Psicoterapia e Adolescenza (2002).
Attraverso un’analisi esaustiva della struttura e del funzionamento dei cosiddetti gruppi carismatici e dei dati relativi all’attività di un centro di ascolto, il volume offre una riflessione psicologica sulle motivazioni individuali, i processi sociali e le dinamiche relazionali che sottendono il fenomeno del settarismo e dell’antisettarismo religioso moderno.
Il bisogno di credere, di evadere, di ricercare il senso e la speranza sono tutti bisogni costitutivi dell’esperienza umana. Ma cosa succede quando il credere scivola in credulità, il fideismo e l’appartenenza diventano gregarismo e dipendenza, la fiducia nel leader degenera in ipocritica, la fantasia e il gioco sono mortificate in stereotipia e ripetitività, il simbolismo decade in totemismo, il rito in rituale esoterico per iniziati e la solidarietà e coesione interna diventano chiusura e distacco dall’esterno…
L’autrice analizza i fenomeni religiosi per coglierne strutture e dinamismi psicologici, si interroga sulle caratteristiche di personalità e sulle motivazioni dei soggetti coinvolti, sottolineando il potenziale trasformativo che le esperienze del genere hanno sulla loro personalità.
Raffaella Di Marzio, laureata in Psicologia, Scienze dell’educazione e Scienze storico-religiose, è insegnante di religione cattolica. Membro del direttivo della SIPR (Società Italiana di Psicologia della Religione) e del comitato scientifico della rivista «Cultic Studies Review» pubblicata dall’ICSA (International Cultic Study Association), ha insegnato Psicologia della religione presso la Pontificia Facoltà «Auxilium» di Roma. Autrice di numerosi articoli in lingua italiana e inglese pubblicati su riviste specializzate nel settore, è tra i collaboratori del volume Le religioni in Italia (Elledici, 2006). Direttrice editoriale dei primi corsi online sul fenomeno religioso in Italia (www.corsiweb.org), ha fondato ed è responsabile del Centro di Informazione online SRS (Sette, Religioni e Spiritualità: www.dimarzio.it).
L'essere felici non dipende tanto da fattori esterni o da particolari tecniche, ma dal nostro cuore. Sono le buone radici della nostra infanzia che ci rendono capaci della felicità. C'è una felicità sana, propria degli ottimisti che, possedendo una buona fiducia di base, si sentono amati e sono pronti a dare amore. E c'è una felicità malata, propria dei cercatori del piacere scambiato per felicità, dei dipendenti da psicofarmaci o da droghe, degli euforici, degli iperattivi, degli iperadattati che, per evitare la critica ed essere accettati e amati, si sentono inconsciamente obbligati a esibire la maschera della contentezza. Ci sono coloro che, pur desiderandolo, si sentono in colpa o hanno paura di essere felici. Ci sono i pessimisti che si sentono tagliati fuori dal mondo della felicità, ma essa può loro dischiudersi, se saranno aperti a un serio e impegnativo itinerario psicoterapeutico. Aspirare a essere felici è una potente molla dell'esistenza. Rivela che non abbiamo perso la fiducia in noi stessi e nei nostri simili e che la speranza non è spenta nei territori della nostra psiche. Ciò aiuta a crescere, anche quando l'anagrafe ci colloca nella terza o nella quarta età.
Capire la mente umana è una delle sfide più impegnative e affascinanti di sempre, una sfida che corre però il rischio di scontrarsi con la complessità di un oggetto di studio che non può essere rinchiuso dentro la rigida gabbia di un'unica disciplina. La nuova scienza della mente di cui parla Domenico Parisi nasce dall'esigenza di superare le separazioni che ci sono tra le diverse scienze dell'uomo, e tra queste e le scienze della natura, e di esplorare quello che si trova "sotto" (nel corpo, nel cervello, nelle cellule e nelle molecole) e sopra la mente (nella società, nella cultura, nella storia). Il metodo proposto è quello delle simulazioni con il computer, che non solo spiegano la realtà ma la ricreano, rendono più chiare e "meccaniche" le nostre teorie e costituiscono una "lingua comune" parlata da tutte le discipline. Il volume ripercorre il cammino che ha portato l'autore ad accettare la sfida di una nuova scienza che può, e deve essere, la psicologia del futuro.
Il territorio, piuttosto che come "dato", può essere concettualizzato in termini "potenziali". La realtà e consistenza dello stesso rimandano, infatti, al quadro rappresentazionale di coloro che al medesimo fanno riferimento, focalizzando l'attenzione sugli aspetti che lo caratterizzano in termini di "limiti" o, viceversa, individuandone le "potenzialità". La problematica specifica, peraltro, va oltre i processi puramente cognitivi, coinvolgendo la rappresentazione del sé, specialmente per le dimensioni che, in termini di possible selves, rimandano alla progettualità di vita delle persone coinvolte.
Femmine e maschi frequentano la scuola insieme fin dai primi anni di vita, ma durante il percorso le loro strade tendono progressivamente a separarsi, come se seguissero dei bivi obbligati che indirizzano le prime verso ambiti di studio di tipo umanistico e i secondi verso percorsi di tipo tecnologico-scientifico. Talvolta, però, in questo quadro così ordinato accadono degli imprevisti che smontano la rigidità di schemi precostituiti: ci sono ragazze che decidono di addentrarsi in percorsi socialmente ritenuti "maschili" e ragazzi che si insinuano in percorsi socialmente intesi come "femminili". La ricerca descritta nel libro presenta le storie di giovani donne e giovani uomini che operano decisioni anticonformiste, ancora considerate "coraggiose", "diverse", quando invece andrebbero ricomprese nella normalità. Le riflessioni educative proposte dalle autrici mirano a perimetrare e decostruire le gabbie di genere nelle quali possono risultare intrappolati studentesse e studenti nel momento cruciale in cui scelgono la loro trafila formativa, ma ambiscono anche a delineare nuove piste per orientarsi consapevolmente, sulla base dei propri reali interessi, curiosità, desideri: fuori dalle gabbie di genere.
Le storie possono giocare un ruolo importante nella terapia con bambini e adolescenti, perché li aiutano a focalizzare meglio gli obiettivi e ad affrontare meglio le difficoltà della vita. In alcuni casi, addirittura, le favole risultano essere l'unico modo per far loro affrontare determinati temi che non vogliono discutere direttamente. Primo di due volumi, questo libro raccoglie 50 storie, dedicate a bambini e adolescenti, sulle difficoltà più comuni che si incontrano crescendo. Scopo dei racconti è aiutare i ragazzi ad acquisire le competenze che permetteranno loro di crescere serenamente: sapersi prendere cura di sé, riuscire a modificare il proprio comportamento, imparare a gestire le relazioni e le emozioni.
La stima di sé non è data una volta per tutte, è una dimensione più o meno elevata e stabile della nostra personalità che influisce in maniera determinante sulla nostra vita sentimentale, di relazione e professionale e che deve essere alimentata con regolarità: chi non ne ha raramente è molto fortunato. Ma a tutto esiste un rimedio! Guidandoci in un attento riesame dei criteri e dei comportamenti secondo i quali valutiamo la nostra riuscita, questo libro ci insegna a sviluppare e ad accrescere l'amor proprio, la visione di noi stessi sui quali si fonda la stima di sé, e ci spiega come coltivare quest'ultima nei nostri figli a partire dall'infanzia e durante l'adolescenza.
L'autore sostiene con certezza che gli esseri umani sono stati progettati per affrontare con successo difficoltà e stress. Gli uomini discendono da gente che è sopravvissuta a un'infinità di predatori, guerre, carestie, migrazioni, malattie e catastrofi naturali. Sono costruiti per convivere quotidianamente con lo stress. A questo scopo gli uomini possiedono, come un dono, un insieme di risorse che hanno ereditato dal passato: è la "resilienza" ad essere la norma negli esseri umani, non la fragilità; la "resilienza" psicologica è la capacità di persistere nel perseguire obiettivi difficili, fronteggiando in maniera efficace le difficoltà relative. L'individuo resiliente presenta una serie di caratteristiche psicologiche inconfondibili: è un ottimista e tende a "leggere" gli eventi negativi come momentanei e circoscritti; ritiene di possedere un ampio margine di controllo sulla propria vita e sull'ambiente che lo circonda; è fortemente motivato a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato; tende a vedere i cambiamenti come una sfida e come un'opportunità, piuttosto che come una minaccia; di fronte a sconfitte e frustrazioni tende a non perdere comunque la speranza. La "resilienza" può essere potenziata, e l'autore, con esempi tratti dal mondo dello sport metafora della vita e ambito da cui mutuare metodologie ed esperienze - mostra come fare.

