
Le storie possono giocare un ruolo importante nella terapia con bambini e adolescenti, perché li aiuta a focalizzare meglio gli obiettivi e ad affrontare meglio le difficoltà della vita. In alcuni casi, addirittura, le favole risultano essere l'unico modo per far loro affrontare determinati temi che non vogliono discutere direttamente. Secondo volume di due, questo libro raccoglie 50 storie, dedicate a bambini e adolescenti, sulle difficoltà più comuni che si incontrano crescendo. Scopo dei racconti è aiutare i ragazzi ad acquisire le competenze che permetteranno loro di crescere serenamente: imparare a pensare positivamente, sviluppare le life skills e le abilità di problem solving e saper gestire i periodi difficili della vita.
Molte pagine sono dedicate a mettere in evidenza come fattori basilari in campo educativo, quali l'ubbidienza e l'autorità, il premio e la punizione, assumano una significato assai diverso a seconda del sistema teorico adottato. Metzger si rifà alle concezioni generali della Gestaltpsychologie sia alle concezioni psico-pedagogiche di Adler, con le quali dimostra di trovarsi in particolare sintonia. La seconda parte del libro tratta dello sviluppo della coscienza morale con particolare riferimento alla teoria freudiana a cui l'autore contrappone una diversa concezione. Nella terza parte del libro viene dato ampio spazio alla psicologia del pensiero produttivo.
La prima violenza che caratterizza la nascita della vita nella nostra cultura è la rottura traumatica del rapporto madre-bambino sin dai primi istanti di vita. La separazione violenta del neonato dalla madre, imposta dalle moderne tecniche ospedaliere di gestione del parto, viene poi ripetuta spesso orgogliosamente nel corso della vita neo-natale. In realtà queste traumatiche privazioni infantili spesso costituiscono le premesse per la formazione di individui ansiosi, sradicati, aggressivi. A partire da un'originale esperienza di condivisione con una tribù di indios venezuelani, l'autrice rilegge in queste pagine il nostro contraddittorio rapporto con il bambino, spesso devastante perché privo delle più spontanee esperienze di continuum come la posizione dell'in-braccio, l'allattamento al seno, ecc. Quest'opera, conosciuta e tradotta in numerosi Paesi, chiarisce come la riappropriazione dei legami iniziali, che i genitori avvertono istintivamente verso il bambino, sia il primo ed essenziale contributo per educare alla pace in un mondo che gli adulti - bambini non amati di ieri - hanno condotto sull'orlo del baratro.
In questo manuale ricco di saggezza, Robin Sharma offre 101 facili soluzioni ai problemi e alle fatiche dell'esistenza. I rapporti con le persone che ci circondano, il modo di affrontare il lavoro, i ritmi frenetici delle giornate, quello che conta davvero nella vita degli individui, i freni che paure e pigrizia possono esercitare, sono solo alcuni dei temi che l'autore affronta e per i quali offre spunti di riflessione semplici ed efficaci, riuscendo a trasformare i piccoli e grandi nodi della vita in opportunità di crescita personale e di benessere fisico, psicologico e spirituale.
Si dice "relazione" e si pensa al coniuge, al compagno, ai figli, agli altri parenti. Forse anche alle altre persone con le quali si vive e si è più intimamente legati. E, invece, spesso non consideriamo che, accanto alle persone più direttamente influenti per la nostra vita, ci sono molte altre che, magari esterne alla ristretta cerchia familiare, ci condizionano. E parecchio pure. Siamo in relazione anche con loro. Anzi, da un certo punto di vista, hanno ragione i mistici e i poeti e i filosofi: tutti siamo connessi con tutti. Questo volume rappresenta un autorevole e maturo contributo della pedagogia democratica affinché sulla costruzione di relazioni sane possa radicarsi la speranza della pace, della convivialità, del rispetto.
Dobbiamo rassegnarci all'idea che l'adolescenza sia un periodo turbolento? Certi comportamenti sono solo il risultato di una fase transitoria della crescita? Che cosa possiamo fare per aiutare i giovani ad affrontare in modo sereno i momenti più difficili?
Il testo, rivolto in particolare a genitori, insegnanti ed educatori, si propone di offrire alcune indicazioni pratiche per osservare le molte sfaccettature del comportamento dei ragazzi e un'analisi delle più frequenti forme di disagio che si verificano soprattutto nel periodo della scuola media e nei primi anni della scuola superiore.
Scegliere amicizie sbagliate, sentirsi inadeguati, non riuscire a raggiungere i propri traguardi, abbandonare la scuola, sono alcuni dei possibili rischi. Proprio per questo, evitando le scorciatoie della «psicologia del senso comune», si tratta di cogliere alcuni campanelli d'allarme e di interpretarli in modo corretto per non confondere ansia e depressione, abuso di videogiochi e uso di sostanze, timidezza e conseguenze del bullismo.
Sommario
Introduzione. Parte 1. Il comportamento questo sconosciuto. La scuola come lente d'ingrandimento. La psicologia del "senso comune". Quale classificazione per comprendere il disagio? Come e cosa osservare nel comportamento dei ragazzi. Il processo di osservazione. Pianificare l'osservazione. L'analisi funzionale. Parte 2. I segnali del disagio. Quando la famiglia non c'è più. Bullo, vittima e spettatori. È un bambino troppo timido e insicuro. Una crisi improvvisa: l'attacco di panico. È un casinista! Non sta fermo un attimo. È sempre triste. Cos'è successo? L'età della prima sbronza. Internet, pornografia online e videogiochi: i nuovi "amici del cuore"? Conclusioni.
Note sull'autore
Emanuele Palagi, laureato in Psicologia clinica, con specializzazione in Psicoterapia e master in Sessuologia clinica, è psicologo, psicoterapeuta e consulente sessuologo, titolo conseguito presso l'Università di Pisa. Scrive articoli divulgativi su vari periodici ed è comparso tra gli altri su Il Tirreno, La Nazione, Percorso Sanità. È presidente del comitato "Non la bevo" e dell'associazione culturale "Argomento Psicologia". È stato responsabile per il Comune di Viareggio dei progetti sul disagio giovanile e coordinatore della squadra dedicata all'assistenza psicologica delle vittime della tragedia ferroviaria del 29.6.2009. Per alcune aziende sanitarie locali si occupa di prevenzione e di percorsi per la prevenzione della ricaduta con alcolisti, cocainomani ed eroinomani. Fa parte dell'équipe dedicata al gioco d'azzardo problematico. Da anni realizza interventi di sensibilizzazione sul tema "alcool, giovani e disagio" e si occupa della formazione di operatori e insegnanti. È relatore in numerosi convegni e ha condotto la trasmissione divulgativa "Argomento Psicologia".
Nel tempo del trionfo della parola "corpo", nel momento in cui ci si affanna a proporre un corpo-copertina (giovane-snello-curato-elegante), spazio surreale da cui siano espulsi dolori, bisogni e desideri, la lettura delle autrici propone un ribaltamento della prospettiva: passare dall'abuso della parola corpo, che è diventata un suono vuoto, alla capacità di ascoltare il corpo che si fa parola. Anoressia, bulimia, somatizzazioni psichiche, piccole violenze autoinflitte, sono la voce del male di essere e di stare in un corpo in cui la sofferenza ha trovato il modo di manifestarsi.
Tra i tanti fenomeni emergenti di questi ultimi anni c'è sicuramente la crisi dell'uomo, inteso come maschio. È debole, demotivato, solo. Alcuni uomini sono depressi, ansiosi; sperimentano un senso di inadeguatezza in famiglia, sul lavoro, e con gli altri uomini. Hanno scarsa autostima e poca fiducia in sé e nelle proprie capacità; si sentono timidi, deboli. Le ricerche dicono che aumenta l'impotenza maschile, l'ansia da prestazione sessuale, l'infertilità maschile persino una graduale riduzione del desiderio sessuale e del livello di testosterone. È una crisi di virilità. Intesa come disponibilità a rischiare la vita per salvarla, per salvare l'onore (la dignità umana), per la fedeltà ai propri valori; intesa come assertività, coraggio, fortezza. La crisi della virilità è per l'uomo una crisi d'identità: egli non sa più chi è, come è, come dovrebbe essere e come lo vogliono gli altri. Ci prova, ad accontentare tutti, ma non funziona: sembra che nessuno sia contento di lui. È una crisi inedita nella storia dell'umanità. Non è mai accaduto che così tante persone restassero senza risposta davanti agli interrogativi: "Chi sono? Qual è il mio ruolo? Qual è il mio posto nel mondo?".
I due autori navigano nel mare, piuttosto agitato, dei «disagi dell’anima», affrontando una serie di malesseri allarmanti.
Don Silvio Zonin – parroco, docente di teologia liturgica e da qualche anno «ministro della consolazione» nella diocesi di Verona – racconta le prime scoperte che un prete post-conciliare fa addentrandosi nel mondo sconosciuto dell’esorcismo, un ministero a cui si fa sempre più ricorso e richiede impegno e competenze poliedriche. L’autore lo inquadra anzitutto in una concreta storia e tradizione e lo rivede alla luce della prassi liturgica della Chiesa. Questo permette il ridimensionamento di un’antropologia eccessivamente dualistica e la correzione di una religiosità segnata da un certo razionalismo, con la conseguente riscoperta del valore della Parola e dell’esperienza sacramentale.
Alberto D’Auria – psicologo, psicoterapeuta e consulente educativo – offre la sua competenza maturata in anni di professione e di collaborazione con il «ministero della consolazione». Nel suo contributo affronta aspetti ormai indispensabili anche nella pastorale ordinaria, quali: la relazione interpersonale tra operatore e «paziente», la comunicazione con le sue diverse componenti, la necessità dell’ascolto attivo e dell’empatia, le tecniche e la struttura del colloquio, l’accompagnamento nel proseguo della vita interiore e la direzione spirituale, in vista di un cammino costante di riconciliazione con se stessi, con gli altri e con Dio.
Una meditazione sulla sofferenza chiude questo lavoro, che viene messo a disposizione di quanti sono attenti e impegnati, in diversi modi, nel difficile compito di curare i disagi dell’anima.
«È un'ingiustizia però!». A chi non è mai capitato di identificarsi un po' con Calimero, di ritrovarsi in questo tenero personaggio che si sente trascurato, ignorato e maltrattato? E chi non conosce almeno un (o una) brontolone «di professione» che passa il tempo a lamentarsi? Saverio Tomasella, psicanalista francese, ha studiato quella che ha ribattezzato come «sindrome di Calimero» in tutte le sue sfaccettature. Perché bisogna prima di tutto distinguere le lamentele motivate da difficoltà reali da quelle pesanti e distruttive, proprie di chi vive i piccoli problemi di tutti i giorni come delle ingiustizie nei suoi confronti (il classico «Ce l'hanno tutti con me!»). In questo libro Tomasella si rivolge sia ai Calimero che non vogliono più sentirsi vittime impotenti delle situazioni, sia a tutti quelli che non ne possono più di ascoltare proteste e recriminazioni altrui, e spiega come identificare le cause dell'insoddisfazione per combatterle meglio, in che modo reagire alle ingiustizie per consolare e mettere finalmente a tacere il pulcino piccolo e nero che c'è in noi (o negli altri). Perché la soluzione esiste. Anche Calimero può ritrovare la gioia di vivere!